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Autore: Starfallen    19/03/2021    2 recensioni
Parigi 1780
Marinette è un esponente della nuova nobiltà -noblesse de robe - e come tale, lei e la sua famiglia sono trattati dagli esponenti dell'alta società parigina come gente di poco conto. Dovrà imparare a farsi strada tra gli intrighi e le maldicenze di quella che è si la corte più bella d'Europa ma allo stesso tempo un pericoloso covo di vipere.
Adrien Agreste, au contraire, ricco rampollo di una delle famiglie più in vista della corte, nato e cresciuto alla reggia di Versailles, mal sopporta gli obblighi che il suo titolo gli impone, pur sapendo di far parte di un mondo crudele, cerca in tutti i modi di evadere da quella scomoda realtà che pare idilliaca dall'esterno, ma è dura e spietata all'interno.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti
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Avvertenze:all’interno di questo capitolo in particolare è presente una scena forte riguardante il disturbo alimentare, e siccome vorrei tutelare i lettori più sensibili e dare la possibiltà a tutti di leggere il capitolo in tutta sicurezza ho deciso di contrassegnare questo e i successivi POV che conterranno scene forti con i quattro asterischi evidenziati in rosso (****) così i lettori più sensibili potranno scegliere se proseguire o saltare il capitolo in questione.
Graze per l’attenzione e buona lettura. 

 
 
****
  
Il cuore le batteva forte, sentiva le guance in fiamme, le mani sudate e le tremavano gambe mentre lui le faceva strada all’interno della stanza  palazzo, con una tale nonchalance ed eleganza che non la lasciò indifferente, come se fosse di sua proprietà. 
La fece accomodare su una sedia accanto al caminetto all’interno de la salle des Seigneurs, fece cenno ad un valletto che in tempo record accese un caldo fuoco.
Lo vide mentra dava disposizioni ad un altro servitore, però non capì di cosa si trattasse.
 
“Ora potete riscaldarvi mademoiselle, vi lascio.” – “Cosa fate? Ve ne andate e mi lasciate qui da sola?” Lo vide arrossire violentemente a quell’affermazione.
“Ma… mademoiselle d… dovete cambiarvi, non potete tenervi quei vestiti, sono fradici, rischiate di prendervi un malanno…” – “Ma io non ho vestiti di ricambio.”    
A quella sua affermazione lui sorrise, anche se ancora un po’ in imbarazzo: “Vi ho fatto prendere uno degli abiti che mia madre tiene qui perché pensavo voleste cambiarvi….”

 
˜
“Marinette? Marinette mi ascolti?” –la voce di Alya la riscosse da quel dolce ricordo. Nell’ultima settimana aveva pensato spesso a quello che era accaduto quel giorno, e soprattutto a quel giovane che lei aveva tanto biasimato dopo gli avvenimenti di Capodanno, ma che adesso lo vedeva sotto una luce completamente nuova. 
Era stato un vero cavaliere con lei, l’aveva aiutata senza chiedere niente in cambio e soprattutto senza approfittarsi della situazione.
 
“Tutto bene?”-le chiese la sua amica vedendola particolarmente distratta quella sera – Oui, sono solo sovrappensiero.”Disse guardando la sua amica dallo specchio.
Se ne stava con i gomiti appoggiati sul tavolo della toilette sorreggendo la testa con le mani, mentre Alya le pettinava i capelli e la preparava per la notte.
“Hai più fatto quella domanda a tua madre?” chiese a brucia pelo Alya con la sua solita curiosità: “S.. si, ma devo ancora decidere come prendere ciò che mi ha detto…” – “Perché cosa ti ha detto?” chiese la mora guardandola da di traverso dallo specchio: “Probabilmente lo stesso che ti ha detto tua madre.”Cercò di dissimulare meglio che potè, ma il suo tono la tradì completamente, facendo inevitabilmente insospettire Alya, a cui, come lei stessa ben sapeva, non sfuggiva mai niente.
 
Difatti l’occhiata che ricevette dalla sua amica fu particolarmente eloquente. “E sentiamo, come hai preso il fatto di non poterti lavare in quei giorni?”disse incrociando le braccia al petto e inarcando un sopracciglio:
“Come scusa?”si girò e la fissò sconvolta a quell’insinuazione: “Ah Ha! Lo sapevo, non hai chiesto niente a tua madre!” disse Alya con tono trionfale.
‘Beccata!’ pensò Marinette imbarazzata.
 
Erano trascorse alcune settimane da quando lei ed Alya erano andate da Nora, ma ancora non aveva avuto li coraggio di fare quella domanda a sua madre.
Diverse volte era stata sul punto di farlo, ma ogni volta le tornava in mente la reazione della sorella di Alya e la sua ostinazione a non volerne parlare, e questo le dava da pensare che fosse un argomento di cui era meglio non sapere niente.
Ma in realtà la curiosità continuava ad assillarla.
 
Abbassò rapidamente lo sguardo in imbarazzo, era assurdo come non le si potesse nascondere niente. 
“Perché non l’hai ancora fatto Marinette?” – “Io….” Si strinse nelle spalle a disagio, Alya sorrise dolcemente a quella sua reazione, capiva perfettamente il suo punto di vista e sapeva che quel discorso poteva sconvolgerla parecchio, però era giusto che sapesse.
“Oh tesoro, sarò sincera, l’argomento non sarà tra i tuoi preferiti, ma è giusto che tu sappia, perché ti serve sapere.” – “Ma di cosa si tratta, puoi almeno darmi un indizio?” Alya prese uno sgabellino e le si sedette vicino, le prese le mani tra le sue e fece un profondo respiro. 
“È una cosa del tutto naturale in realtà.” S’interruppe non sapendo come proseguire.
 
“Ti basti sapere che è qualcosa che dopo la prima volta che arriva, si ripresenta puntuale tutti i mesi, proprio come unmarquis.” – “E quando dovrebbe arrivare? Cosa mi devo mettere per riceverlo? Alya ridacchiò a quelle domande, Marinette s’indispettì appena, in fondo nemmeno lei era al corrente della cosa da molto tempo, e conoscendola probabilmente aveva fatto un bel terzo grado alla povera Marlene.
    
“È permesso? Nettie sono la mamma.” Sabine fece il suo ingresso nella camera della figlia, trovando le due giovani intente a parlare sorrise dolcemente.
 “Ho interrotto qualcosa?” – “No, affatto madame.” – Disse Alya alzandosi dallo sgabellino e facendole un inchino rispettoso – “Stavamo solo parlando, ma lei conosce la questione sicuramente meglio di me.”Marinette la guardò di traverso quando la sentì pronunziare quelle parole:“Tesoro, va pure a casa, finisco io di preparare mia figlia.” Disse dolcemente la donna ad Alya mentre si avvicinava alla figlia: “Marlene è giù nelle cucine che ti attende, non farla aspettare.” – sorrise dolcemente – Merci madame.” 
Alya le fece nuovamente un inchino, poi abbracciè l’amica – A demain mon amie!” – “A demain.
 
Una volta che Alya ebbe chiuso la porta dietro di lei Sabine prese la spazzola laccata in madreperla dal tavolo da toeletta e cominciò a spazolare dolcemente i lunghi capelli neri della figlia: Allor mon cœur, mi vuoi rendere partecipe dei vostri discorsi?” 
 

 
****
 
‘Accidenti Adrien dove ti sei cacciato?’Emilie camminava nervosamente avanti e indietro, il suo splendido abito verde damascato con decori in fili d’argento frusciava e il corto strascico danzava nell’aria da lei mossa, le scarpette di raso ticchettavano sulla pavimentazione scandendo il ritmo del suo nervosismo.
L’ultima volta che aveva visto il figlio quella mattina stava studiando, altro non gli aveva raccomandato di essere presente quella sera per la cena con tutta la famiglia Bourgeois.
 
Poi nel pomeriggio quando le era stato comunicato che si era recato in città, ma ormai erano trascorse diverse ore da quella comunicazione, la donna cominciava a preoccuparsi, soprattutto perché temeva la reazione di Gabriel.
“Emilie sei pronta?” Gabriel entrò nella sua stanza regolandosi il bavero del giustacuore: Oui mon amour.” Gli si avvicinò sistemandogli il fazzoletto che portava al collo, gli sorrise e gli lasciò un bacio all’angolo della bocca per addolcirlo. 
 
“Dov’è Adrien?” eccola, la domanda che tanto temeva: “È… arriverà presto, gli ho chiesto un favore.” Gli strizzò l’occhio, sperando di convincerlo. Gabriel mostrò appena un’espressione seccata, ma sembrò credere al fatto che l’assenza di Adrien fosse dovuta a lei.   
“Cominciamo, lui non tarderà.” Disse la donna con fare millefluo, prendendo le mani del marito e pregando per un tempestivo ritorno del figlio.
 

 
˜
La cena stava ormai volgendo al termine, e di Adrien ancora non vi era traccia, la donna cominciava ad essere davvero agitata per una miriadi di ragioni diverse. Suo figlio era sparito e Gabriel era sempre più insofferente alla sua assenza ed Emilie lo sapeva bene, all’apparenza sembrava conversare tranquillamente con Bourgeois, ma lei sapeva benissimo che in realtà era la calma prima della tempesta.
 
Le mani della donna erano sotto il tavolo e stropicciavano compulsivamente i lembi della tovaglia, mentre ascoltava – o almeno ci provava – i vuoti discorsi di Audrey Bourgeois su quanto avesse trovato ridicola l’idea avuta da Raumont sulla disposizione dei pulpiti nel teatrino privato della regina al Trianon.
 
Guardò Gabriel, mentre sorseggiava il vino con calma apparente, ma nemmeno lei sapeva bene cosa gli stesse passando per la mente.
Si girò a guardare Chloé, che se ne stava buona buona seduta composta al suo posto, aveva ancora dei ceci nel piatto, e ne stava facedo rotolare distrattamente uno avanti e indietro con la forchetta. 
Chlodettefiniscila di giocare col cibo! Non hai più cinque anni!” – la riprese Audrey con voce isterica, che incrinò parecchio l’atmosfera.
 
“Chloé, tesoro, stanno arrivando i dolci, gradisci la mousse al cioccolato o la torta al limone?” la ragazza non fece intempo a parlare che subito la madre s’intromise: “Nessuno dei due! Emelie tesoro, hai visto quant’è in sovrappeso Clarisse?” – “Audrey cara….” – “Taci Andrè!”
Emilie fece slittare lo sguardo da Chloé ad Audrey, quella donna era in torto, la ragazza era perfettamente in linea con il fisico che avrebbe dovuto avere una giovane della sua età, anzi forse era anche troppo asciutta.
 
Guardò Audrey e si costrinse a sorriderle: “Ma chereAudey, il dolce non lo si nega mai a nessuno, o mi sbaglio?” – Chloé la guardava come se le avesse detto la cosa che più voleva sentirsi dire, le strizzò un’occhio complice – “Quindi.”
Fece cenno al servitore di servire alla giovane la mousse, ma con lo sguardo vide Audrey fulminare la figlia.
Je vous remercie madame, ma sono satura di cibo. Non ho più appetito.”Ma un gorgoglio proveniente dal suo stomaco rivelò la verità.
 
Vide la giovane spalancare gli occhi imbarazzata: Je suis vraiment désolé…” – “AH! Sei sempre la solita!” disse la donna stizzita, Chloé era mortificata, ed Emilie dispiaciutissima per quella povera ragazza.
Voleva credere che quella donna non fosse diretta discendente di qualche strega sfuggita ai roghi di Salem, ma ogni volta che apriva bocca le confermava il contrario.
 
Guardò dispiaciuta la povera Chloé. Per rimediare a quella penosa scena appena messa in piedi da sua madre decise che l’indomani le avrebbe inviato una partecipazione per prendere insieme il thè. 
E chissà, magari avrebbe presenziato anche Adrien.
 

 
****
 
Camminava avanti e indietro davanti a quella porticina da ormai diverso tempo. Era nervoso, molto nervoso, non aveva mai fatto una cosa del genere e si rendeva perfettamente conto che la sua azione era un rischio sotto tutti i fronti, ma da quando si erano chiariti avevano parlato di molte cose e aveva scoperto che anche lei aveva di recente preso parte ad un ballo in maschera all’Operà.
 
Il suo cuore aveva perso un battito a quella rivelazione e qualcosa nella sua mente era scattato, come una molla quando lei l’aveva paragonato ad un gatto nero.
Un dubbio assillante gli martellava nella testa da giorni, doveva sapere se era leiquella sera, doveva avere delle risposte perché non riusciva a smettere di pensare a quella giovane incontrata al ballo in maschera, e Marinette gli era sembrata così somigliante, non solo nell’aspetto, ma anche per come si sentiva quando le stava vicino.
 
Per questo si trovava li, con indosso quell’uniforme da moschettiere nera, con cappello in velluto e piuma annessi, in mano aveva la maschera che doveva ancora indossare, per il resto era esattamente la stessa mise che aveva indossato quella sera. 
Non aveva osato chiederle nulla, e onestamente si continuava a domandare anche lui il perché, dopotutto sarebbe stato più facile che entrarle in casa in quel modo. 
Ma ormai quello che era fatto era fatto, e magari se l’avesse visto e riconosciuto dandogli così la sua conferma, in caso contrario avrebbe dovuto ricominciare la sua ricerca dall’inizio.
Prese coraggio, indossò la maschera ed entrò.

 
˜
La fortuna gli aveva sorriso quella sera, perché dopo pochi istanti dal suo arrivo l’aveva vista spuntare dalle porte che davano sul giardino.
Era adata a sedersi sul bordo della fontana, ma aveva un’aria strana, sembrava sovrappensiero, quasi turbata.
 
Mentre la osservava, nascosto dietro i cespugli si chiese cosa poteva esserle successo. Stava staccando le corolle di margherite che crescevano ai piedi della fontana per metterle nell’acqua.
Dopo averne staccate un paio immerse la mano e iniziò a muovere delicatamente l’acqua.  
Era il momento giusto per agire, si mosse, cercando di uscire dal cespuglio, adagio, cercando di non farsi sentire, per non spaventarla.
 
Aveva fatto appena qualche passo verso di lei quando: “Nettie, tesoro, sei in giardino?” – “Oui maman! Sono alla fontana.”
‘Maledizione!’ pensò Adiren. 
“Tesoro, tutto bene?” vide la donna avvcinarsi alla figlia, e con premura l’avvolse in un caldo scialle, abbracciandola dolcemente.
“Oui maman, sono solo…” – “È per ciò di cui abbiamo parlato?”
Lei annuì timidamente: Oh mon cœur, non hai motivo di preoccuparti. M'auras toujours pour t'aider!” 
 
Chissà di cosa avevano discusso, di qualunque cosa si trattasse l’aveva turbata molto, e il modo dolce in cui la donna stava consolando la figlia gli ricordava molto come sua madre cofortava lui.
Sorrise a quel pensiero.
“Forza tesoro.” – disse la donna alzandosi – È ora di andare a dormire.” - “Posso restare solo cinque minuti?” chiese lei con fare innocente.
La donna le sorrise caldamente, e accarezzò teneramente una guancia della figlia: “E va bene, ma solo cinque minuti, passerò in camera tua a darti la buonanotte e voglio trovarti sotto le coperte.” – “Grazie, grazie mamma!” si alzò per farsi abbracciare dalla madre, per poi risedersi.
 
Osservò la donna andare via, ma quando fu finalmente lontana esitò visto che Marinette era già turbata da se, non voleva essere causa di altri dissesti. Ma il destino decise per lui quella sera.
Un lembo della sua camicia rimase impigliato in un ramo infido che prima lo costrinse a tornare indietro e poi, non contento, gli squarciò la camiciola ferendogli leggermente una spalla.
Non aspettandosi tutto ciò Adrien emise un rantolo, abbastanza forte da essere udito dalla ragazza che inevitabilmente si spaventò.
Qui est là?” chiese con esitazione, ma anche con un’incredibile fermezza.
 
Mademoiselle, mademoisellenon vi allarmate.” – “Chi siete?” Era riuscito ad allarmarla, si liberò dai rami e le si palesò.
Lei si era alzata in piedi stringendosi addosso le peignoir*di broccato rosa per coprirsi, era si spaventata, ma leggeva una particolare determinazione i quegli occhi cristallini.
N'ayez pas peur mademoiselle, je suois seul…” – “Un Chat!”
 
Come l’aveva chiamato? “Chi siete? Che cosa volete? Denaro?” Era molto nervosa, doveva solo riuscire a calmarla.
“No, è solo che…” poi un lampo di genio, colse una rosa arancione e, con movimenti lenti e controllati le si avvicinò. 
Quando le fu vicino le si inchinò, porgendole la rosa che brillava sotto la fioca luce di una torcia posta in lontananza. 
Alzò lo sguardo verso di lei, che ormai lo fissava attonita, si soffermò sul suo splendido viso. I capelli, lunghi e neri erano raccolti in una treccia che le ricadeva morbida sul davanti, gli occhi azzuri che ancora lo fissavano incerti, svettavano da lui alla rosa, quasi poteva vedere i pensieri formarsi in quella graziosa testolina.
Cercò di sbloccare la situazione: À la plus gracieux.” In uno slancio d’audacia azzardò un occhiolino, che la fece arrossare le gote.
La trovò adorabile: “Pensate di confondermi?” – in che senso? – “Il dilemma della mela**con una rosa gialla, pittosto banale, monsieur?”   
Adrien sorrise mestamente a quell’osservazione acuta: “Su una cosa avete torto, mademoiselle.” – lei lo guardò appena accigliata, ma lui proseguì ugualmente – “Si tratta di una rosa arancione.” La esibì meglio alla luce.
“E queste rose vanno date solamente à la plus gracieux.” Disse quelle parole con estrema naturalezza, quasi se ne stupì lui stesso.
La vide rivolgerli uno sguardo decisamente non convinto: “E voi mademoiselle, lo siete.”“V… voi non siete qui per questo monsieur.” Disse esitante.
Lui restò spiazzato, in fondo le aveva detto il vero, era li per lei e per scopre se fosse effettivamente lei la ragazza a quella festa.
“Ho detto il vero mademoiselle, vi ho vista l’altra sera ad una festa in città, e non ho saputo resistevi.” Lei si era ammutolita, vedeva i suoi occhi muoversi da un lato all’altro fissando un punto indefinito del pavimento. Probabilmente stava cercando di capire, lui allora optò per un approccio più diretto, voleva vedere l’effetto che avrebbe sortito il suo gesto .
Le si avvicinò ulteriormente, s’inginocchiò al suo cospetto e le prese delicatamente la mano, tenendo lo sguardo fisso sui suoi occhi, cercado di trasmetterle sicurezza, l’ultima cosa che voleva era farla spaventare.
Portò la sua candida e piccola mano alle proprie labbra, sfiorandola appena con le labbra.
La sentì tremare ma non la ritrasse. Quando alzò lo sguardo su di lei aveva gli occhi sgranati e le gote ancora più arrossate, era quasi la stessa espressione che aveva quella sera.
“Nettie, sei ancora in giardino?” sobbalzarono entrambi sentendo la voce della madre di lei che la richiamava in casa. 

Lei non rispose, e preoccupato di darle problemi decise che era arrivato il momento di ritirarsi, lasciò la rosa tra le sue mani, ma non prima di averle lasciato un ultimo bacio sul dorso: Ce fut un plaisir, mademoiselle!”
Le strizzò un occhio e si dileguò nell’ombra della notte, lasciando la ragazza ammutolita e visibilmente confusa.
 
  
****
 
Chloé chiuse quasi sbattendo la porta della sua stanza si buttò sul letto, era da quando aveva avuto conferma del fatto che Adrien non si sarebbe presentato alla cena di quella sera che sentiva le lacrime pizzicarle gli occhi.
Affondò la faccia nel cuscino e lasciò le lacrime libere di scorrerle lungo le guance e sul cuscino.
 
Dopo poco sentì bussare alla porta: Un moment.” Si alzò di scatto e si asciugò in fretta le lacrime, prese il fazzoletto di lino dalla tasca del vestito e vi si soffiò il naso.
Si mise seduta composta, inspirò profondamente, riprese tutto il suo contegno e poi esordì: Avant!” – Mademoiselle .” Jean Marc entrò con un vassoio tra le mani.
 
“Avete portato tutto?” –monsieur Jean annuì e si diresse verso il tavolino posizionato vicino al caminetto – “Merci, ora andate chiamare Sabrina!” si avvicinò al tavolino e sollevò la chloche ed esaminò ciò che vi si trovava sotto. ‘Perfetto’ sorrise amaramente guardando il contenuto.
Quando Sabrina fece il suo ingresso richiuse la chloche e lasciò che la sua cameriera la spogliasse dall’abito all’andrienne in broccato indaco indossato, inutilmente, per piacere ad Adrien alla cena di quella sera.
Sabrina la aiutò ad uscire dall’abito, che poi adagiò sulla chaise lounge, sciolse i lacci che tenevano legato l’imponente panier, poi passò al corsetto.
 
Quando rimase solo con la camiciola, Sabrina andò a prenderle la veste da notte e Chloé ne approfittò per osservarsi allo specchio. Si lisciò la camiciola, dapprima semplicemente guardandosi, poi comiciò a stringersi addosso la camicia, per vedere eventuali pinti in cui il suo corpo faceva difetto.
Nulla di quello che vide le piacque.
 
“Su, sbrigati Sabrina! Si può sapere quanto ti ci vuole?” cominciava a stizzirsi della lentezza della sua domestica. La poverina affrettò il passo per raggiungere la sua signora, con la camicia da notte e la peignoirin seta gialla.
Una volta che Sabrina le ebbe cambiato la camiciola da giorno con quella da notte, e acconciato i capelli per la notte, Chloé la congedò in modo scostante.
 
Rimase nuovamente sola, a fissare il suo riflesso nelllo specchio del tavolo da toletta, il fuoco crepitava timidamete nel caminetto emanando un soffice tepore.
Improvvisamente una lacrima solitaria le rigò il nuovamente il viso, e la malinconia s’impssessò nuovamente di lei.
Poi successe tutto in un attimo, si alzò di scatto, facendo quasi cadere la sedia e con poche falcate raggiunse il tavolino su cui era stata lasciata la chloche.
 
Scoperchiò con violenza in vassoio rivelando la grossa torta al cioccolato ricoperta di crema e panna montata che vi era sotto.
Impugnò decisa la forchetta e cominciò a mangiare con foga istintiva, quasi rabbiosa, riversando sul dolce tutta la rabbia e la frustrazione che provava, e che aveva tenuto dentro per tutta la sera, come se divorare nervosamente quel dolce potesse in qualche modo liberarla.
 
Dopo una manciata di minuti della torta era rimasto solo il ricordo, la ragazza era ora rannicchiata sotto il tavolino, la faccia sporca di torta e gli occhi ancora pieni di lacrime. Cos’aveva fatto? Ora nella sua testa i sensi di colpa si andavano sommando alla frustrazione, i suoi pensieri vortricavano nella sua mente e più il tempo scorreva più la colpa le cresceva dentro.
 
Si diresse verso il letto, da cui estrasse il vaso da notte, poi si diresse nuovamente al tavolino, prese la saliera ed un cucchiaino e lo portò alla toletta dove vi erano una caraffa con un bicchiere di cristallo, lo riempì, poi immerse il cucchiaino d’argento nella saliera e lo riversò nel bicchiere, non era la prima volta che lo faceva, e ogni volta che ripeteva quei gesti si sentiva sempre in una sorta di trance.
Girò per qualche secondo il composto, e mandò giù.
 
Sentì il sale raschiarle la gola, e poco dopo arrivò anche l’altro sintomo. Un forte gorgoglio e un conato proveniente direttamente dallo stomaco la fece scattare, si portò una mano alla bocca per evitare di rimettere sul pavimento, e si diresse di corsa vrso il vaso da notte, dove si piegò liberandosi di quel peso.
 
Rimase li piegata finchè non si liberò di tutto. Una volta finito si rialzò, svuotò il restante contenuto del bicchiere nel vaso da notte e si versò un nuovo sorso per sciacquarsi la bocca. Non si sentiva meglio, ma peggio, ora alla frustrazione e alla tristezza si sommavano i crampi allo stomaco.
Si strinse lo stomaco e si adagiò sul suo letto e si rannicchiò su di un lato, afferrò il suo orsacchiotto di pezza e lo strinse al cuore.
Quella notte si addormentò così.
 

 
****
 
*peignoir = vestaglia 
 
**Citazione dal mito delle nozze di Peleo e Teti, con la rosa al posto della mela. 
 
 
Convenevoli finali
 
Eccomi nuovamente da voi, so che è quasi passato un mese dal mio ultimo aggiornamento, purtroppo ho davvero poco tempo in questo periodo, e credetemi, stando molto poco a casa causa “scuola” – tutto il mondo in DAD io in presenza per farvi comprendere la mia situazione – che mi sta impegnando otto ore al giorno di lezioni più un’oretta buona sia all’andata che al ritorno, sto avendo davvero poco tempo per revisionare i capitoli, quindi sinceramente, non so quando potrebbe arrivare il prossimo.
 
Ma tornando al presente, spero davvero che il capitolo vi sia piaciuto, nonostante la scena forte che spero non abbia creato disagi a nessuno.
Chloé è forse il mio personaggio preferito della serie e anche li, sono assolutamente convinta che la maggior parte dei problemi che abbia siano dovuti alla madre, ovviamente qui è sviluppata su un piano differente, e  - so che l’ho già detto altre volte – presto capiremo perché. 
 
Non posso dirvi tutto subito, se no che gusto ci sarebbe? >.<
 
Abbiamo anche una dolce scenetta Marichat che è la parte più dolce di tutto il capitolo, mi è piaciuto proprio tanto scriverla, nonostante la mia preferita del quadrilatero è un’altra.
 
Spero di aver soddisfatto le vostre aspettative e soprattutto di e spero che perdonerete il ritardo e le future – e si spera sporadiche – lunghe attese.
Fatemi assolutmente sapere cosa ne pensate, e noi ci rivediamo come sempre al prossimo captolo!
Un bacione
 
Starfallen
   
 
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