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Autore: Giadavnt    07/03/2021    1 recensioni
Non sono tipo che ascolta molto la musica pop o in generale musica italiana ma ogni tanto si fa un eccezione. E' ciò che è successo ascoltando e vedendo il video di "La genesi del tuo colore".
Questo è il risultato, scritto velocemente e di getto ma a cui mi sono affezionata. Se vi fa piacere, vi auguro una buona lettura.
***
Ho sentito tutto, mentre finalmente riuscivo a fermare l'auto e prendevo a correre per la pista per raggiungerti. Mentre buttavo il casco e la maschera protettiva sul cemento e correvo, urlando il tuo nome.
[...]
Ora capisco cosa provavi. E mi sembra di sentirti ora più che mai.
Come vedere attraverso i tuoi occhi.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bulma, Freezer, Vegeta | Coppie: Bulma/Vegeta
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Il box non mi era mai sembrato così silenzioso.

I miei passi rimbombavano e mi costrinsi a camminare ancora più lentamente per non rovinare quel silenzio.

Ero al penombra, solo ciò che rimaneva della luce del pomeriggio che filtrava dalla serranda mi permetteva di non scontrarmi con i carrelli e i tanti attrezzi sparsi alla rinfusa.

 

Era strano.

Sembrava così spazioso ora che non era brulicato di gente, tra meccanici e giornalisti, come lo era durante i giorni di gare.

Come lo era stato soprattutto circa due settimane fa.

 

Guardo verso il centro del locale. Sotto quel telone sporco e impolverato c'è la ragione per cui sono qui. La ragione per cui sono ancora qui.

 

Quell'auto è la cosa più preziosa che ho.

Ma allo stesso tempo anche la più dolorosa.

 

È ciò che più mi ricorda te e allo stesso tempo ciò che più mi fa soffrire.

 

Prendo tempo, sposto i carrelli, facendo finta di ordinarli lungo il perimetro del box, raccolgo le chiavi inglesi, avvolgo il tubo del compressore.

 

È tutto apposto. Non c'è nient'altro da fare su quell'auto.

È perfetta. Come l'ultima volta che ha corso e come tutte le altre volte che ha sfrecciato su quel cemento perfettamente livellato.

 

Ho iniziato ad aggiustarla quella sera stessa. Perché l'auto di un tale campione non merita di rimanere distrutta e sola a sé stessa.

Mio padre mi aveva aiutata, nonostante fossero le due di notte, senza dire nulla, capendo quanto fosse importante per me, finché non si era addormentato sfinito su una sedia.

Eri importante anche per lui, come un figlio.

 

Dopo una settimana la macchina era come nuova. Lucidata e verniciata come piaceva a te.

 

Poso le chiavi sulla scrivania. Lo schermo sul lato è ricoperto da post-it gialli, alcuni pieni della mia scrittura, altri di quella di mio padre, altri ancora dalla tua.

Alzo lo sguardo sul muro.

Ci sono tutte le foto delle auto e delle vittorie dell'azienda.

La più vicina a me è datata 1961. Mi fermo ad osservare le carta rovinata e sbiadita. Non che mi interessi molto ma farei di tutto pur di ritardare il momento in cui vedrò altro.

 

Evidentemente sono una masochista, perché senza pensare oltre mi volto più a destra, con lo sguardo sulla cornice più grande del muro, con la foto più lucente e recente appesa a quel muro.

 

“La Coppia della C.C. sul podio, Città dell'Ovest 2018”

 

Un sorriso mi spunta sulle labbra leggendo quel soprannome con cui eravamo conosciuti ormai in tutto il mondo.

Non eravamo i piloti della Capsule Corp., la maggior parte delle persone non ci conosceva come Bulma Brief e Vegeta Prince ma come la “Coppia della C.C.” come a sottolineare l'unicità di quella situazione: due persone che si amavano che erano riuscite a scalare le classifiche assieme.

 

Me lo avevi detto tu quel giorno.

Quando l'altro pilota della nostra azienda aveva deciso di ritirarsi.

E tu avevi pensato a me come sostituto. Solo perché mi avevi vista correre qualche volta sulla tua auto, per un giro di prova dei motori appena modificati.

 

E così che il meccanico divenne pilota.

 

Finalmente trovo il coraggio di passare oltre la scritta fatta col pennarello nero e guardo i nostri visi. Tu fiero e sicuro come al solito e io ancora incredula ed emozionata per la vittoria.

Era passato poco più da quando stavamo insieme.

 

Riuscirò ad essere ancora così felice?

 

Credevo di aver finito le lacrime, invece le sento di nuovo bruciarmi negli occhi.

No.

Non devo.

Non qui, dove mi hai fatto giurare di non piangere più.

 

***

 

-Bulma! Che diamine hai combinato!?-

-Non lo so! Non sono riuscita a frenare!- le lacrime le scorrevano sul viso, farsi vedere così da lui non fece che aumentare i suoi singhiozzi.

 

-Potevi ammazzarti, lo sai!?-

-Certo che lo so! Cosa vuoi che faccia ora!?- ormai urlava, ancora spaventata e tremante.

 

Il suo primo giro di prova. L'indomani la gara ufficiale.

La pioggia non prevista, l'asfalto bagnato, le gomme non adatte.

 

Una curva stretta presa a velocità troppo elevata e aveva perso il controllo dell'auto. Le ruote che slittavano facendo un fischio mostruoso fino a quando si era schiantata contro le barricate che limitavano la pista.

Aveva momentaneamente perso conoscenza e un'equipe di medici l'aveva immediatamente soccorsa.

Per fortuna l'era cavata solo con qualche graffio.

 

Poi era rimasta seduta sul pavimento del box, vicino alla sua auto ammaccata, mentre gli altri piloti continuavano a sfrecciare sulla pista, cercando di ricomporsi e calmare il tremore. Dopo pochi minuti era apparso Vegeta, il viso rosso e il fiatone, con ancora la tuta e il casco sottobraccio, segno che era appena sceso dall'auto.

Le si era avvicinato e inginocchiato affianco, prendendole il viso tra le mani ancora guantate, poggiando la fronte contro la sua.

 

L'aveva fatta sfogare, scaricare la paura senza dirle nulla, solo standole vicino come supporto.

Poi le aveva fatto promettere di non farlo più.

 

Il giorno dopo, poco prima dell'inizio della gara, lo aveva trovato sulla griglia, al suo fianco, invece che ai soliti primi posti, segno che non aveva completato i giri di qualifica, solo per stare con lei.

Le aveva sorriso, uno dei pochi sorrisi sinceri che gli aveva mai visto dare a qualcuno.

Da lui, aveva preso la forza di affrontare quella che sarebbe stata la prima gara della sua vita.

 

***

 

Oggi mi sono qualificata seconda. Domani partirò dalla prima linea con la tua auto. Davanti a me c'è solo Freezer.

 

Freezer.

 

Mi volto di scatto. Devo uscire da qui.

Mi manca il respiro.

 

Mi avvento sul gancio della serranda, la tiro su con tutta la forza che ho in corpo.

Sento il vento freddo soffiarmi addosso con forza ma non mi importa.

Inizio a correre lungo la pista deserta mentre cerco di respirare quanta più aria posso.

Butto la testa all'indietro mentre corro e guardo il cielo ormai buio.

Riesco a stento a distinguere tutto ciò che ho intorno.

Uso distrattamente come guida la linea bianca che sembra fluescente su quel manto grigio scuro.

 

Mi sposto per abitudine alla sinistra della linea.

Perché a destra ci sei sempre stato tu a correre, 10 metri più avanti, urlandomi di essere lenta.

Ci fermavamo su una rampa laterale dove io crollavo a terra sfinita mentre tu continuavi a muoverti intorno facendo esercizi o semplicemente guardando il panorama.

 

Era una prassi ormai.

Ogni mattina prima di una gara, eravamo i primi ad arrivare sulla pista, solo per poter avere questo momento di libertà.

 

Ormai riesco quasi a non avere più fiatone, correndo fino a lì.

Mi siedo comunque sull'estremità della rampa a guardare il cielo che ora è illuminato solo dalla luna.

Mi sembra quasi di vederti, già quasi pronto e carico per la gara, con le fasciature attorno al busto e ai polsi. Gli stessi tutori bianchi che ora porto io.

 

Ricordo che un giorno mi dicesti di venire qui ad urlare se ne avessi avuto bisogno.

Perché lì nessuno, oltre a lui, poteva sentire la mia voce da “gallina starnazzante”.

 

Davvero puoi sentirmi ancora? Anche se non sei qui con me?

Mi appiglio a questa piccola speranza e grido, strillo il tuo nome sperando che, ovunque sia, tu possa sentirmi.

 

Ti chiamo ancora, due, tre volte finché non riconosco più la mia voce tanto è rauca.

Non mi rispondi. Solo l'eco delle mie urla riencheggia ancora po' negli spalti che ho alle spalle.

 

Il cielo sembra fissarmi, giudicarmi per quanto sembri pazza, in quel momento, seduta da sola su una lunga distesa di cemento.

Oppure sei tu? Che fai lo stronzo e mi riprendi anche dall'altro mondo?

 

Un lampo e dopo pochi secondi un tuono.

Da quanto tempo c'erano quelle nuvole?

Una leggera pioggia inizia a scendere.

 

Mi stai prendendo in giro?

 

-Alzati! Torniamo al pit-stop.- quasi ti sento.

Quindi mi alzo, riprendo a correre, sulla linea e alla sua sinistra mentre la pioggia aumenta e fulmini violetti attraversano il cielo.

La pioggia mi scivola sul viso, mi rende i capelli lunghi cotonati eppure non provo fastidio. In qualche modo è come se sentissi che sei tu.

Mi hai detto che non devo avere paura della pioggia, né quando corro né mai.

 

È il tuo modo per dirmi che sei e sarai con me?

Davvero?

Rispondimi cazzo!

 

Sento di nuovo le lacrime sfuggire dagli occhi e nel frattempo la pioggia è aumentata.

Non vuoi vedermi piangere, lo so!

Ma non riesco a farne a meno. Te le sei andato, mi hai lasciato.

Mi hai lasciato mentre facevamo ciò che amavamo di più: correre insieme, fianco a fianco, facendo una gara più tra di noi che con gli altri.

 

Lo so che non è stata colpa tua, lo so!

Freezer ti è venuto addosso in curva, ti ha buttato fuori strada, ti si è schiantato contro.

L'ho visto, ho visto tutto anche se la mia macchina continuava a correre.

 

Ho visto tutto anche se non potevo fermarmi, con Cooler addosso, che minacciava di fare lo stesso con me.

Ho sentito tutto anche se non ero lì con te.

Lo schianto.

I meccanici della C.C., tra cui anche mio padre, che urlavano e lasciavano il box per correre da te.

I soccorsi che ti recuperavano inerte dall'auto completamente distrutta.

 

Ho sentito tutto, mentre finalmente riuscivo a fermare l'auto e prendevo a correre per la pista per raggiungerti. Mentre buttavo il casco e la maschera protettiva sul cemento e correvo, urlando il tuo nome.

 

Eri lontano.

Mi separava da te un rettilineo di un chilometro e mezzo.

Ma anche da lontano vedevo il fumo, le fiamme dell'auto e la marea di gente che si accalcava. Ma non vedevo te.

Non so dopo quanto tempo ti raggiunsi, potevano essere passati minuti, ore o solo secondi, non saprei dirlo.

 

So solo che quando ti vidi disteso sull'erba, mi sentii crollare anch'io. Guardavo le fiamme che gli altri cercavano di spegnere ma nessuno che ti portava via per soccorrerti.

E allora capii che era troppo tardi. Ero arrivata tardi, non eri più lì con me.

 

Crollai in ginocchio sull'asfalto, continuando a guardare il tuo viso che non dava segni di vita.

Mi sembrò di sentire mio padre vicino a me, parlarmi, scuotermi ma io non ero lì.

L'unica cosa che riuscivo a fare era guardarti.

 

Non avevo la forza di alzarmi, di raggiungerti davvero. Neanche riuscivo a pensare.

Di colpo la mia mente era vuota, anche solo tentare di comporre un pensiero compiuto mi sembrava impossibile, troppo faticoso.

 

Mi sentivo incompleta, perché tu non c'eri più.

 

Così come non ci sei ora.

Crollo e non riesco a controllare il pianto.

 

Mi lascio cadere sul pavimento del box mentre fuori ormai piove a dirotto.

Arrabbiati pure ma ora non sono capace di mantenere la mia promessa.

Perché ora non si tratta di correre, non è paura di morire a 300 chilometri l'ora.

 

Ora si tratta di te, che non posso più averti accanto.

 

-Promettimi di non piangere più, promettimi di non avere più paura.-

Ti rivedo davanti a me, a consolarmi, a supportarmi come non avevi mai fatto con nessuno.

E quindi nessuno si sarebbe aspettato nulla del genere da te.

Neanche io.

E per questo mi innamorai di te, perché capii di che per me avevi rotto un muro, avevi rinunciato ad una corazza di freddezza e orgoglio.

Solo per me.

 

Ora è il mio turno.

-Te lo prometto.- rispondo, solo al vento e ai tuoni.

Perché in fondo, forse tu eri questo: vento e tempesta.

 

E ti prometto che imparerò ad esserlo anche io.

 

***

 

È ora. È tempo di dimostrarlo.

Cammino lungo la pista, tra le varie auto gareggianti. Non guardo nessuno. Per questa volta mi concedo di non salutare neanche gli amici. Guardo davanti a me, seguo la linea bianca che ho percorso correndo anche stamattina, immaginandoti al mio fianco.

Sento il vento sul collo più del solito. Ho tagliato di capelli, ne ho sentito il bisogno.

 

Ho il tuo casco sotto il braccio. La tua auto è li ad aspettarmi, i motori già accesi e riscaldati.

Oggi sarò vento e tempesta. Dimostrerò che non sei andato via davvero. Sarò pura velocità e forza.

Sarò te.

 

Raggiungo il mio posto, tra Freezer e Cooler.

Li sento canzonarmi, farsi gioco di me. Ma oggi non lascerò niente e nessuno toccarmi.

Vedranno contro chi hanno davvero a che fare.

Saranno umiliati, perché ora io e te corriamo insieme.

 

Le 5 luci rosse si accendono.

Non penso più.

Spingo sull'accelleratore.

Sento il vento addosso e mi sento viva.

 

Penso a te, a quando mi dicesti quanto ti piacesse correre senza casco, per quanto fosse pericoloso.

Ricordo che ti urlai contro, di non fare mai più una cosa del genere.

 

Ma ora ti capisco.

 

Ora capisco cosa provavi. E mi sembra di sentirti ora più che mai.

Come vedere attraverso i tuoi occhi.

Scoppio a ridere, perché finalmente, da quando te ne sei andato, mi sento di nuovo bene. Davvero bene.

 

D'ora in poi sarò io quella forte tra tutti e due.

Lo sarò per me e per te.

 

E me ne convinco ancora di più quando vinta la gara lascio tutto e corro, corro come abbiamo sempre fatto noi, fino a non riuscire più a muovere le gambe.

Ed è allora che mi siedo su uno sgabello nel box, col fiatone ma felice, perché tu ora sei qui con me.






Mi scuso per eventuali errori grammaticali e/o di scrittura.
GiadaVnt

  
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