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Autore: ChrisAndreini    02/03/2021    1 recensioni
Una raccolta di momenti di vita della Corona Crew. Comici, tragici, introspettivi. Bocconi di vita, dai momenti più gioiosi a quelli più tragici. Un gruppo di amici e la loro semplice e allo stesso tempo complessa storia, nel corso degli anni.
Le piccole avventure di una matchmaker, un ansioso, un aspirante mago, un giovane imprenditore, un gran lavoratore, un'ereditiera tsundere, un'altra tsundere ma meno ereditiera, un artista iperattivo e il resto della loro allegra brigata di gente matta.
È collegata alla storia "Corona Crew", nella sezione romantica, ma molti capitoli potranno essere letti anche singolarmente... spero.
Cap. 1:
"...spesso in momenti come questo si chiedeva se si nascondeva perché era minuto, o se la natura gli aveva concesso l’essere minuto per dargli la possibilità di nascondersi.
Purtroppo non era un ottimista, e solitamente il dibattito filosofico si concludeva sempre con un sicuro “se fossi grande e grosso non avrei di certo bisogno di nascondermi” dopo il quale si lamentava con madre natura matrigna per non avergli dato questa possibilità"
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: Missing Moments, Raccolta, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Corona Crew'
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Ad almeno dieci metri di distanza (e ringrazia che non chiamo un avvocato)

 

Nota iniziale: Non bisogna sapere niente sulla storia principale per leggere questo capitolo

 

Nonostante avesse solo cinque anni, Mirren era sempre stato un bambino molto precoce, e sveglio, come non facevano che ripetergli le numerose tate, le sempre mutevoli ragazze di suo padre, e i tutor privati che si occupavano di lui per prepararlo all’inizio della scuola elementare, che sarebbe avvenuto di lì a pochi mesi.

E dato che era precoce e sveglio, quando quella calda mattina estiva, vide un via vai di gente in strada, un enorme camion, tanto fracasso e un bambino che urlava, capì immediatamente che qualcosa di grande stava succedendo nel quartiere.

E con “grande”, intendeva molto, molto, brutto.

Si mise a sedere sul letto, stropicciandosi gli occhi, e controllò con una leggera curiosità ma soprattutto un grande fastidio la causa di quel fracasso, sporgendo la testa fuori dalla finestra.

C’erano parecchi uomini che portavano oggetti nella casa inabitata lì vicino, una donna che coordinava il tutto, e un uomo accanto a lei che esclamava qualcosa verso la figura che più attirò l’attenzione di Mirren.

Un bambino, che correva nel giardino vicino con un aquilone urlando in preda all’esagitazione.

Aveva i capelli color oro, ricci, lunghi e che sembravano lana di una pecora.

Ed era disordinato, sporco, con le ginocchia sbucciate da cui usciva un po’ di sangue, ma dagli occhi pieni di gioia, e un grande sorriso.

Ew, davvero i bambini della sua età erano così?! Mirren sperava che se ne sarebbe andato presto da lì, perché non voleva averci niente a che fare.

-Oh, Mirren, il frastuono ti ha svegliato, eh?- una voce alla porta attirò la sua attenzione, ma Mirren non riuscì comunque a non restare a fissare il bambino che si rifiutava di ascoltare il padre e continuava a correre via con l’aquilone, e ridendo come un matto.

La sua fuga finì in fretta, quando cadde di faccia, e venne immediatamente soccorso dal padre.

Mirren si aspettava che si mettesse a piangere, ma lo stupì scoppiando a ridere, nonostante la faccia graffiata.

-Chi sono?- chiese rivolto alla figura appena entrata, appartenente a sua nonna Rea, che gli si era avvicinata e aveva osservato tutta la scena accanto a lui.

-I nostri nuovi vicini. Si stanno trasferendo nella casa accanto- spiegò, pettinando i capelli del nipote con le dita.

Era l’unico contatto fisico che Mirren tollerasse senza irrigidirsi, e lo tollerava specialmente perché veniva da sua nonna.

-Per l’estate?- chiese, speranzoso.

E “speranza” qui significava “spero sia solo per l’estate e non per il resto della mia vita”.

Probabilmente nonna Rea fraintese per “Spero restino qui a lungo così farò amicizia con un bambino della mia età”, perché sorrise caldamente e annuì.

-Sì, per l’estate e non solo. Si trasferiscono per sempre. Il loro figlio ha la tua età- spiegò, soddisfatta.

Per la prima volta da che ne avesse memoria, Mirren si scansò dal suo tocco, infastidito dalla risposta che la nonna gli aveva dato.

Il gesto la sorprese non poco.

-No!- disse il bambino, irragionevole, lanciando un’occhiataccia al bambino dall’altra parte della strada, che si era rialzato e aveva contagiato il padre con le sue risate.

-No? No cosa?- sua nonna guardò Mirren con un sopracciglio inarcato, incuriosita e sorpresa dalla reazione tanto schifata alla prospettiva di un vicino di casa.

-Non lo voglio vicino a casa mia! Non mi piace!- esclamò Mirren, sempre più irragionevole, incrociando le braccia e facendo il muso.

Nonna Rea roteò gli occhi, esasperata.

-Non possiamo controllare ciò che fanno gli altri, e non bisogna mai giudicare un libro dalla copertina, lo sai. Perché non andiamo a conoscerli di persona?- propose, incoraggiandolo con una pacca sulla testa che Mirren scansò con prontezza di riflessi.

-No! Non voglio parlarci! Mi sta antipatico, è sporco, stupido e non voglio le sue urla vicino a casa mia!- insistette, battendo i piedi e alzando la voce a sua volta.

L’esasperazione di nonna Rea si trasformò in irritazione. Mise le mai sui fianchi, e guardò il nipote con aria di rimprovero.

-Modera i toni, giovanotto! Non ti ho cresciuto così! Ora ti vesti e mi accompagni a salutare i vicini, o puoi scordarti la colazione- lo  minacciò, guardandolo fisso negli occhi.

Mirren mantenne il suo sguardo, per nulla intenzionato a cedere.

-Non puoi obbligarmi, non sei mia mamma!- Mirren non tirava mai fuori l’argomento “mamma”, soprattutto non davanti nonna Rea, ma era fuori di sé. Quel bambino biondo non gli piaceva per niente! Fine! Non voleva parlarci!

-Sono la madre di tua mamma, quindi valgo doppio. E non alzare così tanto la voce. Petra dorme ancora- sua nonna però era preparata all’eventualità che un giorno avrebbe usato quel colpo basso, e non esitò neanche un secondo.

-E allora?- Mirren alzò le spalle. Del benessere della sorella minore che non aveva mai voluto non gli importava un accidente.

-Non usare quel tono con me, sai?! Sei troppo maturo per fare i capricci-

-Ho cinque anni, posso permettermi un capriccio!- Mirren le fece una linguaccia. Si sentiva sempre un genio quando riusciva a tenere testa a sua nonna. Era davvero intelligente come dicevano, eh eh.

Dopo un’ultima occhiata di fuoco, nonna Rea sospirò, e cedette. O almeno così sembrò a Mirren.

-Va bene, hai vinto. Sei ancora un bambino dopotutto. Vorrà dire che andrò da sola. Almeno il figlio dei vicini non ha paura di presentarsi- la nonna scosse la testa, e si preparò a levare le tende.

Ma il suo commento attirò l’attenzione di Mirren, che la guardò storto.

-Io non ho paura di presentarmi!- ci tenne a sottolineare.

-Allora perché non vuoi accompagnarmi?- chiese nonna Rea, fingendo sorpresa.

-Mi sta antipatico!- insistette Mirren, iniziando ad esitare.

-Senza conoscerlo. Nah, non me la bevo. Scommetto che hai solo troppa paura di fare una figuraccia e di risultare molto più immaturo di lui- lo provocò la nonna, e a livello di manipolazione mentale era molto più in gamba di Mirren, perché riuscì a toccare il tallone d’Achille di Mirren: la sua maturità.

-Io sono molto più maturo di lui, e lo dimostrerò!- esclamò il bambino, andando verso l’armadio per scegliere dei bei vestiti da indossare prima dell’incontro.

Nonna Rea sogghignò tra i baffi, e, forse sentendola, forse rendendosi conto da solo di essere stato raggirato, Mirren si voltò verso di lei e la guardò storto.

-Comunque non lo faccio volentieri, mi sta ancora antipatico, e voglio solo togliermelo così da fare colazione!- insistette, prima di iniziare a cambiarsi.

-Molto bene, ti aspetto all’ingresso tra cinque minuti- nonna Rea lo lasciò fare.

E nonostante Mirren fosse decisamente restio ad incontrare il nuovo vicino, arrivò all’ingresso puntuale, ben vestito, e pronto a dimostrarsi decisamente superiore a lui.

-Qualcuno qui si è proprio svegliato con il piede storto- commentò nonna Rea, sistemandogli i capelli, divertita dalla sua espressione imbronciata.

Mirren si ritirò.

-Allora, andiamo?- chiese, incrociando le braccia e mantenendo l’espressione seccata.

Nonna Rea sospirò, e lo precedette fuori dalla porta, con un cesto di vettovaglie da regalare ai nuovi vicini, e un grande sorriso.

Raggiunsero abbastanza presto il portico della casa accanto, dove la madre stava dando indicazioni agli addetti della ditta di traslochi su dove posare le varie cose. Il marito le stava dando una mano portando gli scatoloni, mentre il figlio non si vedeva da nessuna parte.

Molto meglio così, magari Mirren avrebbe evitato di parlargli e presentarsi.

-Salve, disturbo?- chiese nonna Rea alla madre, con un cenno di saluto e mostrando il cesto di benvenuto.

La donna sorrise caldamente, e le si avvicinò.

-Assolutamente no, salve! Scusate il caos, dovevamo arrivare più tardi ma sia io che mio marito lavoriamo preso questo pomeriggio e dovevamo arrivare il prima possibile- provò a giustificarsi, un po’ imbarazzata.

Era molto giovane per essere una madre con un figlio dell’età di Mirren, sembrava avere ventidue o ventitrè anni.

Ma a quella età non si andava all’università a studiare, di solito?

Proprio lì a dare fastidio a lui dovevano stare?

Ora, queste sono le opinioni di Mirren, che ha cinque anni, e non rispecchiano né la sua visione futura, né tantomeno la mia.

Ebbe comunque l’accortezza di non dirle ad alta voce, e limitarsi a guardare la donna dall’alto in basso.

-Figurati. È un piacere per noi avere finalmente dei vicini. Sono Soreana, chiamatemi Rea- si presentò nonna Rea, informale.

-Johanne, e mio marito è Bartie- si presentò la donna, stringendole con energia la mano.

Il marito, che stava passando in quel momento con una scatola molto pesante, fece un gesto di saluto verso entrambi, prima di sparire dentro casa.

Nonna Rea continuò.

-Vi ho portato un cesto di benvenuto e… Mirren, perché non saluti la signora?- nonna Rea porse la cesta, che venne presa con allegria dalla donna, e poi incoraggiò Mirren a smettersi di nascondersi dietro di lei e fare la persona educata.

-Salve- Mirren fece un cenno del capo, cercando di non mostrare tutto il proprio fastidio.

-Ciao, non ti ho svegliato, vero?- chiese la donna, piegandosi in modo da essere al suo stesso livello e mostrando un sorriso di scuse.

Mirren fu seriamente in procinto di ammettere che sì, lo avevano svegliato ed era anche parecchio irritato per questo, ma sua nonna fu più rapida, e gli accarezzò la testa.

-Si sveglia sempre presto, non preoccupatevi. Ho notato dalla finestra che avete anche un figlio della sua età, giusto?- chiese, guadagnandosi un’occhiataccia di Mirren, che sperava davvero che avrebbe evitato la presentazione con il bambino chiassoso e infantile.

-Sì, infatti. Sono felicissima che ci sia un bambino della sua età con cui fare amicizia- ammise Johanne, stringendo il cesto con entusiasmo, e perdendosi l’espressione disgustata di Mirren.

-Dovrebbe essere in giardino, lo chiamo subito- continuò poi la vicina, entrando un secondo dentro per posare il cesto ed uscendo di nuovo pochi istanti dopo accompagnata dal bambino allegro che Mirren aveva già visto dalla finestra.

Ora che era più vicino, Mirren notava che era ancora più energico e brillante di come apparisse da lontano.

I suoi riccioli biondi riflettevano la luce del sole, e sembravano quasi raggi luminosi. E non sembrava riuscire a stare fermo sul posto, dato che anche quando si fermò davanti alla madre, continuò a dondolare avanti e indietro, rigirandosi tra le mani l’aquilone di prima. 

Le sue mani e ginocchia erano sporche di fango, e Mirren pregò con tutto il cuore di non venire obbligato a stringergli la mano.

-Loro sono i nostri nuovi vicini. Perché non ti presenti?- sua madre lo incoraggiò a fare il primo passo, e dopo una leggera incertezza iniziale, il bambino sorrise e porse la mano verso entrambi.

-Ciao, io sono Felix! Ci siamo trasferiti!- esclamò, esaltato.

Ew, Mirren avrebbe preferito morire che essere obbligato a diventare amico di uno così, che diceva anche cose ovvie.

-Ciao Felix, io sono Rea. Mirren, perché non ti presenti anche tu- nonna Rea strinse la mano del bambino sporco, che poi la porse verso Mirren, che la guardò con chiaro disgusto, e scosse leggermente la testa in direzione di sua nonna, per supplicarla di potersi ritirare da quel supplizio.

Sua nonna però gli lanciò un’occhiata eloquente, e dopo qualche secondo di esitazione e supplica silenziosa, Mirren cedette.

-Io sono Mirren- si presentò sconsolato, rifiutandosi però di stringergli la mano, e tenendosi a distanza.

Dopo qualche secondo in cui Felix rimase con la mano sollevata, la ritirò timidamente al petto, perdendo il sorriso.

-Mio nipote è molto timido- provò a giustificarlo nonna Rea. Mirren avrebbe obiettato ma sapeva che era poco maturo, così si limitò ad evitare lo sguardo del bambino e guardarlo storto.

-Capisco, il mio Felix invece è super amichevole, vero tesoro?- Johanne provò a risollevare l’atmosfera, e Felix recuperò il sorriso, e annuì.

-Sì! Adoro farmi degli amici!- esclamò, entusiasta.

-Allora devi certamente provare a farti amico questo piccolo orso- nonna Rea prese in giro Mirren, che arrossì leggermente e mise ancora di più il muso.

-Non voglio amici- disse, incrociando le braccia, e guardando storto sua nonna, che rimase senza parole.

Non si aspettava certamente che avrebbe esternato il suo fastidio.

-Mirren!- lo rimproverò, senza alzare troppo la voce per non fare scenate ma con chiaro tono ammonitore.

Mirren si zittì.

-A volte si sta bene anche da soli, vero Mirren?- Johanne provò a mettersi nei suoi panni e Mirren annuì, senza però guardarla negli occhi.

-Io non ce la faccio- borbottò Felix.

-Questo perché tutti noi siamo diversi. C’è chi preferisce stare in compagnia e chi preferisce stare solo- spiegò, Johanne, dandogli un’importante lezione di vita.

Mirren avrebbe aggiunto un “e certe persone sono troppo diverse per diventare amiche quindi stammi lontano” ma non voleva fare scenate.

-Ben detto! Sarà meglio lasciarvi e sistemare le vostre cose. Se avete bisogno noi siamo disponibili. Anche nel caso cercaste una babysitter per Felix. Ho un passato da educatrice- nonna Rea fece una proposta che Mirren sperò davvero che Johanne rifiutasse, e poi fece cenno a Mirren di seguirla verso casa.

Mirren non se lo fece ripetere due volte.

-È davvero, davvero gentile. Spero di non approfittarne troppo presto ma ammetto che mi salverebbe la vita- sorrise Johanne, prima di salutarla.

-Non faccia complimenti- insistette nonna Rea.

Mirren scosse la testa, e una volta dentro casa, nonna Rea lo guardò severa, con le mani sui fianchi.

-È questo il modo di comportarsi con degli estranei?- lo riprese, Mirren fece di nuovo il muso.

-Io non voglio fare amicizia con quel bambino!- insistette.

-Di certo non con questo atteggiamento- nonna Rea scosse la testa, e decide di lasciar perdere.

-Volevo darti una bella fetta di torta al cioccolato per premiarti, ma dato che hai avuto un pessimo comportamento, ti dovrai accontentare di latte e cereali- indicò la cucina con fare severo, e Mirren fu in procinto di obiettare, ma si trattenne, e sbuffò.

-Non me ne pento!- esclamò, orgoglioso, facendo sospirare sua nonna.

 

Purtroppo per Mirren, l’invito di nonna Rea venne accolto già quel pomeriggio.

Johanne si era presentata davanti alla porta di casa di Mirren con un’espressione afflitta, occhi stanchi, e la supplica, davanti a nonna Rea, di tenere Felix per massimo un’ora, dato che doveva scappare a lavoro e suo marito era stato trattenuto oltre il suo orario.

Nonna Rea era stata entusiasta della cosa, e aveva accolto Felix in casa con tutti gli onori, offrendogli anche la torta al cioccolato che sarebbe spettata a Mirren di diritto.

Aveva poi incoraggiato i due a giocare insieme in giardino, dato che era una bella giornata estiva, e Mirren si era messo sull’altalena e aveva fatto il muso, cercando di trasmettere al bambino irritante quanto poco volesse averlo intorno.

Il bambino non aveva però recepito, sicuramente era molto stupido, perché si era messo nell’altalena accanto alla sua, e aveva provato a parlare.

I suoi cartoni preferiti, i giochi, un libro che aveva letto insieme a sua madre la sera prima, e la città dove era stato.

Aveva parlato un po’ di sé, cercando di incoraggiare Mirren a fare altrettanto, e si era zittito solo dopo parecchi minuti in cui era stato completamente ignorato, come fosse un fantasma.

-Mi odi, vero?- aveva chiesto dopo un po’ di tempo nell’agognato silenzio.

Mirren sollevò gli occhi al cielo, irritato.

-Sì- rispose senza peli sulla lingua, girandosi finalmente a guardarlo per mostrargli tutto il suo disprezzo, ma sentendosi leggermente in colpa quando vide i suoi occhi lucidi pieni di lacrime pronte ad uscire.

Che bambino!

…però effettivamente forse Mirren, che era più maturo, sarebbe dovuto essere meno diretto, no?

-Io non volevo venire qui, però- si lamentò Felix, in tono di scuse.

-E io non volevo che venissi- Mirren alzò le spalle, chiedendosi il perché di quello che il bambino aveva appena detto.

-Non è colpa mia se i miei genitori si sono trasferiti, io volevo restare con i miei amici dell’asilo! Avevo tanti vicini simpatici. Ho lasciato anche la mia fidanzata- Felix incrociò le braccia, iniziando a lamentarsi.

Era la prima volta che faceva il muso. Venendo da uno che aveva riso quando era caduto di faccia a terra, sembrava davvero strano.

L’astio di Mirren iniziò a scemare.

Le persone tristi le capiva meglio di quelle allegre.

-Non puoi fidanzarti a cinque anni, sei troppo piccolo- obiettò, guardando la cosa con logica.

-Sì invece! Se trovi il vero amore puoi fidanzarti anche a cinque anni- obiettò Felix, scaldandosi.

-Beh ma devi aspettare altri venti anni, è tanto- Mirren non aveva la più pallida idea di come funzionasse la legalità per sposarsi, oppure non era ancora un grandissimo esperto di matematica, dato che aveva solo cinque anni. O entrambe le cose.

-Venti anni passano in fretta- Felix fece spallucce.

-Meh, non penso proprio- Mirren scosse la testa.

-Comunque non devi per forza essere mio amico, se non vuoi, ma sei l’unica persona che conosco in questa città…- Felix tagliò corto e tornò alla situazione iniziale.

-Conosci anche nonna Rea, i tuoi genitori, Petra che hai visto prima…- obiettò Mirren.

-Intendo della mia età!- insistette Felix, indicandolo e poi indicando sé stesso.

-Oh… e quindi?- Mirren non capiva che differenza ci fosse -Anche tu sei l’unico bambino della mia età che conosco- aggiunse, alzando le spalle.

-Cosa? Davvero? Stavo per chiederti se potevi farmi conoscere amici tuoi- Felix iniziò a dondolarsi sull’altalena, abbattuto.

A Mirren venne quasi da ridere per la sua enfasi, ma fece finta di niente.

-E invece non conosco nessuno- insistette, scuotendo la testa.

-No, conosci tua nonna, i tuoi genitori, i miei genitori…- gli fece notare Felix.

Mirren lo guardò con un sopracciglio inarcato, e notò che Felix stava ridacchiando tra sé.

-Che?- chiese, confuso.

Nessuno l’aveva mai preso in giro così prima d’ora.

-Sto scherzando- gli fece notare Felix, divertito.

Mirren lo guardò qualche secondo, senza parole, poi si rese conto della battuta.

…e scoppiò a ridere senza potersi trattenere, sorprendendo non poco sia Felix, che a momenti cadde dall’altalena, sia sua nonna, che non l’aveva mai sentito ridere e per un attimo temette che stesse piangendo.

Felix si unì alla risata, e per un attimo sembrarono due normali bambini di cinque anni.

Poi Mirren provò a darsi un certo contegno, imbarazzato dall’essere crollato così rovinosamente.

-Mi sei ancora antipatico- informò Felix, che però non sembrò prendersela.

-Anche tu mi stai antipatico- gli rivelò, con un sorrisino che sembrava dire tutto il contrario -Ma finché non inizia la scuola, possiamo giocare insieme?- chiese poi, guardandolo con occhi da cucciolo.

Mirren lo guardò come se fosse pazzo.

-Perché dovrei giocare insieme a te? Mi stai antipatico- chiese in tono ovvio.

-Beh, perché conosci solo me, e io conosco solo te, e poi quando inizia la scuola ci facciamo altri amici e smettiamo di giocare insieme- spiegò Felix.

Il suo tono in effetti non faceva una piega.

-Tu a cosa giochi?- chiese Mirren, non ancora convinto.

-A tante cose! Con le bambole, le macchinine, mi piace fingere di essere un supereroe… oh, e mi piace tanto disegnare!- 

-E vedere i cartoni animati- ricordò Mirren, dando a vedere che aveva sentito almeno in parte il monologo del bambino.

-Sì! Adoro quelli Disney!- ripeté lui, annuendo con entusiasmo.

Mirren ci pensò ancora un po’ su.

Se giocava con Felix avrebbe fatto felice sua nonna, e poi era solo una cosa temporanea.

-Va bene- cedette infine -Ma solo ogni tanto, quando proprio ti annoi- aggiunse poi, con aria di superiorità.

Felix acconsentì, ritornando sorridente come prima, e per la prima volta, a Mirren quel sorriso, quei riccioli biondi, e quell’iperattività non sembrarono poi così odiose.

E, inutile dirlo, quelle poche volte iniziali si trasformarono in un’estate piena di giochi e avventure infantili.

Almeno fino al primo giorno di elementari.

…ma questa è un’altra storia.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

Nel sondaggio sulle side stories avete chiesto in tanti il primo incontro tra Clover e Diego, Amabelle e Petra e Felix e Mirren. Siccome il primo è troppo lungo e il secondo avviene dopo questo, ho deciso di partire da Felix e Mirren, ed è stato divertente.

L’ho scritto perché avevo voglia di fluff e interazioni pucciose tra bambini.

Spero che i pochi che ci daranno un’occhiata apprezzeranno.

 

 

   
 
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