Fanfic su artisti musicali > Demi Lovato
Segui la storia  |       
Autore: crazy lion    22/03/2021    1 recensioni
Crossover scritto a quattro mani con Emmastory tra la mia fanfiction Cuore di mamma e la sua saga fantasy Luce e ombra.
Attenzione! Spoiler per la presenza nella storia di fatti vissuti da Demi e dalla famiglia, raccontati nel libro di Dianna De La Garza Falling With Wings: A Mother's Story, non ancora tradotto in italiano.
Mackenzie Lovato ha sei anni, una sorella, un papà e una mamma che la amano e, anche se da poco, una saga fantasy che adora. È ambientata in un luogo che crede reale e che, animata dalla fantasia, sogna di visitare con i suoi. Non esita perciò a esprimere tale desiderio, che in una notte d’autunno si realizza. I quattro vivranno tante incredibili avventure con i personaggi che popolano quel mondo. Ma si sa, nemmeno nei sogni tutto è sempre bello e facile.
Lasciate che vi prendiamo la mano, seguite Mackenzie e siate i benvenuti a Eltaria, un luogo per lei e la famiglia diviso tra sogno e realtà.
Disclaimer: con questo nostro scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendiamo dare veritiera rappresentazione del carattere dei personaggi famosi, né offenderli in alcun modo.
Quelli originali appartengono alle rispettive autrici.
Genere: Fantasy, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Demi Lovato, Nuovo personaggio
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

CAPITOLO 23.

 

MACKENZIE L’APPRENDISTA

 
Isla venne a prendere Mackenzie e Hope alla solita ora.
Possiamo portare Lilia e Agni a scuola?
"Non credo" rispose Andrew prima della fata. “Nel mondo reale un animale può entrare in un'aula solo se è un cane guida per non vedenti.”
"In realtà è permesso. Possono seguire le lezioni vicino ai banchi o nei trasportini. Hanno mangiato?"
Sì, stamattina appena ci siamo svegliati.
"Bene, mettete comunque loro del cibo nelle gabbiette in modo che possano nutrirsi durante le prossime ore e a ricreazione vi sarà permesso farli uscire per i bisogni. Hope verrà aiutata da una maestra. Sia a scuola che all'asilo gli insegnanti hanno già avuto a che fare con situazioni di questo tipo, perciò non preoccupatevi."
Dopo qualche minuto Mackenzie sollevò a fatica il trasportino di Lilia e Isla quello di Agni e uscirono.
La fata e Mac lasciarono la bambina più piccola all'asilo, che corse subito dalla sua maestra.
Lucy è rimasta a casa anche oggi?
“Sì. Sta meglio, ma l’ho lasciata riposare.”
La bimba fu felice che Isla non l’avesse costretta a frequentare la scuola nonostante non si sentisse bene. La mamma le aveva raccontato che, soprattutto crescendo, aveva dovuto fare audizioni o cantare anche se era stata male, perché nonna Dianna la costringeva ricordandole che quello era un lavoro, o frequentare la scuola o studiare a casa con il tutor nonostante qualche linea di febbre. La bambina adorava la nonna, però non capiva quel comportamento. Non doveva essere stato facile per la mamma.
A differenza del lunedì, in cui la bambina era arrivata in aula per ultima e quindi leggermente in ritardo, ora – come il giorno prima – gli alunni della sua classe si riunirono nell'atrio della scuola in un gruppo compatto.
Per fortuna andiamo tutti insieme, pensò la piccola, o mi perderei.
Al suono della campanella attraversarono l'atrio, girarono a destra in un lungo corridoio che percorsero fino a metà e lì, di nuovo a destra, la loro aula.
Harmony? chiese alla compagna, che le sedeva accanto.
"Sì?"
Non dobbiamo andare in biblioteca?
"Certo, ma aspettiamo qui Mister Lambert."
L'avete mai incontrato?
"No," intervenne Mahel, "perché la sua ora è stata introdotta da poco, almeno a noi del primo, dato che prima dovevamo imparare meglio a leggere, ma la Direttrice ha preferito farlo adesso e non il prossimo anno scolastico, anche se siamo ormai alla fine. Harmy, ti rendi conto che tra due settimane potremo goderci le vacanze?" trillò alzando le braccia in aria e Vulcan, contagiato dalla gioia della padroncina, emise un lieve ruggito.
"Già, voglio rilassarmi. In realtà ci sono delle lezioni estive, ma sono… come si dice?”
“Facoltative” le venne in aiuto Mahel, alla quale l’elfa aveva rivolto uno sguardo per chiedere una mano.
“Che parola difficile! Alcuni le frequentano, altri stanno in vacanza, ma continuano a fare pratica da soli e a conoscere i loro famigli.”
Anche lei aveva portato il proprio cucciolo, Kermit, che nella sua gabbietta restava in silenzio e guardava gli altri due con curiosità.
Intorno a loro il brusio aumentava, non trasformandosi però mai in schiamazzi.
Mac sospirò.
Magari fosse così anche nella mia scuola in California.
Poco dopo la porta si aprì ed entrò una specie di drago strano, o almeno, questa fu la prima impressione di tutti i bambini, che si zittirono all'istante.
"È un gargoyle" mormorava qualcuno.
"Un che cosa?" chiedevano altri.
Ma sì! pensò Mackenzie. Li ho già visti in "Il gobbo di Notre Dame", sono sicura.
Non si rese conto, però, che l'aveva anche scritto e le sue compagne lo lessero.
"Che cavolo sarebbe?" chiese Mahel.
"Infatti. Cos'è, un horror?" volle sapere Harmony, interessata quanto l'amica.
Sulle prime la terza bambina le guardò come a chiedere loro se fossero state stupide, poi si diede della sciocca per averlo pensato e ricordò a se stessa che erano un'elfa e una pixie e non umane.
Un film, ne hanno fatto anche un secondo.
"Ed è interessante?"
Sì, Harmony. Questo ragazzo, Quasimodo, vive in un campanile con tre gargoyle.
L'insegnante, dopo essersi seduto accanto alla cattedra, li salutò con il suo vocione dicendo:
"Bonjour à tous!" Quando si rese conto che la maggior parte di loro non lo capiva, parlò in italiano. "Buongiorno a tutti. Io sono Etienne Lambert. Scusatemi, come potete sentire dal mio accento e dalla r moscia sono francese, e spesso uso parole nella mia lingua. Ma so bene l'italiano, anche se lo parlo in modo un po' strano."
"Buongiorno, Mister Lambert" risposero in coro.
"Mackenzie Lovato?" chiamò l'insegnante.
Lei alzò la mano.
"So che non puoi parlare. Se dovrò chiederti qualcosa scriverai e mi mostrerai il foglio, va bene?"
La bimba andò alla cattedra a consegnare la sua risposta.
Perfetto. Grazie, Mister Lambert.
"Figurati. Torna pure al posto. Tanto per precisare, in francese signore si dice monsieur, ma potrete utilizzare Mister per comodità." Fece l’appello e riprese: "Con me andrete in biblioteca a leggere. Non sarà una lezione, ma un'ora la settimana in cui potrete divertirvi, viaggiare con la fantasia e poi, se vorrete, riassumermi le pagine che avete letto, o scrivendo un testo di poche, semplici frasi o parlando, a vostra scelta."
"Ecco, sapevo che c'era la parte noiosa" mormorò Mahel a Mackenzie, che ridacchiò e poi le fece cenno di restare in silenzio.
Per fortuna l'insegnante non la udì.
Era poco più alto di un umano di media statura, molto largo, con due occhi grandi e gialli, un sorriso gentile, due ali enormi e denti aguzzi che, quando parlava, si vedevano benissimo. Aveva una voce grave, ma Mister Lambert riusciva comunque a mantenere un tono gentile.
 
 
 
Mahel alzò piano una mano e il suo braccio tremò, mentre il cuore le batteva forte e la testa le girava.
"Dimmi. Tu sei?"
"Mahel Porter, Mister Lambert" sussurrò questa, a voce così bassa che il drago si sporse per udire.
La bambina serrò le labbra e intrecciò le mani in grembo.
"Vuoi farmi una domanda? Non temere, su."
Le sorrise e, per poco, la pixie del fuoco non cadde dalla sedia.
"Tu sei un drago fatto di pietra con i denti grandi e affilati” constatò, in tono normale ma con la voce che ancora le tremava. “Non mi mangi, vero? E non mi trasformi in pietra, giusto? Perché altrimenti io scappo."
Sudava. Il suo corpo era scosso da tremiti sempre più violenti, mentre il cuore le martellava nel petto. Avrebbe voluto correre via veloce come il vento, però le gambe non rispondevano ai comandi del cervello e rimanevano immobili. Ogni muscolo del suo corpo era così teso da far male. Aveva la sensazione che, se si fosse alzata, sarebbe caduta per terra.
Alcuni bambini risero, ma l'insegnante li fermò subito.
"No, non tollero prese in giro nelle mie classi, smettetela. È normale avere paura di qualcosa, se non lo si è mai visto o non lo si conosce. Ma non preoccuparti, Mahel."
Si avvicinò piano al banco della bambina, studiando le sue reazioni e continuò a sorriderle e a parlarle in tono pacato. Lei traeva lunghi respiri e teneva d’occhio i movimenti lenti che compiva.
Se voleva ferirmi l'aveva già fatto pensò la piccola.
"Io sono buono, altrimenti non mi troverei qui a insegnare. Non farei mai del male a nessuno di voi, ve lo assicuro. E se dovessi arrabbiarmi, non vi torcerei un capello. State tutti tranquilli."
“D-davvero?”
“Te lo giuro, Mahel. Non potrei fare l’insegnante, se pensassi di voler far male ai bambini o a qualsiasi altra creatura.”
Era davanti al suo banco, ora, e Mahel si allungò per accarezzargli la pancia.
Mister Lambert rimase immobile e non smise di mostrarle quel sorriso che, nonostante i denti aguzzi, restava luminoso.
"Visto? Non è successo niente e tu sei stata bravissima, hai superato la tua paura. Coraggiosa, Mahel, complimenti."
Non sapendo cosa dire, la fatina del fuoco sorrise e arrossì ammettendo a se stessa che si sentiva meglio.
 
 
 
"Qualcun altro ha questo problema?" chiese Mister Lambert.
Tutti fecero cenno di no.
"Bene. So che morite dalla voglia di andare in biblioteca, ma c'è una cosa che dovete sapere." In quel momento qualcuno bussò alla porta. "Avanti" disse l'insegnante.
Entrò una fata che, a giudicare dal volto, doveva avere più o meno l'età di Eliza, rifletté Mac. I capelli biondi e corti le sfioravano appena le spalle e aveva la postura dritta e il portamento elegante. Sorrise ai bambini e li salutò mentre loro si alzavano.
"Buongiorno, Signora Direttrice."
Mackenzie rimase in silenzio, ma lo scrisse, in automatico, su un foglietto che le portò, perché le pareva maleducato restarsene lì impalata.
"Ciao, tu devi essere Mackenzie Lovato."
Sì, signora Direttrice.
"Ho sentito tanto parlare di te, anche se sei qui solo da qualche giorno. Benvenuta alla Penderghast."
La ringrazio.
Le risultava difficile dare del lei, alle maestre nella sua scuola si rivolgeva con il tu e aveva incontrato la Preside Carlisle solo qualche volta.
"Sai quanto ti fermerai a Eltaria?"
Non ne ho idea.
"D'accordo. Ricorda che siamo tutti felicissimi di averti qui."
La Direttrice le strinse la mano e Mackenzie fece lo stesso, poi la prima le disse di andare al posto.
"Bambini," riprese, "sono qui per un motivo preciso e tranquilli, non è nulla di brutto. La scuola è quasi finita e vi annuncio che domani andrete in gita al Giardino di Eltaria."
Si levò un brusio di fondo, molti si chiedevano come mai non fosse già stato comunicato.
"Sì, avete ragione, di solito viene detto qualche settimana prima, ma gli insegnanti non riuscivano a decidere se portare questa e altre classi, che andranno nei prossimi giorni lì o da un'altra parte e si sono accordati ieri pomeriggio. Starete via tutta la mattina, ma non dovete vederla come una gita noiosa. Sarà più che altro un divertimento. Mister Baxter vi accompagnerà e, assieme a lui, un volontario tra i vostri genitori o amici di famiglia, che ho già contattato inviando una lettera. Ho bisogno di una persona che abiti nei pressi del Giardino e che faccia questo favore, soprattutto se conosce bene il posto. Sceglierò il primo che si presenterà nel mio ufficio fra un'ora e lo vedrete domani."
"Bellissimo!" esclamò qualche bambino.
Inoltre, si disse Mac, andarci significava non solo fare qualcosa di diverso ma anche saltare scuola, il che forse era ancora più fantastico.
“Portatevi uno zaino con una bottiglietta d'acqua e qualcosa da mangiare. Vi lascio qui delle lettere da dare ai vostri genitori nelle quali è spiegato tutto. Dovranno firmarle e, prima di partire, domani mattina me le mostrerete. Se qualcuno non firmerà, dovrà venire a riprendersi il proprio figlio, perciò dite loro di scrivere subito nome e cognome."
Le distribuì, chiese se c'erano domande, ma nessuno alzò la mano così, dopo un altro saluto e l'augurio di divertirsi il giorno seguente, se ne andò.
I bambini esplosero in applausi e un urlo liberatorio che l'insegnante diede loro il permesso di fare. Mackenzie batté le mani. Le dispiacque solo che Vulcan e Lilia si fossero spaventati nel sentire i compagni gridare.
"E ora," riprese il maestro, "in biblioteca. Mi raccomando, è un luogo tranquillo, quindi dovete stare in silenzio quasi assoluto o, al massimo, parlare ogni tanto a voce bassissima."
I bimbi si infilarono in un corridoio adiacente al loro. Camminarono in fila per due, come l’insegnante aveva detto loro e Mahel prese la mano di Mackenzie. Harmony, invece, stringeva quella di una bambina di cui la piccola non conosceva il nome.
La biblioteca si trovava alla fine del corridoio in questione, come gli altri luminoso grazie alle grandi finestre su entrambi i lati. L'insegnante aprì la porta e tutti entrarono con ordine. Era una stanza dipinta di un tenue giallo, colore che trasmetteva fin da subito un senso di rilassatezza. Al centro si trovava un grande tavolo con trenta sedie – le classi non superavano tale numero di allievi, anche se quella di Mackenzie era di venti – e, tutto intorno, scaffali pieni di libri di diversi generi. Quando gli scolari ebbero preso posto, l'insegnante si mise vicino al tavolo e annunciò:
"Adesso avrete la possibilità di cercare, con calma e senza litigare, un libro che vi piace e leggerlo, parlandone poi con qualche compagno se volete ma, ripeto, sempre con attenzione per non disturbare gli altri. Non tutti hanno voglia di condividere, ad alcune persone piace leggere in silenzio ed essere lasciate in pace.”
A uno a uno, i piccoli si diressero verso gli scaffali. Mackenzie si prese tutto il tempo necessario. C'erano libri voluminosi, altri spessi ma non tanto quanto i primi, e poi medi e piccoli.
Forse devo leggere di che genere sono prima di scegliere.
Non era mai stata nella biblioteca della scuola a Los Angeles, ma immaginava che si facesse così anche là come in ogni altra.
I volumi più in alto, che se avesse voluto prendere avrebbe dovuto salire su una scala, erano le enciclopedie. Non sapeva di cosa, ma conosceva il significato del termine e si disse che no, non ne avrebbe letta nessuna perché al momento non le interessava. A seguire gli altri generi erano horror, avventura, fiabe e leggende, favole, raccolte di poesie e molto altro. Ne scelse uno di favole, c'era scritto Dai sei ai nove anni. Si sedette e lo aprì subito.
Harmy, che cos'hai preso? domandò, curiosa.
"Un libro di leggende."
"Anch'io, ma di un altro autore" spiegò Mahel.
Il Pyrados e l’Arylu recitava il primo titolo del libro che aveva scelto Mackenzie. La storia parlava di un drago che sonnecchiava nella grotta dove viveva mentre, lì intorno, alcuni Arylu facevano festa e tantissima confusione. Uno di loro, nella foga della corsa, finì sopra il Pyrados. Quest'ultimo riuscì ad afferrarlo con una sola zampata, deciso a sbranarlo e mangiarlo. L'Arylu guaì e supplicò di essere lasciato andare promettendo che, in cambio, gli sarebbe stato riconoscente in eterno. Più leggeva, più Mackenzie si rendeva conto che anche quella favola era adattata, perché simile in tutto e per tutto a Il topo e il leone che la mamma le aveva letto spesso. In quel caso non solo i protagonisti erano altre creature, ma il titolo metteva prima il nome dell’animale più pericoloso. Terminata la lettura, felice per l'Arylu che aveva liberato il Pyrados e per il fatto che erano diventati amici, si ripeté ancora una volta, nella mente, la morale a parole sue:
Anche i piccoli possono aiutare i grandi.
Lesse qualche altra favola, dopodiché prese un secondo libro. Proprio in quel momento, però, Lilia abbaiò con insistenza, Kermit gracidò e Vulcan si agitò dentro la gabbia.
"Cos'è questo baccano?"
L'insegnante alzò la voce e tutti smisero all'istante di cercare un libro o di leggere per guardarlo.
Il gargoyle si avvicinò alle tre bambine e notò le gabbiette accanto a loro.
"Conoscete le regole: non si possono portare i famigli in biblioteca" decretò, serio.
Io in realtà no scrisse Mackenzie, con una calligrafia disordinata a causa dello spavento.
La voce del maestro si addolcì.
"Nessuno te l'aveva detto?"
No, Mister Lambert, mi dispiace. Se lo sapevo, avrei lasciato Lilia in classe.
Il gargoyle sorrise.
"Se l'avessi saputo" la corresse con gentilezza. "Comunque, Harmony e Mahel, avreste dovuto chiederle se conosceva la regola. E poi è vietato perché questo è un posto tranquillo, gli altri insegnanti ve l’hanno spiegato mesi fa."
"Ci dispiace, Mister Lambert" risposero le due all'unisono.
"Per stavolta non me la prendo, ma riportateli in classe."
Le bambine obbedirono tenendo gli occhi bassi.
Non è giusto, però si lamentò Mackenzie.
"Hai ragione, è una regola stupida" convenne Mahel.
Harmony si limitò a sbuffare.
Lasciarono le gabbiette sui banchi e chiesero ai loro animaletti di comportarsi bene e restare in silenzio o, al massimo, fare i loro versi ma piano e tornarono in biblioteca.
Le amiche ripresero la lettura dei libri, mentre Mackenzie ne cercò un altro, stavolta nella sezione dedicata ai racconti e alle leggende. Dopo qualche minuto, un libro con l'immagine della mappa dei boschi di Primedia e di Eltaria sulla copertina catturò la sua attenzione. Il titolo, scritto in grande, recitava:
Misteri e scoperte a Primedia ed Eltaria.
L’autore si chiamava Aiden Woods. La brevissima biografia diceva che era un folletto, quand’era nato e che abitava a Eltaria con la moglie e i tre figli, ai quali aveva dedicato quel volume.
Il primo capitolo descriveva le lanterne che venivano appese o fatte volare la sera in tutta Eltaria affinché non piombasse nell'oscurità più totale. L'autore spiegava cos'erano, a cosa servivano e i loro colori. Fino ad allora la bambina aveva pensato che fossero vari solo per una questione di bellezza, ma leggendo le poche paginette del capitolo, scoprì che non era così. Vicino alle immagini delle lanterne c’era scritto il significato del colore in una sola parola. Il bianco simboleggiava la novità, il verde la speranza, il giallo la gioia, il rosso l'amore e, infine, il nero la morte.
Caspita, non lo sapevo!
Il secondo capitolo si concentrava, invece, sul modo in cui le fate e le altre creature avevano popolato i boschi ed erano entrate in contatto con gli umani fino a far pace con loro. Per secoli, la convivenza non era stata affatto buona. Gli uomini temevano un’invasione da parte di quelle sfere luminose, avevano paura che volessero cacciarli e quindi erano loro a farlo con tutte le forze. Anche in quel caso erano presenti delle didascalie. La prima raffigurava una sfera luminosa che entrava nel villaggio degli umani, ma uno di loro la allontanava con la mano e aveva la bocca aperta, simbolo che stava urlando. La spiegazione diceva:
In origine, le fate sono sempre state sfere luminose e vivevano nei boschi prima che gli esseri umani le accettassero e loro potessero quindi venire in contatto con gli uomini ed entrare nei villaggi di questi ultimi. Tutto cambiò nel 1200, grazie all’intervento di una fata che ancora oggi si ricorda.
Leggendo e guardando le figure, Mac scoprì anche che i leprecauni avevano cercato ricchezze sin dall’alba dei tempi e si erano attaccati all'oro, gli gnomi erano da sempre stati esseri pacifici e molto altro sul resto delle creature. Non si era mai chiesta cosa fosse successo lì in passato, ma più leggeva, più si poneva domande e più trovava le risposte che cercava.
Il terzo capitolo spiegava quanto potevano essere importanti i protettori per le fate, dato che le aiutavano e le allenavano, e che una relazione amorosa fra loro era proibita. Kaleia e Christopher dovevano aver vissuto momenti difficili o starli ancora attraversando. La bambina sperò con tutto il cuore che non fossero in pericolo. La vista le si appannò e gli occhi le si riempirono di lacrime.
“Mackenzie, tutto bene?” le chiese Harmony.
Sì, tranquilla rispose, e fu solo dopo diversi minuti passati a fare respiri profondi che riuscì a calmarsi, decidendo di mettere quei pensieri da parte o, almeno, di provarci.
Christopher e Kaleia sembravano stare bene, ma non appena li avesse visti l’avrebbe chiesto loro. Andò avanti nella lettura.
Se una fata non viene rincuorata dal protettore o da qualcuno che ama per lei è finita, quindi spegne la sua luce, il che significa che muore.
Era tristissimo morire così.
L'autore parlava inoltre degli animali magici e dell'importanza che avevano per le fate. Anche in quel caso, prima di ogni piccolo paragrafo c'era un'immagine della creatura in questione, fatta bene giudicò la piccola.
Gli Arylu sono fedeli e capaci di proteggere la fata o l’essere magico che accompagnano anche senza magia, ma con le unghie e i denti.
La didascalia riportava un cane che difendeva la sua padrona da un'altra fata, mordendola a una gamba.
I Pyrados hanno un grande senso dell’onore e del dovere.
Quest’altra rappresentava un drago che rimaneva vicino al suo padrone, un folletto, che pareva malato.
Gli Slimius sembrano pigri, ma se attaccano in gruppo diventano pericolosi.
E nella terza alcune ranocchie aggredivano non si capiva bene chi o cosa.
A lezione finita, la bambina mise via il libro controvoglia.
"Potete portarvi a casa un volume, se volete, ma rimettetelo nello scaffale giusto la prossima settimana" si raccomandò l'insegnante.
Mac non aveva idea di quanto sarebbe rimasta per cui, anche se a malincuore, lo rimise al suo posto. Non avrebbe mai voluto portarlo a casa per sbaglio e temeva di non fare in tempo a riportarlo.
Fu felicissima di ritornare in classe e vedere Lilia. Mister Lambert permise a lei e alle sue compagne di far uscire i loro animaletti.
"Potete lasciarli andare fuori, se devono fare i bisogni, anche prima della ricreazione" disse loro. "Vi assicuro che torneranno."
Fu così, infatti.
"Che abbiamo adesso?" domandò Mahel.
"Due ore di Teoria Magica, fino alle undici, poi ricreazione e Pozioni" rispose Harmony.
"Che bei cuccioli avete!" esclamò la bambina che prima l'aveva tenuta per mano, una pixie del vento con i capelli biondissimi e gli occhi color miele. "Posso accarezzarli?"
Era alta più o meno come Mahel e aveva un sorriso dolce.
Le tre acconsentirono e la piccola salutò e coccolò tutti con dolcezza.
"Io ho preso un cagnolino, si chiama Doran. L'ho lasciato a casa. Avrei voluto portarlo, ma mia mamma ha detto che prima avrebbe dovuto ambientarsi lì."
Alle altre sarebbe piaciuto risponderle, ma in quel momento la porta si aprì di nuovo.
"Buongiorno, Miss Godfrey" salutarono i bambini, mentre Mackenzie si limitò a farlo con la mano.
"Buongiorno a tutti. Siamo un po' indietro con il programma e in pochi giorni dobbiamo terminarlo. Tutto chiaro?"
Dopo aver udito la loro risposta d’assenso detta sempre in coro, Miss Godfrey notò gli animaletti di Mac, Harmony e Mahel che ora dormivano nelle loro gabbiette, commentò che erano carini e ne chiese i nomi.
"Mi piacciono. Bene, cominciamo la lezione. Tirate fuori il quaderno di Teoria Magica e prendete appunti come le altre volte."
Mackenzie lo aprì a una pagina bianca su cui scrisse la data, anche se stava per sbagliarsi fra novembre e maggio, non ancora abituata a quel cambiamento. Forse non l'avrebbe fatto mai. Le risultò anche strano scrivere Eltaria e non Los Angeles.
"Cosa studieremo oggi, Miss Godfrey?"
"Adesso lo spiegherò, Evan, porta pazienza." La donna estrasse dalla borsa quella che, a giudicare dalle scritte, doveva essere una sorta di scaletta. "Come al solito, se avete domande potete interrompermi, alzare la mano e aspettare che vi dia il permesso di parlare e ditemi anche se vado troppo veloce."
Tutti annuirono.
"Oggi studieremo l'origine dei segni, tra cui quello che ognuno di voi ha sul polso. La prima cosa importante da sapere è che non lo possiedono solo pixie, fate, folletti, gnomi, leprecauni e satiri. Mackenzie, anche se tu non ne hai uno non ti devi sentire inferiore, sei uguale agli altri in tutto e per tutto. Non hai poteri magici, ma altre qualità che ti rendono speciale. Per questo dico che lei è uguale a noi, pur non essendo magica" ribadì.
Mackenzie sperò che il messaggio arrivasse in particolare a Evan e che il bambino non avrebbe iniziato a dire cose come:
“Se non è magica, allora è diversa.”
Per non andare alla cattedra – ma perché diavolo non aveva chiesto di essere cambiata di banco? – la ringraziò con un sorriso.
"I segni vengono anche chiamati marchi. Brutta parola, vero?" aggiunse, dato che alcuni bambini avevano una smorfia di disgusto dipinta sul volto.
Si adattano più agli animali, o forse nemmeno pensò Mackenzie, ma evitò di dirlo per paura che qualcuno credesse che voleva offendere le bestiole.
Quel termine riferito alle persone, umani o creature magiche che fossero, non le piaceva affatto.
"Avete ragione. La buona notizia è che molti protettori stanno facendo sì che la parola marchio non venga più utilizzata perché troppo negativa."
"Meno male!" esclamò Mahel.
Mackenzie alzò una mano.
"Sì? Se hai una domanda vieni pure, leggerò io per gli altri.”
La bambina si avvicinò alla cattedra.
Fa male averlo?
"No, è come una voglia sulla pelle, che c'è ma non dà fastidio.
Nessuno prova mai dolore? Nemmeno quando è in pericolo?
La bambina trovava i segni affascinanti e misteriosi allo stesso tempo.
"No, in quel caso il segno brilla. Dolore e sensazioni strane arrivano quando la creatura in questione usa troppa magia, o si sforza fisicamente per un incantesimo particolare."
Soddisfatta delle informazioni, Mackenzie ringraziò.
"Altre domande?"
Nessuno parlò.
L'insegnante proseguì scrivendo un elenco alla lavagna. Il proprio segno, spiegò mentre scorreva con il gessetto, si otteneva in tre modi diversi. Il primo era la discendenza, quindi grazie ai genitori o a uno dei due. Per secondo veniva lo sviluppo, cioè un gesto significativo durante la crescita che cambiava le regole di discendenza e qui Mackenzie rifletté. Durante una delle loro chiacchierate, Lucy le aveva spiegato com’era avvenuto il mutismo di Lune.
"I traumi, per esempio, possono provocare la comparsa del segno" stava dicendo Miss Godfrey, quindi la bambina capì che la sua deduzione era giusta. "Si può avere, infine, per condizioni di nascita."
La pixie che aveva domandato loro se avrebbe potuto accarezzare i cuccioli alzò la mano.
“Cioè?”
"Se per esempio da una coppia nascono due gemelli e uno viene al mondo un minuto prima della mezzanotte e l'altro dopo un minuto, la data cambia e così il segno. Tutto chiaro?"
“Splendente” si disse Mac mentre scriveva ogni cosa e i suoi compagni annuivano o rispondevano. Quindi, visto il primo caso, Kaleia e Sky potrebbero averlo preso dai loro genitori, quelli che non hanno mai conosciuto proseguì la bambina, che le aveva udite parlare di ciò. E Sky forse ha l'elemento aria perché è nata in autunno e Kaleia quello della natura perché è venuta al mondo in estate. Ma come mai non la primavera? È in quel periodo che si sveglia.
Nonostante il suo dubbio, Mac era sicura che il ragionamento fosse corretto e la lezione le servì a capire di più chi aveva intorno. Ringraziò mentalmente Miss Godfrey per questo.
La spiegazione continuò con l'insegnante che faceva capire con ulteriori esempi le nozioni appena dette. L'ora successiva si svolse sempre sulla stessa linea.
Quando Teoria Magica terminò Mahel, Harmony e l’umana erano distrutte.
La ricreazione fu veloce e trascorsa quasi del tutto in silenzio a causa della stanchezza dei piccoli, che non avevano nemmeno la forza di giocare. Solo i cuccioli fecero qualche verso e si lasciarono accarezzare da tutti i bambini, compiendo il giro della stanza. Del resto, a quale piccolo non piacciono le coccole? Dopo aver mangiato, essere andate in bagno e a lavarsi la faccia, le tre bambine tornarono subito sui banchi. Se l’insegnante le avesse trovate fuori dalla classe durante l'orario di lezione, si sarebbe arrabbiato ed era l'ultima cosa che volevano.
Pronte per Pozioni? chiese Mackenzie mentre Lilia, nella sua gabbietta, sgranocchiava alcuni croccantini.
"Non ne ho idea, più che altro sono curiosa" disse Harmony.
"Io ho un po' paura. Non sappiamo se è buono o no, l'abbiamo incontrato solo ieri per venti secondi e, come dice mia mamma, l'approccio con un nuovo insegnante non è mai facile" concluse Mahel, pronunciando quelle ultime parole in falsetto.
Che significa approccio?
"Incontro, credo."
Ah. E non è più semplice dire così?
"Sì, ma i grandi usano sempre parole difficili."
"Verissimo" concordò Harmony. "I miei dicono sempre che devo impararne tante per diventare più brava di loro."
Anch'io voglio fare così! si eccitò Mackenzie.
"Sì, anch'io. È bellissimo capire il significato di una parola che non conosci" disse Mahel.
Le tre compagne avrebbero voluto chiacchierare ancora, ma la porta si aprì e Carlos Ramirez entrò.
"Buongiorno, bambini." Sorrise. "Farò l'appello, dato che ancora non vi conosco" riprese dopo il loro saluto. "Oggi è la nostra prima lezione, quindi voglio conoscervi. Ditemi cosa vi piace fare nel tempo libero."
Il giro ripartì. Quando fu il turno di Mac, questa scrisse che adorava giocare con la sua sorellina e gli animali di casa. Aveva scoperto che a Harmony piaceva leggere e Mahel disse che si divertiva ad aiutare la mamma a cucinare o a fare altri lavori in casa, dato che alla fine della settimana questa le dava cinque rubli di luna per premiarla.
“È una cosa muy bonita. Molto bella" tradusse l’insegnante. "Perfecto, ora possiamo iniziare. Per oggi prepareremo solo una pozione, dato che siete principianti e non ne avete mai fatta una. Si chiama Sorrisucco."
Sorrysucco? domandò Mackenzie, insicura.
Un momento: aveva appena utilizzato una parola nella sua lingua unita da una in italiano? Com'era possibile se, fino a poco tempo prima, l'inglese in lei sembrava bloccato al pari di una lampadina rotta e si attivava solo nella mamma quando cantava? Inutile domandarselo, non l'avrebbe mai scoperto.
"No, Mackenzie, con la i. Te lo scrivo alla lavagna" le rispose l'insegnante.
Ah, così! Grazie. Mi scusi, Mister Ramirez, è che nella mia lingua sorry significa scusa e l'ho confuso.
"Non ti preoccupare, succede."
La piccola provò a scrivere di nuovo il nome della pozione ma con la y, o la parola in inglese senza niente dopo. Non ne fu più capace.
Assurdo.
Il fatto che si trattasse di un sogno rendeva alcune situazioni inspiegabili, era l'unica cosa a cui riusciva a pensare.
Chissà cos’avrebbero detto i suoi genitori biologici di tutta quella situazione. Se fosse finita nel sogno assieme a Hope e a loro due, avrebbero apprezzato stare lì? Oppure odiato tutto non vedendo l’ora di tornare a casa? In quei giorni sognava solo cose belle, per la maggior parte quanto le era accaduto durante la giornata. Non avere più incubi né sintomi del PTSD era stranissimo. La faceva sentire bene da un lato, ma un po’ spaesata dall’altro. Aveva la sensazione di essere troppo felice e forse, a conti fatti, non era sempre una gran cosa.
L'insegnante mise, con non poca fatica, uno scatolone sulla cattedra. Lo aprì e distribuì a ognuno un pentolino di rame, che appoggiò sopra un treppiedi in metallo prima di posare tutto sul tavolo di ogni bambino.
"La cosa si fa interessante" commentò Harmony a bassa voce.
"Adesso darò a ognuno un bicchiere d'acqua distillata. Versatelo nel pentolino senza farne cadere neanche una goccia." A operazione eseguita, gli alunni rimasero in attesa. "Ora arriverà a tutti un vasetto con un fiordoro.”
Un fiore d’oro?
Mac gli portò quel biglietto e gli lanciò uno sguardo interrogativo.
“Ora capirai. Dovrete mettere cinque petali nel pentolino, uno per uno."
Facendo attenzione per paura che il fiore soffrisse troppo, Mackenzie tolse con delicatezza i cinque petali e poi lo accarezzò.
"Mi dispiace, fiorellino" parve dirgli.
Ne aveva una quarantina, tutti dorati anche se non si trattava di oro vero e a un’occhiata più disattenta sembravano soltanto gialli.
"Io ne ho quasi il doppio" osservò Mahel. "Perché, Mister Ramirez?"
"I fiordoro possono essere di varie grandezze."
Passò tra i banchi a controllare che tutti ne avessero messi proprio cinque. In seguito, diede loro un sacchettino con della polvere di fata. Ai bimbi bastò aprire l'involucro e prenderne un pizzico con due dita per poi aggiungerlo. Il tutto si chiuse con un cucchiaino di zucchero.
"Adesso mescolate fino a quando gli ingredienti non saranno ben amalgamati a formare un composto omogeneo. Passerò a vedere come state andando."
Sto davvero facendo una pozione magica?
La mamma aveva raccontato a Mackenzie che, uno dei primi giorni delle elementari, la maestra aveva fatto assaggiare a tutti un cucchiaino di qualcosa mentre tenevano gli occhi chiusi e poi ognuno le aveva sussurrato all’orecchio di che si trattava. La risposta di Demi era stata:
"È una pozione magica."
Poco dopo aveva scoperto che era limone.
Lo zucchero si sciolse presto, la polvere di fata invece no, ma penetrava nei petali dei fiori e, col passare dei minuti, tutto si amalgamava. Mescolare non era facile perché a mano a mano il composto si addensava e bisognava metterci sempre più forza. Prima la bambina usò la mano destra, poi la sinistra, infine provò diverse posizioni nelle quali tenere il cucchiaio, ma non smise mai di mescolare. Harmony fu la prima delle tre a finire e a ricevere i complimenti dell'insegnante. Toccò a Mahel e infine a Mackenzie, mentre anche gli altri terminavano.
"Muy bien, ci siamo tutti!"
I piccoli scoppiarono a ridere, contagiati dall’atteggiamento festoso dell’insegnante. Applaudirono, si alzarono in piedi e si diedero il cinque.
"Va bene, basta" li zittì lui. "Accenderò sotto il pentolino di ognuno una fiamma lenta. Non preoccupatevi, non prenderà fuoco nulla perché vi seguirò durante il procedimento. Dovrà cuocere per una decina di minuti. Mescolate piano, altrimenti la pozione diventerà grumosa e non farà effetto."
Il composto di Mackenzie era di nuovo liquido. La bimba lasciò andare il cucchiaio e strinse i pugni, mentre tutto il suo corpo sussultava. Tentò di scrivere, ma non riuscì nemmeno a tenere la penna in mano. Il suo sguardo saettò da una parte all'altra della classe.
"Mackenzie, ¿qué pasa?" le chiese il maestro quando si avvicinò al suo banco.
Lei non capì, ma rispose.
La mamma mi ha sempre detto di non toccare il fuoco e che non posso mescolare niente di quello che mette in pentola, perché sono troppo piccola. Mi fa paura.
L'insegnante fece il giro del banco e si chinò alla sua altezza.
"Non vorrei andare contro il volere di tua mamma, ma questa pozione va cotta. Ti mostro come si fa per aiutarti a capire che non succede niente, poi continuiamo insieme e, se te la sentirai, proseguirai da sola."
La bambina annuì e nessuno degli scolari obiettò.
Carlos accese la fiamma che, lenta, cominciò a cuocere la pozione da sotto il treppiedi. Mescolò con calma, sia intorno che verso il centro della pentola in modo che nulla si attaccasse.
Scotta? gli chiese la piccola.
"Il cucchiaio? No, affatto. Vuoi provare?"
Mackenzie respirò a fondo, strinse una mano al bordo del banco, raccolse tutto il coraggio che aveva e tentò. Girò in senso orario anche se, chissà per quale motivo, quando lo faceva a casa le veniva più facile il contrario. In quel momento, però, si sforzò per essere il più precisa possibile. Mescolare per dieci minuti interi non fu facile per nessuno, ma alla fine Carlos Ramirez aiutò ciascuno a versare in un piccolo bicchiere, di plastica e della stessa grandezza di quelli che Mac ogni tanto vedeva in televisione quando qualcuno prendeva il caffè dalla macchinetta, un po' di quella pozione.
"Non potete berne più di mezzo bicchiere" spiegò. "Rende le persone calme e felici e, se ne consumaste troppa, diventereste iperattivi." Lilia, nella sua gabbietta, girò inseguendosi la coda per tentare di prenderla, ma falliva ogni volta, così le ringhiava. "Come lei, anche se sta solo giocando” continuò lui indicandola. “Chi lo è non può restare fermo per molto tempo."
"E che gusto ha?" domandò Evan.
"Quello del cibo che amate di più."
Mackenzie fu deliziata quando, dopo aver soffiato per raffreddare la sua pozione, assaporò il gusto delicato del cioccolato al latte. Harmony invece le disse di sentire quello della fragola e Mahel dei frutti di bosco.
"Segnatevi gli ingredienti e i passaggi per preparare questa pozione," asserì il ragazzo, "la prossima volta potrei chiederli a qualcuno in una piccola interrogazione."
Nell'udire quella parola alcuni bimbi sbuffarono.
"Come vi trovate con i vostri cuccioli?" chiese non appena tutti ebbero terminato di scrivere. "Sì, Harmony?"
"A Kermit piace tanto giocare con me" trillò la piccola.
"Fantastico!"
"Io e il mio Arylu Magic abbiamo dormito insieme, stanotte. Mamma e papà dicono che non c'è problema se lo facciamo" fu svelto a rispondere Evan.
Lilia è la cagnolina più dolce del mondo scrisse Mackenzie. Mi dà il cinque. Vuole vedere, Mister Ramirez?
“Molto volentieri.”
La bimba aprì la gabbietta e fece uscire la cagnolina, le mostrò la mano e batté su di essa un dito dell’altra. Lilia allungò una zampa e le sfiorò quella rimasta aperta.
“Ma è bellissimo, Mackenzie. Quando gliel’hai insegnato?”
Stamattina a ricreazione.
"Ehm, Vulcan mi ha bruciacchiato una pagina di un libro che stavo leggendo, ma per fortuna non era di scuola e si capisce lo stesso."
La lezione continuò tra chiacchiere su vari argomenti, dal rapporto con i genitori – Mackenzie non accennò a quelli naturali –, al legame con i fratelli maggiori o minori e al tempo libero.
"Mister Ramirez, ora ci dica lei una cosa: ce l'ha una fidanzata?"
Lui rise.
"Sì. E tu, Evan?"
"S-sì" balbettò, ma non volle dire di chi si trattava.
Chissà, forse si trovava proprio in quella classe, dato che Lynn, la pixie che Mac aveva conosciuto prima, gli rivolse un enorme sorriso.
La campanella suonò.
"Per oggi niente compiti, bambini, ma dalla prossima volta sì. Ci vediamo mercoledì e mi raccomando, ripassate quel poco che abbiamo imparato oggi."
Dopo essere andata a prendere la sorella, Mackenzie aspettò la mamma con Hope e la maestra.
 
 
 
NOTE:
1. in Falling With Wings: A Mother’s Story, Dianna scrive che crescendo le sue figlie hanno dovuto lavorare anche quando non stavano bene.
2. ¿Qué pasa? = Che succede?
   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Demi Lovato / Vai alla pagina dell'autore: crazy lion