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Autore: crazy lion    22/03/2021    1 recensioni
Crossover scritto a quattro mani con Emmastory tra la mia fanfiction Cuore di mamma e la sua saga fantasy Luce e ombra.
Attenzione! Spoiler per la presenza nella storia di fatti vissuti da Demi e dalla famiglia, raccontati nel libro di Dianna De La Garza Falling With Wings: A Mother's Story, non ancora tradotto in italiano.
Mackenzie Lovato ha sei anni, una sorella, un papà e una mamma che la amano e, anche se da poco, una saga fantasy che adora. È ambientata in un luogo che crede reale e che, animata dalla fantasia, sogna di visitare con i suoi. Non esita perciò a esprimere tale desiderio, che in una notte d’autunno si realizza. I quattro vivranno tante incredibili avventure con i personaggi che popolano quel mondo. Ma si sa, nemmeno nei sogni tutto è sempre bello e facile.
Lasciate che vi prendiamo la mano, seguite Mackenzie e siate i benvenuti a Eltaria, un luogo per lei e la famiglia diviso tra sogno e realtà.
Disclaimer: con questo nostro scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendiamo dare veritiera rappresentazione del carattere dei personaggi famosi, né offenderli in alcun modo.
Quelli originali appartengono alle rispettive autrici.
Genere: Fantasy, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Demi Lovato, Nuovo personaggio
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate
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CAPITOLO 20.

 

TENSIONE E CONFESSIONI

 
Demi ed Eliza raggiunsero l'aula di Hope in meno tempo di quanto si sarebbero aspettate. Erano andate più spedite e dolevano loro gambe e piedi.
"Signorina, salve" la salutarono entrambe le insegnanti e le strinsero a turno la mano.
"Salve a voi. Hanno fatto le brave? E soprattutto, loro chi sono?" indagò, confusa dai due animaletti, uno al proprio fianco e l'altro libero di volare poco sopra la sua testa.
"Magici animali da compagnia. A tutti gli alunni della Penderghast è permesso tenerne uno e, anche se Hope è piccola, non abbiamo voluto fare eccezioni" spiegò la più giovane delle due donne, parlandone come se fosse stata la cosa più normale al mondo.
Demi annuì.
Quindi, gli altri piccoli dell’asilo non dovevano aver ricevuto nessun cucciolo. Forse Mackenzie, nel suo sogno, aveva pensato alla sorella facendolo andare in quella direzione. In parte era brutto che non fosse stata attenta anche agli altri, ma in fondo aveva solo sei anni e la mamma non se la sentì di incolparla per questo.
“E da dove arrivano?”
Kaleia ne aveva trovato uno, ma quello di Lucy e i loro? Erano stati abbandonati e salvati?
L’altra maestra abbassò la voce.
“Alcuni vengono allevati allo scopo di essere dati ai bambini.”
Demi fece una smorfia. Nel suo mondo esistevano tanti allevamenti di cani o altri animali nei quali questi, a volte, venivano maltrattati e aveva il terrore che potesse succedere anche lì. La donna dovette intuire qualcosa perché si affrettò ad aggiungere:
“Le assicuro che sono trattati benissimo, viene fatto tutto nel modo più umano possibile. Gli allevatori sono gentili con gli animali, se ne prendono cura sotto ogni punto di vista. E per quanto riguarda i cuccioli, scelgono loro stessi con chi andare. Alcuni sono più timidi e i nuovi padroni li fanno avvicinare, altri corrono da loro. Hanno caratteri diversi come ogni animale.”
Demi si fidò di quelle parole. Se la donna gliel’aveva detto, significava che doveva intendersene e che, forse, era in contatto con gli allevatori stessi. Tirò un sospiro di sollievo e rimase in silenzio, poi si incamminò verso casa.
"Strani, vero? Ma puoi stare tranquilla, in genere non mordono né fanno del male. Dà loro del tempo e si abitueranno alle tue figlie" spiegò Eliza, notando la confusione dipinta sul volto della ragazza.
“Lo spero. Sono felice che non siano stati picchiati o altro, avevo delle brutte sensazioni."
Lei e la propria famiglia avrebbero dato ai due animaletti il miglior futuro possibile.
Data l'ora arrivare a casa significava mangiare e, nonostante non lo volesse, Demetria temeva che Ana e Mia si sarebbero ripresentate. Non aveva ricadute da anni, altrimenti non avrebbe potuto adottare un bambino, ma da certe malattie non ci si libera mai del tutto e, anche se raramente, quelle maledette voci si facevano sentire. Scuotendo la testa, sperò che non sarebbe accaduto.
“Mamma, fame” si lamentò Hope durante il tragitto.
La ragazza tirò fuori dalla borsa un pacchettino di caramelle gommose che aveva preso dalla dispensa di Eliza, nel caso le fossero servite per sopperire a un calo di zuccheri.
“Una soltanto, d’accordo?”
“Sì!” trillò la bambina, cacciandosela in bocca.
La ragazza chiese a Mackenzie se anche lei ne desiderasse una, ma la piccola negò.
Quando spiegò ad Andrew chi erano i due animali magici, l’uomo le rivolse uno sguardo interrogativo.
“Le nostre figlie non sono magiche e hanno un animale magico?”
Aveva ripetuto apposta quell’aggettivo.
“Lo so, ha sorpreso anche me, ma credo che gli insegnanti non volessero farle sentire in difetto, o qualcosa del genere” mormorò, affinché le piccole non udissero.
Una volta a tavola, seduta di fronte a un piatto di penne al sugo, la ragazza esitò.
“No, Demi. Sai che accadrebbe se mangiassi. Hai fatto tanto movimento in questi giorni, ma non basta. Hai i fianchi larghi, le cosce grosse, tutto in te è pieno di grasso, quando non dovresti averne nemmeno un filo. Non ti vergogni? Non ti piacerebbe essere più magra, più perfetta? Pensi di piacere ad Andrew e che lui ti accetti davvero ora che sei grassa, una balena, un cesso? E credi che gli altri ti apprezzino? E soprattutto, tu ti piaci? Ti rispondo io: no, ti fai schifo e hai ragione, se mangerai sarai orribile. Ti guardano tutti anche ora, ridono di te e sussurrano che sei una cicciona.”
Nonostante le sue preghiere, Ana la sorprese e, falsa e infida, continuava a sussurrarle quelle frasi. Demi strinse gli occhi fino a chiuderli e avrebbe voluto fare lo stesso con le orecchie, ma non osò per non destare sospetti. Si toccò i punti menzionati dalla voce.
A me non sembrano grassi.
Sì, aveva un po’ di cellulite, ma che importava?
“Allora non sto ricadendo in questa malattia, o non la penserei così riguardo il mio fisico” si disse.
Eppure, quelle parole le rimbombavano nella mente. Si lasciò sfuggire una sorta di lamento e per sua sfortuna le bambine e la padrona di casa dovettero sentirlo, perché a quella nella sua testa sopraggiunse la voce di Eliza.
"Demi, tutto bene?"
Continuava a guardarla come Sky, che però non fiatò.
"S-sì" biascicò a fatica la ragazza, stringendo la presa sulla forchetta finché le nocche non diventarono bianche.
Il piatto era enorme e il cibo davvero troppo.
“Se ingrasserai anche solo un po’ potresti scoppiare a piangere e darti mille colpe, lo sai, vero? Non far del male al tuo corpo, il cibo non ti serve. Non mangiare, o se lo fai alzati con calma, va’ in bagno, apri l’acqua e vomita.”
Di nuovo lei.
“Non voglio vomitare” sussurrò.
“Cos’hai detto, cara?” le chiese Eliza. “Ti viene da vomitare?”
Demi si aggrappò alla sedia per sopprimere l’istinto di alzarsi, dicendosi che non doveva, che si sarebbe fatta del male, che quello non era un comportamento sano.
Smettila! gridò nella sua testa.
La voce non parlò più. Strano, una volta replicava.
Per fortuna, si disse la cantante, non stava contando le calorie come faceva anni prima, né aveva intenzione di succhiare il cibo fino allo sfinimento.
Non sono più a quel punto, non sono più a quel punto.
Se lo ripeté più volte per convincersene.
“Niente, Eliza. No, non mi viene da vomitare. Io…”
Come avrebbe fatto a spiegarlo senza entrare nei dettagli? Era impossibile e non si sentiva pronta a sbottonarsi tanto.
Andrew, che aveva capito, le tolse la mano dalla forchetta che cadde sul piatto producendo un rumore metallico, e gliela strinse.
“Va tutto bene, amore” le sussurrò con dolcezza. “L’hai superata, sei guarita da tempo. Questo è solo un brutto momento.”
Lei inspirò ed espirò con lentezza per cercare di calmare il suo cuore in tumulto.
"Dovete scusarmi. Ho un problema. Sono guarita, diciamo, ma ogni tanto ritorna e faccio… fatica ad affrontarlo, ecco."
Sputò ogni parola con orrore, come se non desiderasse che liberarsene.
"Tranquilla. Ce ne parlerai quando te la sentirai. Se non hai fame…" le disse la fata della natura, comprensiva.
"No! Voglio… voglio dire, sì, mangerò" la rassicurò Demi, interrompendola e intervallando a quelle parole respiri profondi.
Nessun altro fu in grado di aprire bocca.
 
 
 
Mackenzie non seppe cosa pensare. Forse i demoni della mamma erano comparsi di nuovo, anche se non capiva di cosa si trattasse. Lei non aveva mai voluto parlargliene.
“Te lo racconterò quando sarai più grande” le aveva detto una volta.
Ma io sono grande, ho sei anni! aveva ribattuto.
“Sì, ma non sei un’adulta. Aspetta ancora qualche anno e non avere fretta di crescere.”
Magari quei demoni si comportavano come gli spiriti della foresta di cui aveva tanto letto, e sospirò di sollievo al pensiero che Hope fosse troppo piccola per capire.
Mamma, stai male? Chiese, tremando.
Demi si schiarì la voce.
“No, amore, sono solo stanca. Adesso mi passa.”
Riuscì nell’intento di rassicurarla, perché la piccola le sorrise e finì il pranzo.
In quel momento, Lilia e Agni iniziarono a lamentarsi.
"Credo abbiano fame" osservò Andrew.
Eliza prese una scorta di croccantini che teneva da una parte nel caso in cui avesse dovuto aiutare un Arylu o dar da mangiare a Cosmo quando veniva, per cui la piccola fu sistemata in breve tempo con la sua ciotola. Sulla confezione c'era scritto quanto cibo dare a un Arylu a seconda dell'età e che era sconsigliato lasciargli la ciotola piena, perché altrimenti si sarebbe riempito troppo lo stomaco.
"Come per i cani normali, insomma. Avendone avuti tre, mi considero un’esperta" disse Demetria.
"E Agni di cosa si nutre?"
Fu Andrew a porre quella domanda, ma in realtà se lo stavano chiedendo tutti, soprattutto perché il draghetto non faceva che volare attorno a Hope emettendo dei versi strani.
Eliza venne in loro soccorso.
"Un tipo particolare di frutta e insetti. Facciamolo uscire, lui si orienterà e saprà come trovare ciò che cerca qui intorno." Quando vide che aprivano la porta e Agni svolazzava fuori, Hope provò a seguirlo, ma la donna la fermò. "Tranquilla, piccola, non lo perderai. Si sta guardando intorno per imparare la strada di casa e presto lo riavrai."
Dopo alcuni minuti, infatti, il piccolo tornò e fece qualche altro giro per portarsi in casa alcuni di quei frutti che Eliza mise in un contenitore di plastica. Agni avrebbe dunque potuto nutrirsi anche di notte senza bisogno che qualcuno gli aprisse la porta.
"Però, è intelligente" sussurrò Demetria.
Mackenzie si batté piano una gamba e richiamò a sé la cagnolina, che si rotolò subito in terra mentre mostrava la pancia.
A poca distanza dalla bambina, Christopher e Kaleia coccolavano Cosmo. La fata lo ricopriva di carezze e complimenti, mentre lui gli offriva una fune annodata in due punti, morbida ma resistente. Lilia si avvicinò per indagare, e abbaiando, si esibì in una sorta di inchino.
"Posso averla? Posso? Giochiamoci, voglio provare!" sembrava dire, agitando freneticamente la coda.
"Chris, Cosmo ha un'amichetta! E tu come ti chiami?" chiese allora Kaleia,
dimentica di quanto fosse appena successo a tavola.
Anche lei non aveva capito molto, ma del tutto presa dal nuovo esserino magico, preferì concentrare il pensiero altrove.
Si chiama Lilia. L'ho scelta oggi a scuola spiegò Mackenzie.
Passò quel piccolo appunto a Christopher, che riferì alla moglie.
"Non avete fatto altro?"
Sì, Kia. Ho finito di leggere una favola: Il giovane e i tre draghi rispose la bambina, porgendo stavolta il foglietto proprio a lei.
"Un'avida lettrice come me! Conosco anch'io quella favola, sai?"
A Mackenzie parve che le andassero a fuoco le guance e, battendo le mani, attirò l'attenzione della sua Arylu. La coccolò e continuò a giocare con lei, rubando senza saperlo la palla preferita di Cosmo dal baule dei giocattoli lì in salotto. Il cagnolino la lasciò fare e, unendosi al gioco, sia lui che il draghetto riempirono il silenzio e l'aria di versetti simili a risate, tutti a dir poco adorabili.
"Agni! Agni!" lo chiamava Hope, saltellando e urlando.
“Dice il suo nome o sono lettere senza senso perché non riesce ancora a pronunciare la parola drago, secondo te?” chiese Demi ad Andrew.
“Non lo so, ma Agni è un bel nome, potremmo chiamarlo così.”
Il draghetto si esibiva in vere e proprie prove di volo appena sopra di lei, scendendo in picchiata solo per permettere alla padroncina di accarezzarlo. Sulla punta della sua coda era accesa una scintilla rossa. Quest’ultima non avrebbe fatto alcun danno, spiegò loro Eliza, e Agni la spegneva solo durante il sonno.
 
 
 
Intanto, sempre sul divano di casa, i due coniugi avevano come dimenticato anche il loro Arylu e non riuscivano a smettere di guardarsi negli occhi.
"Ti amo, lo sai?" gli sussurrò lei.
"Sì, fatina, anch'io."
Le strinse la mano con delicatezza per poi sfiorare appena l'anello che le aveva regalato, simbolo di amore e fede.
Poco dopo al gruppo si aggiunse anche Sky, che con fare sgraziato e le mani ancora sporche d'inchiostro, sprofondò nel divano. Aveva appena finito di scrivere uno dei tanti messaggi per Noah, consegnandolo a Midnight affinché glielo recapitasse.
"Sky! Che modi!" la riprese la madre alzando la voce.
"C'è di peggio a questo mondo, Eliza" ribatté l'altra, affatto in vena di scherzi.
"Sarà anche vero, signora dei venti, ma non ho alcuna intenzione di passare ore a togliere l'inchiostro dall'argento, sappilo" fu svelta a replicare la sorella minore, esasperata.
Lei era fidanzata e non sposata, ma solo perché il suo Noah, timido come pochi al loro mondo o a quello umano, non si decideva a chiederle nulla di diverso. In fondo che altra spiegazione poteva esserci dietro comportamenti di quel genere? Era gelosa, nient'altro. I suoi occhi non erano di certo verdi, ma dato ciò che provava madre e figlia erano convinte che quello, se reale, sarebbe stato l’indizio mancante.
"Perché non usciamo?” propose Andrew per smorzare gli animi. “Potrebbe farci bene, vista la tensione."
"Tensione? Sul serio? Credi sia questo il mio problema, umano?" replicò Sky, inviperita.
"Sky, ora basta! Andrew fa quel che può, va bene?" urlò Eliza, stanca di sentirla controbattere.
Alle sue parole seguì una battuta di silenzio e poi, inaspettatamente, lacrime.
"No. No, ma uscirò con voi, se questo può farvi felici" disse poco dopo la fata del vento, con la voce spezzata e il corpo scosso dai tremiti del pianto.
"Sicura? Potresti restare con le piccole, se proprio ti va di distrarti" le consigliò Kaleia, che ora capiva di aver esagerato.
"Preferisco uscire, Kia. Per quanto riguarda le bambine, c'è Marisa" rispose l'altra, per poi scivolare nel silenzio e asciugarsi gli occhi.
"Ha ragione. Vado a chiamarla, cosa sarà mai un favore?"
Eliza si diresse subito verso la porta. Prima che potesse aprirla, però, la figlia ebbe un'idea.
"Posso pensarci io, mamma.”
Chiusi gli occhi, Kaleia fece lo stesso con una mano, e posandosi un pugno sul petto, attese. Fu questione di istanti, e quando finalmente tornò a vedere, un capogiro la colse di sorpresa.
"Tesoro, ne abbiamo parlato. Niente…" le fece notare Christopher.
Influenzato dal suo lavoro di protettore, aveva lasciato la frase appositamente in sospeso perché lei la completasse.
"Magia avanzata, Chris, lo so, ma era un'emergenza." Spiegò a Demi e Andrew ciò che aveva fatto e cosa sarebbe successo. "Su, andiamo. Sky, vieni?"
Si alzò con lentezza e si avvicinò alla porta, accompagnata dal marito.
"Certo, lasciatemi prendere Midnight. Non è più un uccellino, ma odia stare da solo per troppo tempo." Si presentò al gruppo con l'amico piumato appollaiato su una spalla, tornato da poco. "Sono pronta" dichiarò, con il viso privo di lacrime.
Eliza le strinse la mano e le fu accanto.
Dove andate? si affrettò a chiedere Mackenzie, confusa.
"A fare una passeggiata, amore. Tra poco arriverà un’amica di Kia" la tranquillizzò Demi.
"Si chiama Marisa, è magica anche lei" aggiunse la fata della natura.
Va bene, forse ho capito chi è rispose la piccola, per poi tornare a giocare e aiutare Hope con l'ennesima torre di cubi.
Interessato ai giochi della bimba, anche Agni provò a dare una mano, o meglio un artiglio sollevando le costruzioni una per una e, per finire il gioco, colpirle con la coda fino a farle cadere. Andrew istruì Mackenzie su cosa fare non appena Marisa fosse arrivata.
"Busserà tre volte, ti basterà aprire la porta senza paura."
“Io vorrei aspettarla. So che in questo mondo tutto è più sicuro, ma non me la sento di lasciarle sole, sono piccole” obiettò Demi.
Mackenzie si disse che la mamma non riusciva ancora a pensare di trovarsi in un mondo diverso anche da quel punto di vista. Il papà fu d’accordo anche se, per un momento, pareva essersene dimenticato.
Quando la ragazza bussò, Mackenzie la fece entrare.
 
 
 
Sky, Chris e Kaleia, Andrew e Demi seguivano Eliza. In breve, i ciottoli della strada del villaggio di Eltaria si sostituirono prima al selciato e poi all'erba, ma nel silenzio, l'unico suono fu quello dei passi di ognuno. Era come se nessuno volesse osare nell'invadere troppo lo spazio dell'altro e fu così per minuti interi finché Christopher non ebbe l'idea perfetta per rompere il silenzio.
"A me e Kia manca poco prima di diventare genitori. Non che accada subito, lei è incinta di tre mesi, ma anche se tra un bel po’, dovremo cominciare a fare compere e resteremo sul neutro, non conoscendo ancora il sesso del piccolo."
"Dev'essere una di quelle esperienze che ti cambiano la vita, che trasformano te stessa in ogni senso. Kia, come ti senti?" domandò Demi, che dopo tanto aveva trovato il coraggio di parlare.
In quel momento li raggiunse Noah. Dopo i saluti, si avvicinò alla fidanzata, le circondò i fianchi con un braccio e la baciò su una guancia.
“Grazie per la lettera, amore. Anch’io ti amo” bisbigliò, facendola sorridere.
Se le scambiavano da tempo, anche se si vedevano spesso. Fra loro era tutto cominciato un po’ per scherzo, così come quello scambio di lettere, per vedere dove la cosa li avrebbe portati. Un messaggio aveva tirato l’altro come le ciliegie, e la ragazza ricordava ancora che una sera si era addormentata sulla scrivania con una matita in mano. Scriversi li faceva sentire più vicini e rendeva la loro relazione ancora più profonda. Kaleia l’aveva presa in giro, quella volta, sorprendendola con la testa sul tavolo.
“Scusa, stavo…” aveva iniziato la ragazza, strofinandosi gli occhi e tirandosi su in fretta.
“Scrivendo lettere d’amore al tuo ragazzo?”
Kia aveva ridacchiato e le si era rivolta in tono canzonatorio, ma Sky non si era offesa e aveva detto la verità, tanto non aveva mai avuto niente da nascondere con la sorella.
"Sto bene, ti ringrazio.” Kaleia riportò Demi e Sky alla realtà. “Ci sono giorni in cui il piccolo mi fa impazzire, ma lo amo già da ora e spero lo sappia. Le nausee sono cominciate all’inizio del secondo mese, il mio umore non è ancora stabile e a volte suoni come il canto degli uccelli, o odori troppo forti o anche buoni, per esempio quello dei fiori, mi danno fastidio, ma è tutto nella norma.”
“La nausea compare tra la quinta e l’ottava settimana di gravidanza e di solito se ne va entro la fine del quarto mese, solo poche donne continuano a sperimentarla in stadi più avanzati della gestazione, ma spero che non sarà il tuo caso” disse Demetria. "Sono certa che il bambino sente che lo ami con tutta te stessa. E ripeto, sono felice per te! Anche se, a essere onesti, io non lo sono stata per diverso tempo" concluse, in tono greve.
A quelle parole le fate, Noah, Eliza e il protettore sbiancarono e, confuso, il fidanzato di Sky non poté evitare di intromettersi.
“Non voglio mancarti di rispetto domandandotelo, ma che intendi? Puoi anche non rispondere, se non te la senti.”
Era quasi passata una settimana ma, nonostante ciò, la ragazza si fidava di quel gruppo pur non considerando nessuno un vero e proprio amico intimo e. Dopo essersi scambiata con Andrew uno sguardo d'intesa e averlo visto annuire, si preparò a raccontar loro tutta la verità. In quel momento il cuore della cantante era diviso in due metà, una sicura di volersi aprire, l'altra in completo disaccordo con la prima. Ignorando la seconda, prese un ampio respiro.
"È complicato da spiegare. Soffro di un disturbo da anni, ma non preoccuparti, non è grave perché ho superato la fase più critica tempo fa e ora si ripresenta solo ogni tanto. Ho anche altre difficoltà, che a volte mi ricordano che in passato è stata dura. Andrew e la mia famiglia fanno quello che possono per aiutarmi e, se non fosse stato per lui, i miei genitori, gli amici che mi sono fatta nel tempo e la mia musica, non so come ne sarei uscita."
Avrebbe voluto indorare la pillola per evitare di spaventarli, ma qualcosa, un sesto senso o una voce nella sua testa, diversa da quelle che sentiva ogni tanto, le diceva che farlo non avrebbe avuto alcun senso. Se fosse arrivata a smussare i dettagli, allora sarebbe rimasta chiusa in se stessa e lo sfogo a cui stava dando vita si sarebbe ridotto a un discorso privo di una vera fine.
"E dimmi, ha un nome questo disturbo?"
Stavolta fu Kaleia a parlare, mentre per istinto si portava una mano al ventre, come a voler proteggere la sua creatura.
Troppo presto per affrontare il discorso sui miei disturbi alimentari pensò Demi. Meglio che mi concentri su un’altra delle mie difficoltà.
La ragazza impallidì e prese a respirare con affanno, camminando spedita. Il suo cuore batteva troppo forte e, prima che la assalisse un’angoscia più violenta di quella che già stava provando, o che iniziasse un attacco d’ansia o di panico, Demi si inginocchiò di fronte a un fiumiciattolo e bevve alcune generose sorsate.
“Che cos’hai?” le domandò Eliza, correndole accanto.
“Sono solo agitata per quello che vi dirò, ma voglio continuare” precisò, rialzandosi e sentendosi un po’ più tranquilla. "Si chiama ansia, Kia. Ora la provo molto meno, ma stava iniziando proprio in questo momento.”
"Vuoi dire che ti capita di pensare cose che in realtà non esistono, o di preoccuparti troppo e allora muori di paura?" azzardò Christopher.
"Sì. Non immaginavo che l’ansia esistesse anche nel vostro mondo."
"Sembra strano, eppure è così. Appena Kia è rimasta incinta abbiamo avuto non pochi problemi, compresi dei dannati spiriti della foresta che continuavano a intimarle di lasciarmi e fuggire da me, convincerla che il nostro rapporto era, come dire…" fu veloce a rispondere Christopher, inciampando proprio sull'ultima parola che, per quanto cercasse, non riusciva a trovare.
"Malsano?" rispose Demi.
"Tossico?" suggerì Andrew.
"Esatto, entrambi. Il rapporto di complicità che si crea fra fata e protettore è quanto di più magico possa esistere, almeno finché secondo la legge magica quest'ultimo non sfocia in amore" rispose l'uomo, con la voce spezzata dal dolore legato a quei ricordi.
Andrew e Demi si guardarono per un solo attimo.
“Ma non è giusto!” proruppe la ragazza.
“È terribile che coppie come la vostra, sempre che ce ne siano altre, non possano vivere il loro amore in pace.”
Dopo aver parlato Demi pensò a tutti gli innamorati che, nei secoli passati, non potevano aver vissuto la loro storia in pace a causa delle religioni differenti o delle loro diverse classi sociali.
Si sedettero a terra e rimasero in silenzio, chi con le mani sulle ginocchia come Kaleia o Sky, chi attorno alla testa, come Demi, per cercare di attenuare una leggera emicrania. Forse raccontare il suo passato tutto in una volta non era una grande idea, si disse la cantante, ma che altro poteva fare? Lei e il suo ragazzo non sapevano quanto ancora sarebbero rimasti lì. Chissà, magari il giorno seguente si sarebbero ritrovati a casa, senza aver avuto la possibilità di salutare tutti loro. Prima non era stato il momento buono, dato che erano arrivati da poco e non si erano mai sentiti pronti non conoscendo bene chi li ospitava. Demi non aveva idea di cos’avrebbe deciso di fare Andrew, ma per quanto la riguardava, voleva parlare. In condizioni normali non si sarebbe aperta così tanto con persone semi-sconosciute, aspettando al contrario diversi mesi. Ma a Eltaria era tutto diverso e, non essendo sicura del tempo che le restava, lei, sentivano che nonostante potesse fidarsi molto di quella gente – altra cosa bizzarra, perché era passata solo una settimana –, o l’avrebbe fatto ora, o mai più.
Tutti ripresero il cammino e Kaleia, parlò.
"Quando ci siamo innamorati continuavo a svenire e nessuno riusciva a capire perché. Solo tempo dopo io, Chris e Sky abbiamo compreso che tutto si basava sul mio essere parzialmente umana, per cui ogni interazione con Chris causava una sorta di malfunzionamento nei miei poteri. Il ciondolo che porto sembra un gioiello, ma in realtà è una sorta di amuleto, l'unico capace di stabilizzare i miei poteri e i miei limiti di fata" terminò, tranquilla all’idea di essersi liberata di quello che aveva sempre considerato un segreto. “Per fortuna, dopo giorni lunghi e orribili, adesso gli spiriti non mi tormentano più, ma è stata dura.”
“Io ho sofferto d’ansia quand’ero più giovane” riprese Demetria. “Nel tempo sono stata aiutata, da alcune medicine e persone, per trovare tecniche in grado di dominarla ed essere più forte di lei anche se è stato difficile, con alti e bassi. Ma una persona ansiosa lo resta sempre e, quando succede qualcosa di stressante o brutto, mi agito tantissimo, forse più di quanto farebbe qualcuno che non è mai stato sopraffatto del tutto dall’ansia. Quando capitava, mi sentivo sempre annegare, soffocare in un metaforico mare in tempesta senza nessuna mano a cui aggrapparmi, alcun appiglio da stringere per salvarmi.”
“Dolce Dea! Dev’essere stato terribile.”
“Sì, Sky, parecchio.”
"Capisco quello che vuoi dire, Kaleia” riprese Andrew. “Tu parli di limiti, ma nel mio caso, la situazione è simile. Come Demi, anch'io cerco modi diversi di dominare la mia ansia e anche la depressione."
Dopo un silenzio interminabile, anche l’uomo aveva ripreso la parola, dando sfogo al minore dei suoi mali.
"Depressione?" gli fece eco Sky.
Conosceva la tristezza, il dolore, la rabbia e il resto delle emozioni, ma non aveva mai sentito quella parola.
Demi annuì, respirò a fondo e si concesse del tempo prima di parlarne a sua volta.
"Sì, Sky. Tu eri con noi, stamattina. La scatola che hai visto sul tavolo conteneva delle pillole per risollevargli l’umore perché, quando hai la depressione, non ce la fai da solo. Andrew ne prende un’altra per l’ansia. Anch’io ho preso una medicina per gestire quest’ultimo problema, in passato, ma i dosaggi, cioè la quantità, sono diversi."
Parlarne le dava una mano a liberarsi ed era sicura che avrebbe aiutato chiunque, ma quei ricordi facevano ancora male. L’ansia aveva controllato la sua vita per anni e odiava veder soffrire il proprio ragazzo. In preda al dolore, i due si chiusero nel silenzio, ed Eliza non mancò di avvicinarsi per confortarli. Anche lei era umana, ma aveva sempre vissuto in quei luoghi, stabilendosi a Primedia e solo successivamente a Eltaria per cui, pur non capendo fino in fondo, cercò di star loro vicino.
"Scusate, sono indelicata se chiedo come si manifestano? Posso immaginarlo, ma credo anche che vari a seconda della persona, sbaglio?" tentò la donna, sperando di non esagerare o scatenare in loro ricordi troppo dolorosi.
Ci fu una pausa, poi Andrew scelse di essere onesto.
"No, e non sbagli. Problemi di questo genere si manifestano in modi diversi, per esempio io divento ansioso per i motivi più disparati, dal lavoro che mi stressa ai ricordi di tante cose alle quali, a volte, non riesco a smettere di pensare. Sono ferite aperte.”
“Quando hai l’ansia cosa succede?” chiese Noah.
“Durante gli attacchi d’ansia, che possono durare ore, giorni o più e quelli di panico che invece sono più forti e brevi, al massimo dieci minuti, inizio a sudare, mi gira la testa, mi manca il fiato, respiro a fatica e in fretta, tremo con violenza e, per quanto riguarda il panico, mi dico che sto per morire e ho paura di passare a miglior vita, anche se non è vero. La mia testa fa questo tipo di ragionamenti, la situazione non è così grave e bastano alcune tecniche di respirazione, la voce di qualcuno che ti calma e, nel mio caso, pastiglie per sentirmi meglio.”
“E quella che abbiamo visto a colazione ti aiuta?”
“Sì, Sky. Si tratta di uno stabilizzatore dell’umore, con effetti simili a un antidepressivo. Si dà quando la depressione è grave o, come nel mio caso, altri farmaci non hanno fatto effetto.”
Nessuno fiatò per qualche minuto, nemmeno Demi che desiderava lasciare agli altri spazio e tempo per metabolizzare tutto ciò che il fidanzato aveva detto loro.
Kaleia stava riflettendo sul fatto che aveva provato ansia, ma mai, mai in maniera così devastante. Andrew doveva vivere ogni volta un vero inferno.
“Io soffrivo d’ansia a causa di tutta la pressione” riprese la ragazza. “Come sapete sono una cantante. Ho anche recitato, il che mi piace, ma è difficile. Tutti si aspettano il meglio da me o, almeno, era così una volta, ora chi lavora con me mi capisce di più e rispetta i miei tempi perché sa cos’ho passato.”
“Meno male!” commentò Noah. “In questo modo ti sentirai più tranquilla.”
“Sì, è così. Ma allora ero convinta di dover essere sempre perfetta, apparire in un certo modo, benché nessuno me l’avesse mai detto esplicitamente.”
“Ma allora perché provavi tutto questo?” domandò Kaleia.
“In parte perché tra album, tour, cioè concerti in giro per il mondo, film e così via, ci sono stati periodi nei quali era tutto un continuo e io avevo circa quindici anni quando ho iniziato a recitare nel primo film, anche se l’avevo fatto da più piccola in un cartone animato. Credo sarebbe dura per chiunque. Non ho mai sofferto di depressione, anche se ho avuto dei momenti terribili, perciò di questo vi parlerà Andrew.”
“Quando sei depresso è come se ti trovassi in una stanza piena di luce e colori e a un certo punto rimanessi solo, al buio e al freddo senza nessuno che ti possa tirar fuori di lì, con una profonda tristezza come unica compagnia, che si ripresenta di frequente.” Andrew sapeva che non si trattava solo di quello, ma era il modo più semplice per spiegarlo. “L’ansia e la depressione sono argomenti un po’ tabù nella nostra società, nel senso che se ne parla poco perché le persone non si documentano, non le conoscono e, spesso, non vogliono nemmeno farlo, perciò ne hanno paura e si allontanano da chi sta male. Non sempre è così, per fortuna, però capita. Ringraziando Dio, da quando Demi ha saputo che stavo male mi è sempre rimasta vicina.”
“La depressione non è una scelta,” proseguì la ragazza, “una persona non può decidere se esserlo o no, si tratta invece di una malattia. Influenza il modo di vivere e di pensare di una persona. Non è solo tristezza o qualcosa che presto passerà.”
“E stamattina cosa provavi, Andrew?” fu svelta a chiedere Sky.
“L’umore non era dei migliori ed ero stanco. La depressione mi fa stare così e mi abbatte. I farmaci aiutano, ma sono io, con la mia forza, a dover fare il lavoro maggiore e non è facile. Combatto contro i miei problemi da otto mesi."
L’argomento di cui stavano parlando era doloroso per Andrew e Demi. In quei giorni tutti, non solo i quattro umani arrivati da Los Angeles, stavano imparando quanto i loro due mondi fossero diversi sotto molti aspetti. Ora conoscevano nuovi modi di vivere, di affrontare certe situazioni, problemi ai quali non avrebbero mai pensato…
"E quanto tempo ci vuole per guarire?" domandò Sky.
"Mesi, anni, dipende da quanto accade nella vita di una persona e da come lei reagisce. Ci sono poi vari tipi di depressione e di ansia e non da tutti si guarisce. Per quanto riguarda la prima, nel mio caso si tratta di depressione reattiva, cioè dovuta a una reazione a una perdita: un lutto per esempio, o un licenziamento, ma non solo."
"E, se non sono indiscreto, posso chiedere di cosa si tratta nel tuo caso?"
Andrew fu colto da un singulto, ma poi trasse un respiro profondo a bocca aperta e sussurrò:
"Un lutto, Christopher. Mia sorella è morta."
Tutti smisero di camminare di botto. Un profondo silenzio cadde tra loro e Demi prese la mano del fidanzato per stringergliela forte. Lui non ricambiò subito, rischiando di annegare nel vuoto che quella perdita gli aveva lasciato.
“Dalla forma di depressione di cui soffro si può guarire.”
Andrew e Demi si scambiarono uno sguardo d’intesa. Era difficile far capire cosa fossero l’ansia, gli attacchi di panico e la depressione a parole, a persone che non li avevano mai sperimentati. Viverli era tutta un’altra storia, ma speravano di essere riusciti a far comprendere agli altri, almeno in parte, i loro problemi.
Il cammino del gruppo proseguì senza incidenti, almeno finché una folata di vento non disturbò la loro quiete.
"Che è stato?" domandò Andrew, confuso.
"Scusate, è colpa mia, avevo bisogno di sfogarmi" ammise Sky.
"Sfogarti, eh?" riprese Demi, sorridendo amaramente. "Sono anni che non mi capita, ma io avevo un modo orribile di farlo.”
"E quale… quale sarebbe?" tentò Sky, intrecciando le mani.
Demi non aggiunse altro. Arrestò il suo cammino e, prendendo un respiro per calmarsi e star meglio, si disse che forse era pronta. Senza esitare ancora, sollevò le maniche della maglia e fece cenno a tutti di avvicinarsi.
“Toccate le mie braccia.” Ciò che stava sotto era coperto da una scritta su ogni polso. “Non abbiate paura.”
“Sei sicura?” le chiese Eliza, e gli altri le rivolsero sguardi perplessi. Di certo si stavano domandando se fosse o meno il caso, dato che non la conoscevano bene. Lei annuì con vigore, respirò a fondo e inghiottì la bile che le stava riempiendo la bocca. Solo Eddie, sua madre, Dallas, Madison e Andrew le avevano toccato quei segni. Erano una parte molto importante di lei stessa, che la ragazza aveva sempre ritenuto dolorosa e privata. Lasciare che alcune persone che conosceva poco ci entrassero in contatto era una grande dimostrazione di fiducia. Inoltre, dire di averle e farle sentire erano due cose diverse e le sembrava giusto che chi aveva ascoltato con tanta attenzione la sua storia andasse fino in fondo.
Tutti la sfiorarono con dita delicate, come temendo di spezzarla. Quella parte del suo corpo era costellata di cicatrici. Le due coppie ed Eliza trattennero il fiato e rimasero immobili. Percependo gli sguardi di tutti puntati sui suoi tagli chiusi, Demetria li sentì bruciare come fuoco vivo, al pari di quando in passato si era tagliata con un coltello, una forbice o un temperino, o come nei momenti nei quali si era squarciata la pelle nel punto in cui era già presente un’altra cicatrice. Strinse i denti per non scoppiare a piangere o urlare a causa del tremendo dolore di quei ricordi, come mille schegge di ghiaccio che qualcuno le sparava dritto al cuore mozzandole il respiro.
"D-Demi, quelle sono…" balbettò Eliza, non riuscendo a crederci.
"Cicatrici" rispose la ragazza con un filo di voce e si abbandonò a un cupo sospiro.
Seguì un silenzio di tomba, così profondo che perfino Andrew provò pena per lei e le posò una mano sulla spalla.
“Allora è per questo che porti sempre le maniche lunghe” disse con un singulto, mentre leggeva le scritte Stay Strong, una su un polso e la seconda sull’altro.
Demi le spiegò che volevano dire Sii forte e annuì.
“Mi sono fatta questi tatuaggi per nascondere le cicatrici, ma anche per ricordarmi che non devo mai mollare.”
Kaleia le domandò come se le fosse procurate. Non c’era timore nel suo tono, cosa che rassicurò la ragazza. Sui volti degli altri non notò nessuno sguardo storto. Il metaforico dolore alle cicatrici sparì e le schegge se ne andarono lasciandole libero il cuore, mentre Demi tornava a respirare piano.
“Ve ne parlerò un’altra volta, se non vi dispiace. Sappiate, per il momento, che la mia non è mai stata una famiglia normale, diciamo così.”
Sky le chiese gentilmente di spiegarsi e Demi ricordò un episodio che la aiutò a raccontare. Ne aveva parlato con la madre e la sorella, anni dopo, quindi fu in grado di descrivere anche quello che, da piccola, non aveva visto o sentito e le sensazioni di Dianna e Dallas.
 
 
Era sera tardi, Patrick non era ancora tornato e Dianna, dopo aver dato da mangiare alle figlie e messo qualcosa nel suo stomaco, le mandò a letto presto.
“Mi fai schifo!” urlò a quest’ultimo e, anche se Demi e Dallas nelle loro camere non capirono a cosa si stesse riferendo, sapevano che capitava che vomitasse dopo aver mangiato e che non si nutriva mai tanto.
Non ne comprendevano la ragione, però, del resto avevano solo quasi tre e sette anni e mezzo.
Patrick aprì la porta e la sbatté con violenza inaudita. Demi e Dallas sentirono perfino tremare i vetri delle finestre e, per istinto, uscirono di soppiatto dalle loro stanze ritrovandosi in cima alle scale per guardare cosa stesse succedendo. Demetria cercò la mano della sorellina e gliela strinse. Stava per dire qualcosa, ma l'altra le mise un dito sulle labbra.
“Silenzio” sussurrò.
La luce delle scale era rimasta accesa, forse la mamma si era dimenticata di spegnerla dopo aver dato loro la buonanotte, così poterono vedere tutto ma, nascoste in parte dietro il muro, nessuno le notò.
"Dianna, ceni con me?" le chiese l'uomo, barcollando.
Le bambine sentirono la puzza di alcol fino a lì e in più il padre parlava in modo strascicato.
"Ho già mangiato, tesoro, è tardi" gli rispose lei, cercando di mantenere la calma.
"Che vuol dire che hai già mangiato? Tu devi aspettare me, hai capito, razza di stupida incapace?" Gridò con tutto il fiato che aveva in corpo.
La donna non fece in tempo a spostarsi che una delle sue mani la colpì con violenza su una coscia. Urlò, ma lui le diede uno schiaffo sulla bocca, premendo forte per impedirle di farsi sentire. Dianna ricevette un terzo colpo sullo sterno che la fece rimanere senza fiato. Ognuna di quelle botte rimbombava appena per le stanze, un rumore secco che si aggiungeva al successivo. Se non si fosse appoggiata a una parete, la donna sarebbe caduta a terra.
Per quel che Dallas e Demi ne sapevano non la picchiava spesso, però la maggiore era a conoscenza del fatto che, due mesi prima di scoprire di aspettare la sua sorellina, la mamma aveva subito uno scatto di rabbia terribile da parte del papà che le aveva schiacciato una mano dentro una porta, staccandole l'anulare e il mignolo. Mamma le aveva detto che i dottori non avevano sistemato del tutto il suo dito più piccolo – le mancava l'ultima falange – perché aveva avuto un incidente, ma poi aveva capito che la situazione era ben diversa. Per fortuna lei non era stata con loro quella sera orribile, non riusciva a immaginare tutto il sangue… Le vennero i brividi e abbracciò
Demi che, cercando conforto e calore, si avvinghiò a lei. Alla polizia i due coniugi avevano detto che era stato un incidente.
Valutando la situazione ora che era adulta e potendo ricordare anche quei dettagli dei quali, a tre anni, non era ancora a conoscenza, Demi si diceva che forse allora i poliziotti non avevano indagato oltre a causa del fatto che non possedevano la tecnologia odierna. Non sapeva con esattezza se fossero venuti a casa o no, non aveva mai avuto il coraggio di chiederlo alla mamma per paura di procurarle troppo dolore.
Dopo quello schiaffo, Patrick lanciò a terra un bicchiere, urlò, insultò ancora la moglie e la ridicolizzò facendole credere di essere una nullità, mentre le figlie tremavano come foglie e battevano i denti sentendo le gambe cedere per la debolezza. Avrebbero voluto muoversi, fare qualcosa, ma il terrore le paralizzava e anche respirare era difficile. Dopodiché, l’uomo mangiò un boccone e andò a letto reggendosi a stento in piedi, mentre Dallas e Demi si erano già nascoste nelle proprie stanze. Non aveva mai fatto loro del male, ma la paura era sempre tanta. Non dormirono tutta la notte e non fecero altro che piangere rimanendo immobili, temendo che il minimo rumore o un loro respiro troppo forte potessero svegliarlo o adirarlo.
Quelle violenze, fisiche ma soprattutto psicologiche, andavano avanti da anni e durarono ancora per un po', finché Dianna, dopo varie volte nelle quali aveva provato ad andarsene, litigò furiosamente con il marito e lo cacciò di casa.
 
 
Dopo aver detto tutto questo, Demi si sentì più leggera. Si portò una mano alla gola e la massaggiò, come per diminuire la sofferenza causata da due mani che avevano cercato di strangolarla. Strinse gli occhi, che bruciavano a causa di un pianto imminente. Erano memorie che, nonostante la psicoterapia durata anni, non avrebbe mai potuto raccontare con facilità o senza dolore. Allora non lo sapeva, ma lei e Dallas avevano subito un trauma vedendo la mamma trattata in quel modo.
"È passato il tempo, io ero piccola e non ricordo tanto bene, ma a un certo punto ha incontrato Eddie, un uomo fantastico e si sono messi insieme. Lui ci ha amate come delle figlie fin da quando ci ha conosciute e io lo considero un papà a tutti gli effetti. Sono sposati da tanti anni e hanno avuto Madison, la mia ultima sorella."
"Hai fratelli?" le chiese Eliza e lei negò in silenzio.
“Mamma è rimasta assieme a mio padre per anni pensando di poterlo cambiare, nonostante le violenze che subiva, gli insulti, i momenti nei quali la ridicolizzava, tutto. Ma questo è l’atteggiamento tipico di una donna vittima di violenza che crede che il marito o il compagno possa migliorare, che si dà mille colpe quando lei non ne ha nessuna. Per fortuna poi ha capito.”
Noah non sarà mai così pensò Sky.
Era orribile credere che certe persone cambiassero, per chissà quale motivo, e si trasformassero in gente che, come aveva fatto Patrick, lanciava oggetti – anche contro lei e Dallas, come Demi raccontò –, urlava, beveva alcol e prendeva droghe.
“Che persona schifosa” mormorò Kaleia fra i denti, stando attenta che Demi non udisse, in fondo era pur sempre suo padre.
Ma secondo la fata dire così era poco, mentre Christopher annuiva senza riuscire a parlare.
Non solo Demi e Dallas avevano sofferto, ma anche la loro mamma che aveva dovuto lottare per se stessa e per loro, vittima di un uomo che, se la amava anche quando era violento, lo faceva nel modo sbagliato. Non era vero amore, ma violenza.
Demi non aggiunse che, negli anni, la mamma aveva capito che probabilmente Patrick soffriva di schizofrenia e disturbo bipolare e che si era sentita in colpa: se l’avesse saputo quando stavano ancora insieme l’avrebbe fatto curare, ma allora di quelle cose non si parlava. La ragazza avrebbe voluto esternare anche quello, ma sarebbero stati argomenti troppo complicati.
“È morto il 22 giugno 2013 di attacco cardiaco” continuò. “Ci ho sofferto nonostante i nostri trascorsi, non è stato facile né per me né per mia sorella maggiore. Adesso nemmeno io me la sento di proseguire, scusate. Ci sarebbe ancora tanto da dire, ma ne parlerò con calma.”
Tutti la rassicurarono.
“Continuerei anch’io il mio racconto, ma possiamo discuterne un’altra volta, se e quando me la sentirò? Adesso non ce la faccio, perdonatemi” ammise Andrew con un singulto.
“Non vi forzeremmo mai a dire qualcosa se non ve la sentite” precisò Sky.
“In ogni caso, ho scritto una canzone per mio padre qualche anno fa, una delle due, in realtà. Vi piacerebbe sentirla?”
Assicurò che per lei non era un problema cantarla e tutti accettarono, sempre felici di udire la sua voce angelica.
Demi trasse un respiro profondo e fu scossa da un lieve tremore. Un nodo le strinse la gola in una morsa dolorosa, segno di un pianto imminente, ma si impose di non versare alcuna lacrima, non prima di aver finito. Contò fino a tre e cominciò.
Father, I'm gonna say thank you
Even if I'm still hurt
Oh, I'm gonna say bless you
I wanna mean those words
Always wished you the best
I, I prayed for your peace
Even if you started this
This whole war in me
 
You did your best or did you?
Sometimes I think I hate you
I'm sorry, dad, for feelin' this
I can't believe I'm sayin' it
I know you were a troubled man
I know you never got the chance
To be yourself, to be your best
I hope that Heaven's given you
A second chance
 
Father, I'm gonna say thank you
Even if I don't understand
Oh, you left us alone
I guess that made me who I am
[…]
Percependo da quelle parole forti il dolore della ragazza e la fatica che doveva aver fatto anche solo per pensarle, Eliza la abbracciò e le loro lacrime e i respiri si mescolarono. Demi era una ragazza che aveva sofferto a causa di un padre dal comportamento mutevole e violento nei confronti della madre, Eliza una mamma che voleva proteggere quella che, ormai considerava una figlia o qualcosa del genere, nonostante il poco tempo trascorso insieme. Era inutile: la cantante si emozionava ogni volta mentre la cantava, che fosse ai concerti o da sola, e mentre il suo viso scottava a causa di ciò, le lacrime non ne volevano sapere di smettere. Fece una smorfia, non capendo che cosa stesse provando. Curvò le labbra all’ingiù, ma non era solo circondata da un’aura di tristezza. Senza accorgersene, aveva chiuso le mani a pugno. Non sarebbe mai arrivata a spaccare oggetti come aveva fatto suo padre, ma Dio, se lo odiava per quello che le aveva costrette a passare! Allo stesso tempo, però, gli voleva bene.
“Dannazione!” gridò, battendo le mani e con il volto sudato.
“Respira, Demetria, dentro e fuori, profondamente” mormorò Eliza al suo orecchio, mostrandole poi come.
Nel giro di poco la ragazza riuscì a regolarizzare la respirazione e guardò gli altri, tutti con gli occhi velati di lacrime, compreso Andrew che aveva udito quella canzone centinaia di volte. Tradusse per loro e Sky scoppiò a piangere, mentre ognuno si complimentava con Demetria.
“Apprezzo anche questa” mormorò Kaleia. “La più potente che io abbia sentito.”
“Ha p-parole intense” aggiunse Sky tra i singhiozzi, poi si scusò per non aver parlato moltissimo durante quella passeggiata. “Il vostro racconto è stato intenso e ho sempre parlato poco, con tutti intendo, ma ciò non significa che ora non abbia prestato attenzione.”
“Non preoccuparti, davvero” la rassicurò Andrew.
“Quando io e Kia eravamo nel bosco da sole, ricordavamo solo una luce bianca, nulla di più. Non sappiamo com’erano fisicamente i nostri genitori, né rammentiamo le loro voci, niente. Il che lascia in noi un senso di incompletezza, come se ci mancasse qualcosa di fondamentale, anche se Eliza è per noi nostra madre.”
Kaleia annuì.
Lei e la sorella erano senza ricordi, né sapevano bene cosa provare per coloro che le avevano messe al mondo, disse. Loro si erano allontanate e i genitori non le avevano più trovate nonostante le ricerche? O, peggio, le avevano portate lì per poi abbandonarle? E in quel caso, perché?
“Se penso a questo,” disse Sky con voce roca, “vorrei prendermela con la prima cosa che mi capitava a tiro, ma so che non servirebbe.”
“Spesso mi chiedo se siano morti e noi finite lì in qualche modo, e se ci hanno amate” concluse Kaleia, mentre alcuni singhiozzi la scuotevano.
Sky raccontò la loro permanenza nel bosco, il senso di abbandono che non le aveva lasciate mai, il fatto che si erano rifugiate in una grotta nel fitto della foresta e che per giorni e giorni avevano considerato quella la loro casa mangiando funghi e frutti.
“Mi lamentavo spesso, in quel periodo” ammise Kaleia. “Sky non sempre mi sopportava.”
“No, ma capivo che lo facevi per attirare l’attenzione, per ricevere l’affetto che ti mancava e di cui anch’io avrei avuto un estremo bisogno, quello di due genitori, che non avrei mai potuto darti. Ma ci ritrovavamo sole, per cui lo cercavi in me e tu, a tua volta, mi volevi bene. Dovevamo farcelo bastare.”
“È vero” mormorò la minore.
“Un ragionamento maturo per la tua età” osservò Demi.
“A volte la vita ti costringe a crescere troppo in fretta” rispose l’altra fata, la voce che le tremava. “Non vorresti, ma non puoi fare altro.”
Non capiva cosa le stesse succedendo. Stava confessando cose che, fino ad allora, aveva sempre tenuto per sé, parlandone un po’ con la sorella e con la mamma, ma per il resto vivendo da sola il proprio dolore. Quegli umani le stavano facendo uno strano effetto.
Andrew e la fidanzata faticavano a immaginare come doveva essere stata la permanenza di Mackenzie e Hope in casa-famiglia, dopo tutto quanto era accaduto, ma almeno dei volontari si erano presi cura di loro e avevano voluto bene a entrambe. Le due bambine avevano vissuto in una casa, con un tetto sopra la testa, cibo e vestiti. Le fate, invece, erano state costrette dalle circostanze a trascorrere giorni nel bosco, senza nessuno, mangiando probabilmente poco e portando gli stessi abiti. Avevano dormito in una grotta, erano rimaste sole anche la notte, il momento più pericoloso per restare in un bosco e patito freddo e pioggia. Non riuscivano a figurarsi una situazione del genere. Pareva loro troppo disperata e difficile per due bambine. Erano state molto fortunate a riuscire a sopravvivere.
“Quando Eliza ci ha adottate, Kaleia si è fidata subito, io no. Ho passato giorni interi rinchiusa in un silenzio quasi assoluto e volevo stare da sola, o comunque il più possibile lontano da lei.”
“Ma alla fine l’hai fatto” osservò Andrew.
“Ci è voluto qualche tempo ma sì. Anche se il dolore per quello che abbiamo passato non se ne andrà mai.”
Proprio a causa del fatto che non apriva spesso bocca molti incollavano addosso a Sky la pesante e fastidiosa etichetta di timida ragazzina superficiale, ma lei se la scrollava di dosso. Gli abitanti della foresta a lei estranei potevano dire quello che volevano, ma la fata era l'unica a conoscere la verità. I suoi trascorsi, quella dannata luce bianca, l'essere stata costretta a crescere prima del tempo per prendersi cura della sorellina di sei anni sotto la pioggia al bosco di Primedia prima del provvidenziale arrivo di Eliza, tutto. Era così che si scrollava di dosso qualsiasi giudizio negativo o non voluto, scostandosi i capelli color argento dal viso e andando avanti a testa alta, anche da sola.
Demi abbracciò entrambe ed Eliza fece lo stesso.
Prima di rientrare, tutti si fermarono al centro del villaggio. Ascoltarono il canto degli uccelli e il vento tra le foglie, per rilassarsi e riprendersi.
 
 
 
CREDITS:
Demi Lovato, Father
 
 
 
NOTE:
1. la parte in cui Mackenzie ricorda il dialogo con la mamma non è ripresa da Cuore di mamma, l’ho aggiunta io per questa storia.
2. ho descritto la depressione nel modo in cui la vivo io. È la stessa di cui soffre Andrew, scatenata dalla medesima motivazione.
3. La questione della gelosia e degli occhi verdi è un riferimento a Shakespeare, che in Otello la descrive così:
“Oh, guardatevi dalla gelosia, mio signore. È un mostro dagli occhi verdi che dileggia il cibo di cui si nutre (…) non ama la donna che lo tradisce: ma oh, come conta i minuti della sua dannazione chi ama e sospetta.”
Molto dopo, si è diffusa la credenza che le persone con una caratteristica del genere fossero più inclini a tale sentimento. Ringrazio Emmastory per il la spiegazione.
4. Demi ha davvero sofferto d’ansia, anoressia, bulimia, binge eating (menzionato più avanti) e autolesionismo. Ho cercato di descrivere il primo di questi problemi rifacendomi in parte alla mia esperienza anche riguardo gli attacchi di panico. Ho letto un articolo dell’Huffington Post in cui la cantante ne parlava, spiegando che ha cominciato a provarla quando lavorava per la Disney. Non so, però, se abbia preso farmaci per curarla, ho inventato. Per quanto riguarda gli altri problemi, oltre ad aver ascoltato interviste di Demi e Stay Strong, uno dei suoi documentari, mi sono documentata sia leggendo testimonianze di persone che ne hanno sofferto, sia il libro di Dianna De La Garza Falling With Wings: A Mother’s Story, sia cercando sintomi e cure su internet. Per l’anoressia mi sono stati utili www.mypersonaltrainer.iit, www.obesita.org e www.stateofmind.it, oltre ad altri in cui psicologi e psicoterapeuti ne parlavano.
5. Demi ha sul serio questi tatuaggi. Se li è fatti dopo essere uscita dalla clinica, come riporta il sito www.cosmopolitan.com.
6. Ho preso le informazioni sulla gravidanza, anche quelle che darò in futuro, da siti come www.periodofertile.it e www.gravidanzaonline.it, oltre che da mia mamma.
7. Il flashback è inventato, ma tutto ciò che ho raccontato riguardo l’infanzia di Demi, il modo in cui Patrick trattava Dianna e come sono andate le cose è tratto dal memoir della donna e dal secondo documentario di Demi, Simply Complicated.
   
 
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