Serie TV > Jessica Jones
Segui la storia  |       
Autore: MusicAddicted    04/03/2021    10 recensioni
Perché la Marvel non mi può lanciare certi easter eggs palesi senza che io poi non ci crei qualcosa a riguardo.
Preparatevi al crack puro, perché la mia mente può raggiungere abissi di follia sconfinati.
Un consiglio: se vi piace Rose Tyler, fermatevi solo al primo capitolo... o non iniziatela affatto!
Genere: Introspettivo, Mistero, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Jessica Jones, Kilgrave, Sorpresa
Note: Cross-over, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A


yrnta-cover



III: Which of the two



“Aspettami qui.” le aveva detto Killgrave, alzandosi.

Per Jessica sentire di non dover più fare quel che le diceva era una sensazione meravigliosa.

“No, dove stai andando?” si era opposta.

“Ci metto un secondo.” aveva ribadito lui, già sulle scale

“Vengo con te.” si era impuntata lei.

“Jessica, ci tieni davvero così tanto a seguirmi nella mia camera da letto?” l’aveva messa in difficoltà lui, con un sorriso furbetto, l’aria divertita e le sopracciglia alzate, a enfatizzare il tutto.

“Uhm, okay, facciamo che ti aspetto qui.” era tornata a sedersi sul divano lei.

Una volta raggiunta la sua camera da letto, Killgrave era andato a colpo sicuro, aprendo il cassetto del comodino.

Una piccola chiave dorata scintillava in tutto il suo splendore.

Si era ritrovato quella chiave legata attorno al collo quando, spaesato come pochi, era uscito da quella cabina.

Non aveva mai capito perché ma aveva deciso di conservarla.

E ora era grato a se stesso per quella scelta più che giusta.

L’aveva presa, mettendola nel taschino della camicia, con un ampio sorriso.

“Cos’è quell’aria allegra?” lo aveva interrogato Jessica, sospettosa, appena era tornato in salotto.

“Ricordare è una cosa meravigliosa, ogni tassello va al suo posto e compone un puzzle di consapevolezza inattaccabile, ogni ingranaggio nella mia mente ricomincia a girare nel modo giusto, ogni…”

“Dacci un cazzo di taglio, ho capito, sei di nuovo quell’altro!” aveva alzato gli occhi la detective.

“Non è corretto, mia cara. Io sono entrambi e lo devo soltanto a te.” le si era avvicinato sorridente lui, in procinto di abbracciarla di nuovo.

Lei era scattata in piedi, correndo verso le scale.

“Fermo lì, me ne hai mostrata fin troppa di gratitudine!”

“I Signori del Tempo sono tipi affettuosi,” aveva borbottato lui.

“Può anche darsi, ma se compro il fottuto pacchetto 2x1 mi ritrovo ad abbracciare anche il sociopatico maniaco del controllo che mi ha rovinato l’esistenza e ne ha rovinate molte altre, quindi, no, non mi va.” lo aveva messo al suo posto Jessica. “A proposito, come ti dovrei chiamare ora? KillCrisi? MetaGrave?”

L’interpellato aveva scosso la testa con una smorfia di disgusto così tipica dello snob a cui si era abituata lei.

“Rose mi chiamava John, perché John Smith è il nome di copertura che usa il Dottore…”

Ecco la risposta a quella domanda che si era fatta lei, quando aveva vissuto i suoi ricordi.

“Non ti chiamerò mai John!” gli aveva restituito la stessa espressione schifata, prima di essere colta da un'illuminazione. “Kevin. Nel filmino che mi hai mostrato ti chiamavano così. Non importa se non erano veri ricordi, mi piace quel nome. Kevin. Ti chiamerò così.”

Le piaceva il suono. Le piaceva come usciva pronunciato dalla sua bocca. Le piaceva come lui la guardava quando lo faceva.

Quello era il nome perfetto per un lupo addomesticato.

“Jessica, tu puoi chiamarmi come vuoi,” aveva risposto lui, con il tono di voce e l’espressione da Killgrave. “Ti rendo le cose più facili, perchè non mi chiami ‘amore’?”

Lei gli aveva rivolto il suo migliore sguardo alla ‘Bitch, please!’.

“‘Stronzo’ mi viene più naturale!”

“Beh, ci ho provato.” aveva ridacchiato lui. “Va bene ‘Kevin’.”

“Lo so.”

“Bene, ora che hai un nome con cui chiamarmi, vatti a vestire, tra poco usciamo.” l’aveva avvisata lui, prima di recuperare la sua giacca color blu oceano.

“Io sono già vestita!” aveva protestato lei, offesa.

Lui le aveva fatto una rapida scansione dei suoi blue jeans strappati e T-shirt nera.

Di nuovo quell’aria snob così da Killgrave.

“Non ce l’hai qualcosa di più adatto? Beh, se non avessi distrutto l’abito che ti avevo regalato io ce l’avresti,” aveva borbottato lui, facendole alzare gli occhi. “Stiamo andando in un museo. La cultura si merita un po’ di eleganza.”

Jessica era rimasta ferma a guardarlo, i suoi grandi occhi ridotti a due fessure, le esili braccia incrociate al petto.

“Che c’è?” si era accigliato Kevin.

“Mi sto chiedendo se l’ultima cosa possa averla detta tu, Killgrave, oppure tu, Metacrisi.” aveva borbottato la detective.

A Kevin era sfuggita una risatina.

 

“Te l’ho detto, mia cara, perdi il tuo tempo a cercare di dividerci.”

“E comunque i musei a quest’ora sono chiusi.” gli aveva fatto notare Jessica.

Tra le loro chiacchiere e il lungo viaggio nei ricordi, ormai fuori era notte inoltrata.

 

“Non per me.” le aveva sorriso furbetto lui. “Per tua informazione, sappi che anche nel caso non avessi il mio potere, il Dottore è solito girare con una carta psichica, che altro non è che un pezzo di carta bianca, dove però la gente può leggerci dentro tutto ciò che il Dottore desidera!” le aveva rivelato, con un’espressione fiera.

“Comincio a pensare che anche il Dottore sia un grandissimo stronzo!” aveva berciato lei.

“Ci sono giorni in cui non è dei più amabili,” aveva fatto spallucce Kevin. “Il punto è, vedi? Il pallino del controllo l’ho sempre un po’ avuto. Peccato che non ho una carta psichica anche io, altrimenti te lo farei vedere, dovremmo ricorrere al vecchio metodo.”

“Come se la cosa ti dispiacesse!” aveva sbuffato lei. “E appunto perché la cosa non ti dispiace, dirai a tutti di non badare a come sono vestita io. La mia giacchetta e la sciarpa andranno benissimo!”

“Vado a chiamare Hank,” le aveva detto lui, mentre lei si vestiva. “Lo avrei anche lasciato andare ma sai… qualche volta ho guidato con Rose, ma sono parecchio fuori esercizio,” si era giustificato. “È un’altra la cosa che so guidare istintivamente.”

 

“E cosa? La cabina telefonica?” lo aveva punzecchiato Jessica, convinta di fare la più divertente delle battute.

Kevin aveva preferito non dirle nulla.

“Piuttosto, per essere qualcuno che ti ha spezzato il cuore, mi sembra che questa Rose tu la stia nominando parecchio!”

E quella frase da dove le era uscita?
Con quel tono poi da… fidanzata gelosa? Non era certo la sua fidanzata, ma men che meno poteva essere gelosa… e di quale dei due poi?
Metacrisi? Quello era il passato, non aveva alcun senso.
Killgrave? Era contro ogni logica e razionalità.
Eppure…

 

“Oh, mio dio, Jessica, davvero sei convinta che io pensi ancora a Rose?” l’aveva interrogata lui, aspettando che lei alzasse lo sguardo per incrociarlo con il suo.

“Metti caso che ci fosse il modo di incontrarla, col potere di Killgrave la potresti avere e…” aveva mugugnato lei.

“E cosa? Le voglio bene da amico, le auguro una vita il più felice possibile, ma non la vorrei incontrare di nuovo, tantomeno la vorrei riconquistare.” aveva ammesso lui, in tutta sincerità. “Jessica, è soltanto te che voglio. Ma ci pensi? I Dalek mi avevano reso un essere terribile, incapace di provare sentimenti e nonostante questo, tu, meravigliosa Jessica Jones, mi hai fatto provare qualcosa, mi ha fatto interessare a qualcun’altro che non fossi io. E quando mi hai lasciato solo, lì ho proprio capito di amarti, io che meno di tutti era previsto potessi amare di nuovo. Hai fatto un vero e proprio miracolo, come lo hai fatto stamattina quando hai pronunciato quella frase che c’era una probabilità su un fantastiliardo che venisse mai detta. Tu sei un miracolo, Jessica Jones.”

Ancora una volta, Jessica non sapeva bene quale dei due le avesse parlato, ma chiunque fosse, la cosa non l’aveva lasciata indifferente.

Aveva preferito non rispondere e anche durante tutto il tragitto in macchina erano stati in silenzio, questo prima di raggiungere il New York City Police Museum.

“Kevin, come mai hai scelto proprio questo museo?” aveva rotto il silenzio Jessica.

“Perché, se conosco la mia TARDIS, e la conosco, avrà fatto in modo di non dare nell’occhio.” le aveva fatto l'occhiolino lui.

Il suo intento era schiarirle le idee,  ma Jessica si ritrovava ancora più confusa di prima.

All’entrata c’erano due guardie, ma per Killgrave non sarebbe stato certo un problema.

“Signori, mi dispiace, il museo è chiuso a quest’ora.” aveva esordito uno dei due, mostrando il fisico imponente.

“Ci farete entrare senza fare storie e disattiverete qualsiasi tipo di allarme,” li aveva anticipati il persuasore. “E non badate a com’è vestita sciatta lei.” aveva aggiunto, guadagnandosi un terzo dito mostrato dalla sciatta ragazza in questione.

Ovviamente, le due guardie avevano obbedito.

Jessica aveva adocchiato con più interesse di quanto non volesse mostrare un poster con l'evoluzione dei mezzi di trasporto delle forze dell'ordine nel tempo, qualche vettura dell’epoca, le divise esposte nel corso degli anni, finché in fondo a un corridoio, accanto all’esposizione dei vari distintivi gradualmente mutati, Kevin aveva trovato quello che stava cercando.

“Ma quella… sembra la cabina che ho visto nei tuoi ricordi!” aveva notato Jessica, additandola.

“Non è che ti sembra, è.” aveva precisato lui con un sorrisetto.

Con nonchalance aveva scavalcato la sbarra che lo divideva da quella cabina telefonica per chiamare la polizia, così vintage, che insieme agli altri reperti non destava il benché minimo sospetto.

Aveva sfilato la chiave dal taschino della camicia, ma invece di usarla, prima aveva voluto fare un esperimento.

“Apriti.”

Dopo qualche secondo non era successo nulla.

“Ci avrei scommesso, a te non piace farti comandare,” aveva sorriso lui, fra sé e sé.

Era stato anche tentato di provare a schioccare le dita, ma poi alla fine aveva optato per il metodo più tradizionale per aprila, infilando la chiave.

“E tu come fai ad avere la chiave? L’hai rubata alle guardie? Ma non ti ho visto… “ aveva borbottato la detective.

“Niente affatto mia cara, questa cabina è mia, lo è sempre stata. Vogliamo entrare?” le aveva proposto.

“A malapena lì ci entra una persona. Brutto porco, se pensi di appartarci lì per pomiciare, giuro che ti…”

Le parole le erano morte in gola, non appena lui aveva aperto le porte di quella cabina.

Era piena di stanze, molte di più dell’ultima volta che Metacrisi ci era entrato. Col tempo quella TARDIS aveva apportato le varie modifiche, anche quelle che sapeva avrebbero incontrato il gusto del suo proprietario.

Le pareti, da dorate che erano, ora erano cambiate in ametista.
E aprendo uno degli sportelli Kevin vi aveva trovato il suo vecchio cacciavite sonico, con un upgrade: era un po’ più grande del precedente, ma soprattutto ora emetteva una luce viola.

“Tu però così mi vizi,” aveva detto alla sua astronave con un sorriso di approvazione, mentre Jessica era ancora intenta a guardarsi intorno.

 

“Ma che cazzo? È più grande all’interno!” aveva esclamato la ragazza, per poi uscire, fare il giro all’esterno e poi rientrare. Questo almeno tre volte.
 

“Ma com’è fottutamente possibile?” aveva aggiunto prima di un quarto giro.

“Quanto mi mancava vedervi fare così quando entrate la prima volta!” aveva ridacchiato lui, vedendola rientrare, per poi chiudere le porte, prima che uscisse un’altra volta. “Ecco, magari con un linguaggio un po’ meno colorito.”

“Ma è una figata assurda, come puoi pretendere che me ne resti composta?” aveva detto Jessica in sua difesa.

“Non lo pretendo, infatti. Ti dirò, ha più stanze dell’ultima volta che l’ho vista io e se tanto mi dà tanto…” aveva detto lui, cominciando a incamminarsi. “Ah-ah! Lo sapevo, ora ha pure un guardaroba. Non ci metterò molto, tu vai pure dove vuoi, cara, ma non toccare i comandi.” si era raccomandato, urlando da quella stanza, certo che lei lo avrebbe sentito.

Jessica si era limitata a fare un giro generale, affascinata da quante cose contenesse quella cabina magica o qualsiasi cosa fosse. Aveva anche visto un paio di stanze da letto, una palestra, una piscina e un acquario con pesci che non credeva nemmeno potessero esistere.

 

Kevin era stato di ritorno da lei nel giro di un quarto d’ora abbondante, ma lei era rimasta basita quando lo aveva visto.

Si era cambiato d’abito, ora indossava un completo gessato blu e delle scarpe da ginnastica bianche, ma non era questa la parte più scioccante.
Si era rasato la barba, cosa che lo svecchiava di parecchio e i suoi capelli erano tutti spettinati, con un ciuffo che andava nelle più disparate direzioni.
la sua riga da parte impeccabile sembrava un lontano ricordo.

“Sei… diverso.” aveva borbottato lei.

“Sono solo più me.” aveva replicato lui “Forse dovrei verniciare la cabina fuori di viola e…”

 

Il tempo di dirlo e uno scossone li aveva spinti a terra.

“Cos’è? Un terremoto?” si era spaventata Jessica.

 

“Tranquilla, è solo la mia astronave molto permalosa.” l’aveva rassicurata lui, mentre si rialzavano. “Eh sì, hai ragione tu, sei già stata molto gentile a riarredarti all’interno, me lo farò bastare.” aveva trovato un compromesso con la TARDIS.

“Ovviamente, mia cara, non siamo venuti qui solo per i vestiti.”

“Ah, no?”

“Jessica, so quello che ti ho fatto e ti chiedo scusa… so che non serve dire che non ero davvero in me… tu hai conosciuto solo ‘quel’ me … però quel me unito al me ritrovato può sistemare le cose, non tutte, ma una delle più importanti.”

Mentre le parlava, Kevin aveva cominciato a impostare quei comandi coi quali aveva una gran familiarità.

Jessica aveva continuato a osservarlo, senza capire.

“Dopo quello che sto per fare, per te bere tornerà a essere solo un piacevole intrattenimento, non un modo per annegare i tuoi sensi di colpa.”

Questo era stato più di un indizio per lei, che finalmente aveva compreso il suo piano.

 

“Oh, mio dio, Kevin, davvero hai intenzione di…?”

Lui non le aveva nemmeno risposto, aveva impostato le coordinate e quella cabina aveva iniziato a emettere uno strano suono.

“Tra qualche minuto saremo a destinazione, hai già capito dove, no? Bene, ora però accetta un consiglio: aggrappati a qualcosa, ma non metterci tutta la tua superforza, ti sarei grato se non mi sfasciassi la mia TARDIS!” l’aveva fatta ridere lui.

L’atterraggio non era stato dei più docili, quindi aggrapparsi era servito.

Erano arrivati a destinazione.

Prima di uscire, Kevin le aveva fatto strada al guardaroba, lì c’erano anche felpe scure col cappuccio che potevano fare al caso suo.

“Jessica, prima che apra queste porte, lascia che ti dica una cosa: stiamo per fare qualcosa di molto folle, pericoloso e soprattutto vietato, che potrebbe avere conseguenze spiacevoli, ma dovrei essere preparato ad affrontarle.”

“Dovresti?” aveva sottolineato lei, che non si sentiva molto rassicurata a riguardo.

“Lo spero,” era stata la sua traballante risposta. “Mancano pochi minuti a quel momento che ben conosci. Sta per accadere là fuori. Sai già quello che devi fare, ti chiedo solo di non toccare in alcun modo la te del passato. L’ultima cosa di cui abbiamo bisogno è un paradosso nel paradosso!” si era raccomandato lui.

Finalmente le porte erano state aperte, Kevin era rimasto nascosto nei paraggi, mentre Jessica si era avvicinata furtiva al trio di suo interesse.

La Jessica del passato, vestita con un lunga giacca di renna rivestita di soffice pelo bianco, molto elegante, e degli stivali griffati, aveva appena finito di scavare nell’asfalto, a costo di farsi sanguinare le dita, recuperando la cassetta di metallo che conteneva la preziosa chiavetta.

Il Killgrave del passato, protetto dal freddo di quella notte da un cappotto scuro di cachemire abbottonato fino al mento,  aveva sorriso soddisfatto, mentre Reva, la guardia lì di turno quella notte, li stava guardando confusa, incapace di proferire una sola parola.
Aveva come la sensazione che stava per succederle qualcosa di orribile, che non avrebbe più fatto ritorno a casa, che non avrebbe nemmeno potuto dire addio al suo amato marito.

“Occupati di lei.” aveva ordinato Killgrave a Jessica.

Il momento che la Jessica del presente e in qualche modo anche del futuro stava aspettando.

Fulminea come un ghepardo si era avventata su Reva, prendendola fra le sue braccia e saltando via con lei, prima che l’altra Jessica la colpisse col suo pugno fatale.

 

Kevin era rientrato nella sua cabina, facendola svanire con sé, per poi ricomparire sopra il terrazzo dove era atterrata anche Jessica, con una Reva svenuta per l’emozione.

“Vieni, che ti perdi lo spettacolo.” le aveva fatto un cenno Kevin, appoggiato alla ringhiera, dove dalla strada potevano osservare le loro versioni del passato. “Prima di parcheggiare qui ho lasciato nascosto un microfono, la TARDIS ci farà da altoparlante.”

“Sei un genio, Kevin.” gli aveva sorriso lei.

“Sì, sono piuttosto brillante,” aveva risposto senza false modestie lui.

La Jessica elegante e Killgrave si stavano guardando stupiti.
Entrambi avevano visto quella misteriosa figura nera, opportunamente incappucciata, saltare in alto, troppo in alto per un normale essere umano.

“Dici che c’è qualcun’altra come te?” aveva azzardato Killgrave.

“Bene, allora perchè non vai a corteggiare lei e lasci in pace me?” aveva brontolato lei, in procinto per andarsene.

“Non mi importa nulla se c’è qualcun altro come te. Non è te. Ed è solo te che voglio.” l’aveva fermata, prendendola gentilmente per un braccio lui.

“Oh, come sono fortunata!” aveva palesemente finto di rallegrarsi lei.

“L’importante è che ho ottenuto quello che volevo… e quella Reva l’abbiamo spaventata a dovere, non parlerà.” si era accontentato del risultato lui.

Tu l’hai spaventata!” aveva precisato lei.

“E chi mi ha dato un aiuto considerevole nel farlo?”

“Perché tu mi hai costretta!” aveva protestato lei. “E c’è di più… io avrei potuto ucciderla. Tu volevi che lo facessi!”

Quella consapevolezza aveva fatto scattare qualcosa in lei e aveva cominciato a indietreggiare.

“No, ti ho solo chiesto di occuparti di lei, è diverso.” aveva chiarito lui, che aveva notato quel suo atteggiamento.

Lei ormai non lo stava più ascoltando.

“Avresti fatto di me un’assassina…” l’aveva guardato con disprezzo, prima di attraversare la strada.

“Lasciami spiegare. Andiamo.” aveva cominciato ad attraversare la strada anche lui. “Torna subito qui, Jessica!” aveva alzato la voce, ma non sembrava aver cambiato alcunché.

Lei non rispondeva più ai suoi comandi.

“ADESSO, JESSICA!” aveva gridato, prima di sentire il clacson di un pullman, troppo tardi perché potesse evitare di venire investito.

Lei aveva guardato la scena, sgranando gli occhi, ma poi se ne era andata, riassaporando la ritrovata libertà.



La Jessica del presente e Kevin avevano visto e sentito tutto.

“Ouch, fa male vedere la propria morte!” si era lamentato lui.

“Il solito esagerato. Qualche mese , due reni ed ecco che tornerai come nuovo!” aveva sdrammatizzato lei, facendo spallucce.

“Tanto che c’eravamo avremmo potuto anche evitare l’impatto col pullman, no?”

“No, non era necessario evitarlo. Anzi, ben ti sta, si può riportare il tempo indietro di trenta secondi e rivederlo?”

“Certo che sei proprio perfida!” aveva rimbrottato lui, offeso.

Questo prima che lei lo prendesse per il bavero della giacca, tirandolo a sé per un bacio piuttosto prolungato, quasi come se aspettasse una sua reazione.

Kevin non aveva esitato più di qualche secondo a rendersi partecipe, portando quel bacio a un livello più profondo e appassionato.

“Era perfido anche questo?” si era separata da lui, con un sorriso impertinente.

“Uh? N..no, niente affatto…”

Kevin era ancora un po’ stordito, prima che sentisse qualcuno lamentarsi.

Reva si stava svegliando.

“Ora che facciamo?” si era agitata Jessica.

“Mi occupo io di lei… in senso buono!” si era affrettato a chiarire lui.

Non appena la guardia di sicurezza aveva aperto gli occhi, Kevin le aveva posato le mani sulla faccia, stavolta con un intento diverso da quello che aveva avuto con Jessica.

“Questa è stata una notte come le altre, non è accaduto nulla di diverso, quando ti accorgerai che non c’è più quella cassetta penserai a un banale furto. Sei salita quassù perché volevi prendere una boccata d’aria. Ora va' a casa, appena uscirai da quest’edificio dimenticherai il nostro incontro.”

Jessica stava  osservando il suo operato, pur non sapendo bene di quale dei due fosse, quello del potente persuasore o dell’imprevedibile mezzo Signore del Tempo.

Ne era comunque affascinata.

 

Reva si era alzata, non sembrava nemmeno essersi accorta di loro e aveva lasciato il terrazzo come se nulla fosse.

Jessica era in procinto di dire qualcosa a Kevin, quando le era sembrato quasi di vedere un piccolo squarcio aprirsi in quel cielo scuro, dal quale era fuoriuscita una creatura mostruosa, un incrocio da un pterodattilo e un gargoyle.

“Quello che cazzo è?” aveva chiesto a Kevin, preparandosi a combattere.

“Sapevo che sarebbe successo, è il prezzo da pagare quando pasticci un po’ troppo con il tempo,” aveva borbottato lui, mentre una seconda orribile creatura volatile si aggiungeva alla prima.

I due inquietanti volatili giganti gracchiavano il loro disappunto, in procinto di attaccare.

“Sono delle specie di batteri che si sono infilati dentro questa ferita nel tempo che abbiamo causato, non si fermeranno finché non l’avranno sterilizzata.” le aveva spiegato lui.

“Temo di aver capito cosa significa e non mi piace per niente!” aveva ribattuto lei, sollevando un grande vaso di cemento per lanciarlo contro la prima creatura, ripetendo il procedimento con la seconda.

Li aveva storditi ma solo per pochi secondi.

“Lasciami tentare una cosa… col potere mentale rafforzato  che ho ora unito a quello da Signore nel Tempo e la TARDIS che può tradurre in qualsiasi lingua… sì, ci posso riuscire!” aveva preso coraggio Kevin, rivolto ai due mostri che stavano per attaccarli.

“Andate via, non c’è alcuna ferita nel tempo, vi siete sbagliati, niente è stato alterato, il vostro intervento è inutile.” li aveva guardati impavido, scandendo bene le parole.

Dopo qualche secondo di tensione le due creature avevano riaperto lo squarcio nel cielo, svanendo al suo interno.

Tutto era tornato alla normalità.

 

“Non ci credo, ci sei riuscito, Kevin!” lo aveva abbracciato Jessica.

“Non ci credo nemmeno io, ma ha funzionato!” le aveva sorriso lui.

“Possiamo sistemare un sacco di cose, possiamo impedire che tu faccia suicidare Ruben o che Hope ammazzi i suoi genitori o…”

Kevin l’aveva guardata tristemente, mentre rientravano nella TARDIS.

“Non è qualcosa che posso rifare, quelle creature orribili non riuscirò a ingannarle una seconda volta, mi è andata bene adesso, se non ci fossi riuscito le avresti viste banchettare con chiunque, finché non avessero trovato Reva.” le aveva spiegato. “Potevo scegliere di impedire una sola morte.”

“E hai scelto quella che mi angosciava di più. Grazie, non lo dimenticherò.” lo aveva guardato seria Jessica. “Mi sento così leggera, mi spiace solo che per Hope non possa essere altrettanto.”

“Spiace anche a me, ma magari mi invento qualcosa per farla uscire di prigione, eh?” gli aveva proposto, guadagnandosi un altro bacetto, stavolta più rapido e casto, ma non meno significativo.

 

“Hai detto che quello che hai fatto è opera di un lavaggio del cervello da parte di questi tuoi strani nemici… mi hai liberato dal mio senso di colpa, ma tu come puoi fare i conti con il tuo?” gli aveva chiesto, mentre lui impostava le coordinate per fare ritorno.

“Ho sterminato un’intera specie, annientati uno a uno … guardandoli impassibile mentre succedeva.”

Jessica lo stava ascoltando sconvolta.

“Hai capito bene, l’ho fatto per una giusta causa, ma il Dottore non mi ha perdonato per questo, diceva che ero pericoloso, che avevo un’oscurità latente e andavo confinato, ecco perchè mi ha lasciato nell’universo di Rose. Ma, come hai visto, i Dalek mi hanno trovato lì e hanno fatto leva su questa oscurità… tu invece, Jess, la stai estinguendo, da quando i miei occhi si sono posati sui tuoi.”

Jessica aveva accennato un sorriso, ma poi si era ravveduta.

“Estinguendo un cazzo! E la scia di sangue e dolore che ti sei lasciato dietro le tue spalle?” aveva sbottato lei “E non provare a dire che è stato a causa mia, non sono io la responsabile di quelle morti!”

“Te l’ho detto, ero sotto l’influsso dei Dalek, mi hanno fatto credere di essere la spietata creatura che sono stata, mi hanno fatto credere di poter avere il mondo ai miei piedi e ho fatto quello che ho fatto. Ma, come ti ho detto, io ho annientato un’intera razza, quella dei Dalek, che vuoi che siano in confronto le morti dei pochi appartenenti alla vostra specie? Che ormai è anche la mia, dato che stavolta ho un cuore solo.”

“Un cuore solo? Da come parli non sembri nemmeno averne uno!” lo aveva accusato lei, sprezzante.

“Il Signore del Tempo che mi ha generato ha due cuori, come ti ho spiegato, lui è parte di me e io sono parte di lui, la differenza è che a me resta un solo cuore e un solo corpo che non si rigenererà, ma invecchierà regolarmente.” l’aveva informata,  ammirandosi nelle pareti viola riflettenti. “Però, che corpo, eh?”aveva aggiunto con  un sorrisetto sfrontato che le aveva fatto alzare gli occhi.

Nel frattempo erano tornati nella vecchia casa di Jessica, in quel salotto dov’era cominciato tutto.

“Jessica Jones. Jones. Ho conosciuto un’altra Jones brillante, ma era solo un’amica, una buonissima amica, lei forse la pensava diversamente.” aveva commentato lui, rimanendo appoggiato contro la cabina.

“Se stai cercando di farmi ingelosire anche con le mie omonime non attacca!”

 

“Vorresti viaggiare con me?” le aveva chiesto a lui, a bruciapelo.

“Come, scusa?”

“Che ne dici? Io e te, una cabina che viaggia nello spazio e nel tempo, possiamo andare ovunque tu voglia. E quando torniamo qui, posso aiutarti con le tue indagini, sono bravo, sai… una volta ho aiutato anche Agatha Christie!”

Lei lo aveva guardato corrucciata, ma poi era scoppiata a ridere.

“Mi sa che tu sei addirittura più spaccone di Killgrave!”

“Ti ho già detto che siamo la stessa persona, non dovresti continuare a scinderci.”

“Avrò modo di smettere di farlo, fra un viaggio e l’altro, che dici?” aveva ammiccato lei.

Lui si era acceso di entusiasmo.
Jessica non avrebbe saputo dire quale dei due. Probabilmente entrambi.

“Stai dicendo che accetti?”

 

“Accetterò, Kevin, ma a due condizioni: la prima è che non sarò la tua Companion in senso romantico,” si era affrettata a chiarire lei.

“Nemmeno un bacetto per ogni pianeta nuovo che ti mostro?”

“Vedremo…”

Kevin l’aveva guardata con uno sguardo fin troppo speranzoso, forse perchè sapeva quale carte giocarsi.

“E qual è la seconda condizione?”

Jessica era corsa alla consolle, con l’entusiasmo di una bambina.

“Insegnami a pilotare la TARDIS!”

 

--
FINE



Vi lascio a immaginare questi due a combinare casini fra un pianeta e l’altro… fra un bacetto e l’altro, perchè sono confidente quanto Kevin su ciò ;)

Un po’ di note:

Ne caso non vi fosse chiaro dopo centordici storie che scrivo su di loro, Jessica che chiama Killgrave ’Kevin’ è un mio grandissimo kink, fatevene una ragione ^^’

Chi conosce ‘Doctor Who’ avrà sicuramente colto i riferimenti all’episodio ‘Il padre di Rose’ (il mio preferito di tutta la season con Nine) … forse ho facilitato un po’ le cose, però insomma.. Killgrave aveva il limite di poter esercitare il suo controllo solo sugli esseri umani , la TARDIS può farlo comprendere in qualsiasi lingua… per me ci poteva stare ^^’

Mentre chi conosce ‘Jessica Jones’ di sicuro avrà riconosciuto quel flashback così iconico che compare in ben più di un episodio ;)

Un mini richiamo a Martha Jones, la mia Companion preferita del Decimo Dottore, ci stava tutto <3


Spero che vi sia piaciuta e vi abbia divertito o stupito a seconda dei momenti, liberi di dirmi quello che vi pare ;)

Appuntamento con ‘Best Intentions, Wrong Ways!’ , spero presto, e poi potrebbe arrivare qualcosa di nuovo e molto molto MOLTO folle.

 

Un giorno la smetterò… forse.

‘Notte che è tardino.
   
 
Leggi le 10 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Jessica Jones / Vai alla pagina dell'autore: MusicAddicted