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Autore: Bluelectra    19/03/2021    8 recensioni
Sequel de "IlDestinoNonÈUnaCatenaMaUnVolo".
Dal Caos primordiale, in cui nessuna forma di vita poteva essere ospitata, nacquero le stelle. E solo grazie alla loro luce e al loro calore fu possibile concepire la vita.
Il Caos dentro di sé, i dolori a stento sopportabili, le peggiori cose della vita possono essere trasformate in gocce di splendore, in stelle in grado di illuminare la notte più buia e riportare a casa i dispersi.
Ritornano dopo quattro anni Angelique, Albus, James, Scorpius e tutti gli altri.
Dal Cap.16:
“Avanti Gigì, ora devi iniziare a comportarti in modo carino. Insomma deve essere almeno possibile il fatto che tu sia attratta da me!” ribatté James sporgendosi oltre il tavolino che condividevano.
Angie fece lo stesso, avvicinandosi a lui fino ad avere il suo viso molto vicino.
“E che cosa dovrei fare?” chiese sorridendo in modo delizioso.
“Beh per esempio potresti darmi un bacio, ci sono giusto quattro o cinque ragazzine che ci stanno guardando proprio adesso…” mormorò lui continuando a fissarla con i suoi occhi magnetici.
“Oppure potrei darti un pugno sul naso.” propose Angelique inclinando il capo.
“Oh Gigì, ma questo non è per nulla carino.”
“Io lo troverei adorabile!”
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Severus Potter, Famiglia Weasley, James Sirius Potter, Nuovo personaggio, Scorpius Malfoy
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
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Cap.38 Notte prima degli esami

Cap. 38 Notte prima degli esami.

Quella notte è andata così, non ho baciato Claudia e non c'è stato il lieto fine. Eppure me la ricorderò sempre perché era una notte speciale. Ma io la magia di quella notte, come spesso succede nella vita, non l'ho più ritrovata.”

Luca Molinari, Notte prima degli esami.

 

Angie aveva sempre pensato che il proprio ruolo di sorella maggiore fosse più che altro un servizio pubblico. Cioè che, attraverso l’addomesticazione di quella creatura satanica di suo fratello, stesse risparmiando da incidenti potenzialmente mortali molte persone, e quindi, in un qualche modo, stesse lavorando per la salute della comunità magica e babbana.

Da qualche settimana questo ruolo non ufficiale che si era attribuita era molto più semplice da mantenere che non in passato. Tristan infatti era insolitamente tranquillo, nessuno scherzo a danno di ignari compagni, nessuna manomissione all’impianto idraulico della scuola, nessuna piccola vendetta contro di lei. I lineamenti del giovane stavano iniziando a perdere la morbidezza dell’infanzia per diventare decisamente più affilati, i suoi occhi azzurri avevano spesso un’aria tempestosa dietro le folte ciglia nere. Le sembrava di riuscire a vedere il ragazzo che sarebbe diventato e tutti i cuori che più o meno consapevolmente avrebbe spezzato, preferendo come sempre Lily e Hugo al resto del mondo. Le sembrava che in quei pochi mesi la crescita di Tristan fosse avvenuta con uno scatto improvviso, che lo aveva lasciato strappato in più punti, fragilità che nascondeva dietro ai silenzi tanto inusuali per lui. Ed Angelique era piuttosto preoccupata.

A dimostrazione che ci fosse qualcosa di anomalo nel suo comportamento, era appena stata avvertita da Hugo che Tristan era finito nell’ufficio di Paciock. Da solo.

Angie salì gli ultimi gradini della scala, sentendo alle proprie spalle Hugo col fiato corto, che cercava di stare al suo passo. Svoltò a sinistra nel corridoio che ospitava l’ufficio del Direttore di Grifondoro e il suo sguardo fu attirato immediatamente dalla chioma fiammante di Lily, che riluceva come una torcia nella luce del mezzogiorno. Si stava rosicchiando le unghie delle dita con una dedizione degna di un castoro e, appena la sentì avvicinarsi, i suoi occhi nocciola si volsero verso di lei, sgranati e lucidi.

Capitava di rado di vederla così angustiata, nemmeno quando i fondi delle Menadi erano andati perduti aveva impressa negli occhi tanta agitazione.  

“Che cosa è successo Lily?” le chiese senza tanti preamboli e Lily le rispose con tono altrettanto sintetico.

“Tris ha scatenato una rissa nelle serre.”

Il povero Hugo riuscì finalmente a raggiungerle e col respiro ansante si aggiunse alla conversazione:

“Ha tirato un pugno ad un Corvonero del nostro anno.”

“Perfetto. E perché lo avrebbe fatto?” chiese col tono più calmo di cui fosse capace in quel momento e si massaggiò la fronte, presagendo già l’emicrania che le sarebbe derivata da quella situazione.

“Beh… Sai come sono le chiacchiere da serra, a volte la gente dice un sacco di stupidaggini giusto per dare aria alla bocca e gli altri possono sentire…” Hugo teneva gli occhi incollati alle scarpe mentre parlava e un vago rossore si diffuse sulle sue guance.

“I Corvonero stavano parlando di ragazze, qualcuno ha iniziato a parlare di quelle più grandi ed è venuto fuori il tuo nome. Così Michael Walker ha detto che lui ad una come te, che si era fatta sbattere alla prima occasione buona da uno fidanzato, non avrebbe nemmeno rivolto la parola. Ti ha definito “una puttana”. E l’ha detto apposta ad alta voce, perché era accanto a noi e guardava Tris mentre lo diceva.” Non era da Lily mitigare i fatti per renderli più facili da digerire, infatti le aveva raccontato tutto come se fosse un semplice resoconto, guardandola dritta negli occhi. Le guance di Hugo a quel punto andarono letteralmente a fuoco per l’imbarazzo.

Angie fece un respiro profondo cercando di calmare l’indignazione e la rabbia che le parole della Potter le avevano scatenato dentro. Non solo per il giudizio espresso nei suoi riguardi, che le bruciava e non poco, ma soprattutto per quello che doveva aver provato Tristan nel sentire quelle cose su di lei. Era mortificata che si fosse scontrato così presto con la cattiveria e la stupidità di cui solo alcuni adolescenti sapevano macchiarsi. Quel tipo di cattiveria gratuita che straripava nella Danes…

“Capisco.” Fu tutto quello che riuscì a mormorare.

“Non abbiamo fatto in tempo a fermarlo. Ho alzato gli occhi dal mio vaso e l’ho visto scattare come una molla verso Walker e tirargli un pugno così forte da stenderlo a terra. Ovviamente gli altri Corvonero gli sono saltati addosso ed erano in quattro contro uno. Poi è scoppiato il caos.” Disse Hugo con tono sconsolato.

In quel momento si aprì la porta dell’ufficio e comparve Tristan, alle sue spalle svettava l’insegnante di Erbologia, con uno degli sguardi più duri che Angie gli avesse mai visto stampato in viso. Ma gli occhi della ragazza sfiorarono appena il viso di Paciock, per concentrarsi su quello del fratello. Strinse le labbra e sentì gli occhi pizzicarle per la voglia di piangere.

Tristan aveva uno zigomo gonfio con una cupa sfumatura violacea, un angolo della bocca spaccato con del sangue rappreso, i capelli scarmigliati e gli occhi azzurri pieni di una rabbia cocente. Poteva scommettere che anche il resto del suo corpo era ricoperto di contusioni e dolore, causati dall’essere stato sopraffatto da quei quattro imbecilli.

Era irriconoscibile. Emanava una tale energia distruttiva che Angie si chiese dove fosse finito il ragazzo sempre pronto a ridere, a progettare scherzi e avventure di dubbia intelligenza, a divertirsi con gli amici.

Non li degnò nemmeno di uno sguardo e scappò letteralmente dall’ufficio del Direttore di Grifondoro, precipitandosi dall’altro lato del corridoio.

“Tristan!” urlò Lily, ma il ragazzo non si voltò e continuò a correre.

“Ci penso io.” Disse decisa Angie prima di scattare a sua volta a correre.

Provò a chiamarlo per chiedergli di fermarsi, ma non le diede minimamente retta. Il Pidocchio era veloce, magrolino com’era non ci avrebbe messo molto a seminarla, nonostante Angie fosse ben allenata. Tuttavia, era anche un ingenuo.

Angelique dopo cinque minuti di inseguimento perse la pazienza e sfoderò la bacchetta. Gli lanciò un incantesimo delle Pastoie Total Body, che lo immobilizzò nel mezzo di un corridoio del terzo piano con una gamba sollevata e una posa comica. Si avvicinò con passo decisamente più calmo, fino ad averlo davanti a sé. Gli occhi del ragazzo, l’unica parte ancora mobile, la osservavano torvi per quella mossa così bassa.

“Oh, avanti Tristan, non fare quella faccia! Mi stava iniziando a far male la milza, non avevo più voglia di correre. È inutile che mi guardi così, non ti avrei lasciato andare. Dobbiamo parlare.”

Angie, facendo leva sulle braccia, si mise a sedere sul poggiolo della finestra davanti a lui, con le gambe a penzoloni verso il corridoio. Il sole di maggio le irradiava la schiena, rendendo quasi fastidioso il maglione di cotone della divisa.

Faceva ormai caldo, l’estate era alle porte, così come gli esami di fine anno.

“Bene, iniziamo. Immagino che Paciock ti abbia già spiegato che non puoi rispondere alla violenza verbale con la violenza fisica, quindi tutta quella parte te la risparmio. Sono l’ultima persona al mondo che possa farti ramanzine su come reagire con maturità alle provocazioni.” Angie sollevò entrambe le sopracciglia ripensando a che cosa aveva fatto lei alla Danes e vide una scintilla ironica passare negli occhi di Tristan. “Io voglio parlare di te. Non ti ho mai visto finire da Paciock senza Lily e Hugo, per non parlare del fatto che non c’era alcun bisogno di prendere a pugni un compagno davanti ad un professore… Sarebbe bastato aspettarlo in un qualunque corridoio al cambio di aula. So che essendo un Grinfondoro non brilli particolarmente in strategia e preferisci usare la clava invece del cervello, ma così mi sembra un tantino troppo persino per te. Che cosa ti succede?”

Si guardarono fissi negli occhi per qualche secondo e poi Angie ebbe un’illuminazione.

“Ah sì, scusa.” Estrasse la bacchetta dalla manica e annullò parzialmente l’incantesimo, dandogli la possibilità di rispondere.

“Potresti liberarmi le gambe?” il tono acido con cui esordì Tristan le fece scattare un sopracciglio verso l’attaccatura dei capelli. “Non ho intenzione di scappare. Voglio solo… Sedermi lì.” Le disse indicando col mento il posto accanto a lei. Angie inclinò il capo verso la spalla e dopo una breve valutazione del soggetto acconsentì a sciogliere l’incantesimo.

Tristan quasi cadde per terra dopo essere stato liberato, ma con una mossa agile si rimise in piedi e la osservò sottecchi, prima di sedersi davvero accanto a lei. Nel sedersi fece una smorfia di dolore e si massaggiò il lato destro del torace.

Le costole erano una delle ossa che più facilmente di rompevano durante le colluttazioni, ne aveva sistemate un buon numero in infermeria e sperava di non doverlo fare a suo fratello.

“Togliti la camicia che ti do un’occhiata.”

Tristan tentennò qualche secondo, evidentemente combattuto tra la vergogna di spogliarsi davanti alla sorella e il dolore delle botte. Poi i lividi ebbero la meglio sull’orgoglio, così il giovane si tolse cravatta e camicia.

Sul torace aveva alcuni ematomi piuttosto grossi, ma nessun osso rotto. Le braccia invece erano costellazioni di segni rossi intensi e bluastri, che spiccavano sulla sua pelle candida come papaveri nella neve. Come aveva potuto essere così stupido da scagliarsi contro quattro ragazzi da solo?! Mentre sussurrava gli incantesimi per guarirlo ed alleviare il dolore, sentiva il sangue ribollire per la rabbia di vederlo conciato così.

“Lily ti ha detto tutto, vero?” le chiese lui quando il dolore fu scemato abbastanza da fargli venir voglia di parlare.

“Sì. Mi dispiace che tu abbia dovuto sentire quelle cose. Il mondo non ha molta comprensione verso gli errori delle donne. Per gli ignoranti o siamo Sante o siamo battone. Spero che tu abbia idee differenti sulle ragazze, altrimenti dobbiamo parlare anche di quello.” Lo osservò piuttosto severa mentre rimetteva la bacchetta nella manica.

Tristan sgranò gli occhi azzurri come se fossero stati due fanali e borbottò rivestendosi:

“Ovvio che non la penso così! Quando l’ho sentito dire quelle cose, ho smesso di ragionare… L’unica cosa che volevo era fargli tanto male quanto lui ne stava facendo a me. E sono scattato.”

“Mmm… Tristan è un po’ di tempo che scatti per qualunque cosa, te ne sei reso conto?”

Tristan deglutì e si fissò le mani, screpolate sulle nocche, che aveva usato per colpire Walker poco prima.

“Sì, ma non riesco a fermare… queste cose che sento. È come se mi soffocassero. Vengono tutte insieme, all’improvviso, e perdo il controllo.” Ammise dopo qualche istante, cercando nel suo sguardo una spiegazione per quello che gli stava succedendo.

“Sei arrabbiato con me? Per quello che ho fatto a Natale?” gli chiese a bassa voce, con lo stesso tono che avrebbe usato cercando di calmare un gattino spaventato.

“No. Forse solo un po’ perché non mi hai ascoltato.” e le rivolse un’occhiataccia ricordandosi della scena al ritorno delle vacanze di Natale. Poi riprese: “Sono arrabbiato con tutti, tutto il tempo. Coi professori che pensano solo agli esami, con i miei amici che pensano solo a ridere, con la mamma che fa finta di stare bene, con tutti. È così stancante.” Le ultime parole gli sfuggirono quasi in un sussurro, a testimoniare quanto tutte quei sentimenti gli pesassero sul cuore.

“Lo so.” Angelique annuì e gli passò un braccio attorno alle spalle, tirandoselo più vicino.

“Non voglio essere così Angie. Non voglio provare solo rabbia o tristezza pensando alla mamma… Io voglio tornare ad essere felice, ma non so come si fa!” Gli occhi di Tristan si riempirono di lacrime e il giovane iniziò a piangere singhiozzando.

“Shhh… Vieni qui.” Angie lo avvolse del tutto e lasciò che le piangesse sul maglioncino, tirando su col naso rumorosamente e respirando a scatti. “Hai solo tredici anni Tris, e questo è molto più grande di noi. L’unica cosa che puoi fare è affidarti alle persone che ti voglio bene. Più ti chiudi e ti isoli dentro te stesso, più sarà difficile per loro capire come raggiungerti e aiutarti. Non puoi affrontare quello che ci sta succedendo da solo. Guarda che casino ho combinato io pensando di poter sopravvivere da sola.”

Tristan sollevò il capo dalla spalla su cui si era rifugiato per guardarla con la fronte aggrottata.

“Sì, ma tu sei scema, che c’entra! Io lo so che ho bisogno dei miei amici, solo che non so come liberarmi di tutta questa incazzatura.”

Beh, grazie mille.

Angie decise che parte dell’essere sorella maggiore consisteva anche nell’essere molto paziente e non sbattere giù dalla finestra quell’ingrato Pidocchio, ma donargli un pizzico di saggezza nonostante la sua insolenza.

“Non puoi liberartene. Ci devi passare attraverso e viverla per imparare a controllarla. Una buona mossa potrebbe essere provare a respirare profondamente prima di dire o fare cazzate.”

“E lasciare che quelli come Walker la passino liscia?!” ogni parola pronunciata da Tristan trasudava indignazione. Ma Angelique gli sorrise sorniona e scosse il capo.

“Oh no, Tristan. Mai. Devi solo imparare come applicare la giustizia secondo le tradizioni di famiglia.”

“E cioè?”

“Non preoccuparti, lo capirai presto.”

***

La parte migliore delle sue giornate erano i minuti che precedevano un loro incontro. Mentre l’attendeva assaporava sulla punta della lingua il sapore che avrebbe ritrovato sulle sue labbra, immaginava dove posare le proprie mani, se tra i capelli, sulle spalle, sui fianchi, sulle natiche. Ripercorreva i contorni del corpo che stava iniziando a conoscere con maniacalità dei dettagli. Così che quando Angelique si materializzava davanti a lui, era già eccitato come quello che era, appunto un adolescente innamorato. Nei primi minuti quasi non parlavano, si divoravano di baci, affamati di un desiderio che le pause prese tra una sessione di studio e l’altra non facevano altro che acuire.

Gigì aveva i GUFO quell’anno e lui gli esami per l’ammissione all’ultimo anno, che avrebbe poi portato ai MAGO. A volte, poche, si trovavano nelle ore buche per darsi una mano a ripassare, ma bastava uno sguardo di troppo per ritrovarsi incollati alle labbra dell’altro e non fermarsi più. Riuscivano a rimanere concentrati solo durante le lezioni di Trasfigurazione, perché James e Gigì esercitavano uno sforzo estremo sul proprio autocontrollo, consapevoli di quanto crucciale fosse il voto dei GUFO per l’ammissione al tirocinio al San Mungo dell’anno successivo.

Quella volta non era riuscito ad aspettare l’appuntamento concordato per dopo cena. Erano sempre molto discreti nei loro incontri, non che si svolgessero di nascosto, ma entrambi preferivano che quello che stava succedendo restasse una cosa loro. Sentivano il bisogno di proteggersi dai pettegolezzi e dai giudizi altrui. Quel giorno però aveva voglia di vederla. Troppa per attendere la sera.

La campanella dell’ultima ora suonò nei sotterranei a tutto volume e dopo un paio di minuti uscirono dall’aula di Pozioni gli studenti del quinto anno con i capelli stravolti dai fumi dei calderoni, gli sguardi allucinati di chi era passato attraverso un compito in classe particolarmente difficile e le spalle curve per la stanchezza.

Lei uscì tra gli ultimi, come di solito, accompagnata da Martha ed Elena, che era tornata a frequentare di persona le lezioni. Aveva i capelli raccolti in una crocchia alta, perché non le dessero fastidio mentre preparava le pozioni. Aveva l’aria stanca, ma serena e soddisfatta, probabilmente il compito era andato bene.

Quando aveva il privilegio di osservarla prima che lei si accorgesse della sua presenza, sentiva quel muscolo bislacco al centro del petto tremare per l’emozione. Fremeva vedendo i suoi sorrisi spensierati, le sue mani magre e sottili che trattenevano i libri, i riflessi dei suoi capelli illuminati dal sole estivo, le mille espressioni che colorivano il suo viso mentre parlava con le sue amiche. Non avrebbe saputo spiegarlo, ma anche avendola amata per anni, in poche settimane aveva appreso di lei molto di più solo per il fatto di esserle finalmente vicino.

Aveva imparato che spesso le azioni di Angelique parlavano con molta più sincerità delle sue parole, criptiche o reticenti. La tenerezza con cui gli accarezzava i capelli mentre chicchieravano, il modo in cui si abbandonava tra le sue braccia quando la baciava, come tutto il suo corpo reagiva al piacere condiviso, e mille altri piccoli gesti con cui gli urlava che voleva stare insieme a lui senza averlo mai detto chiaramente. Il corpo di Gigì era molto più affidabile della sua lingua.

“Gigì!” la chiamò a mezza voce sbucando fuori dal mantello solo con la testa.

Le tre Serpeverde si voltarono all’unisono verso di lui, stupite. Vide chiaramente le guance della Dursley colorirsi di un vivo rosa.

Elena e Martha si scambiarono uno sguardo ricco di sottointesi e, con un cenno di saluto, si allontanarono, mentre lei lo raggiungeva nel piccolo anfratto in cui l’aveva attesa fino a quel momento.

“James?! Ma che ci fai qui?” Notò non con un certo sollievo che Angelique, nonostante la sorpresa di trovarlo lì, stava sorridendo.

In particolare, aveva stampato sulle labbra quel sorriso piccolo, contenuto agli angoli della bocca, che le spuntava in viso solo quando cercava di non far vedere quanto fosse contenta… Lo stesso di quando mangiava le Api Frizzole.

E cedette alla tentazione.

La prese per un polso, tirandola a sé. I libri le caddero di mano e, prima che lei potesse lamentarsi, le sigillò le labbra con le proprie. Racchiuse la sua nuca nel palmo, accarezzando i riccioli che sbucavano dalla pelle accaldata. Angelique si alzò sulle punte dei piedi e gli avvolse il viso con le proprie mani, prima di schiudere le labbra e cercare la sua lingua.

Invase la sua bocca come gli fosse sempre appartenuta, come aveva sognato per troppe, troppe notti, prendendone possesso senza alcun timore di essere brusco. Le loro lingue si accarezzarono, fameliche, rincorrendosi tra le infinitesimali esitazioni dell’altro, perché qual bacio non finisse mai. Le sue mani cercarono i fianchi della ragazza, risalirono la sua schiena e la avvicinò a sé, trattenendo la voglia di stringere con tutta la propria forza il suo corpo, che reagiva sempre raccogliendo le sfide e duplicando la posta in gioco. Infatti, lei lo spinse contro il muro, inchiodandolo lì come una farfalla inerme sotto lo spillo. Senza interrompere per un secondo il contatto tra le loro bocche, strusciò in modo lento e deciso il proprio bacino contro il suo. La reazione del corpo di James fu pressoché immediata. Sentì la propria erezione frapporsi tra loro con una vivacità quasi comica, come a chiarire che sì lui era lì ed era prontissimo per tutto il resto. Tra un bacio e l’altro sentì le labbra di Angelique modellarsi in un sorriso beffardo per l’effetto che riusciva a scatenare in lui.

“Vediamo se tra qualche minuto avrai ancora voglia di ridere.” Le sussurrò ad un orecchio, sentendola tendersi contro di lui nell’attimo in cui si rese conto di che cosa stesse per fare.

La avvolse insieme a sé sotto il mantello e invertì le posizioni.

La sovrastava in altezza di tutta la testa e forse anche più. Spesso ricorrere al proprio corpo era l’unico modo che trovava per non lasciarle vedere quanto si sentisse esposto. Angelique lo osservava da sotto le ciglia con una tale eccitazione che gli fu piuttosto difficile mantenere la calma.

Si chinò sul suo collo, baciando con delicatezza la sua pelle profumata. Con la mano sinistra le afferrò il ginocchio e se lo portò sul fianco, così che l’orlo della gonna le scivolò fino a scoprire la biancheria intima. Un fiotto di calore si riversò nel suo ventre all’istante, aumentando la sua eccitazione.

“Jessy…” lo chiamò cercando di divincolarsi dal suo abbraccio con scarsa convinzione.

Scostò il viso dal collo per poterla guardare dritta negli occhi. Premette allora il proprio bacino contro il suo, imitando il suo gesto di poco prima, e si mosse contro il cotone chiaro delle sue mutandine. Gli occhi di Gigì si spalancarono, così come le sue labbra, e trattenne il respiro. Gli occhi verdi guizzarono verso il corridoio, osservando tutt’attorno attraverso il tessuto del Mantello dell’Invisibilità.

“Jessy, potrebbero sentirci.” Gli sussurrò con voce roca.

“Allora dovrai essere molto silenziosa.” E con la mano percorse l’interno coscia fino a raggiungere il bordo della sua biancheria. Angelique chiuse gli occhi e posò la fronte sulla sua spalla, mentre con le mani gli afferrava le braccia. L’accarezzò dapprima attraverso il tessuto, fino a sentire che si inumidiva contro i suoi polpastrelli e poi finalmente scostò l’ultima barriera che si frapponeva tra loro. Lei, per trattenere i gemiti, affondò i denti nella sua spalla, ma quando con piccoli tocchi le accarezzò il clitoride, un ansito le sfuggì e risuonò in tutto lo spazio attorno a loro.

Con la destra andò a coprirle la bocca, attutendo i rumori da lei prodotti, mentre con la sinistra continuò la propria opera a cui dedicò ogni possibile attenzione. Dopo qualche minuto, teneva tra le braccia la ragazza ancora scossa dai brividi.

“E comunque non mi hai ancora detto che cosa ci fai qui.” Biascicò Gigì sollevando la testa dal suo petto e guardandolo un po’ confusa.

James scoppiò a ridere e le baciò la punta del naso.

“Mi hanno appena dato una bella notizia e avevo voglia di vederti.” Confessò stringendosi nelle spalle.

“Ah sì? Che cosa è successo?” una mano di Angelique risalì dalla sua guancia per intrufolarsi nei capelli e accarezzarli.

“Hanno accettato la mia domanda per un tirocinio alla Gringott quest’estate.” A quelle parole, l’espressione di Gigì mutò del tutto. I suoi occhi si snebbiarono e diventarono vigili. Raddrizzò le spalle allontanandosi dal suo petto per poterlo osservare meglio in viso.

“E da quando vorresti andare a lavorare alla Gringott, scusa?” chiese stupita.

“Beh, non in ufficio chiaramente… Voglio seguire uno Spazzaincantesimi per qualche settimana e capire se fa davvero per me. Ho sempre sognato di essere come zio Bill.” Confessò lui sorridendo al ricordo delle foto dello zio da giovane.

“Ah ecco, questo mi sembra decisamente più da te. Sai già dove ti manderanno?” chiese Gigì sorridendogli.

“Potrebbe essere il Perù, la Cambogia, la Germania, il Messico o l’Egitto, chi lo sa! Parto ad Agosto.”

“Quindi sarai alla Tana solo a Luglio.”

Qualcosa nel suo modo di sorridere non lo convinceva del tutto. Sembrava che non riuscisse a raggiungere i suoi occhi per quanto si sforzasse di inclinare le labbra verso l’alto.

“Che c’è?” le domando assottigliando lo sguardo

“Sono molto contenta per te. Stavo solo pensando all’internato al San Mungo dell’anno prossimo, spero davvero di farcela.” Angie si strinse nelle spalle e distolse lo sguardo, puntandolo verso i libri abbandonati per terra.

Mise l’indice sotto il suo mento e glielo sollevò dolcemente, fino ad avere nuovamente contatto con i suoi occhi.

“Ce la farai.” le disse con sicurezza.

Angelique decise che l’argomento era definitivamente chiuso e gli diede un bacio rapido, chiedendo subito dopo:

“Non hai fame?”

“Oh non puoi nemmeno immaginare quanta.” Ammise pensando a tutte le tipologie di fame che sentiva in quel momento.

***

Normalmente gli esami di fine anno mettevano tutti sotto pressione. Quell’anno invece sembrava che l’isteria avesse preso possesso di quasi tutti gli studenti del quinto anno.

Scorpius, che dal canto suo si sentiva solo un po’ più teso del solito, osservava esterrefatto i compagni di scuola saltare pasti per avere un’ora in più per studiare, girare per i corridoi parlando da soli, scoppiare a piangere senza motivo nel mezzo dell’aula studio e comportarsi nei modi più assurdi sotto l’unica giustificazione del “TRA DUE SETTIMANE INIZIANO I GUFO!”.

Era l’ultimo giorno di lezioni del quinto anno e si respirava un’aria particolare. Scorpius non avrebbe saputo esattamente come descriverlo, ma aveva la sensazione di essere di fronte ad un finale, un cambiamento o un evento incontrollabile.

A seconda dei risultati degli esami, l’anno successivo gli studenti sarebbero stati smistati in corsi diversi, con la finalità di prepararli al meglio per la carriera che desideravano intraprendere. Lui osservava i suoi amici, Angie e Al in particolare, quelli con le idee più chiare sul proprio futuro e li invidiava.

Sì, perché lui, di che cosa avrebbe voluto fare nel proprio futuro, non aveva la benché minima idea. Negli anni precedenti si era limitato a vivere pensando che Hogwarts non sarebbe mai finita, che ci sarebbe sempre stato un primo settembre al binario 9 ¾, che ci sarebbe sempre stata una Sala Comune in cui chiacchierare con gli amici, che ci sarebbe sempre stata la routine di lezioni, allenamenti e pasti in Sala Grande. E invece si trovava di fronte alla realizzazione per la prima volta in vita sua che tutta la quotidianità in cui si sentiva davvero a casa, prima o poi sarebbe finita.

I GUFO erano dunque in sintesi l’inizio della fine.

“Uno zellino per i tuoi pensieri.”

La voce di Martha lo riscosse. Si era imbambolato davanti ad uno scaffale della biblioteca.

“Guarda per questo genere di pensieri direi meno di una falce.” Borbottò con tono cupo.

La O’Quinn si appoggiò con una spalla al mobile di legno per osservarlo con un sopracciglio inarcato e una vistosa espressione ironica in viso.

“Che c’è? La tua bella Weasley ha preferito per l’ennesima volta un testo di Trasfigurazione a te?”

A quelle parole un sorriso sornione prese vita sulle sue labbra e rispose reticente:

“Non direi proprio.”

Già, perché dopo quel bacio improvviso in biblioteca, lui aveva chiesto a Rose di parlare e l’aveva posta davanti ad una scelta. O frequentarsi come tutte le persone normali o smettere del tutto di vedersi. Non ce la faceva più a rincorrerla, a non sapere mai che cosa sarebbe passato per quel cervello brillante, che dall’oggi al domani cambiava idea su di lui.

Era andato a quell’appuntamento preparato all’evenienza più probabile e funesta, ovvero che Rose gli dicesse che non aveva alcuna intenzione di uscire con lui, come per altro aveva già detto in passato. E invece, dopo aver pronunciato con freddezza quelle parole che gli riducevano lo stomaco ad una nocciolina, si era ritrovato a fissare due occhi blu spalancati in un’espressione insolitamente timida.

“Scorpius, io non so come si frequentino le persone normali… Non sono mai uscita con nessuno.” Aveva sussurrato lei chinando la testa per l’imbarazzo.

L’aveva sorpreso ancora, come sempre.

Aveva risposto in modo immediato e assolutamente entusiasta, baciandola fino a perdere il fiato. Da quel giorno avevano iniziato a uscire insieme e non poteva dirsi più felice di così. Ma…

“Oh beh, ne sono proprio felice. Qual è il problema dunque?”

“Mi sento senza un vero progetto Martha. Vedo tutti voi che sapete perfettamente che cosa fare dopo Hogwarts e l’unica cosa a cui riesco a pensare io è che non vorrei mai che finisse.” Sperò che il tono non fosse petulante quanto i suoi pensieri.

“Tutti?! Forse vorrai dire Angie e Al! Noi comuni mortali non sappiamo per nulla che cosa faremo tra due anni. Beh, forse è abbastanza facile immaginare che Nana lavorerà con delle creature pericolose e potenzialmente mortali, ma per il resto siamo tutti nella stessa barca.” Martha alzò le spalle con noncuranza e si appoggiò allo scaffale della libreria per poterlo guardare in volto.

“Oh… Io pensavo che aveste tutti le idee molto più chiare delle mie.”

“Oh, io no di certo. E poi se prenderai dei buoni voti ai GUFO, e non vedo perché non dovresti riuscirci, potrai continuare a frequentare tutti i corsi che vorrai. Magari scoprirai di voler fare ricerca nel mondo della Trasfigurazione frequentando il corso avanzato di Cavendish! Hai ancora un sacco di tempo per trovare qualcosa che ti appassioni davvero, che ti faccia capire di essere sulla strada giusta.”

“Ma quanta positività! Pensi che sia dovuta ai numerosi orgasmi che Al ti procura?”

Non ebbe la prontezza di schivare lo schiaffo sul coppino che lei gli rifilò.

“Non so quando sia successo, ma sei diventato un vero impertinente Scorpius Hyperion Malfoy!”

Le sorrise chiedendole silenziosamente scusa e lei roteò gli occhi al cielo. Scorpius rimase in silenzio osservando i volumi impilati con ordine davanti a sé, poi riprese le proprie confessioni:

“E poi non è solo una questione di che cosa fare dopo… è come se percepissi il mondo attorno a me che vortica impazzito verso un futuro di cui nessuno sa nulla, senza alcuna attenzione per quello che succede ora. Non credi che sia molto più importante sapere che cosa vuoi oggi, invece che continuare a domandarti come sarà la tua vita tra cinque anni?!”

“Beh, per sapere che cosa vuoi devi per forza guardarti dentro e a tante persone, compresi gli adulti, questa cosa non piace per nulla. Per questo preferiscono vivere proiettati nel futuro, è più facile. È lontano e pieno di possibilità mentre l’oggi a volte sembra solo una trappola.” Martha a volte riusciva a elargire tanta saggezza che lo lasciava spiazzato. Come poteva a sedici anni dirgli delle cose del genere?!

“Per me è il contrario. A me l’oggi piace, io sono a mio agio in questo mondo, vorrei che non finisse mai. Come si fa a scegliere a quindici anni che cosa fare per il resto della propria vita? Mi sembra assurdo.”

“Forse dovresti fare una chiacchierata con Derek Schatten al riguardo, lui si che è un grande esperto di scelte definitive decisamente precoci.”

Una smorfia di ripugnanza prese vita sul suo viso senza che lui provasse minimamente a mitigarla.

“Piuttosto che parlare con quel verme mi metto a studiare Antiche Rune con te.”

E in realtà fu quello che fece per il resto del pomeriggio. Studiare accanto alla sua amica, senza angosciarsi troppo per quello che sarebbe venuto dopo.

***

Dominique amava la bella stagione. In generale considerava il clima inglese poco adatto a sé, autunni e inverni troppo lunghi, troppa pioggia, freddo, il che si traduceva sempre in vestiti troppo pesanti per i suoi gusti. Se doveva immaginarsi in un luogo affine alla propria indole, pensava sempre al Sud della Francia, dove le estati erano lente ad andarsene e le primavere precoci nei loro profumi e nel tepore. Tanto più che l’estate era la sua stagione anche secondo l’armocromia!

Per il momento l’unica cosa che trovava da rimproverare all’estate era il periodo degli esami di fine anno. Pur non avendo una grande passione per lo studio, (per essere eufemistici), era comunque costretta a ripassi e studi disperati, consapevole che poteva capitare di non riuscire a copiare spudoratamente da Jimmy, anche se negli anni passati erano sempre stati un’ottima squadra.

Dom, tuttavia, era convinta che lo spirito necessitasse gratificazione, soprattutto in momenti così frustranti come la preparazione degli esami. Per questo aveva organizzato un pomeriggio di studio sulle rive del Lago Nero, al termine di quel folle anno scolastico, in cui se n’erano viste di cotte e di crude.

Aveva invitato tutti i propri cugini e i Serpeverde del quinto anno. La scelta degli inviti aveva suscitato perplessità in un gruppo e nell’altro, ad eccezione di Angie e Albus che così raramente vedevano vicini i loro due mondi. Ovviamente una delle motivazioni che l’avevano spinta ad organizzare quel pic-nic di studio era l’interesse accademico per le relazioni così intricate che scorrevano tra quegli adolescenti innamorati. Dom voleva vederli insieme, tutti quanti, e quella volta li avrebbe visti davvero perché aveva indossato le lenti a contatto!

Aveva steso coperte scozzesi a distanza di qualche metro l’una dall’altra, così che i vari gruppi di studio non si sarebbero infastiditi a vicenda. Su ciascuna area di studio aveva posizionato acqua, limonata fresca e biscotti. E ovviamente aveva selezionato la zona del Lago dove l’ombra delle piante creava una piacevole frescura. Come fosse riuscita a occupare un’area pari alle dimensioni di un piccolo stato europeo nella parte di Parco più ambita dagli studenti disperati e snervati dagli esami?! Semplice, lei era Dominique ed era divina, anche e soprattutto quando si doveva organizzate qualcosa di assolutamente inutile ma estremamente grazioso, come in un pic-nic a giugno.

“Dovresti farlo di lavoro.”

Jimmy, che portava tra le braccia un cesto gigantesco, comparve sulla piazzola con sguardo ammirato per la sua opera.

“Sarei maledettamente brava, immaginati come potrebbe essere creare eventi per babbani e mascherare la magia con gli effetti speciali!” 

“Credo violi un paio di leggi magiche questa cosa.” Esclamò lui inarcando vistosamente un sopracciglio. “Goldy ti manda questo dalle cucine, da quanto pesa potrebbe esserci dentro un mammuth a pezzi.”

“Che immagine disgustosa! Goldy non mi farebbe mai una cosa del genere. Fammi vedere che cosa mi ha preparato quella santa.”

Dentro il cesto si celavano una quantità di spuntini dolci e salati da rendere giustizia alle migliori tavole imbandite di Hogwarts. Dominique passò i successivi minuti a dire a James che cosa mettere sui diversi plaid e quello obbedì senza lamentele, consapevole che comunque il suo destino non sarebbe cambiato. Tra le molte ragioni per cui amava Jimmy c’era anche la sua totale resa al potere femminile della famiglia. In effetti lui ne era stato vittima anche in tenera età, come dimenticarsi di Mr. Poppy…

“A che pensi?”

“All’episodio della casetta sull’albero.” Confessò candidamente, osservando un lampo di panico passare negli occhi di Jimmy. Lui, grande e grosso, con abilità magiche notevoli, alla soglia della maggiore età che ancora se la faceva sotto al ricordo di che cosa fosse successo quel pomeriggio di tanti anni prima. “Non preoccuparti tesoro, prima o poi lo supererai.” Gli disse dandogli delle pacchette sulla spalla per calmarlo.

La prima ad arrivare fu insolitamente Leda, con al fianco l’inseparabile Lily. Da quando quelle due avevano iniziato a condividere anche la stanza per dormire erano diventata ancor più simbiotiche. Dom si chiedeva come avrebbe fatto l’anno successivo la piccola Lara senza la sua coreggente, sarebbe stata come Angie senza Roxanne? Avrebbe dovuto ricostruire la propria quotidianità senza la persona che costituiva il fondamento delle sue sicurezze e del suo coraggio?

Pochi, osservandole, avrebbero indovinato quanto si appoggiassero l’una all’altra, dato che in apparenza entrambe risultavano spavalde, fiere, incrollabili. E invece si erano affidate reciprocamente le proprie fragilità, perché fossero custodite e protette dalla persona in cui avevano più fiducia, lasciando intravedere al resto del mondo solo quello che volevano.

Lucie, ma belle, tu e Fred studierete con me e Jimmy oggi, va bene?” le disse pendendola a braccetto e dirottandola verso la coperta dal lato opposto a quella dei ragazzi del terzo anno.

Lucy grugnì qualcosa di poco entusiasta.

Dominique non si stupì di veder arrivare puntuali tutti gli invitati al pic-nic, quasi che non volessero far brutta impressione. La rete formata dalle relazioni tra Grifondoro e Serpeverde, tra parenti e amici, era un intricato mosaico pieno di sfumature e spaccature che lei osservava con crescente interesse.

Il motivo per cui li aveva invitati tutti quel pomeriggio non era solo condividere insieme un pomeriggio di studio pre-esami. Dominique li voleva tutti insieme, in un ambiente che non li mettesse sotto pressione, per creare finalmente la fusione che aveva sempre sperato di vedere. Per orchestrare l’armonia che tutti si meritavano alla fine di quell’anno che aveva stravolto le vite di ciascuno… a parte Fred. Lui aveva come unica preoccupazione quella di deodorare le proprie scarpe per non far svenire i suoi compagni di stanza.

“Dominique, ma è bellissimo!” Martha O’Quinn, deliziata dal luogo, alzò il viso verso la luce che filtrava dalle fronde degli alberi, strizzando gli occhi in un’espressione buffa. Albus accanto a lei la osservava come uno a dieta da sei mesi che vede un bignè al cioccolato.

Adorabili. Goffi e adorabili, le piacevano un sacco quei due insieme.

Scorpius Malfoy, alle sue spalle sostava, sul limitare della radura con i libri sottobraccio e lo sguardo ostinatamente fisso sul Lago Nero. Resisteva stoicamente alla voglia di godersi l’immagine di Rose a piedi scalzi sul plaid di tartan rosso, i cui capelli erano infuocati dal sole estivo, concentrata a ignorarlo più che a leggere il libro sulle sue ginocchia. Chissà chi aveva la testa più dura tra quei due?

“Oh guarda, c’è anche la torta al cioccolato!” esclamò entusiasta Angelique mollando la tracolla sull’erba e andando come prima cosa a tagliarsi una fetta di dolce. James a distanza di qualche metro nascose un sorriso guardandosi le scarpe.

Dominique passò le ore successive a far finta di ascoltare Jimmy ripetere il programma di Trasfigurazione del sesto anno. Nel frattempo, si concesse l’analisi di ciascun membro di quello strano gruppo come mai ne aveva avuto occasione prima.

Barrach e Zabini erano stati la vera sorpresa della giornata. Non conoscendoli bene non si sarebbe mai aspettata di provare tanta tenerezza e simpatia per quell’improbabile accoppiata. Elena rispondeva all’interrogazione di Martha utilizzando le gambe di Bertram come cuscino, lui d’altro canto non perdeva occasione per sfiorare i suoi capelli con delicatezza o lanciarle un’occhiata di sbieco tra uno schema e l’altro.

Di tanto in tanto uno dei gruppi si interrompeva per qualche dubbio o per discutere sugli argomenti più complessi. Quelli del gruppo vicino quando possibile partecipavano dando una mano, così che nel corso del pomeriggio si videro migrazioni da una postazione all’altra, a volte anche solo per rubare gli ultimi stuzzichini rimasti.

A fine giornata erano tutti stanchi, ma Dom sentiva nell’aria la soddisfazione generale per quelle ore passate all’aperto anziché tra gli scaffali polverosi della Biblioteca. Solo Rose, Martha e Albus imperterriti continuavano a ripassare. Gli altri si concedevano qualche minuto di pausa prima di rientrare al castello per cena.

Jimmy passeggiava avanti e indietro sugli scogli davanti alle rive del Lago Nero, saltellando da una roccia all’altra e rimanendo in equilibrio su un piede solo per gioco.

“Scommetto dieci falci che cadi nel Lago.” Gli disse inducendolo ad alzare il viso verso di lei con un sorriso di sfida. Per provocarla fece un balzo ancora più audace verso un masso che si sporgeva verso le acque scure come la passerella di una nave.

A paio di metri da lei, Angelique alzò lo sguardo dalla partita a tris che stava giocando con Elena e lo guardò intensamente, pensando che tutti fossero assorti nel proprio ozio.

Fu questione di un attimo.

Jimmy percepì i suoi occhi su di sé, ricambiò l’occhiata a dir poco esplicita alzando la testa. Il sole cambiò angolazione e illuminò il viso del ragazzo. Angie stupita inclinò il capo sulla spalla.

“Ma i tuoi capelli hanno una sfumatura rossiccia!” esclamò ad alta voce sorridendo, in un raro momento di silenzio generale.

Tutti gli occhi dei presenti si fissarono su di lei. Su di loro.

La faccia di Angie assunse per qualche istante la medesima espressione di un carlino, una cosa veramente esilarante. Jimmy nel panico, si mosse senza guardare dove metteva i piedi.

E con un sonoro “splash” cadde nel lago. Riemerse quasi subito, nel silenzio generale imbarazzato per quella strana sequenza.

Poi Angelique scoppiò a ridere.

Rise così forte che si accasciò sulla coperta, tenendosi la pancia. Rise con tutta la sfacciataggine di cui era capace, trascinando con sé anche gli altri.

Vide Martha mordersi le labbra e osservare l’amica con gli occhi lucidi di emozione. Erano mesi che nessuno sentiva Angelique ridere in quel modo. Sembrava un suono dimenticato, sepolto sotto gli strati di dolore e perdita in cui erano rimaste intrappolate così tante cose di lei. Invece sulle rive del Lago Scuro sbocciava finalmente un altro ramo di rinascita di quella ragazza, capace di precipitare sul fondo della propria anima e poi riemergerne molto più splendente, più fragile e più umana.

“Ti stai divertendo vero?” chiese Jimmy facendo leva con le braccia su una roccia e tirandosi fuori dal Lago senza difficoltà.

Angelique rispose sbellicandosi ancora di più. Fu così che, troppo indebolita dalla sua ilarità, non riuscì a sfuggire. Jimmy corse verso di lei, grondante d’acqua, l’acchiappò in un lampo, proprio mentre lei cercava di alzarsi. Se la caricò in spalle e in men che non si dica si lanciò nel Lago Nero con lei.

A quel punto le risate furono incontenibili per tutti. E fu un bene che ridessero, perché nessuno notò che Angie e James ci misero parecchio a riemergere e che quando lo fecero i loro volti erano praticamente incollati.

Angie e James rimasero qualche minuto immersi nel Lago tentando di affogarsi a vicenda, mentre gli occhi curiosi dei cugini e degli amici li seguivano.

Dominique sgranchì le gambe e si lasciò andare sul prato per osservare il cielo attraverso le foglie degli alberi.

L’estate era alle porte. Pochi giorni dopo sarebbero iniziati i G.U.F.O. Lei avrebbe copiato senza alcun ritegno. Il matrimonio di Vic e Teddy era già organizzato.

Tutto sarebbe andato bene.

***

“Spiegatemi perché stiamo rischiando di farci togliere un numero incalcolabile di punti proprio quando siamo in testa alla Classifica delle Case?!”

“Perché è maledettamente divertente!”

“Elena non urlare!”

“Mamma mia, come sei noioso Scorpius…”

Indisciplinati. Tutti quanti. L’unico che si salvava era Berty. Per il resto erano una manica di babbuini indisciplinati come diceva la McGranitt!

Non si poteva nemmeno organizzare una fuga illegale dai dormitori, che subito c’era chi si faceva prendere dal panico, come Martha, o chi come Elena andava in contro al pericolo a passo di danza.

Albus scambiò uno sguardo con Angie la quale fece sbucare dalla manica la punta della bacchetta all’istante:

“Le tolgo la voce?”

“No, finirebbe malissimo… Ti ricordi quando Martha l’ha impastoiata a settembre durante Pozioni?! È andata avanti mesi a lamentarsi.” Le rispose bisbigliando.

Un sorriso sbucò all’angolo della sua bocca, seminascosta dal cappuccio del mantello. Angelique fu la prima a sbucare nel corridoio e dopo qualche istante fece segno a tutti quanti di avanzare.

Rapidi come topolini in fuga, si infilarono uno ad uno nella porta che portava alla Torre di Astronomia, Martha sempre borbottando sommessamente come una pentola di fagioli sul fuoco.

Al la prese per mano una volta all’interno della Torre e le baciò il dorso, in un gesto di tenerezza che di solito riservava alla loro intimità. Gli occhi marroni di Martha guizzarono nei suoi, grandi, dolci come il cioccolato a cui tanto assomigliavano. Lesse tra i suoi lineamenti, che avevano perso all’istante il turbamento per la Classifica delle Case, il crescente desiderio che anche lui provava, viscerale e profondo come un richiamo del sangue.

“Beh allora dove sono il cibo e l’alcool?!”

Elena. Un folletto con l’anima di uno schiacciasassi.

“Nana non sono convinto che l’alcool ti faccia bene alle emicranie!” subito la faccia perplessa di Berty fece capolino da dietro il telescopio con cui stava armeggiando.

“Sembrerebbe che nulla faccia bene a queste maledette emicranie! Vivo perennemente sotto pozioni antidolorifiche, sto diventando una drogata.” Gli si avvicinò sporgendo appena il labbro inferiore in un moto di mestizia così palese, che persino un Troll avrebbe capito la messa in scena. Ma non il povero Bertram. “Ti prego lasciami bere almeno un’Acquaviola, piccola piccola.”

Quel povero ragazzo, vittima inerme dei propri ormoni, guardò Elena con occhi confusi, combattuto tra la ramanzina e la resa di fronte a quel broncio per lui adorabile.

“Bertram! Forza di volontà, per le mutande di Merlino! O questa qui ti farà fesso per il resto dei tuoi giorni.” Caustico come suo solito, Scorpius Malfoy intervenne prontamente per scongiurare il cedimento delle difese del Prefetto Barrach.

Berty raddrizzò la schiena e con sguardo risoluto, anche se sinceramente dispiaciuto si rivolse a Elena:

“Mi dispiace, solo Burrobirre per te stasera.”

Elena si sgonfiò come un palloncino. Si prese una piccola vendetta passando casualmente accanto a Scorp e rifilandogli un calcio negli stinchi.

“Oh scusa Scopius, è tutto così buio qua su!”

“Nana malefica.”

“Babbeo imbalsamato.”

Angie bisbigliò un incantesimo verso il soffitto, dalla sua bacchetta uscirono tante piccole fiammelle che andarono a galleggiare sopra le loro teste e rischiarano la Torre di una luce morbida e aranciata.

“Così nessuno si farà del male. Vero, ragazzi?”

Entrambi masticarono tra un mugugno e l’altro delle risposte poco convinte.

Quella strana gita di mezzanotte era stata insospettabilmente orchestrata da niente di meno che Bertram Barrach. Il giovane, eccellente studente di Astronomia, aveva annunciato che quella notte si sarebbe verificato un evento più unico che raro, e che non era proprio possibile perderselo a causa della posizione della loro Sala Comune in fondo al Lago Nero. Così l’opzione più logica era stata quella di evadere e prendere possesso della torre.

“Come mi piacerebbe avere uno schermo da collegare al telescopio. Pazienza, ci accontenteremo di questo… Speculum optices.” La bacchetta di Berty toccò l’ottone del telescopio e immediatamente accanto ad esso si creò uno schermo olografico che rimandava l’immagine della lente del telescopio.

Albus riconobbe con qualche sforzo le stelle che componevano la costellazione del Saggitario, perfettamente visibili in quel periodo dell’anno.

“Adesso ci vuoi finalmente dire perché siamo qui?” chiese Angie andando a osservare lo schermo da vicino.

Berty si raddrizzò e con uno scintillio negli occhi iniziò a spiegare:

“Stasera nella Nebulosa della Laguna, situata nella costellazione del Saggittario, come voi tutti sapete bene…”

“Certo, chi mai potrebbe dimenticarsene!” commentò irriverente Elena, guadagnandosi immediatamente un acidissimo “Shhh!” da parte di Martha e Angie.

“Stavo dicendo che nella Nebulosa Laguna questa sera passerà uno sciame di stelle comete. All’inizio volevo solo mostrarvi lo sciame, poi mi sono chiesto… avranno mai visto com’è una nebulosa vista dal telescopio Hubble?”

“Il che?” la faccia perplessa di Scorpius rifletteva quelle analoghe di Nana, Octavius e Martha. Al sorrise tra sé, pensando a quanto ancora fosse distante il Mondo Magico dalla tecnologia babbana.

“Il telescopio Hubble è un telescopio spaziale che i babbani hanno inventato per fare studi avanzati di astrofisica, ma per ciò che interessa noi, è un telescopio in grado di fotografare molto da vicino i fenomeni dell’universo, tra cui anche le Nebulose.” Sul viso di Bertram si allargò un sorriso smagliante e con una lieve rotazione del busto mormorò un incantesimo.

Lo schermo olografico iniziò a tremolare e l’immagine subì una strana modifica, come se si proiettasse in avanti ad una velocità folle, come nei film di fantascienza sui viaggi interstellari che tanto piacevano a nonno Arthur. Si fermò dopo qualche secondo per focalizzare una delle cose più incredibili che Albus avesse mai visto.

Un “Ohhh.” Di meraviglia collettivo accolse l’immagine reale della Nebulosa della Laguna.

Era una formazione irregolare di polvere stellare, dai contorni quasi ovoidali, che disegnava volute fantasiose e magnifiche sullo sfondo di migliaia di stelle. Le polveri e i gas stellari in quella precisa nebulosa assumevano alla periferia le colorazioni più vivaci tra il rosso e il rosa, con qualche spruzzata di azzurro qua e là, mentre verso il cuore si rischiaravano fino al candore.

Albus sentì distintamente una soggezione profonda davanti a quella meraviglia, gli sembrava che la magnificenza dei colori e l’assoluta gratuità dello splendore della Nebulosa lo spingessero verso una sottile inquietudine. Si sentiva minuscolo, privo di significato, annichilito dallo spazio sterminato di quel gigante di luce.

“È la cosa più bella che abbia mai visto.” La voce cavernosa di Octavius colse di sorpresa quasi tutti, tranne Bertram che stava gongolando troppo per sorprendersi di alcunché. Octavius guardava coi suoi occhi piccoli e scuri l’immagine della Nebulosa con una meraviglia scintillante, come un bambino davanti alle sue prime luci di Natale.

“Penso manchi ancora qualche minuto al passaggio dello sciame.” Annunciò Berty mettendosi anche lui di fronte allo schermo

Si sedettero tutti quanti per terra, con le schiene appoggiate ai muri ricurvi della torre, ciascuno con la propria Burrobirra in mano per solidarietà con la sobrietà forzata di Elena.

Le luci delle fiammelle sul soffitto evocate da Angelique si affievolirono pian piano, fino a lasciare come unica fonte luminosa lo schermo olografico, che gettava sui loro visi le sfumature calde della Nebulosa. Chiacchieravano e ridevano nell’attesa, ma si gustavano anche lunghi momenti di silenzio, consapevoli tutti quanti che quella notte sulla Torre di Astronomia fosse un regalo prezioso.

Era la notte prima dell’inizio dei GUFO.

Albus si sentiva percorso da ondate di entusiasmo, di tensione e di nostalgia, come se già percepisse la mancanza di quegli attimi che ai suoi occhi erano perfetti, che non sarebbero più tornati, erano unici come i secondi che li scandivano, e per questo inestimabili.

La sua spalla destra era appoggiata a quella sinistra di Angelique. Un vento fresco scompigliava i riccioli ramati di Martha e le accarezzava la pelle rosea. Ogni tanto Elena interrompeva il silenzio con domande curiose sulle stelle. Le caviglie incrociate di Scorpius rimandavano una tranquillità tradita dai suoi occhi grigi, che tutto osservavano, due sfere di ardesia su cui il ragazzo incideva i suoi ricordi. Le braccia di Berty avvolgevano con spontaneità il corpo esile di Elena. Le esclamazioni stupite di Octavius accompagnavano le spiegazioni di Bertram.

Non avrebbe saputo come meglio descrivere la felicità, quella totalizzante, quella che mentre la vivi ti rendi conto che è una grazia per cui vale la pena vivere. Quella che capita poche volte.

“Eccole!” esclamò Angie estasiata, indicando con l’indice lo schermo olografico.

Gli occhi di Al seguirono il suo dito e dopo un istante anche lui vide sfrecciare una scia argentata, veloce come un battito di ciglia, così rapida che gli venne il dubbio di non averla vista. E dopo qualche secondo un’altra stella cadente, un’altra ancora e ancora.

In pochi minuti il cielo fu invaso da una pioggia di stelle cadenti, alcune talmente rapide da non essere niente di più che linee sottili, altre più vicine di cui di poteva distinguere il colore bruciante del corpo celeste che attraversava la Nebulosa.

Nessuno di loro sapeva che cosa sarebbe successo l’indomani, quali domande sarebbero state loro poste al primo scritto di Incantesimi, quante lezioni avrebbero frequentato insieme l’anno successivo, quali strade avrebbero imboccato dopo la scuola.

Sapevano però che si avevano a vicenda. Si appartenevano e questo rendeva sopportabile qualunque incognita futura.

***

Il primo giorno di esami ministeriali è solitamente un momento di grande fermento. I ragazzi sono molto concentrati e molto disperati, i professori d’altra parte sono desiderosi che facciano una buona impressione agli esaminatori. Così che la Sala Gande somiglia ogni anno a un grande formicaio in quei giorni di giugno.

Tuttavia, in quel particolare anno, successe un fatto che negli anni successivi divenne quasi leggenda.

Si racconta che al risveglio nella Sala Comune di Corvonero mancassero dai propri letti tutti i giovani del terzo anno. Data l’aggressione subita da Elena Zabini qualche mese prima, la preoccupazione salì vertiginosamente tra gli studenti. Venne contattato immediatamente il Direttore della Casa, il vecchio Vitious, che diede il via alle ricerche con grande zelo.

La ricerca ebbe in realtà un esito molto rapido e fausto. In breve, i ragazzi vennero ritrovati sani e salvi, perfettamente ancorati alle pareti millenarie della Sala d’Ingresso.

I giovani Corvonero invocavano disperati aiuto a parecchi metri da terra. I professori si adoperarono per cercare di risolvere la situazione prima dell’arrivo degli esaminatori del Ministero, inutilmente, perché sembrava che si trattasse proprio di un Incantesimo di Adesione Permanente fatto ad arte.

I quattro, appesi come spaventapasseri, affermavano tra le lacrime di non sapere come fossero finiti lì, ricordavano solo di essersi coricati la sera prima e poi al loro risveglio di essersi ritrovati in quella posizione.

I più anziani ricordavano gli anni in cui Roxanne Weasley era stata una studentessa di quella scuola, e come nell’omertà generale i suoi nemici finissero a più riprese incollati per le mutande alle pareti della Sala d’Ingresso, a monito di tutti quelli che avessero osato sfidarla.

Ancora meno erano gli studenti che rammentavano che dovunque La Weasley incedesse col suo passo da generale, si poteva trovare accanto una ragazzina dai voluminosi ricci biondi e lo sguardo affilato.

Angelique sembrava molto rilassata e soddisfatta quella prima mattina di esami. Aveva un po’ di occhiaie, imputabili forse allo studio e allo stress, ma in generale tutte le sue movenze rimandavano una calma profonda, che sapeva tanto di vittoria.

James l’aveva vista immediatamente varcando la Sala Grande, dove pochissimi studenti si stavano godendo la colazione, poiché la stragrande maggioranza assisteva alle operazioni di salvataggio nella stanza adiacente. Si avvicinò al tavolo di Serpeverde dove Angie faceva colazione con Martha e Nana.

Lei sentendo i suoi passi alzò il viso e lo guardò avvicinarsi.

Quando se la trovò davanti inarcò vistosamente un sopracciglio.

“Gigì?” le chiese perfettamente consapevole che nessuna domanda avesse bisogno di essere formulata davanti a una firma così spudorata delle sue azioni.

Lei in risposta inclinò il capo sulla spalla e gli rivolse un sorriso smagliante:

“Jessy?!”

Aveva anche usato l’Oblivion su quei quattro sciagurati. Ne era certo.

Scosse sconsolato la testa e sorrise anche lui.

“Falli secchi oggi.” Le disse prima di voltarsi. Il sorriso di Angie si ridimensionò parecchio, per diventare più contenuto e determinato.

Dirigendosi verso il tavolo della propria Casa, James vide Lucy e Lily accasciate sui tavoli in pieno delirio da sonno, mentre Rose con gli appunti in mano tentava di sospingere caffè e toast verso di loro. Dom aveva dei cetrioli appoggiati sugli occhi e il volto rivolto verso il soffitto.

Ovviamente per quanto fosse talentuosa, Gigì non avrebbe mai agito da sola… E dopotutto quello non era forse il marchio di famiglia, come diceva sempre Roxanne?

Si sedette accanto a Dominique e aprì il libro di Difesa Contro le Arti Oscure. Lei gli fece una carezza sul polso come saluto e non si mosse di un millimetro per non far cadere le fette di cetriolo.

Mentre si versava il caffè vide entrare Tristan e Hugo. Il primo guardò insistentemente verso il tavolo di Serpeverde con una gratitudine che non gli aveva mai visto esprime prima. Sua sorella sorrise e gli fece l’occhiolino.

Quando arrivarono i ministeriali i giovani Corvonero erano stati rimossi dalle pareti, come tutti quelli a cui era toccata la stessa sorte, lasciando cioè sui muri i propri vestiti e la propria biancheria intima.

Per molti anni a venire si raccontò di quella esaminatrice che, osservando basita il muro su cui campeggiavano gli indumenti, chiese alla Preside di che cosa si trattasse. La Mcgranitt con la faccia di bronzo più colossale della storia rispose che fosse un’installazione di arte moderna.

E così ebbero inizio gli esami di fine anno.

 

 

Note dell’Autrice:

Eccomi di ritorno dopo un anno, come sempre non so nemmeno se qualcuno segua più questa storia, nel caso fosse così qui c’è un nuovo capitolo per voi!

Vorrei fare qualche precisazione sul fenomeno astronomico che ho descritto in questo capitolo: non esiste alcuna veridicità scientifica nella pioggia di comete dentro una Nebulosa! Le stelle cadente sono visibili in quanto corpi celesti che si disgregano passando nell’atmosfera della Terra. Non ho idea di che densità o composizione chimica ci sia nella Nebulosa della Laguna, mi sono solo immaginata il passaggio di tanti meteoriti in un panorama così incredibile. Spero mi perdoniate la “licenza fisica” che mi sono presa 😊.

Questo è volutamente un capitolo più leggero di quelli precedenti, anche se ho cercato di ricordarmi le sensazioni provate nelle mie notti prima degli esami, sia della maturità sia universitari, i dubbi sul futuro, la sensazione di possibilità infinite che si aprono davanti a te, le paure… Spero di essere riuscita a trasmettervele.

Un immenso grazie come sempre a: cescapadfoot, RTT, _Lunablack, leo99, carpethisdiem_, Shedir_, Cinthia988, cassidri e Manzcan, per aver commentato lo scorso capitolo e avermi fatto sapere che cosa ne pensavano.

Grazie a chiunque abbia letto anche questo capitolo.

Vi mando un abbraccio.

Bluelectra

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  
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