Cadere sette volte, rialzarsi otto
Dieci anni fa, in un posto lontano da qui, il tempo si fermò per tre volte.
La prima volta fu quando la terra prese a tremare: scosse violentemente le case, gli animi delle persone, i loro stessi cuori che batterono impazziti, terrorizzati, confusi; scosse con forza gli alberi, facendo fuggire gli uccelli.
Nel cielo cinereo, stormi neri si levarono in volo.
Il terreno tremò e parve non placarsi mai. Non si impietosì davanti ai pianti dei bambini, né all'abbaiare dei cani.
La seconda volta fu quando all'orizzonte si mostrarono delle onde: non erano le onde gentili che da tempo carezzavano dolcemente le coste – no; furono onde alte, più delle dimore, quasi tendevano alle nuvole scure.
E presto si chinarono sulla folla in fuga, si piegarono fino ad affogarla in un abbraccio salato.
Accanto a un tetto senza più mura da coprire, galleggiavano una madre e il suo piccino.
La terza volta, invece, arrivò gelida e crudele, insidiosa ma invisibile. Quattro parole bastarono a trasformare la gente in statue di pietra: "Incidente alla centrale nucleare".
Dieci anni fa, in un posto lontano da qui, il tempo si fermò per tre volte.
Dieci anni fa, a Tohoku si fermarono le risate, i giochi e il canto melodioso che gli uccelli donavano alla dea splendente.
Dieci anni fa, a Fukushima si fermò tutto ciò che era quotidiano.
Dieci anni fa, a Tohoku e a Fukushima cessò la vita di tante, troppe persone – smarrite nel buio, per non fare più ritorno, o smarrite in un futuro e in un presente che diventavano incerti.
Ma non si fermò il dolore, non si fermò il ricordo: sono sempre vividi, vicini, nel cuore di chi ancora spera di riabbracciare coloro che non sono stati ritrovati – né vivi, né morti.
Spera – perché non si è fermata neppure la speranza, la voglia di ricominciare, il desiderio di tornare a vivere.
Risuona nella mente delle persone un vecchio detto: Nana korobi, ya oki.
Cadi sette volte, rialzati otto.
La prima volta fu quando la terra prese a tremare: scosse violentemente le case, gli animi delle persone, i loro stessi cuori che batterono impazziti, terrorizzati, confusi; scosse con forza gli alberi, facendo fuggire gli uccelli.
Nel cielo cinereo, stormi neri si levarono in volo.
Il terreno tremò e parve non placarsi mai. Non si impietosì davanti ai pianti dei bambini, né all'abbaiare dei cani.
La seconda volta fu quando all'orizzonte si mostrarono delle onde: non erano le onde gentili che da tempo carezzavano dolcemente le coste – no; furono onde alte, più delle dimore, quasi tendevano alle nuvole scure.
E presto si chinarono sulla folla in fuga, si piegarono fino ad affogarla in un abbraccio salato.
Accanto a un tetto senza più mura da coprire, galleggiavano una madre e il suo piccino.
La terza volta, invece, arrivò gelida e crudele, insidiosa ma invisibile. Quattro parole bastarono a trasformare la gente in statue di pietra: "Incidente alla centrale nucleare".
Dieci anni fa, in un posto lontano da qui, il tempo si fermò per tre volte.
Dieci anni fa, a Tohoku si fermarono le risate, i giochi e il canto melodioso che gli uccelli donavano alla dea splendente.
Dieci anni fa, a Fukushima si fermò tutto ciò che era quotidiano.
Dieci anni fa, a Tohoku e a Fukushima cessò la vita di tante, troppe persone – smarrite nel buio, per non fare più ritorno, o smarrite in un futuro e in un presente che diventavano incerti.
Ma non si fermò il dolore, non si fermò il ricordo: sono sempre vividi, vicini, nel cuore di chi ancora spera di riabbracciare coloro che non sono stati ritrovati – né vivi, né morti.
Spera – perché non si è fermata neppure la speranza, la voglia di ricominciare, il desiderio di tornare a vivere.
Risuona nella mente delle persone un vecchio detto: Nana korobi, ya oki.
Cadi sette volte, rialzati otto.
Angolo autrice:
Non so davvero perché appaio così all'improvviso dopo mesi, ma mi sono sentita ispiratissima, oggi, e questo è un testo che posso condividere.
Ciao a tutti, come state? Spero bene. Anche voi di nuovo in zona rossa come me?
Amo il Giappone, nonostante sia un Paese pieno di difetti; e non potevo non scrivere qualcosa per questa giornata. Anche se è un qualcosa di insignificante, perché non sono una chissà quale autrice bravissima... ma ho fatto del mio meglio, dài. Ci ho messo il cuore. Grazie per essere arrivati fino qui e alla prossima (appena avrò respiro, tornerò anche a recensire!),
- Kira *che torna a studiare*