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Autore: Ghostclimber    07/03/2021    3 recensioni
[SK8 the Infinity]
Cherry è appena stato battuto da Adam.
Con il cuore a pezzi, cerca la compagnia di Joe. Tra le sue braccia saprà tirare le fila di ciò che prova.
Matcha Blossom
Genere: Hurt/Comfort, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo
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Il tintinnio dei bicchieri risvegliò Cherry abbastanza da concedergli di sentire le ultime parole di Joe, ma ci mise ancora un po' a riacquistare quel minimo di lucidità da permettergli di alzare la testa che assolutamente non ricordava di aver appoggiato sul tavolo.

-Buongiorno, Bella Addormentata.- disse Joe, accompagnando la frase con un sorriso dolce e un sorso di vino.

-Prendi poco per il culo, sono stanco morto.- ribatté Cherry, ancora troppo a pezzi persino per riuscire a cavarsi del sacrosanto sarcasmo. Prese il bicchiere di vino, lo alzò e Joe vi fece tintinnare contro il proprio, anche se aveva già brindato da solo.

Era sempre così, con lui, nonostante la sua aria da gorilla ignorante aveva un gran cuore, di quelli che spingono pochi luminosi individui umani a chinarsi a raccogliere i resti delle anime perdute.

Cherry bevve un piccolo sorso; pur sapendo che l'alcool non andava assunto con le medicine, ne aveva un gran bisogno.

-Avresti vinto, Kaoru.- disse Joe, e Cherry lo guardò nonostante il suo collo non fosse esattamente d'accordo con il movimento. Ma Joe aveva gli occhi fissi sul proprio bicchiere e non si voltò, tuttavia proseguì: -Non avrebbe avuto bisogno di fare quel che ha fatto, altrimenti. Ma sapeva che avresti vinto.

-Piantala, Kojiro. Sai benissimo che Adam vince con ogni mezzo. L'ha sempre fatto.- Joe non rispose. Cherry si domandò se credesse davvero in quel che gli aveva detto, oppure se fosse stata solo una banale frase di incoraggiamento, resa imbarazzante dallo spavento che sicuramente si era preso nel vederlo andare a terra dopo che Adam l'aveva colpito.

Cherry sapeva che Joe lo amava.

In qualche modo, riteneva di amarlo a sua volta, ma nonostante andassero a letto insieme con cadenza regolare Joe non si era mai espresso ad alta voce e Cherry non aveva mai fatto nulla per provocarlo: si beccavano vita natural durante, certo, ma Cherry non era così stupido da mettersi in una situazione da cui sarebbe scaturita una domanda a cui sarebbe stato troppo difficile rispondere onestamente. E Joe non si meritava una mezza verità.

Joe si meritava la verità tutta intera, ma Cherry la stava ancora prendendo in esame, ormai da anni. E quella sera stessa, mentre era steso sulla pista con il volto dolorante e il cuore in pezzi, forse era riuscito a tirare le fila dei propri sentimenti.

-Vieni, Kaoru.- disse Joe, interrompendo il flusso dei suoi pensieri, -Andiamo a letto.- Cherry non fece in tempo a chiedergli come diavolo pretendeva che lui arrivasse al piano di sopra in sedia a rotelle. Joe si chinò e lo prese in braccio, come uno sposo prima di varcare la soglia di casa per la prima volta. Istintivamente, Cherry gli circondò il collo con le braccia, pensando a quanto spesso l'aveva tenuto stretto a sé, a quanto male si erano inflitti a vicenda, lui più di Joe, e a quanto quel dannato buzzurro con il triplo dei muscoli necessari ad un essere umano fosse sempre stato ciò che lo radicava all'esistenza.

E lui, troppo impegnato a rimuginare su un passato che non sarebbe magicamente ricominciato da dove si era interrotto, non ci aveva mai fatto caso.

Si lasciò depositare sul letto e rimase immobile mentre Joe lo spogliava con delicatezza, cercando di non fargli male. Cherry guardò la sua immagine, un po' sfocata perché gli aveva già tolto gli occhiali, e si aspettò di vederlo che si chinava su di lui per chiedere un bacio. Quando ciò non accadde, Cherry si sentì smarrito. Alzò con fatica la testa, ignorando le proteste del collo, per cercare di capire cosa stesse facendo Joe; lo vide tirare fuori da un cassetto due magliette e indossarne una. Lo trasse a sé per aiutarlo a mettersi seduto, una volta tanto senza lanciargli frecciatine, e gli mise addosso l'altra; il suo odore la permeava, ed era corroborante.

Cherry si addormentò senza nemmeno accorgersene.

 

Quando si svegliò, Joe era accoccolato nell'incavo del suo fianco.

Non lo stava toccando, non proprio, ma il calore che emanava dal suo corpo creava una strana sorta di caldo bozzolo sotto alle coperte.

Eppure, Cherry non si sentiva del tutto a suo agio.

Desiderava di più, qualcosa che andava oltre al corpo che Joe gli donava, oltre all'amore che gli tributava senza pretendere nulla in cambio se non qualche presa in giro e qualche rara conversazione più seria e pacata.

La sua mente corse ad Adam, ad Adam com'era quando erano ancora giovani e avevano il mondo tra le mani. Tuttavia, il dolore che provò al suo ricordo sembrava diverso dal solito.

Cherry aggrottò la fronte, cercando di prendersi in esame; Joe si mosse nel sonno e la sua mano sfiorò la curva dell'anca di Cherry, poi strinse la sua maglietta.

Quella visione riempì Cherry di tenerezza: sembrava quasi che il corpo di Joe ricercasse la sua vicinanza anche quando la sua mente non era cosciente, come se per lui fosse impossibile sentire altro che loro due.

Cherry fissò il soffitto ancora buio e cercò di concentrarsi su Adam, scacciando la rapida domanda che gli era apparsa nella mente: “Perché lo stai facendo?”.

Era stato così bello, vivere insieme le piccole sfide dell'adolescenza appoggiandosi l'uno all'altro, illudendosi che la vita sarebbe sempre stata così: ostacoli apparentemente insormontabili che venivano superati solo con la forza di volontà, sempre mano nella mano, sempre a correre via insieme e poi ridere del pericolo scampato.

Ma la vita era molto più dura di quanto credevano da ragazzi, la vita aveva i denti e quei denti erano aguzzi e mordevano, laceravano, straziavano la carne e dilaniavano l'anima giorno per giorno. E la vita aveva anche una voce di miele, che nel cuore della notte quando tutto tace e nessuno ti sente urlare si leva, chiara e suadente, a spiegarti perché, anche se ti sembra di aver fatto tutto nella maniera migliore e al massimo delle tue capacità, in realtà non sei altro che un fallimento, un uomo adulto che non riesce a liberarsi del proprio Peter Pan interiore e quindi si tiene i capelli lunghi e alla sera va a fare le corse con lo skateboard contro i ragazzini invece di lasciare che loro da soli si divertano, illudendoli crudelmente che il loro futuro conserverà del tempo che potranno dedicare a ciò che amano, facendo loro credere che tutti gli ostacoli saranno come una pila di skateboard messi lì apposta per vedere chi riesce a superarli con il salto più alto.

Tuttavia, il ricordo di Adam non era più doloroso, solo dolceamaro.

Cherry ricordò la sensazione di vederlo immobile di fronte a sé, i piedi a terra e lo skateboard in mano. Avrebbe potuto schivarlo, con l'aiuto di Carla, ma fin quando la tavola non si era abbattuta sul suo volto non aveva creduto che Adam l'avrebbe fatto.

Non l'aveva creduto, neanche per un secondo.

E invece l'aveva fatto, e la ferita ancora aperta che Cherry aveva e che portava il suo nome si era aperta, e aveva spurgato tutto quanto conteneva di infetto. Aveva continuato a spurgare mentre Adam lo copriva di insulti, mentre Cherry si rendeva conto di essere stato un completo idiota per tutto quel tempo: si era illuso, fino all'ultimo istante, che lo sguardo mesto di Adam fosse un segno di rimpianto, si era addirittura immaginato di parlarci dopo la sfida e di sentirsi rivolgere una richiesta di perdono, ma Adam aveva distrutto quei residui di speranza che Cherry aveva coltivato come una casalinga imbranata che cerca di far sopravvivere una pianta in assenza di sole.

L'aveva preso, per l'ennesima volta, preso e calpestato, e se Cherry non era stato abbastanza intelligente da capirlo le prime volte, ora senz'altro lo era.

Sapeva, non credeva che fosse solo una bugia che raccontava a se stesso, che dietro al comportamento di Adam doveva nascondersi un grande dolore di cui non aveva mai voluto parlare; era certo che il suo drastico cambiamento nei comportamenti fosse stato una mossa di difesa verso gli amici che non voleva coinvolgere nei suoi problemi, ma ad ogni cosa c'è un limite, e con la sua mossa sleale all'S Adam l'aveva superato a pie' pari.

Cherry mosse un braccio e sfiorò i capelli di Joe.

Il loro rapporto, salvo la totale assenza di comunicazione sui reciproci sentimenti, era sempre stato chiaro e onesto, a volte brutale ma mai bugiardo.

Si davano contro ogni giorno, più volte al giorno, per i motivi più futili, ma restavano in grado di abbassare la voce e le difese quando la questione diventava seria. I loro malumori duravano davvero poco, non perché non fossero importanti ma perché accettavano di condividerne il peso.

Chiudendosi in se stesso, Adam si era precluso la possibilità di guarire e aveva precluso a loro la possibilità di aiutarlo. Chissà quante volte Cherry era andato a cercarlo, pur sapendo che non avrebbe trovato altro che arroganza, cattiveria e, occasionalmente, violenza. E chissà quante volte aveva provato a raccontarsi che forse stavolta aveva fatto un passo avanti, che forse era riuscito a scalfire la superficie, che forse se avesse insistito sarebbe riuscito ad entrargli dentro, a curarlo, e poi a godere della loro rinnovata amicizia come premio per aver perseverato.

Ma ora basta, si disse Cherry.

La botta ricevuta da Adam non era stata troppo forte; lo conosceva e sapeva che, se avesse voluto, avrebbe potuto fracassargli completamente le ossa della faccia. Ma era forte quanto bastava per convincere Cherry che quella porta si era chiusa, magari non per sempre e magari non per chiunque, ma per lui di certo sì.

Non sarebbe più tornato a bussare.

Non sarebbe più andato ad immolare se stesso sull'altare del dolore di Adam, qualunque esso fosse.

Non avrebbe più convissuto con la ferita purulenta del loro passato legame: l'avrebbe sepolto, e se qualche sera il suo ricordo sarebbe tornato a bussare si sarebbe rifugiato tra le braccia di Joe.

Joe.

Kojiro.

Di colpo, Cherry seppe cos'era che ancora lo tormentava: allontanò Adam dai pensieri, troppo addolorato ormai per rimpiangere altro oltre al tempo perso per cercare di aiutare qualcuno che non voleva essere aiutato. Dentro di lui c'era solo un vago indolenzimento, come quando lo stomaco espelle qualcosa che non riesce a digerire: rimane la fatica dell'aver vomitato, un retrogusto sgradevole in fondo alla gola e sul palato, lo stomaco un po' contratto, ma null'altro, il dolore sparisce. Forse un filo di irrazionale rimorso all'idea di aver sprecato del cibo, ma niente più.

Scosse Joe, chiamando il suo nome: -Kojiro.

-Kaoru, che c'è? Stai male?- rispose lui non appena riuscì a rimettere insieme un paio di neuroni. Una ferita diversa, nuova, pulita e netta, si aprì nel petto di Cherry.

Incapace di mettere insieme le parole che sentiva di dover dire, con fatica si strofinò contro il corpo di Joe, assaporando la sua solidità, ma venne respinto: -Kaoru, non chiedermelo.

-Perché?- Joe si raddrizzò un po', lasciando il suo fianco ma restando vicino.

-Perché tu sei più rotto di Bombolo Tombolo e io peso un quintale. Tu non ti puoi muovere e io ti farei male. Appena ti diranno che non sei più tenuto insieme con lo sputo, prometto che lo facciamo per una notte intera.- Cherry non rispose, ma si accoccolò contro il suo petto massiccio.

Un sonno superficiale lo colse mentre le braccia di Joe lo cingevano con una delicatezza che nessuno avrebbe mai sospettato da parte di un simile omaccione.

 

-“I heard she sang good songs, I heard she had a style, and so I came to see her, to listen for a while...”- la voce baritonale di Joe arrivò dal bagno attiguo alla camera da letto, appena appena udibile dietro allo scroscio della doccia. Era una sua abitudine intrattenere le saponette e i flaconi di shampoo con un concerto ogni mattina, e le rare volte che Cherry si tratteneva da lui per la notte intera si svegliava sempre con la sua voce.

Inaspettatamente, invece di essere un patito di rap o di qualche cagata del genere, Joe aveva una gran passione per lo swing, in particolare per Frank Sinatra, di cui possedeva la discografia completa. Cherry aspettò che Joe finisse di lavarsi, ascoltò i suoi movimenti al di là della porta e si chiese come avesse fatto ad essere così cieco per tutta la vita.

Poi, la porta del bagno si aprì e Joe uscì, coperto solo da un asciugamano intorno alla vita.

-Oh, sei sveglio. Come ti senti?

-Potevi approfittarne, stanotte, e lo sai.- rispose Cherry. Joe gli voltò le spalle e aprì l'armadio. In tono acido, ribatté: -Non sono Adam.

-Lo so che non sei Adam.

-E allora non chiedermi di rischiare di farti del male.- Joe si interruppe, poi bisbigliò: -Puoi chiedermi tutto, ma non di farti del male.

-Ti amo, Kojiro.- disse Cherry, e le parole ebbero proprio il suono che si immaginava: fluide, morbide, calde, giuste. Joe si voltò di scatto e lo fissò attonito; sul suo collo pulsava una vena ad un ritmo quasi suicida e le sue guance erano tinte di rosso.

-Che cos'hai detto?- chiese in un filo di voce.

-Ho detto che ti amo.- Joe si avvicinò al letto, tenendosi aggrappato con una mano all'anta dell'armadio finché poté, poi si lasciò cadere sul materasso di fianco a Cherry, che aggiunse: -Non devi rispondermi per forza. Solo, era giusto che tu lo sapessi.

-Kaoru...- Joe si distese al fianco di Cherry e lo accolse tra le braccia senza parlare. Cherry aggiustò la propria posizione per essere più comodo e appoggiò la fronte contro il suo petto.

Lì stava tutta la differenza, si disse.

Joe non chiedeva, ma accettava ciò che gli veniva offerto. Era sempre pronto ad allungare un braccio per aiutare un amico a risollevarsi, e se era rimasto al fianco di Cherry nonostante sapesse che ciò che aveva di lui era solo corpo e mente, e non l'anima, era perché era stato capace di abbattere le sue barriere, penetrarvi all'interno e piazzarsi lì in pianta stabile. E non si era nemmeno dovuto sforzare, semplicemente sapeva cosa fare e l'aveva fatto.

La differenza era proprio tutta lì: non era questione di nascondersi, di cercare spasmodicamente un altro metodo di attacco, era un pezzo del puzzle che si incastrava senza fatica nei suoi compagni, linee e colori che si completavano a vicenda senza il minimo sforzo.

Era solo un esserci.

-Perché ora?- chiese Joe a bassa voce, -Perché, dopo così tanto tempo? Ti... è una vendetta nei confronti di Adam?

-No. È solo una porta che si chiude.- Joe esitò, come se stesse cercando di capire se Cherry stava dicendo la verità; Cherry lo sentiva scavare nella propria mente, quasi come se lui potesse leggere nei suoi pensieri più reconditi. Rimase immobile a perdersi nel suo abbraccio, certo della propria completa onestà, finalmente libero.

-Ti amo anch'io, Kaoru.- disse infine Joe, poi il suo petto si contrasse in una serie di respiri rapidi, superficiali e concitati. Cherry lo strinse più forte, senza badare alle fitte alla schiena che aveva battuto così male la sera prima.

Ciò che importava era solo Joe, solo Kojiro e quel suo sentimento che non aveva avuto bisogno di cure disperate per rimanere in vita; nient'altro al mondo sarebbe mai potuto valere un solo istante di quella libertà che finalmente potevano cominciare a sperimentare, l'uno tra le braccia dell'altro, senza che niente cambiasse veramente. Non avrebbero smesso di punzecchiarsi, come non avrebbero smesso di conoscersi a vicenda abbastanza a fondo da rendere quasi superfluo il confronto, non avrebbero smesso di condividere bottiglie di vino e sciocchi scherzi e la passione per lo skate. Ma avrebbero smesso di congedarsi l'uno dall'altro dimenticandosi stupidamente la porta aperta.

 
   
 
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