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Autore: dirkfelpy89    11/03/2021    4 recensioni
Nek, penisola di Gallipoli, 1° Guerra Mondiale. 600 uomini (prevalentemente neozelandesi e autraliani) attendono il via ad una delle innumerevoli operazioni suicide nel corso di quella guerra maledetta. Le possibilità di riuscita sono nulle, eppure l'attacco si deve fare.
Gli ultimi pensieri del soldato Zachary Mountgray si rivolgono inevitabilmente alla moglie e al figlio che ha lasciato dietro, in Australia. L'ultima, straziante, lettera dell'uomo poco prima di affrontare la sua ultima battaglia.
[Questa storia partecipa al contest "Storie alfabetiche" indetto da LadyPalma sul forum di EFP ]
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Perdonami

 

7 Agosto, 1915

 



Adorata Margaret,
perdonami se non mi sono fatto sentire negli ultimi mesi, la situazione al fronte è talmente complicata che non ho trovato il tempo né tantomeno il coraggio per scriverti. Bill, il nuovo caporale del secondo plotone, mi ha prestato la sua carta da lettera e la sua penna... scusa per la grafia che sicuramente sarà storta e confusa ma non abbiamo molto tempo a disposizione.
Certo, non dovrei nemmeno pormi problemi del genere (il servizio postale non è dei migliori da queste parti) ed è probabile, anzi ne sono sicuro, che questa lettera non arriverà mai nelle tue mani, rimarrà sepolta in questa maledetta trincea per l'eternità a marcire insieme ai nostri resti… ma devo pur passare il tempo. Detesto essere così disfattista, non posso permettermelo di fronte ai trenta uomini che sono sotto il mio diretto comando, però davanti alla dura verità è inutile fingere: siamo in trappola, una trappola per topi lunga una trentina di schifosi metri. E in fondo a questa trappola (composta da un territorio completamente pianeggiante e privo di ripari) a coronare questo quadro angosciante, una trincea con un centinaio di ottomani pronti a tutto per difendere questa maledetta terra arida e brulla.
Fanculo.
Gallipoli, prima di questa guerra neanche sapevo esistesse un luogo con questo nome, neanche sapevo dove fosse la Turchia, neanche sapevo sarei morto a ventitré anni.

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Ho finito solo adesso di scambiare qualche informazione con il sergente McGreen, un tipo simpatico, non il solito stronzo che pupullano queste spiaggie. Ieri ha avuto una crisi di nervi, ha cercato di scavalcare la trincea armato di bombe a mano, bestemmiando contro i nostri nemici e sbavando dalla bocca come un toro inferocito. L'abbiamo acciuffato per il rotto della cuffia, pochi istanti prima che un cecchino nemico potesse colpirlo… altri non sono stati così fortunati.
Ma forse mi sbaglio, forse avremmo fatto meglio a lasciarlo andare... certo si sarebbe preso un proiettile in fronte, ma almeno avrebbe smesso subito di soffrire, si sarebbe risparmiato una corsa senza speranza verso le mitragliatrici turche, non avrebbe provato quest'ansia che ci divora dentro.

Non ho mai pensato alla mia morte, amore mio, anche quando ero in Francia ho avuto sempre una cieca fiducia nella mia fortuna e nei miei superiori… pensare alla morte quando sei in azione non è un bene, ma questa volta le possibilità sono ridotte al lumicino, spero tanto di farcela, ma è praticamente impossibile e a questi punti vorrei solo che la mia fine fosse veloce: un singolo colpo in testa. O anche al cuore, tutto pur di non finire a terra agonizzante e passare gli ultimi minuti di vita in qualche cencioso e putrido ospedale.
Perdonami se uso questo linguaggio così crudo, perdonami se magari questa lettera ti farà vergognare di me, se non cerco di tirarti su di morale, se non dedico a nostro figlio i miei ultimi minuti di vita ma proprio non ci riesco.
Quando sono partito volontario dall'Australia, quando mi dipingevo nella mia testa la guerra come un insieme di atti eroici, avevo torto, un torto marcio che solo tu hai cercato di fermare e che mi ha portato qui, all'altro capo del mondo.

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Richardson è appena passato, ha fischiato due volte, segno che mancano solamente cinque minuti all'inizio della nostra mattanza.

Scusami se tante volte sono stato un marito assente e sicuramente non perfetto, scusami se non sono stato un buon padre, se tante volte ho fatto piangere mio padre o mia madre... vorrei scrivere a loro in questo momento ma proprio non ce la faccio, aggiungerebbe solo del dramma inutile e del resto non hanno mie notizie da anni, non so nemmeno se a loro importerà venire a conoscenza della mia fine.
Ti prego, se ricevi questa lettera non consegnargliela, se proprio devi ti scongiuro, racconta loro che sono morto in un atto eroico e che ho passato gli ultimi istanti di vita combattendo il nemico e non piangendo a dirotto mentre scrive una stupida lettera del cazzo, racconta a nostra figlia che suo padre si è sacrificato per un qualcosa di grande, che non avrebbe voluto lasciarla.

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Ultimi due minuti, la baionetta è innestata, il colpo in canna. Vorrei scrivere altro, vorrei ma oramai è tardi… ti amo, con tutto il profondo del mio cuore e non smetterò mai fino a quando non ci ritroveremo, nella prossima vita.

Zachary Mountgray, 8° Reggimento Terza Brigata "Australian Light Horse", Nek.

Salve a tutti, È la prima volta che mi trovo davvero a che fare con una storia originale.. Questa storia partecipa al contest "Storie Alfabetiche", contest davvero originale e difficile perché ogni frase deve iniziare con una lettera dell'alfabeto. Non so perché ma ho subito collegato questo a un racconto epistolare e, forse perché ho appena letto un libro sulla Prima Guerra Mondiale, si è subito disegnato nella mia mente l'idea di questo racconto. Spero che questa epistola posso essere stata in qualche modo interessante e che vi sia piaciuta, è stata una sfida difficile però molto interessante e stimolante.
Ho scelto in questo caso la battaglia di Nek perché è una di quelle storie sconosciute ma terribilmente tragiche nel corso della 1° Guerra Mondiale, dove gruppi di soldati vennero invano lanciati contro una trincea impossibile da conquistare

  
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