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Autore: themonaghangirl    28/02/2021    0 recensioni
Sono passati circa diciannove anni dal Grande Assassinio, l’evento che ha segnato la fine della dinastia reale degli Zvezden e che ha gettato il regno di Mazral in un periodo buio di lotte per il potere e cospirazioni per la conquista della corona. Dopo anni di scontri e disordine, Mazral ha finalmente un nuovo re, ma la maggior parte del popolo ritiene che questo non sia degno di sedere sul trono, e ancora piange per l’assassinio del re e della regina.
Newt e Sonya sono due fratelli come tanti altri che vivono in un villaggio rurale lontano dal palazzo del re. La loro vita cambia improvvisamente quando scoprono che l’unico figlio degli Zvezden potrebbe essersi salvato miracolosamente e che potrebbe essere nascosto poco lontano dal loro villaggio. Le loro aspettative però vengono stravolte quando il legittimo erede al trono si rivela essere un giovane malvivente con una taglia sulla testa e con la passione sfrenata per il gioco del mazke che porta il nome di Thomas. Da quel momento, le strade dei due fratelli si intrecceranno con quella dell’erede al trono e presto i tre capiranno che i loro destini sono tutti inevitabilmente legati.
Genere: Angst, Fantasy, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Newt, Newt/Thomas, Sonya, Thomas
Note: AU | Avvertimenti: Violenza
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Circa cinque settimane prima
 
Sonya corse più veloce che poté.
L’entusiasmo e l’impazienza le dominavano il corpo e la mente mentre attraversava la strada principale del villaggio, evitando anziane signore, uomini intenti a trasportare carriole e bambini che trotterellavano spensierati.
«Scusate. Scusate. Scusate» continuava a ripetere, guadagnandosi occhiatacce e commenti poco carini nei suoi confronti.
In quel momento, non le importava proprio niente di quello che avrebbero potuto dire gli altri. Il mondo avrebbe dovuto mettersi da parte quel giorno.
Le gambe le bruciavano, il respiro le era diventato affannoso, ma lei non aveva alcuna intenzione di fermarsi. Il vento le corse incontro come per accoglierla e per guidarla, come una mano amica che si protendeva verso di lei per aiutarla.
Intravide la locanda da lontano, e pochi istanti dopo le sue mani stavano spalancando la pesante porta di legno all’entrata, quella che veniva varcata ogni giorno da bevitori incalliti, giocatori di mazke e braccianti agricoli dopo un’intensa giornata di lavoro.
La puzza fu la prima cosa a travolgerla non appena fu dentro. La maggior parte dei vecchi tavoli di legno erano vuoti, ancora sudici dalle bevute di chi si era seduto lì ore prima. Qualcuno urlò con soddisfazione, probabilmente per via di una partita vincente che gli avrebbe assicurato una bella somma.
Sonya ignorò gli uomini ai tavoli e si diresse verso il bancone dove un giovane dai capelli dorati stava versando un liquido scuro nel bicchierino di uomo corpulento e con pochi capelli in testa. L’uomo si allontanò poco prima che lei battesse una mano sul bancone.
«Non immaginerai mai cosa ho scoperto!» trillò lei, incapace di contenere il proprio entusiasmo.
Il ragazzo si era voltato e l’aveva guardata con gli occhi sbarrati, le iridi color nocciola che mostravano una certa sorpresa. «Non sono sicuro di volerlo sapere. Ad ogni modo, puoi prendere il mio posto adesso? È da questa mattina che continuo a servire questi luridi ubriaconi.»
«È una cosa seria! Sono andata nel villaggio vicino e…»
«Già, il villaggio dove lo zio ti aveva detto di prendere qualche verdura che non si trovasse già qui. A proposito, hai preso qualche barbabietola?»
«Newt!» Avrebbe voluto tirare un pugno sul bancone, tanto per far capire a suo fratello che doveva farla parlare. «Quando sono andata lì, ho sentito delle voci. Ne parlavano tutti. Dicono che si trovi a un paio di giorni da qui. Ho parlato con una donna che diceva di averlo visto nelle stelle.»
«Mi stai seriamente parlando di una donna che vede… cose nelle stelle?»
«Ha visto lui! L’ultimo degli Zvezden! Ha visto la sua salita al trono.» Guardò suo fratello con impazienza, in attesa di una reazione da parte sua. Non si aspettava di certo di vederlo saltellare per la gioia, ma non si aspettava nemmeno che questo si impietrisse all’improvviso. Lo sguardo di Newt si fece più serio e distante, come se avesse appena fatto una scoperta estremamente deludente che non lo interessava per nulla.
«Ah.» Fu tutto ciò che disse lui.
«Ah?» Sonya era sconvolta. Batté più volte le palpebre, guardandolo. «Ti sto dicendo che il legittimo erede al trono potrebbe essere poco lontano da qui e tutto ciò che hai da dire è “Ah”?»
Il biondo prese un bicchiere sporco dal bancone e cominciò a pulirlo con un panno. Aveva un’espressione pensierosa e anche leggermente turbata. «Se è davvero l’erede al trono, cosa di cui dubito fortemente, qualcuno lo troverà e lo rimetterà dove è giusto che sia. Non possiamo fare niente noi.»
«È qui che ti sbagli.» Sonya si accomodò su uno degli sgabelli di legno e appoggiò i gomiti sulla superficie del bancone, sporgendosi in avanti. «Dicono che si trovi in una locanda e che stia lì praticamente da anni. È stato un uomo che lavora lì ad avere il sospetto.»
«E su cosa si può mai essere basato?»
«Orfano. Diciannove anni. Nato il primo giorno d’inverno. Pare che non abbia nessun parente in vita.»
Il fratello si fermò per un momento, come se stesse riflettendo, poi posò il bicchiere e tornò a guardare sua sorella di fronte a lui. «Come fa a sapere tutte queste cose di questo ragazzo?»
«Non è importante questo adesso.»
«A me invece sembra molto importante.»
«Newt.» La ragazza si sporse ancora di più, dopo essersi lanciata delle occhiate qua e là. Cominciò a parlare a bassa voce. «Credo che dovremmo andare a dare un’occhiata. Verificare personalmente. Se siamo fortunati, potremmo fare in modo che Mazral abbia finalmente il re che le spetta e magari potremmo anche riuscire a entrare nei kozkai
Il biondo tenne lo sguardo basso, pensieroso. Aveva quel genere di espressione che assumeva sempre quando cominciava a preoccuparsi seriamente per lei. Era una delle cose che gli riusciva meglio e, allo stesso tempo, era una delle cose che lo rendeva più fastidioso. Ma ormai Sonya ci aveva fatto l’abitudine. Newt aveva iniziato a preoccuparsi per lei molto, molto tempo prima.
Un uomo a pochi sgabelli da loro richiamò il biondo, il quale si mosse subito per riempirgli nuovamente il bicchiere con una delle bottiglie allineate sui ripiani alle sue spalle. Quando tornò da lei, aveva ancora l’espressione crucciata e tutt’altro che convinta.
«Allora?» lo incalzò. «Che ne pensi?»
Newt ripose la bottiglia sulla mensola più alta, poi si passò una mano tra i capelli biondi, arruffandoseli. «Penso… penso che questa sia proprio una pazzia bella grossa.»
«È la nostra occasione, Newt!»
«No. Questa forse può essere l’occasione per Mazral di avere un re decente. Ma per noi… Non rappresenta nessuna occasione.»
Sonya lo fissò e lui la guardò a sua volta, l’espressione serissima e irremovibile. La ragazza sentì la rabbia e la frustrazione montarle dentro insieme a qualcos’altro, qualcosa che si era spezzato e che Newt aveva contribuito a ridurre in mille pezzi.
Non poteva credere che suo fratello fosse così restio a fare un semplice tentativo. Non ci sarebbe voluto poi molto: in uno o due giorni avrebbero raggiunto il villaggio, avrebbero incontrato personalmente il presunto erede e da lì avrebbero potuto capire se le dicerie potevano essere fondate o meno.
Non capiva perché lui volesse liquidare la faccenda come se nulla fosse, e non capiva nemmeno come poteva mostrarsi così distaccato. Se ci fosse stato loro padre, sarebbe andato lui stesso a verificare con i propri occhi, e non avrebbe lasciato niente al caso. Del resto, era un uomo che non sprecava mai nessuna occasione, specialmente se si parlava del legittimo erede al trono di Mazral.
Sonya pensò con rammarico a suo padre che, al contrario di Newt, avrebbe accolto con entusiasmo una notizia del genere, proprio come avevo fatto lei. Suo padre si sarebbe mosso subito e avrebbe davvero fatto di tutto per trovare l’ultimo degli Zvezden. Quanto desiderava che fosse lì con lei in quel momento.
Ma lui non c’era più. C’erano solo Newt e Sonya. E se Newt non aveva alcuna intenzione di interessarsi alla vicenda, allora se ne sarebbe occupata lei stessa. Da sola.
«Non posso credere che tu non voglia nemmeno fare un tentativo e che non ti importi minimamente della cosa» disse, senza nascondere la propria delusione.
Il biondo aveva ripreso a pulire il bicchiere sporco. La guardò, quasi con rimprovero. «Sonya…»
«Non vuoi nemmeno tentare perché hai paura di cosa può aspettarti e perché non sai chi potremmo trovarci davanti, non è vero?» Scosse la testa. «Se nostro padre fosse stato qui…»
«Non mettere in mezzo nostro padre.» Newt le lanciò un’occhiata d’avvertimento.
Lei la ignorò. Si alzò in piedi, facendo stridere sonoramente le gambe dello sgabello contro il pavimento. Qualche voce si spense all’interno della locanda.
«Se nostro padre fosse stato qui» ripeté, guardando negli occhi suo fratello «Ci avrebbe almeno provato. Non se ne sarebbe stato in questo posto sudicio ad aspettare... qualunque cosa tu stia attendendo. Io non ho intenzione di aspettare. Andrò a verificare di persona con o senza di te.» Si voltò senza perdere altro tempo e tornò da dove era venuta, facendo sbattere la porta di legno dietro di sé.
 
Sonya tornò al villaggio vicino a prendere le barbabietole.
In realtà, non era tornata lì principalmente per quello: le servivano informazioni, più informazioni, per capire come muoversi e per farsi un’idea di cosa aspettarsi. Dopo aver comprato le verdure tanto richieste dallo zio Tar e da Newt, andò in giro a chiedere se qualcuno conoscesse qualche altro dettaglio sul presunto erede al trono, ma non ottenne molto più di quanto già non sapesse.
Parlando con la gente, si rese conto che forse suo fratello aveva più ragione di quanto lei non volesse ammettere. Sembrava che l’ultimo degli Zvezden fosse semplicemente una voce che era passata di bocca in bocca, privo di un’identità, di una storia, e forse anche privo verità. Più domande lei faceva, più sguardi confusi e scrollate di spalle riceveva.
“Da qualcuno deve pur essere partita questa dannata voce” pensò mentre camminava sulla via di casa.
L’entusiasmo che l’aveva animata durante la sua conversazione con Newt sembrava che l’avesse abbandonata definitivamente, lasciando il posto all’incertezza e all’amarezza. Si domandò più volte chi diavolo si sarebbe mai trovata davanti se fosse davvero giunta al villaggio in cui si trovava il ragazzo di cui quelle voci parlavano. Forse non c’era nemmeno un ragazzo in quel dannato posto. Forse la gente amava semplicemente mettere in giro delle voci non vere che avrebbero sicuramente illuso e raggirato tutti quelli come lei. Persone che avevano ancora speranza. Persone che volevano un re o una regina con in corpo il sangue reale degli Zvezden, e non un despota che aveva preso il potere con la forza e che non sapeva vedere oltre le mura del proprio imponente palazzo.
Forse avrebbe dovuto essere più realista come Newt, senza troppe speranze, alte aspettative e grandi sogni. Forse doveva fare come lui e accontentarsi semplicemente della vita che avevano, godendosi la compagnia di suo fratello e di loro zio. Niente sogni in grande, niente desideri irrealizzabili e quindi niente delusione.
Ma lei non era come suo fratello. Non sarebbe mai riuscita a essere come lui, sia negli aspetti positivi che in quelli negativi del suo carattere. Erano fratelli gemelli, ma questo non voleva dire che avrebbero dovuto essere identici e che avrebbero mai potuto esserlo.
Si ricordò delle volte in cui, quando erano bambini, Sonya si divertiva a imitarlo e giocava a comportarsi come lui. Ogni volta che lo faceva, suo padre le rivolgeva un sorriso gentile e le diceva: “Vedi, Sonya, tuo fratello è un po’ come se fosse una rosa rossa. È un bel fiore, certo, ma è un fiore ricco di spine, e se non presti attenzione potresti farti male nel coglierlo. Avere le spine non è necessariamente una brutta cosa, ma tu desideri davvero essere una rosa come lui? Perché non essere invece un bel girasole che volge sempre il proprio viso alla luce indipendentemente da tutto?”.
Suo padre aveva ragione. Lei non sarebbe mai riuscita ad essere una rosa piena di spine, e non desiderava nemmeno esserlo. A Newt riusciva molto meglio quella parte. Gli era sempre riuscita bene.
Proprio in quel momento in cui la sua mente e i suoi pensieri erano rivolti al fratello, i suoi occhi riconobbero la sua figura esile in lontananza. Newt era davanti alla porta di casa e teneva una scopa in mano, spostandola velocemente a destra e a sinistra.
Sonya si strinse nella sua giacca. Si stavano avviando verso la fine di novembre e ciò voleva dire che la stagione fredda avrebbe presto fatto il suo ingresso, toccando l’intero regno di Mazral con le sue dita gelide. Anche quel giorno, nonostante il sole splendesse alto nel cielo, si poteva percepire il suo arrivo imminente. Non le dispiaceva troppo, anche se l’inverno non era propriamente la sua stagione preferita. Lei amava la primavera, con i suoi germogli, gli alberi in fiore, le giornate che si facevano più lunghe e il sole che scioglieva il ghiaccio che l’inverno aveva lasciato dietro di sé.
La ragazza continuò ad avanzare fino a quando non si ritrovò di fronte al fratello. Lo osservò, accigliata.
«Ho preso le barbabietole» si limitò a dire, come se non fosse abbastanza evidente considerando che le teneva nella cesta di paglia che aveva in mano.
Lui si era fermato e aveva cominciato a guardarla a sua volta, il manico della scopa stretto nella sua mano sinistra. Dall’espressione che aveva, non sembrava più arrabbiato, anzi. I suoi occhi scuri celavano sollievo e allo stesso tempo preoccupazione.
«Hai scoperto qualcos’altro riguardo… quello di cui parlavamo prima?» le chiese, senza alcun rancore o rammarico nella sua voce.
Lei alzò le spalle. «Fa differenza?»
«Perché tutt’un tratto sembri abbattuta? Non desideravi tanto andare a scoprire la verità?»
«Certo» rispose prontamente, stringendo con più forza il manico della cesta. «E comunque non sono abbattuta. Sono solo preparata nel caso in cui il ragazzo di cui parlano le voci si riveli una… grossa cazzata, ecco.»
Newt non riuscì a nascondere il piccolo sorriso che era comparso sul suo volto. La ragazza alzò un sopracciglio e gli indirizzò un’occhiataccia. L’ultima cosa che le serviva in quel momento era che suo fratello cominciasse a deriderla.
Forse in un certo senso se lo meritava. Lo aveva quasi insultato per via della sua titubanza e della sua indifferenza verso quella questione, perciò era ovvio che Newt fosse compiaciuto del fatto che lei fosse tornata con i piedi per terra. Ma lui non sembrava volerla deridere, anzi. La sua espressione si era fatta più serena e anche più comprensiva rispetto a poche ore prima.
«Allora» cominciò lui appoggiando la scopa contro lo stipite della porta «credo proprio che mi toccherà portare la spada. Almeno, se questo tizio dovesse rivelarsi una cazzata come dici tu, potrei avere l’occasione di infilzare qualche stupido figlio di puttana.»
Sonya sbarrò gli occhi e lo guardò, senza parole. Ci mise qualche attimo ad assimilare appieno cosa aveva appena detto il fratello. Quando riuscì ad assimilare le sue parole, non poté fare a meno di sorridere come se avesse appena ricevuto la migliore delle notizie.
«Stai dicendo che verrai?» domandò, incredula. «Verrai con me?»
Newt annuì. Stava sorridendo anche lui. «Non ho mai lasciato in pace mia sorella da quando siamo venuti al mondo. Non inizierò a farlo proprio adesso.»
A quel punto la ragazza non riuscì più a trattenersi e si lanciò verso il fratello per cingerlo in un caloroso abbraccio. Lui la strinse a sua volta, e per un momento, per un singolo momento, lei si sentì al sicuro, tranquilla, come se nel profondo sapesse che alla fine sarebbe andato tutto bene.
«Sei un testone!» Sonya sciolse l’abbraccio, continuando a guardare il biondo con un grosso sorriso in volto. «Pensavo davvero che mi sarebbe toccato fare tutto da sola!»
«Credo che te la saresti cavata egregiamente anche senza di me.»
«Certamente, ma non potrei mai rinunciare alla tua compagnia» replicò. Ancora non riusciva a credere a tutto quello che stava succedendo. Il loro papà ne sarebbe stato così felice. «E lo zio? Gli andrà bene se ci assentiamo entrambi anche se solo per pochi giorni?»
«Ho già parlato io con lui. Non devi preoccuparti» le assicurò Newt con un sorriso. «Ma penso che sia meglio se ce ne andiamo di soppiatto da qui.»
Non aveva idea di cosa avesse detto il fratello allo zio e di che piega avesse preso la loro conversazione, ma aveva come la sensazione che ci fosse qualcosa che Newt non voleva dirle, forse riguardante proprio quella conversazione con lo zio Tar. Avrebbe scoperto di cosa si trattava, ma non in quel momento. Avevano altro a cui pensare.
«Faremo incavolare lo zio?» si limitò a chiedere.
«È molto probabile.»
«Ottimo. Adoro disubbidire agli adulti» disse lei, dopodiché guardò il biondo con una sorta di gratitudine. C’erano tante parole non dette nello sguardo che gli rivolse, e lei era sicura che suo fratello le avrebbe comprese tutte.
Forse non sarebbe andato tutto esattamente come voleva lei, ma valeva la pena provare. Lo faceva sempre. Ed era felice che Newt volesse tentare insieme a lei.
   
 
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