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Autore: Zappa    02/03/2021    3 recensioni
“Tra le più recondite stelle della galassia, dove anche i grandi avventurieri in caccia di sogni hanno fermato il loro passo e le grandi navi spaziali, ricche di diamanti e cristalli arthurianii, hanno deviato il loro lento incedere, laggiù, in uno dei luoghi più oscuri e silenziosi dell'universo, fluttuava placido, tra i confini di una galassia e il nascere di una stella, un grande e profondo buco nero.”
Un principe, un pirata, un’ambasciatrice e una dea.
Tutti vogliono lo stesso prezioso Libro della Pace, anche a costo di navigare lo spazio aperto per raggiungerlo.
#Remake di Sinbad, la Leggenda dei Sette Mari.
La storia è già completa, non voglio uccidere nessuno nell'attesa di nuovi capitoli.
Grazie se aprirete questa storia.
Genere: Avventura, Romantico, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: 18, Bulma, Goku, Vegeta | Coppie: Bulma/Goku, Bulma/Vegeta
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo nono

Tartaro


« Una volta rubato il Libro, prosegui verso Ovest, oltre le Dodici Galassie e oltre la Costellazione della Fornace, finché non arriverai alla mia stella morente. Una volta lì, prosegui oltre ciò che tocca la luce… ti ritroverai a Tartaro, il mio regno del Caos »



Mentre il vento sfrecciava attorno alla bolla di energia che conteneva la piccola nave Saiya, queste parole risuonarono nella testa del capitano.

Scrutò con attenzione l’orizzonte e i suoi occhi brillarono di nero fumo: erano finalmente arrivati alla stella nera e ora solo la morte poteva fermarli.

Le stelle accanto, come attirate da un circolo di energia sempre più furioso e veloce, avevano iniziato ad essere attirate in un vortice che si schiudeva nell’immensa luce della Stella della Fornace.

Al centro, un enorme Buco Nero governava imponente la scena, ruotando su se stesso: la luce divina in parte brillava ed emetteva energia, in parte si ritirava in sé stessa, ammaliando le Costellazioni e trascinandole nel silenzio assordante del vuoto.

Onde gravitazionali trascinavano materiale cosmico nella sua direzione, Vegeta si sentì afferrare anche l’anima e si sentì chiamato sempre di più verso il nero.

La ciurma, una volta salita sul ponte, osservò sbalordita lo spettacolo trascendente che gli si poneva davanti e in pochi tra loro realizzarono la portata di ciò che nessun marinaio prima di loro aveva mai visto.

Le onde dell’Oceano di stelle si congelarono ed evaporarono in pochi istanti, il vento si disperse come uno spirito in fuga: i cristalli di ghiaccio, che solitamente baciavano calmi lo scafo della nave, divennero acqua, gas, e poi vennero risucchiati dentro il profondo buco che si estendeva davanti a loro e che non lasciava vedere null’altro, se non se stesso. Nessuna stella, nessuna meteora, nessuna creatura di mare si poteva scorgere oltre la porta oscura, solo e soltanto nero, che pareva scuotere con rabbia l’Universo.

« Turles! Dammi la situazione! » urlò il capitano al mozzo sul ponte, che abile come un ragno s’arrampicò in cima all’Albero Maestro, ponendosi sulla coffa della nave per osservare oltre.

Quello che vide, però, fu solo l’orizzonte dello spazio che era giunto, ormai, al suo termine.

Al di là della nave, ad una manciata di parsec di distanza, l’Universo, con tutti i suoi mondi variopinti, le sue mille sfumature di vita e i suoi colori finiva nella bocca del nulla, nella bocca del Regno di Lazuli. Turles sbiancò e biascicò al capitano che erano arrivati alla meta.

« Lì non c’è niente! Lì finisce il mondo! »

Gli uomini si guardarono intimoriti tra di loro.

« Sgancia, l’Universo ha una fine… » sussurrò Radish a Toma, con meno entusiasmo del solito.

I venti urlarono sempre più forte, soffiando verso il grande Buco Nero. E loro stavano per finirci contro.


La natura del Buco Nero che galleggiava davanti a loro era sublime, come la natura della Dea che l’abitava sin dai tempi antichi.

Nato da una quantità straordinaria di materia concentrata in uno spazio minuscolo e con un centro gravitazionale quasi infinitamente forte da chiamare a sé qualsiasi essere vivente riducendolo in particelle elementari, governava da migliaia di anni sul fondo del mare astralei.

Si narrava che Lazuli, non voluta sull'opuscolo dagli altri Dei Cosmici, avesse creato questo luogo di morte e di nulla per smascherare l’illusione che gli Dei spacciavano come “vita”: dentro al profondo nulla si erano raccolte, nei centinaia e centinaia di secoli, tutte le anime morte, i mondi perduti e i tesori persi dagli uomini e dagli abitanti delle Costellazioni. Anche un ricordo trascurato, così come l’anima della persona legata a quel ricordo, veniva trascinato nel nero e per sempre lasciato lì, a galleggiare in un mondo senza spazio ne pensiero.

La Dea aveva costruito saggiamente la sua casa, rinchiudendola dentro una visione cosmica di spettacolare bellezza: il Buco Nero, così come la sua anima, era in grado di risucchiare e ridurre ad atomi tutti uguali qualsiasi vita lo sfiorasse ed osasse avvicinarsi alla sua traiettoria.

Colma di rancore e di odio, infatti, Lazuli aveva col tempo iniziato a derubare la vita dai pianeti e dagli abitanti che si erano consegnati al suo Caos. Ne scioglieva il ricordo in nuvole di polvere e lasciava che queste si amalgamassero all’essenza della sua stella morta.

La stella morente era così forte da spezzare anche la luce eterna che dominava l’Universo, assorbendone le particelle e sciogliendo la sua speranza in oblio.


Bulma si sentì piccola davanti alla visione sublime e il suo cuore iniziò a battere a ritmo delle onde d’energia che fluivano verso il mostro. Si chiese quanta morte e quanta vita potesse trasportare l’immenso buco di energia e percepì i suoi sensi e pensieri farsi leggeri, volatili, quasi strappati via dalla forza del vento.

Le ali magnetiche della nave, mosse della luce dei soli e del vento solare, vibrarono più intensamente e il capitano, che ancora reggeva saldo il timone tra le mani, si rese conto che il campo magnetico del Buco Nero non lasciava loro altra via, se non quella di essere trascinati all’interno del margine esterno. Era il momento di agire in fretta, di trovare una soluzione che permettesse loro di sostare lungo e non oltre il bordo esterno del raggio energetico, cosicché non venissero trascinati dentro l’Orizzonte degli Eventi, che non avrebbe lasciato loro via di fugaii.

Il tempo ticchettò più in fretta e il capitano percepì sfuggire preziosi secondi dalle dita.

« Prosegui oltre ciò che tocca la luce… ciò che tocca la luce »

Sussurrò come una nenia labile.

Cercò un filo logico e frugò nella mente e nei ricordi, tra parole invisibili, alla ricerca di una traccia, un punto fermo a cui attraccare i pensieri, come una nave attracca al suo porto.

Bulma lo vide soppesare i pensieri, alla ricerca di una via, finché non gli si illuminarono gli occhi con determinazione. Il sorriso che fece le fece venire i brividi.

« … Vegeta? »

« Uomini! » gridò il capitano, precipitandosi giù dalle scalette verso il centro della nave, « tutti ai vostri posti! Liberate le vele e aspettate il mio ordine! »

L’equipaggio lo guardò come se il vento gli avesse risucchiato il cervello, ma Vegeta non si fece trovare impreparato davanti alla loro incertezza.

« Subito! Correre, correre, correre! »

Gli uomini, allora, scattarono ai suoi ordini con brio pur non capendo l’idea del loro comandante. Nappa gli si fece davanti, con il cuore in gola.

« Vegeta, come ne usciamo vivi? »

« Fidati di me! Turles, fissa il pennone alla vela di tricchetto! »

Turles lo osservò stralunato. Mai il capitano aveva dati degli ordini tanto controversi.

« Ma così ci fermiamo proprio! » si lagnò.

« Eseguì! »

Il mozzo non poté fare altro che eseguire: si alzò velocemente fino alla coffa, attraversò con equilibrio e delicatezza il pennone dell’albero fino a giungere alla corda che teneva fissa la tela di tricchetto. Levò il nodo e con questa penzolò nel vuoto fino all’albero posizionato a prua.

I cristalli di ghiaccio si facevano sempre più radi attorno a loro e la barriera protettiva strideva per la forza del vento magnetico.

« Mollare le vele! Tagliate tutte le trozze, scattare, scattare, scattare! »

La ciurma volava veloce lungo il ponte, eseguendo alla perfezione ogni comando, nonostante la paura che strozzava il respiro.

« Pennone di poppa verso poppa! »

« Ma è- »

« Da pazzi, lo so! »

Dettò gli ordini come il capitano di una nave pronto all’assalto di un veliero avversario, come il comandante di un equipaggio pronto a scattare verso la morte in mezzo alle stelle e gli uomini lo seguirono con trepidante fiducia, eseguendo con attenzione ogni suo ordine.

« Vela di tricchetto a babordo, mollare a poppa, issare le vele di prua! »

« Tirate! »


Quella si creò, grazie alle mani esperte e veloci dei pirati, fu una nave con le vele poste ai lati, quasi a ricordare una caverna che si apre al mare per far entrare, tra i suoi anfratti, i flutti d’acqua: le lunghe e forti ali, infatti, erano state poste lungo il lato lungo della nave e, invece che attraversarla lateralmente così com’è consono alla navigazione, l’attraversavano longitudinalmente, gonfiandosi ora deboli, ora forti ai lati, ricreando le ali di un aquilone che s’innalza con l’aria che gli scorre accanto e tutt’intorno.

La nave, cosparsa di energia e con le vele pronte a far defluire l’aria dal basso verso l’alto, si avvicinò sempre più veloce al Buco Nero e di lì a poco, avrebbe navigato lungo il suo bordo esterno, senza tangere il suo Orizzonte degli Eventi. Almeno, questo era il piano.

Il vascello si avvicinò, così, alla stella, finché non giunse al suo bordo. Le stelle attorno strisciarono con loro e il capitano comandò tutti gli uomini al centro della nave.

Ogni uomo si assicurò attorno alla vita la sicura che, come una corda di sicurezza, li legava all’Albero Maestro e garantiva loro di non scivolare loro fuori dalla nave, nel caso in cui le cose fossero andate per il verso sbagliato. Bulma si legò anche lei e cercò il capitano, che ancora si assicurava la tenuta delle corde e la potenza del vento sulle ali. Le passò accanto, svelto, le tese la mano e la condusse con sé nei suoi passi verso la cuna della nave e verso l’eternità che li stava accogliendo.

« Fissare tutte le vele, tutti al centro della nave! »

Si portò a prua, sopra il canto della gomena e si specchiò nel vuoto sotto di lui. Bulma gli si strinse accanto e insieme guardarono il Buco Nero.

« E preghiamo gli dei… forse tra poco li incontriamo »


Il vento si fece più rabbioso, la piccola bolla di energia che aveva conservato l’ossigeno e la temperatura di sopravvivenza bruciò la sua energia contro l’aria bollente che via via veniva risucchiata dal mostro. I secondi si fecero più lunghi, il tempo si dilatò e le vite dei pirati furono appese ad un filo, pronto per essere tagliato.

Lazuli giocò con la loro vita, pizzicando le corde delle loro anime come i suoni che nascono da una lira, finché l’Eatherium si chetò: la nave attraversò le nuvole di polvere che galleggiavano attorno al nucleo, superò il vuoto e, sul bordo dell’Orizzonte, iniziò a precipitare.

I pirati si aggrapparono alle corde, Bulma afferrò la balaustra per reggersi e Vegeta si sentì l’aria risucchiare dai polmoni.

La nave precipitò nel vuoto, le corde tese e le ali chiuse, pesanti, come le ali di un uccello bagnate dalla rugiada che non ce la fanno ad aprirsi.

Le vele sventolarono nel nulla, finché l’aria accumulata nella caduta non le riempì: le cime si rizzarono, le ali si dilatarono colme di vento e il vascello brillò come una crisalide. Le ali si schiusero come i petali di un fiore raro e, piano piano, il battello prese quota.

L’Universo attorno a loro, così come tutto il materiale cosmico che veniva risucchiato nel vortice della stella, brillava ancora sulla scia dell’Orizzonte degli Eventi, superandoli e cadendo lentamente dal bordo esterno come le foglie di un fiume quando fluiscono in un vortice d’acqua, svanendo dalla superficie. Tutte le stelle caddero nel vortice, ma la nave rimase al suo posto.

Fluttuò snella sulle onde di vento, oscillando a ridosso del limen che li separava dalla stella, fino a quando calmò il suo incedere, armonizzandosi alla corrente esterna.


Gli abitanti della nave si raddrizzarono in piedi e, increduli, osservarono la perla Saiya che, sebbene fosse irriconoscibile con le vele poste come le ali di una farfalla, li manteneva galleggianti nel vuoto, il Buco Nero sotto di loro, fischiante di luce.

Il capitano si rizzò in piedi.

« Ha funzionato… » sussurrò, boccheggiante. Gli tremarono leggermente le gambe e si dovette appoggiare alla balaustra accanto alla prua, Bulma sempre al suo fianco, frastornata e avvolta di adrenalina, boccheggiò.

« Ha funzionato? » domandò ancora e Nappa e gli altri cacciarono un urlo di gioia, troppo ebbri di vitalità e colmi di vita, sebbene davanti al burrone diretto per l’eternità.

« Ce l’hai fatta, Vegeta! » lo riscossero i suoi uomini e mirarono ancora davanti a loro, non osando porre la mente più in là del confine su cui solcavano, non oltre la linea dell’Orizzonte che separava la loro vita dalla morte. La soglia per il regno di Lazuli sostava davanti a loro, in attesa che fosse solcata.

Poi, però, si spezzò un gancio, cadde una corda e parte della vela di mezzana rovinò a terra e degli uomini dovettero correre per evitare che facesse altri danni o che anche le altri ali perdessero quota. La piccola e coraggiosa Saiya non avrebbe resistito a lungo sulle onde magnetiche create dal Buco Nero e la sua potenza gravitazionale presto l’avrebbe trascinata a sé.

Vegeta contemplò le vele e, pensieroso, scrutò il nero sotto di loro. Prese la sua decisione.

« Cabba, tutta a sinistra! »

« Tutta a sinistra! » gli fece eco il pirata e la nave virò, posizionandosi sull’aere nebuloso lungo il lato destro, costeggiando il nucleo con la murata di babordo. La scheggia nera scivolò sulla corrente e si posizionò lungo l’argine. Vegeta strinse attorno alla vita la corda salvavita, afferrò un’altra corda e la legò con un nodo saldo alla corda di sicurezza.

« Nappa! »

« Capitano! » scattò agli ordini il secondo, avvicinandosi pronto al suo comando.

Lo considerò con espressione seria, arrotolando la seconda corda lungo il fianco, appena sotto il cappotto nero e la spada di luce.

« Se non dovessi farcela, la nave è tua »

Il cuore del secondo si strinse in una morsa a quelle parole e, dopo qualche secondo, cercò di afferrare il capitano prima che gli sfuggisse definitivamente. Nappa lo tirò a sé.

« La nave aspetterà il suo capitano »

Il giovane comandante si sentì investire dall’abbraccio di Nappa e dalla potenza della sua anima, che per un attimo lo destabilizzò peggio del cupo vibrare magnetico sotto i suoi piedi.

Si ritirò all’ultimo, come le onde dell’oceano dopo aver toccato la spiaggia piena di sabbia che brilla di emozioni colorate. Annuì serio, affidando i suoi pensieri alle Lanterne di stelle e si posizionò al centro del ponte, gli uomini tutt’attorno che lo osservavano. Li guardò ad uno ad uno.

« Signori! È stato un privilegio rubare con voi! »

Si voltò e Bulma gli brillò negli occhi ad un soffio dal naso, « Io vengo con te! » asserì con tenacia e determinazione, « E non mi dire che il Regno del Caos non è posto per una donna! »

Il capitano sogghignò e aprì il nodo della corda per stringerlo attorno alla vita della donna, attirandola a sé.

« Questo non lo direi mai… » sussurrò, per venire subito interrotto da Broly che, svelto, si era anche lui arrotolato la corda attorno alla vita, pronto a saltare con loro, guizzante di coraggio.

Il capitano, però, gli tolse delicato la corda dai fianchi e davanti ai suoi occhi verdi ricolmi di avventura, gli rivolse il suo sorriso più sincero.

« Hey, scusa, cucciolone, ‘sta volta no... »

Il mezzodemone abbassò le orecchie e Vegeta gli carezzò piano i capelli di alghe verdi e vive.

Il suo sorriso poi si posò su quello di Bulma e gli tese la mano, sfiorandole le nocche leggermente con le labbra.

Un passo dietro l’altro corsero verso tribordo, prendendo la rincorsa: si lanciarono poi dalla nave, lasciandosi cadere tra le onde oscure. La corda che li teneva legati dopo poco si spezzò e quello che gli uomini videro dal ponte furono le figure dei due che scomparvero nel tempo di un respiro, amalgamate al nero occhio che dominava l’Universo.


L’aria era rarefatta, fatta di diamanti, di scaglie di luce colorata che svanivano con un tocco. Le stelle, il Cosmo, la luce, tutto era unito e scomposto.

Cadendo dentro il pozzo profondo del Buco Nero, si sentirono amalgamati e spezzettati, come se tutti gli atomi che li componevano fossero tremati e poi si fossero sciolti come neve al sole.

Ogni particella del corpo tornò alla sua forma principale, al suo nucleo di neutroni e protoni. Le componenti dei loro sogni e della loro mente si scomposero e ricomposero in mille e più atomi.

Ogni attimo di vita, ogni palpito di cuore, ogni pensiero si annullò divenendo polvere, poi vento, poi stella. Si sentirono sciogliersi, riunirsi, abbracciarsi, scindersi cellula per cellula e diventare luce, pianeta, asteroide, stella e lacrima di cielo.

Videro il resto dell’Universo farsi più veloce, come se qualcuno avesse premuto sull’acceleratore del tempo, colsero traccia del futuro, del presente e del passato, tutti collassati nella pagina di un libro.

La gravità strappò loro il cuore e l’ultima cosa che percepì furono gli occhi blu di Bulma mentre urlava il suo nome, poi il nulla.


Riacquistò i sensi e si meravigliò di essere ancora viva.

La sabbia strideva e graffiava sotto le sue ginocchia, l’eco pesante dei suoi respiri infastidiva ogni tentativo di pensiero razionale. Bulma prese un forte respiro e aprì gli occhi, tirandosi a sedere.

Si ritrovò immersa in un deserto di sabbia dorata che pareva infinito come il tempo. Un paesaggio surreale attirò la sua attenzione in lontananza, sopra di lei, verso un cielo notturno ed aperto di stelle e di fili leggeri delle Costellazioni, che roteavano armoniche.

Un mondo di galassie, nebulose e Costellazioni catturò il suo respiro e per qualche secondo si sentì soffocare dal temibile silenzio che riverberava tutt’attorno.

Si guardò attorno e non vide altro che immenso e freddo deserto dorato, calato nella notte silente delle stelle. Nel riflesso di nubi pigre e violacee all’orizzonte, le parve di scorgere una figura che si muoveva sinuosa, che però sparì in una nube di polvere biancastra.

Nel silenzio del vento, un corpo celeste scoppiò lontano sullo sfondo, fili argento caddero a terra come stelle filanti che si spensero centinaia di metri più in là, soffocando il loro impatto nell’arena, attutendo la pioggia di comete e asteroidi scaturita dall’esplosione.

Nelle pianure morte di Tartaro tutto era congelato nel tempo, come se si stesse osservando millenni e millenni di storia dell’Universo attraverso la lente opaca di un cannocchiale che vede lontano, ma che confonde la linea del tramonto a quella dell’alba e non distingue bene l’orizzonte.

Una nube di nera quiete le sfiorò la caviglia e Bulma cacciò un urlo, riconoscendo il lieve tocco di una mano fredda di secoli. Si tirò indietro, incespicando sulla sabbia e andando a sbattere contro un corpo abbandonato nella sabbia.

« Vegeta! » gridò, facendoglisi accanto e cercando di risvegliarlo. Lo girò di peso sulla schiena e, sotto le sue mani tremanti, man mano il capitano acquisì coscienza, emettendo con un gemito di dolore.

« Bulma… » sussurrò e subito il fiato gli si spezzò in gola quando il suo sguardo si perse nell’immenso atrio di stelle.

Lo aiutò ad alzarsi ed insieme si affrettarono verso un masso che emergeva più in là tra le dune, quando la sabbia sotto di loro iniziò a smuoversi, smossa dai loro passi. Man mano che camminavano la sabbia iniziò a scivolare più veloce, impedendo loro di camminare dritti, ma confluendo nelle onde dorate.

Raggiunsero a malapena il masso, che le dune si fecero d’improvviso più ampie, frenetiche, scivolose, iniziando a muoversi come le pagine di un libro o come le onde del mare quando soffia la bufera. Rotolarono nella sabbia, come dei piccoli sassolini spazzati dal vento, il viso affondato nella rena.

« Bulma! » urlò Vegeta, cercando di raggiungere la mano dell’ambasciatrice che come lui, veniva trascinata via dalle onde di sabbia, incapace di lottare.

La rena soffocò le loro grida, finché non smise di muoversi e dei passi pesanti tracciarono le loro impronte sul terreno, congelandosi nel terreno: Vegeta alzò allora gli occhi per andare a fissarli in quelli intensi e bianchi della Costellazione del Leone che lo fissavano bramosi, la bocca di denti affilati che faceva sfavillare le stelle con i suoi ruggiti.

Le Costellazioni del cielo li avevano circondati, attirate dalla loro carne viva e pronte ad eliminare gli intrusi dal Regno dei dimenticati. Pronte letteralmente ad inghiottire le loro anime, così da non lasciare spiriti vivi a solcare le pianure morte di Tartaro.

La donna venne trascinata subito in alto dalla coda affilata dello Scorpione che le sfiorò le carni, le chele le si strinsero ai fianchi, stritolandole il respiro. Il capitano senza indugio mise mano alla spada laser e si precipitò contro il gigante, per venire, però, bloccato dal corpo imponente della Costellazione del Toro che gli si parò davanti, sbuffando dalle narici aride nuvole di polvere cosmica.

Il capitano strisciò sulla sabbia e tentò di tenere lontano i due mostri che lo stavano circondando: vibrò la sua lama contro l’attacco del Leone, affondando la luce del cristallo contro le sue zanne, facendolo indietreggiare in un guaito animalesco. Bulma, nel frattempo, era riuscita a liberarsi dalle chele dello Scorpione, sebbene l’imponente Costellazione del Centauro la stesse braccando e cercasse di schiacciarla sotto i suoi imponenti zoccoli. Vegeta si trovò ancora ad indietreggiare e a schivare i colpi assestati del Toro che non si decideva a dargli tregua, finché la lama non impattò contro uno dei suoi corni, scintillando di energia.

Ansimante, si gettò contro lo Scorpione e cercò con gli occhi Bulma, fino a quando non incrociò lo sguardo di Orione che stava armando il suo arco di una freccia di luce, pronto a scoccarla contro di lui.

Successe tutto in un secondo.

Orione fece scattare la sua freccia e questa tagliò il fine etere, come la striscia di una stella cometa. Il dardo dilatò e restrinse il tempo e, sempre più vicino alla carne viva del capitano, fece tremare la sua anima di puro terrore.


Poi una voce parlò e tutto si congelò nel tempo: la spada di energia che tagliava la chela dello Scorpione, le fauci del Leone ad un passo dal suo corpo teso, la freccia di luce pronta a trafiggergli il cuore.

« Fermi, bimbi miei! È questo il modo di trattare un ospite? »

Una nube di sabbia li avvolse, strappando via loro le armi e costringendoli a coprirsi gli occhi per via della forte corrente. Dalla sabbia emersero delle rovine fatiscenti e si ritrovarono al centro di una sala del trono di una antica reggia che riecheggiava di tempi perduti e rigogliosi. Davanti a loro un trono diroccato e un cadavere che urlava al nulla il suo ultimo respiro. Le stelle attorno ripresero il loro moto in silenzio.

Tirarono entrambi un respiro di sollievo e, barcollanti, si guardarono attorno. Bulma gli si strinse accanto, afferrandolo per l’avambraccio.

« Confesso… ora sì, che mi sono venuti i brividi… » le bisbigliò Vegeta, ma la voce lo interruppe. Da dietro il trono, comparsa dal nulla, apparve, infatti, Lazuli.

« Bravo… nessun mortale aveva raggiunto Tartaro prima d’ora... » ridacchiò « Vivo, intendo… »

Si accomodò sul trono, facendo svanire il vecchio re in una nube di polvere.

« Mettiti comodo! »

Le lunghe dita lambirono la superficie dello scranno e i capelli dorati si confusero con la sabbia del deserto, facendo comparire ancora più inquietanti i due occhi di ghiaccio che li stavano scrutando.

Sentì la presa di Bulma farsi più stretta e tremante sul suo braccio e per qualche istante gli si congelò il sangue nelle vene. Ridacchiò in un risolino forzato.

« Bel posticino questo… »

« Ti piace? Sto pensando di fare tutto l’Universo così... »

La dea avvitò le dita, muovendo un paio di stelle all’Orizzonte, che precipitarono lontane tra le dune della pianura.

« Bella idea! Be’, sei molto occupata, perciò, se non ti dispiace, prendiamo il Libro della Pace e ci togliamo dai piedi! » sorrise forzatamente il capitano, approcciandosi alla Dea con tono rilassato, sebbene il paesaggio attorno gli stesse pizzicando i sensi di acuto terrore.

« Ah, cosa ti fa pensare che l’abbia io? » domandò, leggiadra, la Dea, accomodandosi meglio sul trono di pietra, la veste eterea che fluttuava pigra ai suoi piedi.

Bulma sbarrò gli occhi, incredula.

« Ehm, mi hai incastrato con il furto, così avrebbero giustiziato me! » rispose piccato Vegeta, assottigliando lo sguardo, in un moto di lenta furia.

« Te? » domandò, invece, soave la Dea.

« Già... »

Ma la Dea lo guardò ancora, alzando un sopracciglio, scettica.

Il tempo si fermò e gli sorse un dubbio, a cui la sua mente non seppe rispondere prontamente come sempre faceva. Si fermò a soppesare lo sguardo della Dea a cui, lentamente, stava sorgendo un sorriso sulle labbra.

No...

I secondi gli parvero nuotare ancora più lentamente nel vuoto e il cuore gli prese a battere più veloce.

Ma allora...

Si girò verso Bulma che lo guardava apprensiva, gli occhi brillanti di premura e terrore.

Lazuli, invece, si alzò dal trono e scese lenta e maestosa i gradini che la separarono dai suoi ospiti.

« No… avrebbero giustiziato Goku… » continuò il capitano, voltandosi ancora a guardare la Dea nei suoi occhi di ghiaccio, freddi e inumani come li ricordava la prima volta che l’aveva vista avvolta dalla bolla d’aria. « Tu sapevi che avrebbe preso il mio posto! » sussurrò con incredulità.

La Dea ridacchiò, tracciando con le lunghe dita un solco sulla colonna posta al basamento del tempio, facendola sgretolare ineluttabilmente sotto il suo tocco.

« Tu contavi sulla mia fuga… quindi Goku sarebbe morto e Syracysis sarebbe - »

« Rimasta senza un legittimo erede al trono, facendo precipitare tutte le Dodici Galassie in un glorioso Caos! »

Concluse la Dea per lui, ghignando famelica.

La reggia attorno precipitò nella sabbia, portando con sé il segreto appena rivelato. Il silenzio e lo stupore li bloccarono e Bulma e Vegeta si guardarono increduli. La Dea sospirò, deliziata e un poco scocciata.

« Voi umani siete così prevedibili! Goku non poteva fare a meno di essere nobile e tu non potevi fare a meno di tradirlo... »

I suoi capelli sinuosi le incorniciarono il viso che parve ancora più insaziabile di sangue.

« Ma io non ho tradito Goku! Non sono scappato, sono qui e porterò indietro il Libro! » pronunciò, invece, Vegeta che si affrettò a cercare degli appigli per uscire dal buco nero in cui sentiva lentamente precipitare il suo destino.

« Oh, invece l’hai tradito… gli hai rubato il suo unico amore… » sussurrò la Dea, che si portò alle spalle dell’ambasciatrice, passandole una mano fredda tra i capelli di rugiada. A Bulma si mozzò il respiro in gola e le sue iridi si bagnarono di lucente paura, mentre cercò silenzioso aiuto tra le onde nere degli occhi del capitano.

Lazuli, infatti, la spinse in avanti, facendola inevitabilmente finire nelle braccia aperte di Vegeta, che la sorresse dal cadere.

« Guardala, Vegeta! Lui non è ancora nella tomba e tu ti fai sotto con la sua donna! »

L’uomo si sentì sempre più immobile, avvolto dalle spire della logica di Lazuli.

« Ammettilo, la tua anima è nera quanto la mia… »

Vegeta percepì il buco nero dell’essere immortale davanti a lui iniziare a risucchiargli l’anima, nel mentre che freddi fili di tenebra gli sembrarono salire lungo il torace a soffocargli il respiro. L’ambasciatrice fu la prima a rianimarsi e a sfidare lo sguardo malevolo della Dea.

« Ti sbagli su di lui! Non sai che cos’ha nel cuore! »

Esclamò Bulma, con rabbia, mettendosi tra la dea e Vegeta, pronta a proteggerlo.

« Oh, sì che lo so… e, quel che più conta, lo sa lui… » s

Si avvicinò ancora a Vegeta, superando malamente la donna, e lo avvolse in un gelido abbraccio, tracciandogli una linea di fredda luce fino al cuore « in cuor tuo, tu sai che Goku morirà, perché ha visto qualcosa in te, che semplicemente, non esiste! »

« No! »

Ringhiò il capitano, scacciando la fredda paura dalle sue membra, ma la Dea rise.

« Vuoi scommettere? Facciamo un gioco e se vincerai ti darò il Libro della Pace! »


La dea alzò solennemente una mano e tutto attorno tremò, le rovine svanirono da sotto i loro piedi, il cielo dipinto di stelle si eclissò e vennero nuovamente avvolti dalla nube di sabbia che li lasciò sospesi nel vuoto, finché non poggiarono i piedi su uno stretto corridoio di pietra sospeso sul nulla, la dea di lato a galleggiare sinuosa nell’aere e davanti a loro, finalmente, pronto ad attenderli, il Libro della Pace avvolto nel suo alone di calma serenità.

Il Libro chiuso rilasciava debolmente il suo bagliore, ma, sebbene le pagine fossero serrate e le Costellazioni ancora attendessero il ritorno al loro moto incessante ed armonico, la sua aura si percepiva con forza e irradiava di armonia persino la piccola bolla in cui erano sospesi.

Vegeta si aprì in un sorriso spontaneo e fece ingenuamente un passo in avanti, richiamato dal candore e dalla calma delle pagine sacre, quando parte della lastra su cui camminava si staccò e precipitò nel vuoto, rischiando anche lui di cadere inevitabilmente nel nulla.

« Come corri… » sussurrò la Dea « il mio gioco ha delle regole, Vegeta »

Il vento sibilò attorno a loro, intrappolandoli in una nube di sabbia dorata, che non permetteva di scorgere oltre il manto di stelle.

Lazuli riprese a parlare.

« Ti farò una domanda… una semplice domanda. Se rispondi sinceramente, il Libro è tuo »

Il capitano fece una smorfia. « Dammi la tua parola »

Lazuli sollevò le sopracciglia, quasi offesa. « Ancora non ti fidi di me? »

Vegeta la squadrò con occhi taglienti e la dea sbuffò, arricciando le labbra e portandosi una mano alla tempia, con fare plateale. « Viviamo in un’era così piena di scetticismo, peccato… »

« E va bene… hai la mia parola di dea... » e si tracciò sulla spalla destra con l’unghia affilata della mano una “ics”, il senso intangibile della sua parola data, come quando aveva fatto la sua prima promessa dentro la bolla. Un genere di promessa a cui anche gli Dei sono vincolati per l’eternità, e che, sapeva Vegeta, era l’unica garanzia della sua parola data, sebbene l’essere immortale fosse maestra di inganni e di raggiri.

« Ti basta? »

Vegeta annuì, cupo e prese un respiro: « Fa’ la tua domanda »

Lazuli sorrise a fior di labbra.

« Perfetto. Tutti sappiamo che cosa accadrà se avrai il Libro della Pace »

Ne accarezzò il bordo con mani lascive, lasciando che la sua luce di armonia tangesse, seppur inutilmente, le sue membra fredde ed immortali, « lo restituirai alle Dodici Galassie e salverai Goku… »

« Ma se non avrai il Libro, dovrai fare una scelta »

Si avvicinò al capitano, nuvole di stelle che si dissipavano ad ogni suo passo, Vegeta che la seguiva, attento ad ogni sillaba, in completo silenzio.

« Veleggiare verso il paradiso con la donna dei tuoi sogni o tornare a Syracysis per morire… »

« Essere quindi un ladro o un eroe? »

Bulma pochi passi addietro trattenne il fiato. Il capitano non staccò lo sguardo dalla dea.

« Perciò ecco la mia domanda, Vegeta... se non avrai il Libro, tornerai là per morire? »

E scomparve, lasciandoli soli sulla passerella, nel vuoto e l’eco del silenzio a riempire i loro respiri.

Passarono istanti di infinito oblio, il capitano disperso nei suoi pensieri e Bulma che affidava incessantemente le sue preghiere alle Lanterne, che li attendevano entrambi, al di là del Buco Nero.

Vegeta alzò lo sguardo e la luce della pace bagnò placida i suoi lineamenti.

« Sì, tornerò! »

E prese a camminare, dapprima tentennando, poi, una volta percepita la stabilità della passerella, con passo più sicuro. L’ambasciatrice ringraziò le stelle e tirò un sospiro di sollievo, sorridendo.

Il capitano sfiorò finalmente il Libro, ma non riuscì ad afferrarlo.

Lazuli comparve alle sue spalle.

« Stai mentendo… »

La pietra si sgretolò sotto i loro piedi, Vegeta cercò di raggiungere, disperato, il Libro, ma la gravità li attirò a sé con rabbia.

Le loro urla si confusero con il vento e con la risata sguaiata della Dea, finché la luce non li avvolse.





Continua...






Angolo dell’autrice

Buonsalve, se c’è ancora qualcuno che si ricorda di me.

Perdonate il ritardo.

Spero che la lunghezza di questo capitolo possa farmi perdonare. Altrimenti, pazienza, liberi di odiarmi. <3

E insomma manco questa volta si riesce a pigliare il Libro.

Che cosa succederà ai nostri amici?

Chi creperà per primo?

Lo scoprirete nel prossimo ed ultimo – finalmente – capitolo!


Ma soprattutto… chi di voi vuole farsi un giretto con me nel Buco Nero?

Deve essere un posticino accogliente e niente male, a parte, va be’... i cadaveri, i mostri, i morti e… i cadaveri, immagino.

Fatemi sapere cosa ne pensate del capitolo: grazie a tutti coloro che leggono, che recensiscono, che mi odiano perché sono sparita dal fandom, che mi amano per qualche assurdo motivo – non vi conviene, raga.

Al prossimo capitolo!

Ve se ama,


Zappa



iCome sapete bene, i buchi neri si formano quando una stella, dopo aver bruciato tutto il suo idrogeno in elio, collassa su se stessa, perché l’energia emessa (le radiazioni) non è più in grado di contrastare l’energia gravitazionale: l’energia emessa in radiazioni, infatti, quando il nucleo diventa ferro, non viene più prodotta e l’energia gravitazionale ha la meglio. Quindi, per farla breve, la stella – very big, molto più big del sole - implode nel nucleo, accumulando sempre più massa al suo interno: la stellina esplode in una supernova e si trasforma o in una stella a neutroni o in un buco nero. Per tutte queste bellissime informazioni su cosa siano i Buchi neri, vi consiglio – fatelo, è una figata – i video su YouTube di Kuzgesagt, in a Nutshell. Tutte le informazioni, trasformate in maniera fantasiosa in una storiellina che se la leggesse Einstein mi ucciderebbe in tedesco, inserite sono prese da lì, perché io a parte il fatto che sono buchi e che sono neri, so ben poco su di loro;


iiL’Orizzonte degli Eventi è una specie di barriera che separa il buco nero dal resto dell’Universo e se attraversata ti fa finire nel nero più nero: per essere onesti, se si dovesse attraversare e si dovesse uscire dall’Orizzonte degli Eventi bisognerebbe essere più veloci della luce. E niente, visto che nessuno ci riuscirebbe, nessuno riuscirebbe a superarlo per uscirci e scappare via. Informazioni su Kuzgesagt, in a Nutshell, YouTube; direi che più scientificamente di così non posso parlare, vi prego, non prendetemi per Wikipedia;

   
 
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