Il
ritorno di Papillon
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Capitolo 1
*
Hai
tutti quello che hai sempre desiderato.
Una
bella casa, un lavoro stabile che ti dà mille soddisfazioni, anche se le
difficoltà che devi affrontare ogni giorno sono enormi, e a volte sei sul punto
di mollare tutto, una famiglia che non cambieresti per niente al mondo: i tuoi
tre figli, Louis, Emma e Hugo, e si, anche il famigerato criceto, amico
inseparabile del più piccolo della famiglia.
E
poi ci sono loro: Adrien e Marinette, che per arrivare dove sono, hanno dovuto
affrontare mille ostacoli che la vita gli aveva messo davanti in tutti questi
anni.
Avevano
relegato in cassaforte, dietro il quadro del loro matrimonio, la miracle box e
a malincuore i due kwami: amici, consiglieri e per qualche tempo parte della
loro famiglia.
Di
comune accordo, e dopo la nascita della più grande, avevano svestito i panni di
Lady Bug e Chat Noir, per dedicarsi ad una vita più tranquilla e all’insegna
della carriera e della famiglia.
Insieme
agli altri possessori di miraculous, avevano combattuto grandi battaglie per
liberarsi del male che attanagliava la città di Parigi, però erano giunti ad un
punto, in cui per costruire una vita insieme, dovevano mettere da parte
qualcosa, rinunciando purtroppo ad una parte di loro, quella che li aveva
accompagnati per tutta l’adolescenza, fino a raggiungere una certa maturità.
Avevano
vissuto un periodo anche a New York, per completare al meglio gli studi.
Marinette
aveva ottenuto ottimi risultati con il master all’Accademia della Moda, ed Adrien,
dopo aver attaccato al chiodo la carriera di modello, si era dedicato alla
facoltà di Economia e Commercio, un percorso che l’avrebbe portato a condurre
gli affari della Casa di Moda.
All’occorrenza,
e se Parigi ne avesse avuto il bisogno, avrebbero usato il miraculous del
cavallo, che grazie alla creazione di un portale, sarebbero arrivati a Parigi
in un batter d’occhio.
Adrien
aveva suggerito di usarlo anche per gli spostamenti delle loro vacanze, ovviamente
scherzando, ma Marinette, da brava guardiana, aveva considerato il fatto che
sarebbe stato profitto personale, quindi bisognava accantonare l’idea, anche se
era molto allettante la cosa.
*
“Si,
Gabriel, la sala è stata prenotata e i vestiti sono già nel back stage” Sospirò
Marinette, mentre entrava in cucina per la colazione tenendo il cellulare sull’orecchio.
Salutò
con un cenno del capo i tre figli intenti a fare la colazione.
“No,
Marcel, quelle fatture andavano pagate entro ieri.” Anche Adrien entrò in sala
nella stessa identica maniera.
Sua
moglie appoggiò il telefono sulla spalla e con la testa inclinata cercava di
non farlo cadere, mentre amorevolmente annodava la cravatta rossa al marito.
Poi
entrambi, chiusero le conversazioni nello stesso momento, sotto gli occhi
divertiti delle loro creature.
“Ecco,
sono appena le 7.30 e sono già stanca.” Sospirò Marinette imburrando una fetta
di pane fresco e appena sfornato.
Suo
padre non aveva perso l’abitudine di passare ogni mattina presto a portare la
colazione, che Madame Lefleur, portava in tavola.
Da
qualche anno, dopo la nascita di Emma, ben dodici anni fa, avevano deciso di
assumere una governante che l’aiutasse nelle faccende domestiche, anche perché
duecentocinquanta metri quadri di casa, non erano semplici da pulire da una
persona sola, se poi ci mettiamo un lavoro a tempo pieno, un marito e tre
figli, la cosa si complica ulteriormente.
Gabriel
Agreste, non aveva badato a spese, quando aveva deciso di regalare a suo figlio
e a sua nuora quella modesta residenza, leggermente fuori Parigi e lontani da
occhi indiscreti.
Ai
due novelli sposi, sarebbe andato bene anche quell’attico di cento metri
quadri, che avevano acquistato quando avevano deciso di iniziare la loro
convivenza.
Avevano
bellissimi ricordi in quella casa e fu per questo, che avevano deciso di non
venderlo, ma di tenerlo come seconda residenza, nel caso in cui ne avessero
avuto bisogno per esigenze lavorative, o per qualsiasi altra cosa, una fuga d’amore
per esempio.
Non
era raro che i due piccioncini, all’ora di pranzo, soprattutto, si recassero lì
per restare un po’ da soli.
La
villa, tutta arredata in chiave moderna, aveva stanze ampie e luminose.
Una
cucina con elettrodomestici di ultima generazione, con annessa sala da pranzo
che poteva ospitare ben trenta persone attorno al tavolo lungo di legno scuro,
un bagno di servizio e un salotto con caminetto.
Al
piano superiore si trovavano le quattro camere da letto con un bagno per
stanza, lo studio di Marinette e uno studio per Adrien.
All’ultimo
piano, come se il giardino piantumato che delimitava tutta la casa non fosse
sufficiente, si trovava un ampia terrazza, adiacente ad una soffitta.
“A
me servirebbe un altro Adrien, non faccio a tempo ad alzarmi che il telefono
squilla in continuazione”. Sospirò facendo lo stesso.
“Questo
è il prezzo da pagare per dirigere una famosa casa di moda, mio caro”.
“Buongiorno,
eh!” La figlia più grande attirò la loro attenzione.
“Avete
ragione. Buongiorno tesori miei.” Marinette si era alzata per stampare un
sonoro bacio sulla guancia di ognuno, compreso Adrien, che le aveva allungato
il viso in attesa di quel gesto.
“Chi
ci accompagna a scuola oggi?” Chiese la biondina.
“L’autobus”.
“No,
mamma, è sciopero, te lo sei scordata?”.
Si,
se lo era dimenticato, ma cercò di non darlo a vedere “Certo che no, vi
accompagna papà” Rispose guardando in direzione del marito. “Vostro nonno mi
aspetta alle otto in punto, e sapete che si arrabbia se faccio tardi”.
“Ma
io alle otto ho una riunione con gli azionisti” Protestò il biondo.
“Arriverai
in ritardo, dov’è il problema? Guarda il lato positivo, non verrai licenziato.”
Non
era di certo quello che preoccupava Adrien, gli sarebbe bastato una telefonata
a Nathalie, per avvertire che avrebbe ritardato per esigenze famigliari, il
problema più grosso era affrontare le mamme fuori dalla scuola, soprattutto
quelle single che cercavano una qualsiasi scusa per attaccare bottone,
nell’attesa che i cancelli si spalancassero.
Eppure
a Marinette non succedeva mai, arrivava a scuola un attimo prima che i cancelli
si chiudessero, li scaricava giù dalla macchina e ripartiva verso la maison.
“Non
è questo…”
“Ritieniti
fortunato che le medie, elementari e asilo, sono sulla stessa strada”. Era un
unico complesso privato, suddiviso per fasce d’età.
“Non
è un problema accompagnare i miei figli a scuola…” Adrien cercava un modo per
dirglielo, ma non ebbe il tempo, perché lei si alzò dalla tavola, lo salutò con
un enorme bacio sulla guancia, e lo stesso fece con i suoi figli.
“Allora?
Di che ti preoccupi? Ci vediamo in ufficio. Buona scuola bimbi.”
*
Marinette
arrivò in ufficio alle otto in punto.
Poggiò
la cartella nera con all’interno dei modelli disegnati sulla sua scrivania ed
accese il computer.
Si
guardò attorno e gettò un’occhiata fugace sullo studio di fronte, quello del
suocero, non c’era.
Tirò
un sospiro di sollievo, forse avrebbe avuto un po’ di pace per qualche altro
minuto, era raro che Gabriel fosse in ritardo, soprattutto quando la sfilata di
moda si stava avvicinando.
Al
contrario, Nathalie era già seduta sulla sua scrivania e rispondeva con estrema
cortesia alle chiamate che stavano arrivando.
Una
di queste, era di Adrien, lo potè capire dalla sua risposta.
Rise
sotto ai baffi, pensando a quanto fosse stata cattiva ad averlo gettato nella
tana del lupo, ma questo era il prezzo da pagare, per essersi addormentato prima
che lei potesse uscire dal bagno e fargli una sorpresa, indossando un intimo
molto provocante, che lei stessa aveva ideato e disegnato apposta.
Sapeva
quanto lui amava sfilarle di dosso certi pizzi, prima di farla sua.
“Lo
trovi divertente?”
Marinette
alzò lo sguardo, ed incontrò quello serio e torvo dello stilista.
“Sei
in ritardo.” Osò dirgli.
“Ti
prego, non farmelo notare.” Si tolse gli occhiali per massaggiarsi il naso,
quanto odiava in quel momento quei quattro minuti segnati dopo le ore otto,
sull’orologio.
“A
proposito, ho fatti i ritocchi ai modelli.”
“Andiamo
nel mio ufficio” Le fece cenno con il capo si seguirla.
Marinette
prese l’album e obbedì all’ordine.
“Dov’è
mio figlio? Lo sa che ha una riunione alle otto?”
“Ha
accompagnato i tuoi nipoti a scuola” Gli rispose mentre chiudeva la porta.
*
Adrien
scese dalla berlina nera che aveva parcheggiato nello spazio dedicato alla
sosta breve delle auto, aiutando i suoi tre ragazzi a scendere e ad indossare
lo zaino.
Hugo
frequentava l’ultimo anno di asilo e fu il primo a varcare l’ingresso della sua
scuola, accolto dalla maestra che amorevolmente lo accompagnò all’armadietto.
“Ora
mi prenderò cura io del piccolo, signor Agreste”.
“Grazie,
mi scusi, ma sono terribilmente in ritardo”
“Non
si preoccupi, buona giornata” Lo salutò mentre scendeva le scale.
La
prossima da accompagnare era la piccola Emma, che frequentava la quarta
elementare.
Come
si avvicinarono nei pressi del cancello, un bambino, presumibilmente della sua
classe, si era accostato a lei donandole un fiore raccolto nel prato lì vicino.
“Per
la mia dolce Emma”.
Lei
arrossì e lo accettò.
Ad
Adrien per poco non partì un embolo, era la sua
dolce Emma, e non di quello sdentato lì.
“Mathias,
grazie”.
Il
biondo stava per cantargliene quattro, quando Louis, il più grande, aveva
richiamato la sua attenzione dicendogli che non serviva che lo accompagnasse all’ingresso
della scuola media, ma ci avrebbe pensato da solo in quanto, era appena
arrivato Andrè, il figlio di Nino e Alya.
“Vai
pure.”
E
quando Emma entrò a scuola, assieme ai compagni, scortati dalla maestra, anche
lui potè riprendere l’auto per raggiungere l’ufficio.
*
Nel
parcheggio della scuola, una dopo l’altra, le auto lasciavano la sosta.
Tutte
tranne una rossa fiammante, un’utilitaria, che aveva parcheggiato vicino l’auto
di Adrien.
La
donna al volante, indossava enormi occhiali da sole neri e in testa teneva un
fazzoletto viola per non farsi riconoscere, faceva finta di truccarsi, giusto
per non attirare l’attenzione.
Guardò
dallo specchietto retrovisore la macchina nera che si stava allontanando e
digrignò i denti.
“Goditi
questi momenti Adrien Agreste, presto avrò la mia vendetta.”
*
Continua
*
Angolo dell’autrice: Ciao a tutti e buona domenica! Come promesso, ecco
a voi il primo capitolo della terza e ultima parte di questa serie.
Vi ricordo che
gli altri racconti sono: Best Friends e Le
Ali della Farfalla.
Per la lettura
di questa long, non è necessario leggere le precedenti, ma se lo vorrete fare,
giusto per capirci qualcosa in più, mi farebbe piacere, come mi farebbe piacere
sapere cosa ne pensate, sia di quelle che di questa.
Ringrazio chi le
sta continuando a mettere tra le Preferite, Seguite e Ricordate.
Grazie davvero
di cuore.
Non mi dilungo
altro, e vi aspetto nel prossimo capitolo che pubblicherò sempre domenica.
Un abbraccio,
Erika