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Autore: Happy_Ely    16/03/2021    1 recensioni
[...] "Erano state queste le sue ultime parole. Vanitas non aveva paura di scomparire e di tornare a essere oscurità, perché, in origine, lui era solo l’oscurità del cuore di Ventus e ora stava diventato pura oscurità."
Genere: Angst, Erotico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Altro Personaggio, Vanitas
Note: Lemon, Soulmate!AU, What if? | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Più contesti
Capitoli:
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Capitolo 1: Risveglio

Le palpebre erano ancora pesanti, ma c’era qualcosa che gli dava fastidio, quasi come se qualcuno o qualcosa lo volesse costringere ad aprirle. Iniziò ad aprirle lentamente, cercando di mettere a fuoco il luogo in cui si trovava notando un problema non di poco conto, non era più nel tunnel oscuro. Intorno a lui c’era solo una luce troppo forte che illuminava una stanza dalle pareti di legno.

Faticosamente si portò una mano sugli occhi per cercare di coprirli dalla luce insistente e per mettere meglio a fuoco l’ambiente in cui si trovava. Sentiva il corpo dolente, come se fosse stato sbattuto più e più volte contro una roccia assai dura.
Strabuzzò gli occhi una decina di volte prima di riuscire a distinguere una sedia e un comodino vicino a lui, alzando meglio lo sguardo notò che sulla destra vi era una grande porta-finestra che mostrava il mare e poi vi era un armadio, grande almeno due ante, posizionato accanto alla porta che dava su una specie di corridoio.

Provò ad alzarsi, gli occhi con grande fatica si erano abituati alla luce, e il petto gli mandò una fitta così atroce da togliergli il fiato. Vanitas si portò una mano per cercare di capire quale fosse il punto da cui era partita quella fitta e mentre si tastava l’addome senti le bende e la garza che lo coprivano.
Facendo attenzione a non procurarsi altro dolore – in genere era lui che lo procurava – si osservò meglio: tutto il suo corpo era ricoperto da bende, garze e cerotti. La sua tuta era sparita, lasciandolo il posto alla nuda pelle, piena di ferite e lividi ancora vividi e freschi.

Era nudo e poco gli importava, aveva bisogno di più elementi per elaborare e capire dove si trovava e di come era finito in quel posto tanto luminoso che non aveva niente a che fare con lui.

Si alzò dal letto facendo scivolare le lenzuola sui suoi fianchi, e nudo come il suo maestro lo aveva plasmato, si diresse verso il mare attraversando la porta-finestra e in pochi passi si ritrovò in una veranda inondata di luce, ancora più forte di quella che c’era dentro la stanza, che lo costrinse a coprirsi gli occhi con il braccio.

Quella luce era troppa per i suoi poveri occhi abituati all’oscurità.

 
« C'è solo un profondo buio.
Senti solo un suono gentile che ti fa piangere. Non importa quanto sia doloroso,
Vai avanti … »


Erano le strofe di una strana canzone, o qualcosa del genere, non ne conosceva molte ed erano veramente strane e tristi, poi qualcosa cadde a terra e il tonfo fece girare Vanitas che di scatto aveva assunto la posizione per evocare la sua arma, ma non era successo niente.
I suoi occhi giallo ocra, pieni di rabbia e di frustrazione per non essere riuscito ad evocare il suo Keyblade, si andarono ad incastonare su l’esemplare femminile – ragazza – che aveva davanti.

« Scusa, non ti ho neanche messo dei vestiti puliti sulla sedia… aspetta che ti cerco qualcosa….» La ragazza aveva lasciato la cesta piena di frutta a terra, il suo viso era diventato rosso per l’imbarazzo, un rosso che risaltava particolarmente sulla sua pelle diafana. Doveva essere la padrona di casa o un’abitante di quel posto.

Vanitas non diede peso all’imbarazzo della ragazza, lui non ne provava per niente – anche perché aveva una sorta di sicurezza nel suo corpo, non temeva niente – si diresse di nuovo verso l’interno della stanza.

La ragazza era intenta a rovistare nell’armadio, da dietro Vanitas poté notare i capelli metà bianchi e l’altra metà neri legati in una treccia e tenuti sollevati attraverso una fascia rossa, che stonava non poco con i colori dei suoi capelli, portava un vestito molto semplice: le cadeva morbido sulla sua siluetta e lasciava molto spazio all’immaginazione, non dava una perfetta visuale delle curve della ragazza, ma in teoria doveva averle.

Si avvicinò alla ragazza lasciando solo pochi passi di distanza.

« Tieni, questi dovrebbero starti, io intano ti aspetto fuori…» Il suo viso era ancora più rosso, alzandosi si era scontrata con il suo petto ricoperto di garze, era poco più bassa di lui, ma ciò che più attirò la sua attenzione furono i suoi occhi: uno color ocra come i suoi e uno azzurro come il cielo, quasi della stessa tonalità di Sora.

Gli aveva dato i vestiti, in realtà gli aveva poggiati sul suo petto e a quel contatto la ragazza era diventata ancora più rossa ed era uscita – scappata – velocemente dalla porta finestra.  Guardò i vestiti, forse coprirsi non era una cattiva idea, avrebbe potuto parlare meglio con quella strana ragazza, senza che svenisse improvvisamente.

Non che provasse vergogna di sé, sarebbe potuto uscire anche senza vestiti e parlare direttamente con la mezza e mezza, era una emozione sconosciuta a Vanitas, ma non sapeva dove si trovava e se quella ragazza fosse una nemica o qualcuno da sfruttare per cercare di uscire da quella situazione, per cui sì, era meglio vestirsi e cercare di racimolare il più informazioni possibili, anche utilizzando quelli che per lui erano metodi poco ortodossi. 

Si vesti velocemente, imprecando per i dolori alle braccia e al torace. I bermuda erano comodi, poteva muoversi facilmente, mentre la maglietta nera era stretta e attillata, chiunque fosse il proprietario era molto magro, aderiva perfettamente al torace mettendo in mostra la sua muscolatura.

Guardandosi allo specchio, contenuto dentro il grande armadio, con quei vestiti non si riconobbe sembrava un ragazzo normale, con la carnagione abbronzata, anche se in quel momento era un po’ più pallida del normale, i capelli neri con delle sfumature blu e gli occhi giallo ocra.

Era strano vedersi così umano.

« Serve…vedo che hai già fatto tutto, dai vieni, avrai fame e sete ti ho portato della frutta fresca e tanta acqua. » La ragazza era apparsa sulla soglia della veranda, reggeva il cesto di frutta e una grande borraccia di acqua. Sul suo volto era ancora presente il rossore di prima e forse era anche aumentato. Perché provava imbarazzo?

Vanitas avanzò verso di lei continuandola a scrutare con i suoi occhi color ocra e la sua vista da ombra. Era in tutto e per tutto umana, e non sembrava avere su di sé fili da marionetta o qualsiasi altra cosa che potesse comandarla, per il momento poteva stare tranquillo.

Prese il bicchiere d’acqua che la ragazza gli stava porgendo ed iniziò a berla, sentiva la gola estremamente secca, bevve avidamente e con un gesto sgraziato le chiese altra acqua. Lei non sembrò scomporsi, anzi al contrario sorrise e gli verso altra acqua.

« Come sono arrivato qua? Dove siamo? Che mondo è questo? » Chiese mentre divorava quello che doveva essere una mela, anche se era troppo grande per esserlo, era stato nuovamente sgarbato e la sua voce era ancora impastata dalla stanchezza, risultava essere rocca e sgraziata.

« Le onde del mare ti stavano portando lontano, ho faticato a portarti a riva con la risacca, ieri c’era una tempesta tremenda, sei un naufrago? Questa è la seconda isola dell’arcipelago Kowa, in totale ci sono cinque isole, mentre non saprei risponderti per la tua terza domanda, cosa intendi per mondo? » I suoi occhi spaiati lo scrutavano, si era divorato mezza cesta di frutta in poco tempo, aveva una fame strana e insolita, di solito aveva bisogno di poche cibarie per sopravvivere, alle volte neanche si cibava. 

« E tu? Sei sola o con te ci sono altre persone? » Vanitas continuava a guardarla, stava iniziando a racimolare qualche informazione, ma ancora non si spiegava come fosse finito lì.

« Mi chiamo Nyxeos, ma puoi chiamarmi anche Nyx, prima, tanto tempo fa con me c’erano i miei fratelli, ma ora sono rimasta sola. » Si era portata le ginocchia al petto stringendole con le braccia, mentre il suo sguardo diventava triste, forse aveva toccato un tasto dolente, ma poco gli importava.

« Invece tu? Come ti chiami, da dove vieni? » Chiese poi ritornando a sorridere, era una ragazza strana ma interessante, questo Vanitas doveva ammetterlo, sembrava che per un secondo il suo cuore si stesse riempendo di oscurità e invece l’attimo dopo era tornato pieno di luce.

« Vanitas. » Rispose semplicemente continuando ad osservare ogni centimetro di Nyx, il vestito che portava era senza maniche e sembrava essere di una taglia più grande, era riuscito ad intravedere la linea del seno più una qualche strana cicatrice molto vecchia.

Perché non era diventato oscurità? Perché si trovava in quella situazione? Tante domande giravano per la sua testa mentre il suo sguardo si posava sul mare davanti a lui, la spiaggia era piena di alghe e di foglie di palma, sì, doveva esserci stata una tempesta ma lui si ricordava di essere precipitato giù da un dirupo mentre camminava nell’oscurità. Non si ricordava dell’impatto con l’acqua o di essere stato trasportato dalle onde o da una persona.

Forse Nyx stava mentendo, volontariamente o no doveva scoprire come era arrivato lì e che fine avesse fatto la sua tuta.

« Se cerchi i tuoi strani vestiti…sono messi a stendere, erano pieni di sabbia e sangue…come vanno le tue ferite? » Sentiva gli occhi spaiati della ragazza scrutarlo da cima a fondo, e questo lo metteva a disaggio, perché oltre a sapere il suo nome e che era l’unica abitante dell’isola poi non sapeva nient’altro.
« Perché mi hai curato e portato in casa tua? » Il suo tono era sgarbato e pieno di acidità, forse doveva essere più gentile con lei, ma non era nella sua natura, lui era crudele e diabolico.

« Che domanda è…avevi bisogno di aiuto. Ero sulla scogliera quando ti ho visto apparire dal mare in tempesta da uno strano vortice oscuro, eri privo di coscienza e stavi annegando…non potevo non agire! » I suoi occhi spaiati continuavano a fissarlo, nonostante tutto rimaneva composta e tranquilla, nelle sue parole non c’era nessuna nota di rimprovero, anche se Vanitas pensava il contrario.

Si morse l’interno della guancia, doveva smorzare i toni, quella ragazza poteva essere dolce e buona fino ad un certo punto, doveva tenerla buona.
« In questo arcipelago…ci sono altre persone? » Chiese distrattamente mentre mangiava un altro frutto dalla forma strana.

« Prima erano molte di più, poi però sono arrivati degli uomini strani erano incappucciati e vestiti di nero, hanno iniziato a portare via tutti gli abitanti, penso che siano rimaste poche persone. » Rispose lei mentre prendeva la brocca e gli faceva cenno di seguirlo.

« Quanto ho dormito? » Vanitas era dietro di lei, stavano attraversando la casa percorrendo un lungo corridoio che collegava più ambienti, fino a che non arrivarono alla cucina.

« Due giorni e mezzo e le tue ferite si sono aperte molte volte…cosa ti è successo? » La mano di Nyx si era posata sul suo petto, deglutii e strabuzzo gli occhi un paio di volte, non era abituato a certi comportamenti, era totalmente estranei per lui.

« È una lunga storia…non mi va di parlarne… » Rispose mentre distoglieva lo sguardo sul mare.

« Pensi alla tua casa e alla tua famiglia? » Lo sguardo si Nyx si era addolcito, anche lei guardava il mare: « Anche a me manca molta la mia famiglia, ma i miei fratelli mi hanno promesso che un giorno sarebbero ritornati! » Anche se nella voce era presente una nota di tristezza Nyx sorrideva, continuava a sorridere e questa cosa turbava l’animo di Vanitas.

« Io non ho né una casa né una famiglia. » Il suo tono era stato duro e cattivo, si era allontanato da Nyx ed era uscito nella veranda. Lui non aveva bisogno di quelle stupide frottole sull’amore della famiglia e sull’avere una casa in cui tornare. La sua casa era l’oscurità, la sua unica famiglia erano le ombre e il suo maestro, lui aveva bisogno solo di sé stesso e di nessun altro.

Però era di nuovo tornata quella sensazione di vuoto e di mancanza all’altezza di quello che doveva essere il suo cuore, faceva male, tanto male. Era come se mille aghi lo stessero trafiggendo in quel dannato punto, costringendolo a portarsi una mano al petto.

Lui non desiderava avere nessuna dannata famiglia o qualsiasi altro tipo di felicità. Lui era un mostro pronto a rovinare e devastare tutto, voleva la morte di suo fratello e dei suoi stupidi e solari amici. Voleva solo distruzione e caos.

Stringeva forte i pugni, tanto che le nocche si erano sbiancate, dentro la sua testa c’erano solo pensieri nefasti che servivano ad alimentare la sua oscurità, voleva esplodere.

Poi, improvvisamente tutti i pensieri cessarono quando sentì qualcosa – il corpo di Nyx – aderire al suo, lo stava abbracciando da dietro la schiena e quelle braccia diafane gli cingevano il torace, mentre le mani si intrecciavano all’altezza del punto in cui sentiva dolore – non l’avrebbe mai chiamato cuore – e lo stringeva con tutta la forza che aveva nel suo gracile corpo da femmina umana.

Nyx lo stava stringendo a sé, come per consolarlo e quel gesto aveva completamente spiazzato Vanitas, non sapeva come comportarsi, non era uno dei suoi soliti combattimenti.

« Tutti abbiamo bisogno di un po’ di affetto…La tua famiglia è stata molto cattiva a darti questo nome…vanità o vuoto… » E mentre Nyx diceva queste parole lo stringeva ancora più forte, mentre dentro Vanitas si scatenava un nuovo turbine di emozioni che non aveva mai provato.

 

I preparativi per la partenza erano stati lunghi e faticosi, Cip e Ciop avevano dovuto costruire in fretta e furia nuove astronavi e loro si erano dovuti documentare sugli esseri fatti di sola oscurità, nella grande biblioteca c’erano interi tomi – grandi quanto i muscoli di Terra – dedicati al combattimento contro le ombre, incantesimi contro di loro e anche pozioni e trappole. In più si erano dovuti allenare ed equipaggiarsi con nuovi strumenti e vestiti incantati per avere una protezione in più.

Aqua guardava le ragazze, erano intente a fare la valigia e a scambiarsi opinioni su cosa portare, tra vestiti e kit medici, libri di magie – quelli servivano sempre – e altri oggetti che potevano essere utili.

Le guardava una ad una e sperava dentro di sé che non corressero rischi inutili. Era la più grande del gruppo, ormai aveva una certa esperienza alle sue spalle, sapeva come affrontare determinate situazioni e sperava con tutto il cuore che le ragazze ascoltassero le sue raccomandazioni – in particolare per un determinato argomento.

Avevo visto per caso la biancheria intima di Kairi, reggiseni e mutandine di pizzo insieme a qualche vestito carino e soprattutto gonne e magliette attillate. Dentro di sé Aqua aveva riso, erano tutte alle prime esperienze amorose – o almeno si stavano approcciando in una nuova maniera al loro corpo e al corpo del rispettivo partener, baci più audaci, occhiate più intense e abbracci più possessivi.

Nelle sue giovani amiche rivedeva quello che era stata lei in passato, forse era un po’ invidiosa di loro, lei non aveva avuto nessuno per confidarsi quando era una giovane allieva del maestro Eraqus, ancora si ricordava della prima volta in cui avevano affrontato insieme lui l’argomento sesso, era stata la giornata più imbarazzante della sua vita.

« Avete preso tutto? » Il tono di Aqua era gentile e rassicurante. Tutte quante annuirono, nonostante nei loro volti fosse presente la stanchezza della battaglia precedente erano pronte per questa nuova avventura.
« A questo punto, penso sia arrivato il momento di farvi qualche raccomandazione… non è un discorso semplice, e vorrei che tutte quante mi ascoltaste bene. » Aqua prese un momento di pausa per osservare meglio le sue giovani amiche.

Sul volto di Namine si era dipinto uno sguardo interrogativo, Xion continuava a sorridere e Kairi era arrossita, forse aveva capito quale fosse l’argomento che stavano affrontando.

« Penso che ormai le vostre relazioni procedano bene, anzi sono sicura che ormai abbiano delle basi forti e solide, credo che tra di voi e i vostri rispettivi partener non ci siano segreti e che loro rispettino ogni vostra decisione…ma ora sta per iniziare questa nuova avventura, partiremo in coppie o in gruppi e in questi casi le relazioni diventano molto delicate. » Aqua continuava a scrutare le ragazze, neanche per lei era facile fare quel discorso, ma doveva farlo.

« Cosa vorresti dire? » La voce di Namine era tranquilla, mentre sulle sue gote si era dipinto un leggero rossore, era adorabile.

« Che, ormai, i ragazzi hanno dei nuovi bisogni…e anche noi ragazze, non bastano più i baci, le carezze e gli abbracci…ma si vuole andare più in fondo, e certe volte si oltrepassano limiti e confini di cui ci si può pentire o non essere certi…sto parlando di fare l’amore. » E in quel momento le ragazze erano arrossite.

Anche Aqua sentiva le sue guance andare a fuoco, non era semplice parlare del sesso e dentro di sé la turchese si sentiva più leggera, ormai le ragazze erano abbastanza grandi per affrontare quell’argomento.

« Vedo che non è un argomento sconosciuto, di questo sono felice in parte… ora ascoltatemi bene, amare qualcuno significa donare ogni centimetro della propria anima, corpo e cuore alla persona che si ama. Amare non significa avere solo una intesa mentale ma anche fisica e fare l’amore è l’atto più bello e dolce per suggellare i vostri sentimenti…ma ciò non significa che voi dovete essere totalmente succubi del vostro amante… è un momento importante per tutte noi ragazze, ne restiamo irrimediabilmente segnate… » E in quel momento Aqua ripensava alla sua prima notte passata con Terra, erano piccoli ed impazienti, vogliosi di amarsi e di dimostrarlo.

Era stato un dolce disastro quella notta, che Aqua dopo tutti quegli anni ricordava con dolcezza e ogni volta faceva crescere ancora di più il suo amore per il ragazzo dai capelli scuri. Lo amava con tutta sé stessa e si sarebbe sacrificata per lui altre cento volte.

« Dici che non dovremmo farlo? » Namine la guardava curiosa, rossa in viso, forse lei e Riku ne avevano parlato, Aqua sapeva che l’argento era un ragazzo con la testa sulle spalle, non avrebbe mai fatto qualcosa per ferire Namine, ma nonostante questo doveva metterle in guardia.

« No, non ve lo sto vietando, solo voglio che siate consapevoli delle vostre scelte, tra tutti i peccati l’amore è quello più bello ed è l’unico che non uccide. E quando è la prima volta, per tutti i Keyblade di questo mondo, nessuna e mai preparata a dovere… »  Rise nel vedere le loro guance rosse per l’imbarazzo in netto contrasto con la curiosità nei loro occhi.

Erano tremendamente adorabili.

E mentre Aqua parlava con le ragazze su cosa fosse realmente il sesso, su come interpretare i comportamenti dei ragazzi e dando consigli utili alle ragazze nelle altre stanze invece Terra stava affrontando il medesimo argomento – con toni meno velati e più diretti.

« Ragazzi, siete ormai adulti e vaccinati, non penso che questo discorso serva a molto ma, Aqua mi ha pregato di farlo, durate questa missione siete pregati tutti quanti di stare attenti, non commettere cazzate e soprattutto usate tutte le possibili protezioni quando siete in compagnia delle ragazze. » Sul suo volto si era dipinto un sorriso sornione e un po’ canzonatorio, non voleva aggiungere altre parole al discorso – anche perché era estremamente imbarazzante – dovevano finire i preparativi della partenza e in ogni caso i ragazzi erano sicuramente preparati, o almeno Terra pensava che avessero già affrontato quell’argomento e si fossero informati.

Forse l’unica cosa che poteva fare in più era consigliari una buona marca di contracettivi, sia per loro sia per le ragazze.

Li guardò uno ad uno: Riku era diventato rosso, come un pomodoro, distoglieva lo sguardo cercando di non incrociare quello di Terra, e dentro di sé il castano pensò che il suo giovane protetto avesse già combinato qualcosa con Namine, avrebbe indagato più tardi – tanta era la curiosità quanto la preoccupazione che Riku avesse potuto commettere qualche cavolata – anche se era Riku avrebbe lo stesso indagato.

Roxas e Ventus si guardavano con sguardo interrogativo, fissandosi intensamente, come a chiedersi se avessero gli stessi gusti sul quell’argomento, o almeno Terra l’aveva interpretato in quel modo – ma era certo che ci stessero pensando.

Axel si era messo a ridere, mentre dava una pacca sulla spalla a Roxas per riportarlo alla realtà e sbeffeggiarlo sul suo rapporto con Xion.

Terra dovette trattenere le risate: « Le precauzioni riguardano anche te eh! » Gli aveva messo un braccio intono alle spalle portandolo vicino a lui e scompigliandogli i capelli rosso fuoco, scatenando le risate di tutti, mentre Axel sussurrava qualcosa sul fatto di non essere un moccioso come gli altri.

Sora si guardava in giro, rideva con gli altri anche se non aveva capito fino in fondo il discorso di Terra. Avevano imparato molte magie di protezione, erano sempre stati attenti – anche se sì, alcune volte avevano commesso qualche errore ed erano finiti nei guai – ma non capiva perché doveva stare particolarmente attento quando era con Kairi, perché doveva stare così attento e usare le protezioni se con lui c’erano Paperino e Pippo?

E perché Riku era diventato rosso? Forse non sapeva usare le precauzioni-magie di protezione di cui parlava Terra? E Axel perché aveva fatto quello strano commento? 

« Terra sei esagerato! Per me tanto non ci sono problemi, tanto ci sono Paperino e Pippo ad aiutarmi!» Sora rideva, si teneva stretta la pancia per contenere il dolore, era ancora provato dallo scontro finale e la sua salute era diventata molto strana, alle volte aveva la sensazione che il suo corpo stesse per sparire. Terra lo guardò stranito, per fortuna non erano presenti i suoi più stretti amici, chissà cosa avrebbe detto Paperino. E a quel punto un dubbio si insinuò nella mente di Terra.

Possibile che Sora e Kairi avessero già combinato qualcosa? Quell’idea gli sembrava molto assurda ed improbabile, Sora era uno spirito libero, un ragazzino che era interessato a diventare sempre più forte per difendere i suoi amici, che sfidava assiduamente il suo migliore amico per vedere chi era il migliore e non aveva per niente la faccia di uno che aveva fatto sesso – o la sapeva nascondere molto bene.

« Non credo che tu abbia afferrato il discorso Sora… Stiamo parlando del sesso.» Riku gli aveva dato un pugno amichevole – pesante quanto un macigno – sulla testa. Sora si era morso la guancia per non gridare dal dolore, e mentre si massaggiava il punto dolente guardava male Riku.
Che cosa voleva dire?

« Non credo che tu voglia diventare padre così presto Sora… » Terra lo fissava con i suoi occhi blu, Sora era ancora un ragazzino ingenuo sotto certi versi.

Molto ingenuo.

« Perché dovrei diventare padre…Ma Kairi mi ha assicurato che non correvano nessun rischio…perché per il sesso bisogna utilizzare delle precauzioni? È diverso dal fare l’amore? » La situazione stava degenerando. Sora lo guardava con la faccia più dolce e con l’espressione più interrogativa allo stesso tempo.

E quella sua uscita di scena l’aveva messo in crisi. Perché l’amore e il sesso – fino ad un certo punto – erano la stessa cosa, possibile che Sora non lo sapesse? Riku lo guardava male o con uno sguardo come a dire “ e tu me lo vieni a dire così che hai combinato qualcosa con Kairi?! ”.

Roxas era diventato rosso dopo le parole di Riku, possibile che anche lui avesse già fatto qualcosa con Xion, Axel rideva di gusto per quella situazione – e Terra lo voleva uccidere, poteva almeno dargli una mano - e Ventus aveva distolto lo sguardo, e neanche quella mossa piacque al ragazzo più grande.

« Mi sa che dobbiamo partire dall’ABC…Terra? Sora sei riuscito a stenderlo con una sola frase…» Axel guardava il suo amico steso sul pavimento, era caduto come un sasso sul pavimento e sul suo volto l’espressione era difficile da decifrare.

« MA QUALE ABC! SORA CHE DIAVOLO HAI COMBINATO CON KAIRI!? E VOI? COSA SONO QUEGLI SGUARDI STRANI! » Il tono di voce di Terra era così incredulo ed incazzato che tutti si allarmarono. Sora era indietreggiato, doveva trovare un rifugio al più presto, Terra sembrava volerlo sbranare. Lo stesso avevano fatto gli altri.

Terra inspirò profondamente, quello sarebbe stato un lungo pomeriggio, quasi rimpiangeva il momento in cui Aqua gli aveva detto di dover fare quel determinato discorso ai ragazzi. Forse avrebbe preferito parlarne con le ragazze, no quella era fuori discussione, sarebbe stato troppo imbarazzante.
« Sedetevi tutti quanti, Axel  non provare a protestare… e vedi di aiutarmi… sarà un lungo pomeriggio. » Tutti avevano obbedito al suo ordine. Terra inspirò profondamente, facendo restringere ed espandere la sua cavità toracica molte volte per calmare i suoi poveri nervi, quei ragazzi gli avrebbero fatto perdere anni di vita. Erano tremendi.

 
***

La serata era trascorsa tranquillamente, con qualche sguardo imbarazzato, qualche occhiata maliziosa, risate e battute varie, si erano riuniti nella sala grande a mangiare insieme al re alla sua corte.

Dopo cena tutti si erano ritirati nelle loro stanze, l’indomani si sarebbero dovuti alzare presto e avevano bisogno di tutte le energie per affrontare il viaggio che li attendeva.

Anche se dentro di sé la sensazione – tremendamente imbarazzante – che l’indomani avrebbe scoperto i ragazzi nelle stanze delle ragazze o il contrario fece ridere un pochino Terra. In quel pomeriggio ne aveva scoperte di tutti i colori.

Sora e Kairi erano gli unici ad aver superato tutte le tappe – e lo stesso Terra faticava ancora crederci – non riusciva a immaginarsi quei due, in particolare Sora, a letto mentre si dedicavano l’uno all’altra e soprattutto non voleva immaginare le classiche uscite di scena di Sora con la sua espressione ingenua mentre erano intenti a fare altro.

Per non parlare poi del discorso sulle precauzioni e in quel momento Terra l’avrebbe voluto uccidere. Non le avevano usate, ma Kairi aveva avuto regolarmente il ciclo – aveva confessato un Sora viola in viso mentre Terra lo soffocava amorevolmente come un fratello maggiore quando scopre il misfatto del minore.

Xion e Roxas erano ancora molto lontani dal fare qualcosa, nessuno dei due se la sentiva di compiere un passo così grande. Ne avevano ampiamente parlato, preferivano entrambi aspettare il momento giusto e in quel momento Terra ringraziò il buon senso del ragazzo, mentre nello stesso tempo teneva a freno la lingua del suo amico rosso. Axel voleva un gran bene ad entrambi, era felice che non avessero combinato guai, anche perché non si voleva ritrovare “ zio ” troppo presto, ma non erano mancate le battute pesanti.

Ventus era interessato ad una ragazza, e già questo aveva fatto entrare in allerta Terra, perché per lui Ventus rimaneva ai suoi occhi piccolo e fragile, una sorta di fratellino minore. Nonostante tutto l’avrebbe aiutato e consigliato e ne avrebbe parlato con Aqua il prima possibile – perché lei era la migliore per quanto riguardava quei tipi di consigli, era una donna e una donna sa sempre come risolvere le situazioni.

Poi era stato il turno di Riku e Namine. E lì la situazione aveva preso una piega abbastanza imbarazzante. Non avevano bruciato le tappe, andavano piano – e questo aveva reso più leggero l’animo di Terra, per un momento il più grande aveva avuto paura di trovarsi di fronte ad una storia simile a quella di Sora, si era messo per giunta a pregare il suo defunto maestro per evitare che ciò avvenisse – però aveva grossi problemi ad andare avanti, Riku temeva di fare male a Namine, di non riuscire a controllare il suo lato oscuro mentre  lei diventava rossa o si imbarazzava a tal punto che si buttava sotto le coperto e non usciva più.

Terra aveva ascoltato ogni singola loro storia – in realtà mancava ancora quella di Axel, il rosso non gliela raccontava giusta – aveva cercato di dare consigli e gli aveva messi in guardia su quello a cui andavano in contro.

« Fare l’amore con la persona che si ama è la cosa più bella del mondo…lo è anche diventare padre,  ma spesso non si è preparati a tutto ciò. » Si era lasciato guidare dal cuore e dall’istinto, tutti quanti avevano annuito, c’era anche chi era diventato rosso per il troppo imbarazzo e alla fine avevano continuato a parlare di tutto: tra pose da provare, buone marche di contraccettivi e del fatto che l’ingenuità di Sora si scontrava, come l’acqua lanciata su di un muro, con la rivelazione che aveva fatto.

Terra rideva, alla fine non era stato così imbarazzante – in verità lo era stato, solo che il castano voleva convincersi del contrario e  con quei pensieri ancora in testa si avviò verso la stanza di Aqua, voleva vederla, voleva stare con lei e stringerla forte a sé.

Aqua stava preparando le ultime cose da mettere nel bagaglio, qualche cambio, alcune medicine che aveva dimenticato di mettere nel kit medico, assorbenti in grande quantità – era sempre meglio essere previdenti.

Ripensava al pomeriggio trascorso con le ragazze, alla lunga conversazione e ai consigli che gli aveva dato e alle rivelazioni che aveva sentito, e sperava di aver fatto un buon lavoro con loro, erano tutte maliziosamente dolci. Era così immersa nei suoi pensieri da non accorgersi delle braccia di Terra che si allacciavano alla sua vita mentre il suo mento, con un accenno di barba, si appoggiava tra il collo e spalla. Aqua ebbe un sussulto per quel contatto improvviso, durante la cena aveva parlato poco con Terra, si era limitata ad osservare il suo compagno durante il pasto per controllare come stava.

In alcuni momenti Terra sembrava assente, stringeva i pugni e si mordeva il labbro o in altri casi si svegliava nel cuore della notte tutto sudato a causa di incubi che riguardavano Xeanhort o l’organizzazione XIII.

In quei momenti l’unica persona a riportarlo alla realtà era Aqua.

In altri casi ero lo stesso Terra a cercarla. Aqua sorrise e si girò vero di lui, allacciandogli le braccia al collo e stringendolo più a sé con tutta la forza che aveva nelle sue esili braccia – che avevano tenuto testa all’oscurità. Gli era terribilmente mancato, stringerlo, sentire il calore della sua pelle, i suoi respiri lenti e profondi e il suo cuore battere.

« Mi sei mancata. » Terra spesso glielo diceva, lo diceva anche a Ventus, ma con Aqua era diverso. Posò un leggero bacio tra la spalla e il collo, mentre le sue mani grandi risalivano la vita esile di Aqua.

La turchese socchiuse gli occhi, cercando di assaporare ogni tocco del suo compagno, quanto gli erano mancate quelle mani grandi, mani che avevano distrutto mondi e vite innocenti ma allo stesso tempo erano in grado di infondere calore e speranza.

Lo strinse di più a sé, mentre Terra le accarezzava lentamente la schiena, stringendo nei suoi punti deboli e strappandole qualche sospiro di piacere. Si godevano lentamente il piacere di essere di nuovo assieme, corpo contro corpo, petto contro petto e si beavano entrambi del battito dei loro cuori. Sentì le mani di Terra scendere di nuovo sulla la sua schiena fino ai fianchi e liberarla dalla gonna, lasciandola solo con il bodi che indossava e ciò causò uno sguardo ammiccante nei suoi confronti, mentre le sue mani andavano a slacciare le cinghie del copri-braccio sinistro del suo amato, lentamente e baciando ogni centimetro di pelle che veniva lasciato scoperto.

Causando non pochi fremiti al guardiano. 

Le mani di Terra cercavano la zip del bodi, mentre Aqua sganciava la pesante cintura dei pantaloni con un semplice gesto, aveva anche allentato le cinghie che servivano a tenere il Keyblade sulle spalle, anche le sue presto raggiunsero quelle di Terra. Si guardarono intensamente, perdendosi l’uno negli occhi dell’altra, Aqua era rossa in viso, nonostante gli anni passanti assieme si imbarazzava ancora per quelle situazioni che si creavano tra loro due.

Terra sorrise e senza pensarci un secondo di più annullò la distanza tra i loro volti, poggiando in un casto e dolcissimo bacio, le sue labbra su quelle di lei.
Si volevano assaporare ogni momento che avevano perso da quel dannatissimo giorno in cui erano stati separati dall’oscurità di Xeanhort.

Con il passare dei minuti il bacio era diventato più audace e profondo, quasi una lotta per avere il possesso dell’altro, una lotta che spesso e volentieri Aqua era ben felice di perdere, e in quel momento riaffioravano i ricordi di quando erano bambini e si sfidavano per vedere chi era il migliore, e crescendo quelle sfide e quei giochi innocenti si erano trasformati in altro.

Il tramonto e l’alba erano gli unici testimoni delle notti passate assieme quando erano ancora dei giovani ed inesperti amanti, quando ancora giovani – non che ora non lo fossero, forse erano solo diventati, crescendo, più responsabili e coscienti – si sentivano i padroni del mondo e possedevano una forza che non si voleva esaurire.

Poi si sentì il rumore della zip aprirsi e scendere piano, lentamente, quasi come se Terra volesse mandare in tilt il cervello di Aqua – e ci stava anche riuscendo bene – mentre continuava a baciarla non lasciandole via di scampo e conducendo lui quella danza peccaminosa.

Le loro lingue si scontravano, si cercavano e si intrecciavano. I gemiti venivano soffocati nelle loro bocche, mentre la mancanza di ossigeno si faceva sentire, ma nessuno dei due voleva sciogliere quell’unione così sublime. Terra guardava la sua donna, forse il tavolo non era un posto adatto dove farlo – eccitante – ma scomodo per entrambi, l’avrebbero fatto un’altra volta lì, in quel momento voleva solo godersi ogni singolo fremito di Aqua.

Senza pensarci troppo la prese per i fianchi, sollevandola con estrema facilità e portandola verso il letto.

« Terra! » Aqua si era stretta a lui per evitare di cadere – anche se quella arcana paura era infondata, Terra non l’avrebbe mai fatta cadere – si morse il labbro, per cercare di soffocare le risate. Nonostante tutto volevano sentirsi ancora giovani e ingenui.

Si sentì adagiare sul suo letto, mentre Terra la raggiungeva baciandole ogni centimetro della sua pelle, partendo dagli angoli della bocca, scendendo giù sul mento e poi al collo, dando qualche leggero morso beandosi dei suoi sospiri e delle sue mani che vagavano sulla sua schiena.
Aqua gli aveva tolto la maglietta, accarezzava la pelle del suo amato, resa dura dai tanti allenamenti e dalle continue battaglie. Lui era sceso ancora di più, cercando di raggiungere il centro della sua amata.

Tutto stava procedendo al meglio, erano solo loro due, il mondo che li circondava sembrava essere sparito e niente o nessuno avrebbe potuto rovinare quel momento.

Si guardavano con gli occhi pieni di passione, i respiri affannati ed intensi, tremavano entrambi perché desideravano di più. Finché delle urla non risuonarono nel castello gelando il sangue di entrambi. Terra si era alzato dal letto, aveva aperto la porta per vedere cosa stesse succedendo, Aqua era dietro di lui, quelle urla erano disumane. Poi dei rumori sinistri arrivarono alle loro orecchie, si girarono di scatto sgranando gli occhi. I Nessuno erano nella loro camera e stavano pericolosamente aumentando di numero.

« Merda! » Terra e Aqua avevano evocato i loro Keyblade, e si erano messi sulla difensiva, il moro davanti mentre la turchese era dietro a coprirgli le spalle.
Erano spariti! Li avevano affrontati ed erano spariti tutti quanti da quando Xeanhort era scomparso insieme al loro maestro.

Chi li stava evocando?

« Resta vicino a me Aqua! » Si era messo davanti a lei per difenderla da un nessuno che li stava attaccando, quei dannati erano ancora più forti delle volte precedenti, com’era possibile? Altre urla e grida si sentirono per il castello, tutti gli abitanti erano in pericolo. Era una imboscata in piena regola.

« Dobbiamo raggiungere gli altri Terra! Hanno bisogno di noi! » Aqua colpiva i nessuno che si avvicinano a loro, erano schiena contro schiena. Aveva ragione, dovevano cercare gli altri e unire le loro forze per sconfiggerli tutti. Si guardarono entrambi negli occhi, non ebbero bisogno di dirsi niente, strinsero i denti e le else dei loro Keyblade e iniziarono a scontrarsi contro i Nessuno.

Qualcosa aveva risvegliato i nessuno, ed era molto probabile che tutto ciò fosse collegato a Vanitas. Dovevano sbrigarsi.

 

Dal castello continuavano a venire urla e grida. L’uomo vestito di nero rise di gusto, i suoi sgherri erano ancora più forti, merito della regina di tutti i mali. Malefica era riuscita a trovare delle magie oscure insieme a suoi colleghi cattivi, volevano riprendersi la rivincita contro Sora e il suo gruppo e lui avrebbe approfittato del trambusto e dell’unione dei Villain per cercare quel manoscritto che era custodito all’interno del castello.

Xigbar rideva, altro che se rideva, finalmente dopo tanto tempo si sarebbe ripreso la sua rivincita e avrebbe completato i suoi piani malefici.

« Tuo fratello ha avuto un’ottima idea a nascondere il suo diario nel castello di re Topolino. Lì sotto gli occhi di tutti. » La sua voce era profonda, guardava il ragazzo dietro di lui con il suo unico occhio buono mentre la luna rischiarava il suo viso sfregiato dalla cicatrice.

Da sotto il suo cappuccio, Ansem guardava lo scenario davanti ai suoi occhi. Il castello di Topolino era rimasto negli anni invariato, forse era stata cambiata qualcosa nel tempo, ma i suoi occhi non riuscivano a trovare nessuna differenza.  Non era cambiato neanche dopo la scomparsa di Scala ad Caelum.

Quanto tempo ci aveva passato insieme ad Eraqus per allenarsi o per conoscere altri maestri del Keyblade, gli sembrava essere passata un’eternità da quella vita.Quando tutto era semplice e facile, il suo animo non si era fatto, ancora, corrompere dall’oscurità, quando, ancora, lui e Eraqus erano inseparabili e sognavano ad occhi aperti, quando, ancora, lei era piccola ed innocente.

Ansem ripensava a tutti quei momenti e una strana fitta gli attanagliava il cuore e nella sua mente appariva la sorella più piccola che lo chiamava con il suo vero nome, Xeanhort, e si fiondava tra le sue braccia perché aveva paura di qualcosa o perché voleva solo abbracciarlo.

E a quella figura infantile si sostituiva poi il viso di una donna giovane forte, una adolescente con il sorriso più bello del mondo che ancora mostrava la curiosità di una bambina, la vedeva mentre chiamava a gran voce il nome di Eraqus e si buttava tra le sue braccia sorridendo e poi entrambi che lo chiamavano per unirsi a loro.

E poi i ricordi felici venivano spazzati via da quella dannata profezia: “ Una volta schierate le fazioni, l’oscurità dovrà sacrificare ciò che ha di più caro, tramonto e notte cesseranno di esistere per qualcosa di più grande, i rapporti fraterni verranno squarciati e solo allora apparirà il Kingdom Hearts…”. Era solo una profezia incompleta, che uno strano uomo gli aveva detto mentre lui tornava dai suoi fratelli e quella stessa notte, mentre guardava le stelle e cercava di capire il nuovo gioco che Eraqus aveva imparato, gli era apparsa una strana luce viola e allora aveva capito tutto.

Cosa era quella strana profezia, a chi si riferiva e si era sentito male a quel pensiero.

A quel tempo il suo obbiettivo era di evocare il Kingdom Hearts ed era pronto – e ancora ora lo era – a sacrificare tutto e tutti. Il volto spaiato di sua sorella gli torno in mente, era ormai un ricordo sbiadito, vedeva la sua figura esile aspettarlo davanti alla porta e il sorriso allargarsi mentre le guance gli diventavano rosse. Gli mancava, ma non poteva rimanere nei ricordi, doveva portare a termine il suo piano.

« Andiamo Xigbar. Sono forti e nonostante il potere di Malefica noi abbiamo poco tempo. » Già si immaginava cosa stesse succedendo dentro il castello, come i loro nemici si stessero organizzando e stessero combattendo contro i nessuno.

« Come vuoi tu Ansem…» Il tono di Xigbar era melenso e odioso, ma lui era necessario al suo piano, tutta l’organizzazione tredici era necessaria al suo piano. Nascosti dalle ombre si avventurarono dentro il castello, cercando la grande biblioteca, era da sempre il posto preferito di Eraqus. Era il posto più sicuro dove avrebbe nascosto il suo diario.

E mentre camminava dentro quelle mura le fitte al cuore aumentavano. Perché tutto gli ricordava la sua infanzia e la sua adolescenza, tutto gli riportava alla mente i giorni felici che aveva passato con sua sorella e suo fratello.

La biblioteca era grande, qualcun altro ci avrebbe messo una eternità a trovare il diario di Eraqus, ma lui sapeva dove andare a cercare. Lui sapeva quale era il posto preferito di suo fratello. Una grande finestra, dove spesso si sedevano per ammirare il tramonto, studiare o leggere assieme. Si abbassò per cercare una piccola maniglia, laccata di bianco e perfettamente nascosta agli occhi di tutti. La prese tra le mani e la tirò, facendo così spostare la parete ed aprire un piccolo antro dove c’era riposta una scatola bianca.

La prese e la guardò bene, c’erano tre serrature, ma due erano false, era un piccolo stratagemma per evitare che sguardi indiscreti decidessero di frugare all’interno. Sorrise tra sé e sé, Eraqus non sarebbe mai cambiato.

« È questa? » Xigbar lo guardava dall’alto, stufo di non fare niente.

« Si, possiamo andare…» Ansem si era alzato in piedi e si era diretto verso la porta, non l’avrebbe aperta lì. Non avrebbe permesso a Xigbar di vedere gli altri contenuti della scatola.

« È protetta da un incantesimo che crea più di una serratura, non abbiamo il tempo di aprirla qua, potrebbero arrivare da un momento all’altro i nostri “amici”… Andiamo, entro l’alba ti dirò cosa ho scoperto. » Si era voltato verso l’uomo con l’occhio bendato scrutandolo con i suoi occhi ambra. L’uomo indugiò un attimo, ma poi con i fatti gli diede ragione. Non potevano restare in quel luogo e mandare a monte il loro piano ben progettato. Creò un varco di oscurità, dovevano tornare alla loro sede.

« Sei riuscito a contattarlo? » La voce di Xeanhort era distaccata, monotona mentre il suo sguardo era assente, come intento a concentrarsi su qualcosa.
« Vanitas? Malefica è sulla buona strada per riuscire a rintracciarlo, mi ha solo detto che è molto, molto lontano da qui. » Far fare le cose agli altri era il suo passatempo preferito. Xigbar doveva restare con le mani pulite, dovevano essere gli altri a sporcarsele per lui. A Xeanhort non importava molto, l’importante era raggiungere il suo obbiettivo.

« Nyxeos… » Sentì gli occhi sgranarsi, un brivido salire lungo la schiena e il cuore fare un tuffo. Sua sorella era lì, davanti ai suoi occhi e lo guardava con uno sguardo stranito, che presto si tramutò in paura mentre le guance venivano rigate dalle lacrime.

Altri dannati ricordi di cui poteva farne a meno. Sentì l’oscurità circondarlo ma il viso in lacrime di sua sorella rimaneva li fisso. Batté le palpebre un paio di volte per cercare di scacciarla, ma era sempre lì, anche quando l’oscurità gli aveva completamente avvolti. Si concentrò bene per guardarla e in quel momento sembrò che Nyxeos stesse dicendo qualcosa. Aveva mosso le labbra ma lui non aveva capito cosa aveva detto.

E poi le pareti della nuova organizzazione tredici sostituirono il volto si sua sorella, mentre i loro compagni li andavano a salutare. Xeanhort guardò la scatola bianca, quella che racchiudeva tutta la sua infanzia. Era pronto a sacrificarla, ora e altre cento volte.

 
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Frammento del diario di Eraqus
Finalmente è nata la nostra sorellina, non vedevamo l’ora! Xeanhort non stava più nella pelle, per tutto il tempo non ha fatto che camminare avanti e indietro come nostro padre, io invece ero paralizzato, non riuscivo ad alzarmi dalla sedia, poi – dopo tantissime ore, quasi un’eternità – abbiamo sentito un pianto e la dottoressa è uscita fuori dalla porta chiamandoci a gran voce.
Papà è stato il primo ad entrare e per poco non inciampava sul grande tappeto della loro camera da letto – la mamma lo ha rimproverato con lo sguardo – poi siamo entrati io e il fratellone appena l’ha vista gli sono venute le lacrime agli occhi, io mi sono messo a piangere per la felicità, ma il fratellone mi ha ripreso dicendo che non le davo il buon esempio.
Papà era al settimo cielo e non faceva altro che dare baci alla mamma e a guardare la nostra sorellina, mentre io e Xeanhort la guardavamo attentamente.
Mamma e papà l’hanno chiamata Nyxeos, un nome che è l’unione di due parole: notte e tramonto, vengono da una lingua antica e poco usata ormai, lei è speciale ci hanno detto, è a metà tra me e Xeanhort, ma non riesco a capire il senso di questa frase, però quando l’abbiamo vista per la prima volta siamo rimasti stupiti. Xeanhort era seduto accanto alla mamma mentre papà mi aveva preso in braccio per permettermi di vederla. Era così piccola ed indifesa, ma teneva gli occhi aperti.
Le sue guance sono morbidissime, come burro e quando le ho passato un dito nella manina lei l’ha stretta molto forte iniziando a ridere e a strillare. All’inizio avevo paura di averle fatto male, ma mamma e papà mi hanno rassicurato.
Ha gli occhi grandi, e sono di due colori diversi: quello destro è color ocra come quelli di mio fratello, quello sinistro è blu come il mio, pure i suoi capelli sono strani, metà bianchi e metà neri.
Però entrambi le vogliamo bene, Xeanhort mi ha anche detto che lui è disposto a proteggerla ad ogni costo e io concordo con lui. È la nostra sorellina, è il nostro più grande tesoro. L’abbiamo anche tenuta in braccio, ho avuto una paura tremenda per tutto il tempo, mentre il fratellone era felice di tenerla stretta a sé – lui è più grande ed ha anche più esperienza di me – e Nyxeos rideva e lanciava urletti divertiti. Mentre i nostri genitori sorridevano guardandoci.
Finalmente sei arrivata Nyxeos, entrambi non vedevamo l’ora! Devi crescere ancora un po’, ma sta pure certa che noi saremo sempre al tuo fianco.
Eraqus e Xeanhort ti amano con tutto il loro cuore.
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La nascita di Nyxeos era stato il giorno più bello della loro vita, ma aveva anche segnato il suo declino.
Xeanhort sfogliava il diario di suo fratello, lo leggeva attentamente, aveva tempo prima di andare a parlare con Xigbar e riferirgli quello che aveva trovato. Era stato un gioco da ragazzi aprire la scatola, troppo facile. Forse suo fratello pensava che quel posto era sicuro e introvabile e ci aveva nascosto tutto il loro passato senza aggiungere altre protezioni.

Fotografie, regali, libri che leggevano quando erano piccoli e molti altri oggetti della loro infanzia. Ansem si era rinchiuso nella sua stanza, aveva detto senza tanti giri di parole che voleva restare da solo, aveva spudoratamente mentito che per aprire la scatola ci fosse un incantesimo che richiedeva tempo e molte energie e che quindi si doveva concentrare al massimo.


Nessuno aveva osato controbattere ai suoi ordini. Neanche Xigbar che in genere voleva essere presente quando faceva qualcosa, non si fidava di lui.
Xeanhort guardava dentro la scatola, osservava ogni singolo elemento al suo interno, ogni tanto sorrideva involontariamente. Guardava il diario, leggeva qualche frase o intere pagine e poi lo chiudeva e guardava le stelle.

Eraqus non c’era più, l’aveva ucciso attraverso le mani di Terra e Nyxeos era dispersa, era stata nascosta da Eraqus in qualche mondo o dimensione lontana e sicuramente le aveva anche manipolato la memoria, per nascondere tutto il dolore che aveva dovuto provare quella notte di tanto tempo fa.
Il sole stava sorgendo, e lui aveva appena finito di leggere il diario di suo fratello, aveva un quadro più chiaro della situazione, ora doveva solo cercare di volgerla a suo favore.

Doveva trovare Nyxeos ad ogni costo. Era la chiave di tutto, il mezzo attraverso il quale il suo piano si sarebbe realizzato. In passato l’aveva amata, l’aveva difesa e l’aveva cresciuta insieme ad Eraqus, aveva anche amato suo fratello, ma lei era sempre stata più vicina ad Eraqus e questo non riusciva a sopportarlo.

Lui si era avvicinato all’oscurità sin dalla sua adolescenza, perché desiderava il potere di poter difendere le persone a lui care, e poi questo desiderio si era contorto, diventando malato ed opprimente e lo aveva portato alla follia e a compiere ogni atrocità possibile e immaginabile. Il sole stava sorgendo, la luce dell’alba illuminava la sua stanza e per un momento gli sembrò di sentire la voce di sua sorella chiamarlo.

Sgranò gli occhi, il suo cuore e voleva giocargli brutti scherzi e la sua mente cercava di farlo cadere in quelle strane visioni. Non era più il ragazzo di un tempo, era pronto a sacrificare tutto e tutti, anche la sua amata sorellina per riuscire nel suo intento.

Evocare il Kingdom Hearts e cospargerlo di oscurità.

Era pronto a scendere anche a patti con il male puro per riuscire nel suo intento.

Ormai non rimaneva nessuna luce dentro lui, era solo un’anima nera.  


Note Autirce: 
Ammetto che questo primo capitolo è molto lungo ma serve ad introdurre le dinamiche della storia, spero che vi piaccia. Eccovi Nyx, il mio personaggio originale, la mia oc, spero vivamente che vi piaccia! In più una piccola leggenda, come avete visto il capitolo è diviso in più punti di vista, POV, ma siccome non mi piace scrivere POV ho usato questi 
∭ per cambiare scenario, mentre *** per cambiare punto di vista all'interno di una scena. Spero di essere spiegata bene, detto questo vado e vi lascio in pace perchè il primo capitolo è un pitazone!
Baci e alla prossima

Happy

 
   
 
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