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Autore: Mash    15/03/2021    0 recensioni
Un demone si risveglia dal suo sonno e come ogni 30 anni deve continuare la sua maledizione. Uccidere tutti coloro che professeranno il loro amore per lui per trovare finalmente colei o colui che sarà in grado con i suoi sentimenti di spezzare finalmente il maleficio che lo lega da più di un secolo.
Genere: Malinconico, Sovrannaturale, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Questa storia partecipa al COWT11
M3 - Hamilton:
  I’m just sayin’, if you really loved me you would share him.
 
VI Capitolo – Un attimo di respiro
 
21 dicembre 20XX ore 08. 15 – Residenza Fermian

Aprì gli occhi e sbadigliò, stiracchiandosi piano, guardando l’orologio sul comodino; si era alzata prima del suono della sveglia. Le capitava spesso quando doveva fare qualcosa di importante. Rimase per qualche altro minuto nel letto, cercando di accumulare le forze, per poi alzarsi definitivamente e andare in bagno, sistemandosi per uscire.
Passò un istante nella camera del fratello, notando che il letto era fatto e che non c’era nessuno all’interno. Sospirò. Doveva essere uscito presto anche quella mattina. Ultimamente Daniel rincasava tardi e usciva all’alba. Il lavoro gliel’avrebbe portato via prima o poi, lo sapeva bene ma non credeva così presto. Si recò in cucina e poco dopo mezz’ora fu fuori casa mentre sorridendo raggiungeva la metropolitana, pronta a fare la sua speciale compera all’ultimo minuto.
Tra pochi giorni sarebbe stato Natale e Serin, tra una cosa e un’altra, non era ancora riuscita a comprare il regalo per suo fratello. Ormai la loro era una tradizione, quello di scambiarsi anche una piccola stupidaggine e non era certo lei quella che l’avrebbe infranta, anche se immaginava che suo fratello quell’anno si sarebbe completamente scordato del Natale e sicuramente sarebbe stato lui a infrangere la loro tradizione.
I suoi regali erano abbastanza semplici, così come i gusti di suo fratello dopotutto, ma ogni volta cercare qualcosa che potesse piacergli o servigli era come partecipare a una scalata. Faticosissimo. Nemmeno lei che era la sorella, riusciva a capire che cosa gli passasse per la testa e cosa gli piacesse oppure no. Sembrava come non avere opinioni su niente e trovare tutto apprezzabile. Quell’anno aveva già cercato in altre due occasioni qualcosa che potesse piacere l’altro, ma era sempre ritornata a casa con la coda tra le gambe e nessun regalo per Daniel, anche se, come al solito, con parecchie cose per lei. Un altro dei suoi piccoli vizi.
Quella mattina però non sarebbe tornata a mani vuote. Avrebbe comprato il regalo perfetto, già immaginava la faccia di Daniel, così felice che finalmente le avrebbe rivolto un sorriso sincero, uno che da troppo tempo non riusciva più a scorgere sul suo viso.
La ragazza cercava quanto mai di non perderlo d’occhio, preoccupata dagli orari improponibili che faceva ogni giorno e dalla sua espressione. Inoltre, quando lui credeva che lei non lo guardasse, il suo viso cambiava e s’incupiva. Era preoccupato per qualcosa, Serin riusciva a capirlo. E tutto ciò non le faceva piacere, facendola preoccupare a sua volta.
Il suo lavoro lo stava fagocitando, in tutti i sensi. Tornava di rado a casa e ogni volta era scontroso e s’irritava per la più piccola sciocchezza. Era chiaro per lei che Daniel necessitava di una pausa, e gliene avrebbe data una, con la sua splendida festa per il Natale imminente. Aveva persino invitato i suoi vecchi amici e qualche collega della centrale.
Si era però rifiutata di chiamare l’uomo dai capelli argentei. Lo aveva visto un altro paio di volte dopo il loro primo incontro, ma ogni volta qualcosa in lui la metteva sempre più in guardia, come fosse un’ombra che cercava di inghiottire suo fratello, assorbendolo sempre di più. Riusciva a vedere i fili invisibili che l’altro aveva legato stretti intorno al corpo di Daniel, e avvicinandosi, non faceva che stringerli. Nonostante lui sembrava quasi rilassarsi in sua compagnia, lei non voleva che stessero così vicini, per via di quell’ombra che l’altro gettava su suo fratello, facendolo diventare sempre più scuro.
Inoltre, Daniel non gliene voleva parlare, ma Serin sapeva dei sogni che il fratello faceva, ormai sempre più di frequente. Lo sentiva gridare durante quelle notti, ogni volta la stessa identica parola.
“Kay.”
Il nome di quell’uomo.
La giovane non aveva più fatto le carte al fratello dopo quanto accaduto, ma era più che sicura che il suo destino si fosse intrecciato a quello dell’altro. Che la sua presenza fosse un male o un bene per il fratello lei non riusciva a capirlo con precisione, ma in qualche modo tutto si ricollegava a lui. E il suo sesto senso non l’aveva mai tradita.
La metropolitana arrivò, sferragliando e attutendo il rumore della folla nel sottopassaggio, e lei vi entrò, cercando in qualche modo di non venire schiacciata tra i vari pendolari. Odiava muoversi con i mezzi pubblici, ma non aveva mai preso la patente e suo fratello non poteva accompagnarla.
Il viaggio fu abbastanza piacevole, dopo le prime fermate la gente si dimezzò e riuscì anche a trovare un posto a sedere, intrattenendosi a parlare con un’anziana donna seduta vicino a lei, chiedendole consigli su un possibile regalo per suo fratello.
Ovviamente buchi nell’acqua.
In un’altra mezz’ora concluse il suo viaggio e uscì di nuovo alla luce del sole, immergendosi nella strada piena di negozietti e bancarelle, pronta per la ricerca al regalo perfetto.

21 dicembre ore 12.45 – bar “Eleven after”

Ivan attendeva il suo turno con impazienza, sbirciando il suo orologio di tanto in tanto. Adorava il sapore del loro caffè tostato, la fila ogni volta era estenuante e se non fosse stato che necessitava di tanto in tanto di bere del vero caffè e smetterla di dipendere dalle brocche dell’ufficio, non avrebbe mai sopportato tutto il caos e il tempo perso ad attendere il suo turno, soprattutto se questo si toglieva alla sua pausa.
Quando finalmente toccò fare la sua ordinazione, prese, oltre alla sua tazza di espresso da portar via, anche due sandwich col tonno e un espresso per il suo capo, che saputo che usciva gli aveva chiesto di portare anche a lui un vero caffè. Dovette aspettare altri due minuti prima che il ragazzo alla cassa gli allungasse la sua ordinazione, e dopo aver pagato, senza tanti complimenti, uscì dal bar, iniziando a camminare svelto per tornare indietro senza far finire la sua pausa pranzo.
Come in ogni film di bassa lega che si rispetti, si distrasse solo un istante, alzò gli occhi al grande orologio del campanile dopo il rintoccare delle lancette e combinò il danno.
Non aveva minimamente notato che una ragazza stesse camminando verso di lui, anche lei con la testa rivolta verso l’alto, e bastò poco per far si che le rovesciasse il contenuto del caffè che aveva nella mano destra sulla sua camicia chiara, facendole scappare un gridolino per via del calore. In un istante il giovane tentò di tenere in equilibrio le altre cose, prima che combinasse un’ulteriore danno e sprecasse tutta la sua lunga attesa alla cassa.
-Mi dispiace tanto!- esclamò, non sapendo bene cosa fare, guardando la giovane che si sporgeva appena più avanti per non far finire delle piccole goccioline sulla gonna a pieghe, agitando piano una mano.
-No, non stavo guardando. Non è colpa sua.- la sua voce era gentile, Ivan capì che non lo stava dicendo tanto per dire, ma che lo pensava veramente.
-Sono mortificato.- aggiunse, tirando fuori dalla tasca un fazzoletto di stoffa, porgendoglielo: -La prego, usi questo.- concluse.
La giovane alzò lo sguardo su di lui e gli sorrise, ringraziandolo, accettando e iniziando a passare il fazzoletto sulla macchia che si era aperta sulla camicia, posando a terra una piccola busta di colore rosso che sembrava contenere un regalo di natale preso all’ultimo momento.
Mentre per la prima volta alzava lo sguardo sul volto della giovane e non sulla camicia della ragazza, ormai rovinata, fu per lui essere come folgorato. Gli occhi chiari della ragazza lo trafissero fin dritto al cuore in un istante. Non aveva mai creduto all’amore a prima vista ma un semplice battito delle sue ciglia fece crollare tutte le sue convinzioni al riguardo.
-Avrei dovuto guardare la strada, invece mi sono messa a fantasticare e ho perso il senso di quello che accadeva intorno a me.- una risata dolce lo riportò alla realtà e si accorse che la stava fissando. Distolse subito lo sguardo, leggermente imbarazzato per non riuscire a controllare il suo comportamento da adolescente e le sorrise anche lui.
-No, no, la colpa è soprattutto mia. Stavo guardando l’orologio invece di dove camminassi. – disse, trovandosi a pensare che ormai mancava poco alla fine della sua pausa e lui doveva assolutamente tornare indietro, nonostante tutto.
-Diciamo che entrambi avremmo dovuto fare più attenzione.- una nuova risata fendette l’aria e Ivan si trovò ad allungare la mano verso di lei, desiderava conoscere il suo nome. Desiderava sapere tutto di quella giovane.
-Comunque, io sono Ivan.- si presentò.
La ragazza sorrise, ma non strinse la mano dell’altro: -Mi scusi, le stringerei la mano, ma è tutta bagnata di caffè.-
Il giovane abbassò lo sguardo sulla mano, notando che effettivamente grondava di liquido e fece una smorfia, imbarazzato e divertito al tempo stesso per la situazione. Quando guardò di nuovo l’orologio e impallidì facendosi scappare una maledizione: -Accidenti, devo assolutamente andare o il mio capo mi ucciderà.- si fermò un attimo e poi guardò di nuovo la ragazza: -Signorina, se mi lascia il suo numero le ricomperò un’altra camicia o le pagherò il conto della lavanderia.- forse richiedere il suo numero in quella maniera poteva sembrare una scusa, ma un po’ perché si sentiva veramente in colpa, un po’ perché voleva veramente rivederla, le era sembrato l’unico modo fattibile per ottenere un possibile secondo incontro con lei.
-La prego, mi chiami Serin e non si stia a preoccupare per la camicia, anche il suo fazzoletto si è tutto rovinato. Basterà una buona dose di smacchiante e sono sicura che torneranno entrambi come nuovi.- disse la ragazza facendogli un altro sorriso. Poi frugò nella borsetta e prese un vecchio biglietto e una penna, scribacchiando dei numeri su di esso per poi porgerlo al giovane, mantenendo il sorriso.

24 dicembre 20XX ore 16.35 – centrale di polizia

-E poi le ho dato il mio numero… -
Daniel sbuffò. Ascoltava quella storia per l’ennesima volta. Da qualche giorno sembrava che Ivan non pensasse ad altro descrivendo a chiunque di quanto era bella, gentile e angelica la ragazza che aveva incontrato in centro, rovesciandole addosso una tazza di caffè bollente. Cosa che gli era apparsa come il più brutto cliché che potesse mai accadere a due persone. Ogni volta aggiungeva un particolare nuovo nella descrizione di questa ragazza, e ogni volta lui sembrava fare sempre meno la figura dell’idiota. In realtà nella prima versione lui non le dava il suo numero ma scappava lamentandosi che era in ritardo… e ancora non l’aveva chiamata, vergognandosi di chissà che cosa.
-Io vado.- salutò Daniel accumulando le sue cose, prendendo un paio di cartelle dato che per una settimana non sarebbe venuto al lavoro, avendo ottenuto con sua piacevole sorpresa le ferie che aveva richiesto sebbene in un periodo non proprio facile: - Ancora auguri, ragazzi.-
-Aspetta Daniel, vengo con te.- disse Ivan salutando anche lui i suoi colleghi, e augurando a tutti una buona Vigilia di Natale infilandosi giusto in tempo nell’ascensore con lui, tutto contento per aver finalmente finito di lavorare.
-Stasera ti vedremo a casa?- domandò il giovane sistemando i vari fogli per evitare cadessero.
-Non perderei quest’occasione per nulla al mondo. Sono contento di avere finalmente qualcosa da fare nella Vigilia di Natale.-
Da come Daniel aveva capito, Ivan non era di quella zona e ritornare a casa dalla sua famiglia gli sarebbe costato denaro e soprattutto tempo che non aveva, quindi aveva deciso di rimanere per le feste a Riverdell, nonostante inizialmente non avesse alcun programma. Daniel poi aveva deciso di invitarlo sia il 24 che il 25 a casa propria, così che avesse qualcuno con cui passare le feste e lui gli era sembrato veramente felice di accettare l’invito.
-Pensavo volessi cercare quella ragazza per chiederle di uscire.- sogghignò il detective, divertito di riuscire finalmente a punzecchiarlo in qualche modo.
Ivan stranamente non rispose, forse era riuscito veramente a stuzzicarlo su un punto in cui anche l’altro poteva essere preso di mira. Buono a sapersi, ora che aveva un’arma l’avrebbe utilizzata il più possibile. L’ascensore arrivò al pian terreno e i due colleghi uscirono, continuando a parlare.
-Dai Ivan, stavo solo scherzando. Domani scrivile un messaggio per augurarle buon Natale. Potrebbe essere un buon modo per tentare un approccio con lei.- disse raggiungendolo e uscendo fuori dalla centrale.
-Tu non capisci Daniel… Non riesco a smettere di pensarla.- rivelò il collega, abbassando lo sguardo: -Ogni volta mi torna in mente il suo viso e il suono della sua risata. Quella ragazza mi ha lanciato un incantesimo, sicuramente è una sirena o qualcosa di simile. Non riesco a spiegarmi. Al momento voglio solo rivederla, sentire il suo della sua voce. Anche se fosse solo per farmi restituire il fazzoletto.-
Daniel stranamente riusciva a capire, anche se la cosa lo metteva a disagio, perché lui provava gli stessi sentimenti per quel demone che stava sorvegliando e non per una bella ragazza dal viso angelico e la voce melodiosa. Sospirò e gli batté una mano sulla spalla: -Il messaggio di auguri è un’ottima occasione, dammi retta- aggiunse, cercando di tirarlo su di morale.
“Daniel.”
Il giovane si girò al suono di quella voce familiare e impallidì. Era l’ultima persona che si sarebbe aspettato di vedere: -Beh Ivan, ci vediamo questa sera allora. Non fare tardi o mia sorella s’irriterà moltissimo a dover rimandare l’inizio della cena a causa tua, e posso assicurarti che lei non è una splendida e angelica ragazza che lascia correre queste cose.- disse sorridendo e separandosi di fretta dal collega per avvicinarsi all’uomo che lo aveva chiamato.
-Si può sapere cosa ci fai qui?- domandò quando fu a portata di voce. Poco prima, infatti, il demone non aveva parlato, ma gli aveva come inviato direttamente al cervello il suono della sua voce, chiamandolo. Man mano che lo conosceva aveva imparato alcuni dei suoi poteri, ma ogni volta lo sorprendeva con qualcosa di nuovo e spesso non in positivo.
-Volevo vederti. Sto per partire e non tornerò che tra due settimane. – rispose, come se avesse spiegato per filo e per segno qualcosa che per Daniel doveva essere ovvio.
Cosa ovviamente che non lo era. Non che gli interessasse se partiva oppure no, ma, dirgli delle mezze informazioni non era di certo una cosa opportuna.
-Parti? Comunque, ti avevo detto di non venire alla stazione di polizia. Potrebbe essere…- cos’avrebbe potuto dire? Pericoloso? Inappropriato? Imbarazzante?
-Non volevo venire da te. Sai, non sembro piacere molto a tua sorella.- lo interruppe prima che riuscisse a dare una definizione a quanto volesse effettivamente dire. Allungò una mano e gli sorrise di nuovo, porgendogli una confezione rettangolare.
Daniel sbuffò prendendo il pacchetto: -Io non ti ho preso nulla. Non credevo i demoni festeggiassero il Natale.- si scusò.
-Non importa, non te l’ho preso aspettandomi qualcosa in cambio.- sul suo volto spuntò un sorriso: -Aprilo, dai.- aggiunse, alzando le sopracciglia indicando il regalo.
-Dovrei aprirlo domani, così vorrebbe la tradizione ma dato che stai partendo farò un’eccezione.- disse girandosi l’oggetto tra le mani. Non era una grande confezione, anzi, sembrava apparentemente qualcosa di piccolo. Lo scartò delicatamente, per paura di rompere qualcosa e scoprì con sua grande sorpresa che gli aveva regalato un nuovo taccuino. Rise nel vederlo, non perché non apprezzasse il gesto, ma perché l’altro aveva trovato qualcosa che potesse piacere anche a lui e che fosse effettivamente utile.
Era bello, di ottima fattura e di dimensioni perfette per farlo stare in una tasca della sua giacca. Vi era una semplice decorazione astratta su uno sfondo grigio scuro che nonostante tutto non gli dispiaceva. Il demone aveva indovinato al primo colpo qualcosa che potesse piacergli ed essergli utile allo stesso tempo, cosa che raramente le persone facevano, regalando solo cose inutili o imbarazzanti.
-Ti piace?- domandò Kay incuriosito dal fatto che l’altro non aveva ancora detto una parola ma si limitava  a girarsi l’oggetto tra le mani.
-Molto.- rispose il giovane alzando lo sguardo sul demone, sorridendogli grato: -Ti ringrazio. Mi serviva un nuovo taccuino.-
Il demone sorrise e poi gli passò una mano a cingergli la vita, avvicinandolo a sé.
-Buon Natale.- sussurrò.
Daniel si ritrasse appena, imbarazzato che qualcuno potesse vederli, messi in bella vista in mezzo alla strada, vicino al distretto di polizia, durante la vigilia di Natale, ma poi gli sorrise, in fondo non gli importava. Non quel giorno. Si avvicinò di nuovo e ricambiò l’augurio.

24 dicembre ore 23.45 – residenza Fermian

Daniel spostò lo sguardo dai due e sbuffò infastidito dalla situazione. Sua sorella e Ivan avevano passato tutta la sera a parlare, come se tutto quello che avevano intorno non fosse più importante. Sembravano estranei da tutto e da tutti, immersi in un loro mondo incantato, dove sicuramente i due avevano il ruolo dei personaggi principali. Quando aveva sentito la faccenda del caffè da entrambi, con due versioni differenti, non aveva pensato che fosse proprio sua sorella la ragazza che aveva incontrato Ivan quella volta al centro. Se l’avesse saputo avrebbe troncato la cosa sul nascere, invece, lo aveva anche incoraggiato. Sua sorella, infatti, non gli aveva detto nulla del ragazzo che gli aveva rovesciato addosso il caffè, e aveva liquidato la cosa molto velocemente, almeno rispetto l’esodo di Ivan, che aveva parlato per ore, solo di quanto fosse stato fortunato in un simile incontro.
-Stai monopolizzando mia sorella Ivan. Non sarebbe il caso di parlare anche con qualcun altro?- domandò Daniel, avvicinandosi ai due, un sorriso tirato sul volto che non nascondeva l’irritazione che stava in quel momento provando. Notò che Serin arrossì a quelle parole. Ivan invece ridacchiò, pensando stesse scherzando, cosa che ovviamente non stava facendo. Si alzò in piedi e gli passò un braccio intorno al collo, tutto elettrizzato.
-Dovevi dirmi subito che avevi un angelo come sorella.- sussurrò cercando di non farsi sentire dalla ragazza.
-E farti evitare l’imbarazzo di rovesciarle addosso del caffè? Non avrei mai potuto.- rispose sarcastico, parlando a voce più alta rispetto l’amico, cercando di farsi sentire dalla ragazza.
-Dai, Daniel, se mi volessi bene l’avresti condivisa con il tuo migliore amico.- disse, con un sorriso a trentadue denti.
-Ah? Migliore amico? Condividere? Quanto hai bevuto Ivan?-
Ivan rise e lo abbracciò più forte, quasi stritolandolo.
Serin guardò i due giovani e sorrise. Era contenta che Daniel fosse così rilassato. Che sorridesse e facesse battute. Sembrava essere tornato quello di un tempo e anche il suo viso era meno scuro e corrucciato. Quella settimana a casa gli avrebbe fatto bene. La ragazza si alzò in piedi e prese suo fratello sottobraccio.
-Ivan, vorrai scusarmi, ma devo allontanarmi un attimo con mio fratello.- disse la ragazza con un sorriso, spingendo appena Daniel, per farsi seguire.
Ivan sorrise e si guardò intorno, forse in cerca di qualcuno con cui poter parlare o forse in cerca di qualcosa da mangiare, un’espressione sognante ancora spiaccicata sul viso.
I due fratelli uscirono dal loro salone e salirono le scale. Daniel aveva iniziato a parlare del suo collega e di come la sorella dovesse stargli alla larga, ma Serin non lo ascoltava nemmeno, eccitata dal pensiero di potergli finalmente dare il suo regalo. Certo, sarebbe stata la mezzanotte tra qualche minuto ancora, ma non era un grave problema, no?
-Serin, mi stai ascoltando?- domandò il ragazzo, sicuro che la sua fosse una domanda retorica. Era ovvio che non lo stesse ascoltando, altrimenti avrebbe fatto una scenata sul fatto che voleva proibirle qualcosa.
-Si, si. Sbrigati dai.- disse la ragazza tirandolo dentro la sua stanza.
Daniel aggrottò le sopracciglia quando, una volta buttatosi sul letto, la ragazza gli passò una busta rossa: -Che cos’è?- chiese, come confuso da quel regalo.
Serin strabuzzò gli occhi, non si aspettava di certo una simile reazione: -Come “che cos’è”? Il tuo regalo di Natale, ovviamente!- suo fratello arrossì alle parole della sorella e a Serin bastò un attimo per capirne il motivo. Come immaginava si era completamente dimenticato della loro tradizione.
-Io non ti ho preso niente. Tra una cosa e l’altra… Me ne sono scordato.- rivelò il giovane abbassando il capo tristemente.
Serin scosse la testa. Quella non era di certo la prima volta che il fratello dimenticava qualcosa, non riusciva a ricordare quando le avesse dato un regalo nel giorno stesso di un evento, addirittura per il suo compleanno, gli aveva fatto avere qualcosa solo una settimana dopo, con la scusa che era impegnato con lo studio all’accademia.
-Non è un problema. Ormai ti conosco, Danny.-
Il giovane aggrottò di nuovo le sopracciglia a quel nomignolo, ma non le disse niente, come sentendosi in obbligo nei suoi confronti. La sorella sorrise e si sedette vicino a lui sul letto: -Su, aprilo, forza.- continuò, eccitata nel sapere se il fratello avrebbe apprezzato quello che aveva scelto per lui. Daniel sbuffò e poi sorrise, iniziando ad aprire delicatamente la busta.
Di solito sua sorella non aveva dei gusti tanto stravaganti, almeno per quello che riguardava i suoi regali, proprio perché sapeva che gli piacevano le cose semplici e utili. Comunque, gli regalava di rado cose che non gli piacessero, ma quella volta superò se stessa. Daniel si trovò addirittura ad arrossire nel guardare l’interno della busta.
-Se- Serin…- stava cercando le parole giuste, ma queste non vennero. Pensò di aver immaginato il contenuto, così diede una nuova occhiata all’interno del pacchetto. Erano ancora lì dentro. Posizionati in bella vista, così che non era difficile capire cosa ci fosse disegnato sopra anche senza aprire tutta la busta.
-Allora, ti piacciono?- domandò la ragazza, sinceramente interessata.
Daniel deglutì, nervoso. Rispondere a quella domanda non era facile. La verità, o rendere felice sua sorella? Qual era la scelta meno dolorosa? Optò per la seconda e si morse appena un labbro, tirando fuori il regalo e guardandolo meglio, cercando di sorridere e di tranquillizzare Serin, che lo guardava, in attesa di una risposta.
-Sono… molto, particolari.- disse, cercando di dare alla parola un significato più positivo di quanto in realtà pensasse.
-Non ti piacciono quindi.- liquidò la ragazza sorridendo divertita, facendo diventare il fratello scarlatto. Detestava che riuscisse a leggerlo così bene. Non riusciva a mentirle e la cosa gli dava non pochi fastidi.
-Non direi proprio che non mi piacciono. Più che non sono da me.-
-È la stessa cosa che ho detto al commesso. Ma, mi ha assicurato che sono l’ultima tendenza e che sarebbe stato divertente guardare la tua faccia aprendo il pacchetto se veramente eri così suggestionabile.- Daniel si girò verso sua sorella e vide che tratteneva a stento una risata: -Aveva ragione. Dovresti vederti Danny, diciamo che più che un regalo per te, questo era per me.- la ragazza non si trattenne oltre e scoppiò a ridere.
-Sei terribile. Hai comprato questi… cosi, solo per farti una risata? Non posso credere tu sia arrivata a tanto Serin… Sono orrendi e la scritta dietro è così… Di cattivo gusto.– disse non volendo identificare l’oggetto per quello che realmente era, anche perché non li avrebbe mai indossati. Piuttosto la morte che indossarli.
-No, in realtà vorrei che li mettessi. Ma, non posso costringerti.-
-E tu ti aspetteresti un mio regalo dopo questo?- chiese Daniel richiudendo la busta con l’oggetto, voltandosi verso la sorella, ghignando divertito.
-Certamente sì.-
-Darò tutto me stesso per eguagliare questo splendido dono di cui mi hai reso padrone. – abbozzò un inchino e fissò la ragazza, notando che tentava di non ridere per le sue parole, anticipandola di poco nella risata successiva.
Risero così per un po’, fino a quando non si accorsero che la mezzanotte era passata e che stavano risultando degli ospiti maleducati.
Sorridendo, Serin prese il fratello sottobraccio e tornarono alla loro festa ancora allegri per quell’insolito scambio di doni.
-Non ti ho fatto ancora gli auguri, sorellina.- disse Daniel stringendosi a lei mentre si avvicinavano a una coppia di amici che voleva sicuramente fargli gli auguri.
-Buon Natale, Dan.- rispose lei, anticipandolo.
Daniel sorrise di nuovo e l’abbracciò.
-Buon Natale.-
 
 
  
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