Anime & Manga > Saiyuki
Ricorda la storia  |      
Autore: Mash    21/03/2021    0 recensioni
Modern!AU su un primo fantomatico incontro tra Gojo e Hakkai, ognuno con problemi diversi, uno cacciato dopo l'ennesimo litigio con sua madre e l'altro triste e malinconico per aver perso l'amore della sua vita.
Genere: Angst, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Cho Hakkai, Sha Gojyo
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Questa storia partecipa al COWT11
M1 Litigio - “Leave. Leave Right now.”

.La malinconia di quegli occhi.


-Vattene! Vai subito immediatamente fuori da questa casa, sporco bastardo!- esclamò la donna puntando con il dito smaltato la porta del proprio appartamento e lanciando sguardi di fuoco al giovane di fronte a lei che continuava a guardarla senza far trasparire alcuna emozione di fastidio sul volto.
Quello, assumendo un ghigno divertito in volto, prese l’accendino, il pacchetto di sigarette e uscì dall’appartamento biascicando, rivolto alla donna:-Va bene… Vado fuori da questa casa di merda.- una volta uscito, chiuse la porta, non con violenza o astio nei confronti di sua madre, più che altro con fastidio e con quasi una certa fretta di allontanarsi da quel posto.
Era ormai abituato a quel trattamento. Abituato ai loro infiniti litigi per le minime sciocchezze. In fondo, un bastardo lo era davvero, non poteva evitare di essere chiamato così dalla donna che gli aveva comunque dato la vita. Un bastardo che non sarebbe mai dovuto nascere. Appoggiato con la schiena sulla porta, iniziò a sentire i primi singhiozzi affiorare dalle labbra di sua madre. Odiava sentirla piangere. E a causa di ciò, odiava sentir piangere una qualsiasi donna. Il perché poi era inspiegabile anche a lui.
Si staccò dalla porta camminando svelto per uscire dall’impianto di case popolari in cui abitava insieme a sua madre e a suo fratello maggiore, anche se ormai erano rimasti solo lui e sua madre, dato che il fratello non tornava a casa per settimane intere, a causa del lavoro in cui si era trovato invischiato con la malavita, lasciandolo solo con quella donna che sfogava tutto il suo odio e la sua frustrazione su di lui.
Sospirò. Almeno adesso che era cresciuto non osava più picchiarlo fino a fargli male.
Forse non sarebbe mai dovuto venire al mondo. O forse era ormai arrivato il momento di andare via da quella casa. Vivere per conto suo. Rinnegare tutto. Il passato… suo fratello e… sua madre che aveva permesso alla sua vita di cominciare, nonostante non lo volesse perché frutto di una violenza che aveva subito.
Continuando imperterrito a mantenere quel suo falso ghigno divertito, si portò una sigaretta alle labbra, accendendola. Arrivando poi al basso cancelletto lo scavalcò con un semplice balzo per poi sbandare lungo la strada deserta. La zona in cui abitava era frequentata per di più da persone che non potevano permettersi posti migliori in cui vivere, molto spesso si incontravano anche delinquenti e immigrati che si nascondevano in quella zona malfamata perché non avevano il permesso di soggiorno.
Si poteva dire che non abitava in una zona rispettabile.
La maggior parte delle persone era sempre rintanata in casa, cercando di non destare l’attenzione dei vicini, quindi l’idea che qualcuno potesse notarlo o preoccuparsi per lui era da escludere. Avrebbe fatto due passi. Magari, avrebbe persino trovato una donna per la serata e avrebbe passato la notte con lei, non tornando a casa se non la mattina dopo.
Già, proprio come da routine. Affogare i dispiaceri nel corpo di una bella donna. Era proprio quello che gli ci voleva in quel momento.
Un leggero singhiozzo attirò la sua attenzione, distogliendolo dai suoi piani. Non era comune che qualcuno girasse per quelle strade e a quell’ora. Si guardò intorno incuriosito, deciso a incontrare la fonte di quel rumore e capire cosa stesse facendo. Piangeva? Era un pianto così basso che sembrava quasi un sussurro lamentoso, come un bambino che sa di aver fatto una malefatta, ma non vuole ammetterlo e si nasconde ripensando al suo gesto, piangendo.
A quell’ora però non poteva trattarsi di un bambino. Chi piangeva in quella maniera credendo di essere solo? Di notte, per strada, in una via dove sarebbe potuto accadere qualunque cosa in qualsiasi momento?
Poteva solo essere uno stupido.
Alla fine lo trovò.
Era un ammasso scuro, raggomitolato su se stesso, con la testa nascosta tra le ginocchia e i capelli scarmigliati. La luce del lampione illuminava la sua figura per metà, gettando una leggera ombra sul colore effettivo dei suoi abiti. Non lo capì mai, ma s’interrogò molto nei giorni successivi sul perché si avvicinò a quella figura. Forse per curiosità, o forse solo attirato dal pianto di qualcuno, ancora in colpa per il pianto di sua madre e di non essere riuscito a esserle di sostegno… Di certo i suoi problemi non sarebbero iniziati se avesse fatto finta di non vederlo e fosse passato oltre.
-Ehi… Tutto bene?- domandò il giovane con una nota preoccupata nella voce.
La testa della figura sobbalzò al suono della sua voce e ci fu un impercettibile movimento che fece scuotere la testa ancora invisibile all’altro, si portò quindi una mano sul viso e la passò sugli occhi, cercando di cancellare le tracce delle sue lacrime. Qualche secondo dopo, non dicendo ancora niente, la sua testa si alzò, mostrando il volto di un giovane che sembrava avere circa la sua stessa età. Il ragazzo dai capelli rossi si fissò sulla scia trasparente che partiva dai suoi occhi, ancora in penombra, e finiva leggera fin sotto il mento. Sebbene avesse cercato di nasconderla, si riusciva ancora a vedere perfettamente, come se lo strofinarla avesse solo aumentato il grado di visibilità. Nonostante il segno delle lacrime appena versate, il volto del giovane aveva un’espressione serena e in quel momento sorrideva.
-Sì. Mh… Non si preoccupi per me. È tutto a posto.- disse mantenendo quell’espressione di finta allegria e mostrandosi ancora di più alla luce del lampione.
Spiazzato dal suo essere così socievole, si sentì quasi in colpa di aver fatto quella domanda, impicciandosi in una faccenda che non lo riguardava.
-Ah. Io… Beh, credevo che… Cioè, ho sentito qualcuno che singhiozzava e quindi…- l’altro fissò il giovane che sotto la luce si era rivelato maggiormente. Il suo sguardo fu catturato da quello dell’altro. Aveva degli occhi di un freddo colore verde smeraldo, che riuscivano a donargli un’aria intelligente e acuta, li trovò stranamente belli. Fissò quegli occhi per svariati secondi, cercando di capire quello che l’altro stava provando in quel momento.
Sembravano così tristi nonostante la sua espressione tentasse di esprimere il contrario. Erano… Erano proprio come i suoi, malinconici.
Il ragazzo dagli occhi verdi si alzò in piedi passandosi per qualche istante le mani sui pantaloni e interrompendo il contatto che l’altro aveva stabilito con lui. Quando tornò a guardarlo, il suo volto aveva perso la tristezza che sembrava mascherare all’inizio e il suo finto sorriso avrebbe potuto ingannare chiunque, persino lui. Se non l’avesse sentito poco prima  piangere e non avesse visto poco prima quell’accenno di malinconia, di certo non avrebbe mai pensato che potesse avere qualche problema a turbarlo.
Sembra una persona normalissima, come faceva a mettere su una simile maschera?
-Sa che fumare fa male? – domandò il giovane prendendo la sigaretta che l’altro aveva tra le labbra e buttandola a terra senza dare nessun’altra spiegazione.
-Ehi… Ma… - esclamò, osservandolo pestare la sua sigaretta non ancora finita.
-Beh non importa.- concluse, alzando le spalle prendendo il pacchetto di sigarette:-Direi che non sono affari tuoi se fumare fa stare male qualcuno che nemmeno conosci.-
-Ha ragione.- disse l’altro alzando le spalle ridacchiando leggermente per poi tornare serio un attimo dopo:-Io sono Cho… Hakkai, mi chiami solo Hakkai.- disse porgendogli la mano destra mantenendo ancora quel sorriso.
Fissandolo senza parole il giovane strinse per riflesso la mano dell’altro, sorridendo subito dopo e presentandosi a sua volta:-Sha Gojyo! Piacere di fare la tua conoscenza Hakkai!- disse non indagando sul nome celato dall’altro. In fondo, non erano affari suoi.
-Ora posso interessarmi alla sua salute signor Gojyo. E le ripeto che fumare non fa per niente bene.- disse Hakkai con un tono cordiale e un sorriso innocente sul volto.
Si fissarono per un paio di istanti. Che tipo assurdo che aveva incontrato. Si preoccupava della sua salute invece di occuparsi dei suoi problemi? Si sedette sul marciapiede, dove poco prima Hakkai era raggomitolato e si accese un’altra sigaretta.
Fregandosene di quelle parole e della preoccupazione dell’altro.
-Non m’interessa la mia salute. Potrei anche morire, tanto nessuno verrebbe a piangere per me. E comunque, fumare mi piace e mi rilassa. Non riuscirei a smettere neanche volendo.-
Hakkai senza fare alcuna domanda si sedette accanto al giovane appena incontrato senza aggiungere niente al discorso dell’altro, rimanendo in silenzio e portando il volto verso il cielo per qualche minuto.
-Sarebbe bello poter vedere qualche stella su questo cielo così scuro.- disse cambiando discorso, ignorando la frase precedente, come se ormai la loro conversazione si fosse trasformata in una chiacchierata di due amici che non si vedevano da troppo tempo.
-Mh…? Purtroppo la cappa di questa merda di città non permette alle stelle di mostrarsi. Ma, davvero… Non sarebbe male vedere una stella una volta ogni tanto su questo schifo di cielo.- rispose Goyjo buttando la sigaretta ormai finita e spegnendola con la suola della scarpa.
-Sicuramente ci sarà un posto in cui le stelle si vedono alla perfezione.- disse Hakkai con il tono di uno che voleva liquidare il discorso con quell’ultima battuta. Gojyo si fissò nuovamente a guardarlo in volto. Gli occhi verdi di nuovo riaperti che fissavano il cielo scuro e nuvoloso, trovando ancora una volta quella malinconia che conosceva bene. Una tristezza che apparteneva anche a lui.
 
Dopo il primo incontro con Hakkai, Goyjo non l’aveva più rivisto. I primi giorni aveva pensato un po’ a quel tipo che aveva incontrato, ma alla fine il ricordo di quegli occhi verdi e le sue lacrime era tutto quello che gli era rimasto dell’altro. Non l’aveva cercato, anche perché se l’avesse cercato non avrebbe mai saputo dove farlo e non era nemmeno più tornato a controllare il posto dove la prima volta l’aveva visto, nonostante la tentazione.
Almeno fino a quel momento. Alla fine questa aveva preso il sopravvento, ed era tornato dopo quasi un mese sui suoi stessi passi, cacciato nuovamente dalla propria dimora con una delle solite scenate da parte di sua madre. La solita routine. Ormai nemmeno si preoccupava più di quello che gli diceva. Forse avrebbe fatto veramente meglio a seguire le sue parole e non tornare più a casa.
Fu una sorpresa rincontrarlo di nuovo nello stesso posto in cui si erano visti per la prima volta. Sembrava come se il tempo fosse tornato indietro. La scena che aveva davanti sembra l’esatta riproduzione del mese scorso. C’era Hakkai, raggomitolato su se stesso e il leggero bagliore del lampione che lo illuminava.
-Guarda, guarda chi si vede…- sussurrò il giovane all’altro con la testa ancora una volta tra le ginocchia che si alzò subito al suono di quella voce, forse sorpreso anch’egli di sentire quel timbro familiare.
-Signor Gojyo… Non pensavo di rincontrarla di nuovo qui.- disse l’altro con un sorriso sul volto. Gojyo lo fissò, stupito che si ricordasse il suo nome. Gli occhi scarlatti puntati in quelli verdi dell’altro, cercò un possibile segno di lacrime, ma quel giorno non ne trovò.
-Smettila di chiamarmi “Signor Gojyo” e di darmi del “lei”. Non sono mica così vecchio, sai?- sbuffò passandosi poi una mano dietro i capelli per poi grattarsi nervosamente il collo. L’altro sorrise, divertito per l’espressione quasi offesa che il rosso mise su e annuì.
-Non volevo offendere, ma solo essere cortese.- gli sorrise sincero.
-Comunque, che cosa ci fai in giro a quest’ora, non sai che è pericoloso questo quartiere, specialmente di notte? La prima volta può essere una coincidenza, ma, la seconda…-
-Niente. Volevo semplicemente prendere una boccata d’aria. – disse l’altro liquidando il discorso: -Lei invece?-
Gojyo sbuffò per l’ennesima volta a sentirsi dare del lei.
-Mi dispiace… - Hakkai sorrise per l’espressione quasi offesa dell’altro.
Pensava fosse strano. Di solito le altre persone non gli dicevano di smettere di dargli del lei. Anche se ammetteva che non era un tipo che si circondava di amici, e le persone che frequentava erano per di più conoscenti a cui doveva un minimo di rispetto. Quel ragazzo era diverso dalle persone a cui era abituato. Era cordiale, informale, e di certo non sembrava importargli di ricevere del rispetto, anzi, una parte di lui era convinto che quel giovane dai capelli scarlatti pensasse che non meritasse alcun tipo di rispetto:-… Gojyo.- aggiunse.
-Vedi? Non è poi così difficile.- disse il rosso prendendo una sigaretta, senza però accenderla subito, osservandola come fosse un piccolo tesoro.
-Come mai siete in giro a quest’ora?- passare a non dargli del lei era complicato, ma con un po’ di esercizio ci sarebbe riuscito.
Gojyo sospirò alzando le spalle. Quel tipo era proprio irrecuperabile: -Evito che un tipo come te possa commettere qualche sciocchezza.- disse sarcastico agitando la sigaretta nella sua direzione.
-Un tipo come me?-
-Esattamente.- la voce del ragazzo si fece come più seria: -Sai, i tuoi occhi… È come se supplicassero per avere un po’ di compagnia. Come se non volessero, come se tu non volessi, stare da solo.- concluse accendendosi la sigaretta.
Hakkai abbassò lo sguardo. Non voleva rimanere da solo, su questo aveva ragione l’altro. Però… la persona con cui voleva stare non poteva più stargli accanto.
Gettò un’occhiata verso l’altro, poi tornò a guardare verso l’alto, il cielo che non aveva ancora alcuna stella che brillava per loro.
-Vorrei poter vedere qualche stella.- sussurrò, prima che una lacrima gli scivolasse sulla guancia. Gojyo si girò verso di lui. Piangeva di nuovo. Sentì una strana fitta al petto nel vedere quella lacrima solcare il suo volto.
Si alzò in piedi e si rivolse verso di lui.
-Conosco un posto qui vicino in cui è possibile vederle.-
Hakkai accennò un piccolo sorriso, incredulo per le sue parole: -Davvero?- chiese speranzoso.
L’altro annuì e gli tese una mano.
-Vieni con me, ti porterò a vedere le stelle.-
Hakkai prese la mano che l’altro gli porgeva e lo seguì per i vicoli bui della città. Corsero per circa un’ora senza mai fermarsi, come se una forza sovrannaturale gli stesse dando la caccia, come se la morte stessa fosse loro alle calcagna, in attesa di poterli prendere con sé.
Infine, affaticati e con il fiatone, arrivarono in quella che sembrava una radura di campagna, senza più case, strade e macchine che sfrecciavano con gli abbaglianti. Persino i lampioni in quella zona erano molto radi e il giovane dai capelli rossi lo portò fino a un punto in cui l’oscurità era tutto quello che avevano intorno.
-Siamo arrivati.- disse, riprendendo fiato buttandosi nell’erba, mentre il volto osservava già il cielo e il petto si alzava e abbassava velocemente.
Hakkai si lasciò cadere in ginocchio accanto a lui, riprendendo fiato, distrutto per la corsa che avevano fatto ma un sorriso sul volto.
-Dove mi hai trascinato?- chiese, mentre si girava dall’altro lato, osservandolo.
-Invece di guardare me, guarda verso l’alto. Non volevi vedere le stelle?- domandò retorico: -Beh, ti ho portato nel posto migliore in questa città di merda in cui vederle.- aggiunse, un sorriso sul volto e il respiro tornato regolare.
Hakkai alzò lo sguardo verso l’alto e i suoi occhi verdi brillarono del riflesso delle numerose stelle che punteggiavano il cielo scuro.
Era senza parole, nel petto un calore che pensava non avrebbe mai più provato dentro di lui.
-Grazie…- sussurrò, mentre sul suo viso scendeva velocemente un’altra lacrima.
Gojyo non se la fece scappare: -Non volevo rattristarti, pensavo di farti trovare un minimo di serenità mostrandoti le stelle…-
Hakkai scosse la testa: -No, devo solo ringraziarti per avermi permesso di vedere di nuovo le stelle. Era una promessa che le avevo fatto…-
-Una promessa?- chiese il giovane.
Hakkai, si sdraiò sul prato accanto a lui, continuando a guardare il cielo stellato, portando una mano al petto, quasi a controllare il battito del proprio cuore.
-La donna che amavo è morta.- disse a bruciapelo, lasciando Gojyo a bocca aperta, facendogli sgranare gli occhi scarlatti: -Noi… eravamo fuggiti insieme perché il nostro era un amore che non avrebbe mai portato alcun beneficio alla nostra famiglia, ma si è ammalata ed è morta due mesi fa.-
-Mi dispiace…- sussurrò Gojyo, non sapendo cosa dire a quella rivelazione. Non credeva che l’altro si aprisse in quel modo con lui, che alla fine era solo uno sconosciuto.
-Le ho promesso che l’avrei ricercata nelle stelle. Sai… si dice che una volta morti la nostra anima voli in cielo e si fonda a una stella, così da poter controllare dall’alto i cari che abbiamo lasciato sulla terra.-
L’altro non aveva mai sentito una storia simile, ma chi era lui per impedirgli di credere in ciò che l’altro aveva bisogno?
-Quindi adesso lei mi sta guardando e anche io…- lo sentì trattenere un singhiozzo: -… anche io la sto guardando.-
Gojyo allungò una mano verso di lui e gli accarezzò i capelli, in un gesto dolce, quasi paterno, non sapendo cosa dirgli per farlo stare meglio.
-Sai, questo è uno dei miei posti preferiti. Non c’è nessuno che ti dica cosa fare o che ti critichi per qualsiasi cosa tu faccia… ci sono solo cielo e natura. Niente persone, niente civiltà, niente urla… mi farebbe piacere se diventasse un posto che possa piacere anche a te.-
Hakkai sorrise e distolse per un attimo lo sguardo dal cielo, poi guardando verso l’altro, incontrò i suoi occhi e il suo sorriso. Quell’uomo era arrivato in un momento per lui difficile, quando stava veramente pensando di seguirla nell’aldilà. Se quella prima volta Gojyo non fosse comparso avrebbe preso la pistola che aveva in tasca e avrebbe sparato il colpo sulla sua tempia come aveva preventivato di fare.
Quel fortuito incontro casuale tra loro due invece aveva cambiato le carte in tavola. Aveva sperato in qualcosa da quell’incontro, di aver incontrato qualcuno che riusciva a capirlo, qualcuno che vedeva avere la stessa malinconia nei suoi occhi.
Erano simili lui e Gojyo, non sapeva ancora in che modo, ma c’era un filo che li univa, era certo che non fosse una casualità essersi incontrati in quel punto, in quel preciso momento.
Si poteva dire che l’altro gli aveva salvato la vita solo con la propria presenza. Da quel giorno in cui l’aveva incontrato, era tornato in quel luogo tutti i giorni successivi, sperando che l’altro si sarebbe prima o poi presentato e alla fine, Gojyo era tornato per lui.
O almeno era quello che lui si era detto quando l'aveva visto comparirgli di fronte, il sorriso strafottente sul volto e quei capelli rosso fuoco che illuminavano la strada buia.
-È diventato un posto indispensabile. Grazie Gojyo per avermelo mostrato ed essere rimasto accanto a uno sconosciuto che piangeva in un vicolo.- quella volta l’altro ne era certo, il sorriso che gli vedeva sul volto era sincero e solo per lui.
  
Leggi le 0 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Saiyuki / Vai alla pagina dell'autore: Mash