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Autore: shila    28/02/2021    0 recensioni
Storia già pubblicata ma cancellata per errore!!
Questa mia fanfiction è incentrata su un Boruto e una Sarada già adulti. La trama non seguirà lo sviluppo del manga (poiché è ambientata diversi anni dopo) e i personaggi che vi compariranno potrebbero non presentare la stessa caratterizzazione degli originali.
Si tratta di un esperimento, quindi siate clementi! ^.^
Recensioni, sia positive che negative, sono sempre gradite!
Buona lettura.
Tento così di soffermarmi sul pensiero fastidioso di essere una cazzo di anbu, cercando di ignorare quello ancora più fastidioso che mi spingeva a fissare le labbra di Boruto.
Tutti quegli anni dediti alla disciplina e ancora non era in grado di dominare le sue emozioni. Quel vortice di pensieri, senza volerlo, le attivò lo Sharingan.
- Dovrei esserne intimidito?- s’informa l’oggetto e l’artefice del suo tormento.
- Non so…qualcuno lo è- scuoto il capo e batto due colpetti sulla superficie del tavolo. Adesso basta. - Non sono qui per venire a letto con te-.
Mi sorridi sornione, di nuovo, ruotando il capo in direzione della zona notte: - Peccato, qui c’è un letto-.
- Stronzo- questa volta non posso trattenermi.
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la serie
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1.
 
Dieci anni. Sono passati dieci lunghi, interminabili anni dal nostro ultimo incontro.
Nulla di granché, se non consideriamo che l’ultima volta che ti ho guardato negli occhi è stato per tentare di intrappolarti in un’illusione con il mio Sharingan. Anche quella volta non ci sono riuscita, sei sempre stato troppo forte.
Troppo forte anche per me. Soprattutto per me.
Ed ora eccomi qui, in questo locale di merda a farti la posta. Proprio una bella missione.
Mi hanno incaricata di trovare il più pericoloso ricercato al mondo, nonché terrorista e ragazzo per cui avevo una cotta. Avevo? Che bugiarda.
Altro che cotta.
Ragazzo? Guardandoti posso dire di non riconoscerti quasi; non è rimasto più nulla del Boruto sciocco e combinaguai, e neanche del Boruto serio e triste che presto aveva preso il posto del suo gemello allegro.
Presto quel dolore che celavi a tutti è esploso e ti ha trasformato in quello che sei oggi, in quello che eri destinato a diventare. Io lo sapevo, nonostante lo nascondessi a tutti, nonostante agli occhi del mondo recitassi la parte del figlio combinaguai dell’Hokage, io lo sapevo.
Tu dentro soffrivi. Dentro di te eri lacerato da un dolore che solo io potevo riconoscere, perché quel dolore ero lo stesso che nascondevo anch’io. Entrambi avevamo una forte mancanza, entrambi non avevamo un padre.
Il tuo, il generoso e nobile Hokage, troppo impegnato a vegliare su Konoha per essere presente nella vita della sua famiglia. Un’ombra nella vostra casa.
E il mio, il grande e valoroso Sasuke Uchiha. Il salvatore di Konoha. L’uomo perennemente in fuga dalla vita. Il mio caro genitore, che appena saputo da mia madre di stare per diventare padre è sparito dalla circolazione col pretesto di dover salvaguardare la sicurezza di Konoha dall’esterno, fuori dalle sue mura.
Io Boruto ti capivo, per questo fin da quel primo giorno in accademia feci di tutto per diventare tua amica. Io di indole solitaria, ero disposta a tutto pur di starti vicino, di condividere il nostro dolore.
Ma tu sei sempre stato così evasivo, inafferrabile. Per quanti sforzi facessi sentivo di non riuscire a superare le tue barriere. Tuttavia riuscii a diventare tua amica.
Passammo tanti pomeriggi insieme ad allenarci; volevi riuscire a battere la mia abilità oculare. Non significava nulla per te, anzi eri determinato a dimostrare che il dono degli Uchiha non mi rendeva un ninja migliore di te. La vera forza era ben altro.
Già allora eri determinato a dimostrare al mondo chi eri; volevi diventare un grande guerriero, migliore di tuo padre e del mio.
Poi tutto era precipitato. Quei ninja stranieri, malvagi. E quella tua strana abilità oculare. Quel tuo occhio così azzurro, ancora più freddo di quelli che hai sempre posseduto. Quell’occhio ti ha cambiato per sempre.
Così loro ti portarono via. No, non posso mentire a me stessa. Sei stato tu a tradirci, tu te ne sei voluto andare.
Hai quasi ucciso tuo padre quel giorno. Dieci anni fa. E poi ancora cinque anni dopo, un nuovo attacco; io però quella volta non ti vidi, ero impegnata altrove. Ancora adesso sento nel cuore il peso di quell’incontro mancato. Quel giorno mettesti al tappeto Naruto, uno dei ninja può forti del mondo; a quel punto fu chiaro che non c’era possibilità di vittoria per noi.
Tu ora sei un ninja formidabile.
Ma quando te ne sei andato avevi quindici anni, e ora ne hai venticinque. Sei un uomo e io sono una donna, e come una donna ti sto guardando ora. Ti sto valutando.
Sei bello, ma del resto lo sei sempre stato. Il quindicenne che eri era bello, l’uomo che sei ora si potrebbe definire strabiliante.
Lo sono i tuoi lineamenti, lo è il tuo fisico. Quanto sei alto ora? Sicuramente più di tuo padre. In questo non gli somigli affatto.
Nei capelli sì; sono biondi come i suoi. Di un biondo dorato che sembra risplendere come oro sotto queste luci fastidiose.
Le spalle sono larghe, la tua vita è stretta. Posso intuirlo da come la maglia si tende in quella zona per poi assottigliarsi sotto il torace. Le tue gambe lunghe sono infilate in pantaloni di pelle scuri. Le braccia sono muscolose, così come le gambe. Una si muove nervosa, il piede picchietta il pavimento. Sei teso, forse ti sei accorto di me.
Spero di no. Sono due mesi che ti spio di nascosto.
Da ragazzo non sei mai stato di corporatura massiccia, al contrario eri un bambino magro, quasi ossuto. In questi lunghi anni devi aver allenato molto il tuo corpo.
Chissà se hai una donna.
Non sono riuscita a scoprirlo. Sei molto discreto, lo devo ammettere. Né io, né le altre spie di Konoha che negli anni ti hanno pedinato sono riusciti a raccogliere molte informazioni sul tuo conto. In fondo però è normale, sei pur sempre un ninja altamente pericoloso, e come tale dobbiamo osservarti da lontano senza attirare troppo l’attenzione.
Per stasera può bastare. Sono già due ore che ti osservo e non stai facendo nulla se non scolarti una vodka dietro l’altra. Non credevo reggessi così bene l’alcol.
Non è la prima volta che ti spio a quest’ora della sera, e sei spesso solito frequentare questi locali, ma non hai mai bevuto tanto come oggi. Perché? Giornata storta? Non posso saperlo.
Per quanto siano due mesi che ti sto dietro, che uso le mie abilità per cercare di captare il tuo chakra, ciò che fai durante il giorno rimane un mistero. È come se alla luce del sole tu non esistessi, il tuo chakra non esiste. Non riesco mai a rintracciarti.
È solo di notte che ti palesi a me, al mondo. E ogni volta ti devo seguire in questi localetti di second’ordine.
Ore passate a fissarti mentre bevi, a volte mangi, altre rimorchi qualche ragazza con cui passare la notte. A quel punto mi ritiro, non voglio vedere.
Posso però dirmi fortunata; tanti agenti anbu non sono riusciti nemmeno a rintracciarti. Per questo hanno mandato me. Ti conosco meglio degli altri, ti percepisco meglio degli altri.
L’ho detto ai superiori, anche a Shikadai per il vero, questi mesi sono stati inutili. Di te ho scoperto soltanto che la sera ti piace bere, che mangi sano, niente schifezze, solo cibo salutare. Ah, dimenticavo, preferisci portarti a letto le bionde. Quest’ultima è una deduzione a cui sono giunta dopo un’accurata osservazione.
Ma ai piani alti non interessa, sono riuscita ad adescarti, almeno di notte, e questo è già un passo aventi. Prima o poi commetterai un passo falso.
Non importa se poi come ogni sera, riuscirai a depistarmi quando più ti fa comodo. Mi chiedo spesso se sai che ti sto osservando, se sai che sono io.
Per stasera basta. Niente informazioni rilevanti; sarà per domani.
Così me ne vado, pochi passi e sono già in strada, fra il fetore e le urla della notte. Mi faccio largo fra la calca di balordi festanti e ubriachi.
Fa caldo in questa dannata Suna. Da quando il nuovo capo villaggio ha sostituito Gaara la città ha cambiato decisamente aspetto. Anche qui è arrivata la modernità, e con essa locali e baldoria fino a tardi.
Questo cazzo di maglione che indosso certo non aiuta, me lo sento pesante addosso.
Non pensavo fossi tipo da quartieri notturni. Pazienza, c’è sempre di peggio che pedinare l’uomo di cui sei innamorata.
Chocho ne è una maestra, e non lo fa di certo durante l’orario lavorativo. Mi viene da ridere se ci penso.
Che cosa starà facendo? Di certo a quest’ora della notte starà importunando qualcuno, forse Inojin o il maestro Konohamaru. Sfacciata.
Sto sudando, fa caldo, e tutta questa calca non aiuta. I vestiti mi si stanno incollando addosso, così come i lunghi capelli neri. Una volta li avevo cortissimi. Mi riconosceresti vedendomi?
Ancora pochi isolati ed ecco il mio alloggio.
Una locanda sgangherata, l’intonaco della facciata scrostato. Dentro ci sono macchie di umidità. Quanto di più anonimo ci fosse sulla piazza.
Pochi passi e sono dento, supero la grassoccia anziana alla reception che non mi degna di uno sguardo, le chiavi della stanza le ho in tasca.
Cominciò a salire le scale verso la mia stanza.
È una di quelle squallide locande in cui soggiornano viaggiatori e mercanti che non cercano nulla di pretenzioso. Forse le prostitute ci portano i clienti.
Uomini che portano in queste stanze lerce qualche ragazza per una rapida scopata. Non vogliono dare nell’occhio, qualche acrobazia, un rapido passaggio di soldi e poi di nuovo fuori nella notte, inghiottiti dall’anonimato, magari diretti in una casa dove hanno mogli e figli ad aspettarli.
Ancora pochi istanti e sono nella mia stanza. Le scale sono di un legno rinsecchito, i gradini scricchiolano sotto i miei passi.
La mia è la stanza in fondo al corridoio, al buio. Non ci sono finestre.
Cerco le chiavi nella tasca, le tiro fuori e con un gesto deciso le infilo nella serratura. Un giro e questa scatta, la porta si apre.
La stanza è al buio, ma la finestra è stranamente aperta. L’avevo lasciata chiusa.
Da essa la luce inonda la stanza, luce artificiale proveniente dai locali di fronte, più in basso, dove le masse stanno ancora bevendo e divertendosi.
E così illuminato dalla luce proveniente dai neon delle insegne, viola e rosse, ti vedo. Non sono sola nella stanza, ci sei anche tu.
Mi guardi dal davanzale, una gamba piegata e appoggiata su di esso, l’altra che scende verso il pavimento, la pianta ancorata saldamente a terra.
- Serata calda, mi sono permesso di aprire la finestra. Non ti dispiace, vero, Sarada?-.
È a quel punto che ti vedo in volto, per la prima volta dopo anni, siamo da soli.
- Buona sera, Sarada-.
Il tuo Jougan brilla argenteo nell’oscurità.
 
Eccomi qui con questo primo capitolo!
Come ho spiegato nell’introduzione della storia si tratta di un esperimento (è la prima storia che pubblico, sia su questo sito che altrove), perciò mi farebbe piacere sapere cosa ne pensate, sia in positivo che in negativo.
È da parecchio tempo che mi rimuginava in mente l’idea di scrivere sulla coppia Sarada/Boruto, e spero di riuscire a caratterizzare come si deve questi due personaggi.
Per quanto riguarda gli altri personaggi del manga che spunteranno più in là nella storia, come nel caso di Kawaki che comparirà nel secondo capitolo, non seguirò i caratteri originali (in fondo la mia storia si distacca dalla trama del manga).
Detto questo, spero di avere la vostra opinione quanto prima ^.^.
Buona lettura!
 
  
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