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Autore: crazy lion    22/03/2021    1 recensioni
Crossover scritto a quattro mani con Emmastory tra la mia fanfiction Cuore di mamma e la sua saga fantasy Luce e ombra.
Attenzione! Spoiler per la presenza nella storia di fatti vissuti da Demi e dalla famiglia, raccontati nel libro di Dianna De La Garza Falling With Wings: A Mother's Story, non ancora tradotto in italiano.
Mackenzie Lovato ha sei anni, una sorella, un papà e una mamma che la amano e, anche se da poco, una saga fantasy che adora. È ambientata in un luogo che crede reale e che, animata dalla fantasia, sogna di visitare con i suoi. Non esita perciò a esprimere tale desiderio, che in una notte d’autunno si realizza. I quattro vivranno tante incredibili avventure con i personaggi che popolano quel mondo. Ma si sa, nemmeno nei sogni tutto è sempre bello e facile.
Lasciate che vi prendiamo la mano, seguite Mackenzie e siate i benvenuti a Eltaria, un luogo per lei e la famiglia diviso tra sogno e realtà.
Disclaimer: con questo nostro scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendiamo dare veritiera rappresentazione del carattere dei personaggi famosi, né offenderli in alcun modo.
Quelli originali appartengono alle rispettive autrici.
Genere: Fantasy, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Demi Lovato, Nuovo personaggio
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate
Capitoli:
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You're not alone
Together we stand
I'll be by your side, you know I'll take your hand
When it gets cold
And it feels like the end
There's no place to go
You know I won't give in
No I won't give in
 
Keep holding on
'Cause you know we'll make it through, we'll make it through
Just stay strong
'Cause you know I'm here for you, I'm here for you
(Avril Lavigne, Keep Holding On)

 
 

CAPITOLO 27.

 

GITA A CAVALLO

 
Demi e Andrew si svegliarono con un sonoro sbadiglio e dimenticarono di coprirsi la bocca. Avevano dormito un sonno agitato, popolato da brutti sogni riguardo il proprio passato, momenti che faceva loro male ricordare. Hope, invece, era seduta nel suo lettino e aspettava che la mamma la aiutasse a uscire, mentre Mackenzie si stava sfilando il pigiama e rimettendo la tuta.
Dopo aver vestito Hope, rifatto il letto e aperto le imposte, la coppia si diresse in salotto con le figlie.
“Abbiamo preparato la merenda per tutti” disse Sky dopo i saluti, guidandoli in cucina.
In quel momento tornarono anche Isla e Oberon con Lucy e Lune. Rover corse subito a giocare con Lilia, che se ne stava sdraiata sul tappeto, mentre il draghetto di Hope si esibì in piccoli voli e inseguimenti per il salotto.
Poco dopo, qualcuno grattò sulla porta, poi sulla finestra.
“Il mio drago!” esclamò Lune.
“Anche tu ne hai uno?” chiese Demi, che non se l’aspettava.
“Sì,” rispose Isla, “a scuola ce n’era uno solo e l’ha scelto un compagno e lei è tornata a casa senza un animaletto, perché nessun cucciolo l’ha scelta.”
“Dev’essere stato tristissimo” mormorò Andrew e lei annuì.
“Me l’hanno dato le ninfe.”
“Nella grotta c’è una femmina di drago,” continuò la mamma delle pixie, “voi non avete visto perché non c’era già più.”
“Era morta?” domandò Andrew, sbiancando.
“No. Tempo fa ha fatto le uova. Ma i draghi sputano fuoco e, dato che i boccioli dopo due o tre mesi mettono radici e sono ancorati al terreno, verrebbero bruciati da lei e dai cuccioli. Uno è andato a Lune e gli altri sono rimasti con la mamma” spiegò Oberon.
Isla aggiunse:
“Ma tutto questo è successo prima del sogno di Mackenzie, per questo non avete visto niente. Sarebbe stato difficile non notare dei draghi, non trovate?”
Tutti risero.
“Si chiama Flame” continuò Lune. “Ti piace?”
“Oh, è davvero bello, pixie” le rispose Andrew.
Era in tutto e per tutto uguale ad Agni e gli si avvicinò iniziando a volare con lui.
“Come sono teneri!” esclamò Lucy.
Mackenzie concordò e la abbracciò.
Come ti senti? Mi sono preoccupata.
Si era ritrovata a pensare spesso a lei. Quando era stata male, anche se la mamma e Isla le avevano detto di non sentirsi in colpa, la bambina aveva percepito un gran dolore al petto. Le notti precedenti si era svegliata qualche volta scuotendo piano la mamma.
“Mackenzie, che c’è?” le aveva domandato Demi, sempre più stanca.
Lucy sta male?
“Non credo, vedrai che le sarà già passato.”
Sei sicura?
“Isla ed Eliza si conoscono bene, così come Kaleia e Sky frequentano spesso gli Hall. Se fosse accaduto qualcosa di grave sarebbero venuti a dirlo, ne sono certa.”
Mac aveva pensato spesso a lei pregando Dio che stesse bene.
La voce di Lucy la riportò alla realtà.
“Meglio, grazie. Sono rimasta a casa e ho riposato.”
La piccola tirò un sospiro di sollievo constatando che Lucy era allegra e sorridente come quando l’aveva conosciuta.
Le due bambine si raccontarono a vicenda ciò che avevano fatto fuori e dentro scuola.
“Davvero andrai al Giardino domani? E anche Hope? Bellissimo!” trillò la pixie.
Com’è?
“Rilassante, ma non voglio anticiparti nulla o ti perderai tutto il divertimento. Io ci sono stata con la scuola l’anno scorso e ogni tanto ci torno con i miei genitori, piace anche a Lune.”
“Vero, ci sono tanti animali” aggiunse quest’ultima, piano e a fatica.
“Sì, e un sacco di piante che forse non avrai ancora mai visto, ma ora basta, o ti dirò ogni cosa.”
Sapendo di essere logorroica e di non riuscire, spesso, a fermarsi, Lucy si cucì la bocca sull’argomento e la sorellina la imitò perché, anche se più tranquilla, temeva di rovinare qualche sorpresa a Mackenzie.
“Lunie, giochiamo? Giochiamo?” le chiese Hope, tirandole il vestitino rosso che indossava.
“Lo farete, bambine, magari fuori, ma prima mangiamo qualcosa” le richiamò con dolcezza Demi.
L’aria che entrava dalla finestra aperta della cucina trasportava un buon odore di erba e fiori, così tanti che Mackenzie riconobbe solo quello delicato delle rose. Demetria aiutò Eliza a versare a ognuno un bicchiere di tè freddo, al limone o alla pesca a seconda dei gusti, e poi la maggiore e le figlie distribuirono a ciascuno un piatto di pancake alla Nutella.
“Li abbiamo fatti noi” disse Kaleia, “questo è il piatto preferito mio e di Sky.”
“Allora ci assomigliamo,” intervenne Demi, “uno dei miei due è il cioccolato.”
“E l’altro?” indagò Lucy.
“La pizza.”
I pancake erano tiepidi, la Nutella non ancora del tutto solidificata. Non sporcarsi risultava difficile, soprattutto per Hope, che il padre dovette aiutare prima di mangiare la propria merenda, ma questo non rendeva certo meno buono il dolce. Tutti si complimentarono con le sorelle, Mackenzie scrisse addirittura a bocca piena e Lucy e Lune, disobbedendo per una volta a quanto i genitori avevano insegnato loro, dissero a Kaleia che era stata bravissima con le guance tanto gonfie che si capì poco e niente. Tutti scoppiarono a ridere e Isla e Oberon non ebbero il coraggio di sgridarle.
“Andrew, qual è il tuo cibo preferito?” gli chiese Oberon.
“Non ne ho solo uno, come la mia fidanzata. Di salato mi viene da dire la pizza, di solito mi piace con le verdure e un po’ di formaggio spalmabile come il mascarpone, mentre per quanto riguarda il dolce, credo che la cheesecake alle fragole o, ancora meglio, al cioccolato, sia il massimo.”
“Io, invece, adoro le mele. Sono sane, ma buone e fanno bene” rispose il folletto e la moglie concordò con lui, ma riguardo i kiwi.
A un occhio esterno avrebbe potuto sembrare stupido, ma per loro anche solo parlare di fatti semplici come quelli li aiutava a conoscersi.
Mamma, posso bere il caffè?
Mac indicò le tazzine vuote sul lavello. Gli adulti dovevano averlo bevuto mentre lei, la sorellina e le altre bambine parlavano.
“No, sei troppo piccola.”
“Anche tu” disse Isla a Lucy, che voleva chiedere la stessa cosa.
“Uffa, ma perché? Io ho sette anni, lei sei.”
“Appunto,” riprese la cantante, “io ho bevuto il mio primo caffè a quattordici anni, a dodici solo un goccio ogni tanto.”
“Io anche più tardi, e comunque il caffè è forte per i bambini. Il decaffeinato meno, quello normale di più, però non è adatto in ogni caso” spiegò la fata.
Le due bambine si arresero e sospirarono, non vedendo l’ora di crescere per poter assaggiare quella bevanda dall’aroma stucchevole.
“Che vi va di fare oggi pomeriggio?” chiese a tutti Eliza, mentre lavava i piatti.
“Giocare!” trillò Hope e la donna, dopo essersi asciugata le mani, la baciò in fronte.
“Lo immagino, piccola e lo farete tantissimo. Ma oltre a questo, voi adulti che dite?”
“E tu, Eliza?” le domandò Isla.
“Vorrei andare a casa delle due amiche di Mackenzie, invitarle alla festa e fare lo stesso con gli altri invitati, anziché scrivere inviti e spedirli, o potrebbero non arrivare per domani. In più devo andare a comprare dei palloncini colorati e il cibo e le bibite necessari per il buffet, insomma organizzarmi.”
Andrew e Demi le lanciarono uno sguardo interrogativo e dissero che, invece, loro non avevano idea di cosa fare.
 
 
 
“Vi piacerebbe una passeggiata su un unicorno?” propose Kaleia.
“Aspetta, hai detto un unicorno?”
Demi era scioccata e temette di aver sentito male. Sì, quello era un mondo magico e, dal momento in cui era arrivata, aveva visto tantissime creature strane che nel suo non esistevano. Ma c’erano addirittura gli unicorni?
“Esatto, ce ne sono tanti qui” spiegò Chris.
“Wow! Scusateci, è che non… non ci aspettavamo anche questo” mormorò Andrew, che aveva avuto il suo stesso pensiero.
“Io sono andata a cavallo quand’ero piccola, dagli otto ai nove anni, poi ho smesso perché tra la scuola, il canto e in seguito la recitazione con i miei primi film non ho più trovato il tempo di portare avanti questa passione. È stata dura, un gran sacrificio, ma non potevo fare altrimenti.”
“Io invece ho cavalcato solo una volta.” Andrew raccontò che, qualche tempo prima, Demi li aveva portati in un ranch dove si recava da piccola e che lui e la fidanzata avevano montato. “Ma non sono andato un granché.”
“Sciocchezze, per essere stata la tua prima cavalcata te la sei cavata in maniera egregia.”
“Ti ringrazio. Insomma, non so come ce la potremo cavare con degli unicorni. E poi dove sono?”
“Nei prati che circondano la grotta delle ninfe. In parte avete visto quelle distese erbose, ma sono enormi e loro vivono lì. Sono tutti domati da fate, folletti e ninfe ma liberi, non sappiamo nemmeno quanti siano con precisione perché si spostano anche nel resto del bosco, forse centinaia o migliaia. Chiederò ad Aster di aiutarmi a trovarne quattro e vi accompagneremo io e Chris” concluse Kaleia, alla quale il marito riservò un’occhiata di rimprovero.
Lei era incinta e, anche se a mano a mano che la gestazione avanzava il pericolo di perdere il bambino si allontanava, non scompariva mai. In più, sapevano entrambi che cavalcare in gravidanza era sconsigliatissimo. La ragazza lo prese da parte e gli parlò. Gli spiegò che, essendo quello un sogno di Mackenzie, la piccola non avrebbe mai permesso che succedesse qualcosa di brutto a un bambino, per cui si sentiva tranquilla perché sapeva che non sarebbe successo nulla.
“Chiederemo ad Aster di fare in qualche altro modo, non voglio che tu ti metta in pericolo.”
Kaleia sospirò.
“D’accordo, hai ragione.”
“Tranquilla, Demi, portiamo io e Oberon le tue figlie e le nostre a giocare insieme, non le perderemo mai di vista” le assicurò Isla.
La ragazza insistette un po’ per non andare, non voleva esserle di disturbo, ma alla fine l’altra la convinse. La cantante la ringraziò e, più calme, le due coppie uscirono e si diressero alla grotta delle ninfe.
 
 
 
Aster era seduta all’ombra di un pino. Respirava il pungente profumo di resina che, però, tanto le piaceva e le solleticava il naso e cercava di svuotare la mente. Non voleva pensare a nulla, né di positivo né di negativo, anche se per fortuna negli ultimi tempi nella sua vita non era accaduto niente di brutto. Non aveva visto molte volte i nuovi arrivati al villaggio, ma le erano sembrate brave persone. Chiedeva con frequenza di loro a Kaleia, dirigendosi a casa sua per farlo e chiacchierare un po’ con lei, da buona amica qual era. Si faceva raccontare come stavano, non per spiarli o violare la loro privacy, questo mai, ma solo per assicurarsi che andasse tutto bene. La fata le raccontava le avventure, se si potevano definire tali, che vivevano insieme e il giorno prima aveva aggiunto che tutti avevano alle spalle un passato difficile che ancora li tormentava, ma non si era azzardata ad approfondire l’argomento. Un conto era discuterne con il fidanzato, la sorella, la madre o gli altri con i quali Demi e Andrew si erano confidati, un altro mettere a parte una persona con cui quei ragazzi avevano scambiato poche parole. Non aveva trovato giusto condividere con Aster dettagli tanto intimi della vita dei quattro umani, per quanto considerasse la ninfa una sua grande amica. Quest’ultima, per rispetto, aveva capito.
Chiedendosi cosa fosse successo loro e pregando che ora stessero meglio, Aster accarezzò con un tocco delicato uno dei boccioli sulla propria testa come farebbe una mamma con il suo bambino. Inspirò. L’aria sapeva di pioggia. Il cielo era ancora sereno e splendeva il sole, ma il vento stava cambiando facendosi più freddo e quella notte, ci avrebbe scommesso qualsiasi cosa, sarebbe piovuto. Era accaduto non molto tempo prima, ma visto il caldo estivo i fiori, l’erba, le piante, gli animali e le altre creature avevano bisogno di più acqua. Kaleia aveva ragione a dire che la natura soffriva d’inverno, benché le piante sepolte nella neve non morissero, ma si trovassero sotto una coperta che le proteggeva da un freddo ancora maggiore. Inoltre, in quella stagione gli animali trovavano a fatica di che mangiare, ma l’estate si preannunciava torrida e, se non fosse piovuto, sarebbe stato un disastro per tutti.
Non è vero che niente mi turba, quindi.
Al contrario di lei, Kaleia in quei giorni appariva calma. Lo era sempre, a meno che non fosse autunno o inverno.
“Tranquilla, Aster. La natura sta ancora bene.”
Intorno a lei non sentiva nulla soffrire, né una pianta né nessun animale, nemmeno gli insetti, anche se il ronzio di qualche mosca appariva nervoso.
Respirò ancora più a fondo e contò fino a dieci. Cercò di rilassare i muscoli tesi. All’interno della grotta, alcune delle sue sorelle ridevano a causa di una battuta che qualcuna di loro doveva aver fatto, ma che lei non aveva udito. Non se la sentiva ancora di raggiungerle, anche se là dentro faceva più fresco.
Uno scalpiccio le fece alzare lo sguardo. Chris e Kaleia stavano accompagnando Andrew e Demi verso di lei. Dopo i saluti e un abbraccio caloroso, la ninfa chiese loro di cosa avessero bisogno. Kaleia glielo spiegò e l’altra si allontanò con lei.
 
 
 
“Vanno a cercare gli unicorni?” chiese Andrew.
“No,” rispose l’altro, “Kaleia rintraccerà la loro scia magica e li farà arrivare qui, un po’ come con Batman. Aster le tiene solo compagnia, una sorta di sostegno in questo incantesimo.”
Poco dopo un unicorno bianco, grosso e così alto che Demi avrebbe fatto fatica a toccargli la groppa, si fece avanti al trotto. Guardò Christopher e gli si avvicinò, piegò la testa e strusciò il muso contro il suo fianco, poi nitrì forte per salutarlo.
Demetria era affascinata, tanto che non poté trattenersi.
“Che animale magnifico!”
Ne arrivarono altri tre, di diversi colori.
“Questi unicorni sono due maschi e due femmine” spiegò Kaleia tornando da loro. Appariva sudata e stanca e con il fiatone, così preferì sedersi un po’ sull’erba. Sforzarsi troppo non faceva bene né a lei né al bambino. “Perché non mostrate loro come pulirli?” propose al marito e ad Aster.
I due portarono loro un paio di spazzole per sistemare criniera, corpo e coda degli unicorni. La prima e l’ultima erano crespe, ma ben curate anche se piene di polvere.
“Ti ricordi come ti ho insegnato?” chiese Demetria al fidanzato.
“Sì.”
Tenendo una mano sulla prima per non far male all’animale, Andrew la spazzolò a quello bianco mentre Demetria si occupò di un unicorno nero e Aster e Christopher degli altri due. Per la coda valse lo stesso. Lo sporco e la polvere vennero via con relativa facilità mentre passarono il corpo, dal pelo cortissimo e liscio, con piccoli movimenti circolari che rilassarono gli animali. Ogni tanto sbuffavano o si muovevano, solo una volta Demi rischiò di essere calpestata da uno zoccolo e il suo cuore saltò un battito, ma riuscì a spostarsi in tempo. Lavorando ascoltavano i respiri lenti degli unicorni, ne percepivano il calore sotto i palmi e le dita ed entravano in contatto con loro.
“Ci sai fare” commentò Kaleia.
“Ricordi di quando ero piccola rispolverati qualche tempo fa, ma non credevo di essere ancora così sicura di me.”
Lo spazzolava con un’espressione serena sul volto, non ne aveva paura nonostante la stazza.
“Saphira sente che le vuoi bene e che te ne stai occupando con amore, credimi.”
La femmina fissava la cantante con i suoi occhioni scuri e la testa alzata, ma appariva tranquilla.
“Ne sono felice, perché è proprio così. Mi fa piacere riuscire a trasmetterglielo attraverso il contatto.”
Andrew, invece, tremava appena e l’unicorno era un po’ più nervoso, per cui Christopher cercò di aiutarlo.
“Fa’ dei respiri profondi e rilassati, non succederà niente, vedrai. Lui percepisce le tue emozioni e forse avete bisogno di un po’ più di tempo per conoscervi e capirvi.”
“M-mi dispiace, non voglio agitarlo.”
Pregò di poter farsi piccolo piccolo e sparire sotto terra. D’accordo, non aveva esperienza né con i cavalli né con gli unicorni e temeva di essere pestato da uno zoccolo e ritrovarsi il piede spappolato, ma cercava di non pensarci anche perché non appariva nervoso fino a quel punto e poi diamine, lo stava solo spazzolando, non doveva essere difficile.
“Non preoccuparti, è normale sentirsi emozionati e anche un po’ spaventati la prima volta, lui è alto” ridacchiò Christopher, poi si rivolse all’animale e aggiunse: “Non ti stavo prendendo in giro, Xavros, perdonami, ma sei grande sul serio.”
Andrew eseguì ciò che Chris gli aveva consigliato, salutò l’unicorno e gli parlò di nuovo.
“Scusami, devo solo conoscerti, non ho mai incontrato altri unicorni prima. Adesso ti spazzolo così diventerai ancora più bello. Non ti farò male, promesso.”
Con un po’ di carezze e qualche rassicurazione l’animale si calmò e così Andrew, che riprese il suo lavoro con più serenità. Aster insegnò ai due come pulire gli zoccoli, la parte più difficile di quell’operazione e alla fine i quattro unicorni privi di sabbia, sporcizia e polvere erano ancora più maestosi di prima. I fidanzati, non abituati a quel genere di lavoro, si ritrovarono sudati e stanchi, ma non erano per nulla intenzionati a fare una pausa.
“Ora voi ne sceglierete due e monterete, d’accordo?”
Era stata Kaleia a parlare, si era ripresa e alzata in piedi.
“Benissimo, ma potreste dirci gli altri nomi, prima?”
“Certo Demi” rispose Chris. “Avete già conosciuto lui e come potete notare ha il segno di un fiore sottopelle. Funziona come per i simboli delle fate e delle altre creature, per cui lui simboleggia la natura.”
L’uomo proseguì con la spiegazione e, alla fine, Andrew scelse proprio Xavros, Demi invece Saphira, in parte perché il nome le piaceva e le ricordava la dragonessa di una delle sue saghe fantasy preferite, il Ciclo dell’eredità di Christopher Paolini, con sul fianco il simbolo di una goccia d’acqua.
“E voi due come farete?”
“So io come” intervenne Aster.
Si mise la testa fra le mani e guardò verso terra, poi il suo sguardo divenne nero e assente.
“Oh Dio, si sente male?”
“No Demi, sta manipolando la natura e fa così per mantenere la concentrazione, tranquilla” la rassicurò Christopher.
All’improvviso apparve davanti a loro una carrozza come quelle che i due fidanzati avevano visto tante volte nei film, in qualche illustrazione o, in rari casi, dal vivo, ma fatta di erba e foglie. Zagor, un unicorno maschio, grigio, che aveva come elemento il fuoco ed Emerald, con il pelo marrone, un po’ come ciò che rappresentava la roccia sul suo fianco, la terra, ci erano già attaccati, pronti a trainarla. I simboli, così come quelli sui polsi delle altre creature che avevano incontrato, non erano stilizzati come sarebbe accaduto nel loro mondo, ma perfetti tanto da sembrare veri, una cosa che non finiva mai di stupire Andrew e Demi.
In mezzo alla fronte di ognuno degli animali spiccava un lungo corno, ma qualcosa non quadrava.
“Come mai non hanno le ali?” chiese la cantante.
Si era posta quella domanda sin dal primo momento in cui li aveva visti perché, nell’immaginario comune del suo mondo e anche in My Little Pony, erano sempre stati così.
“In questo mondo non le hanno” rispose Aster. “Perché, nel vostro sì?”
Aveva la voce impastata, come quella di chi parla dopo essersi appena svegliato da un lungo sonno. “Sono rappresentati sempre in quel modo” spiegò Andrew.
“Ah giusto, dovevo immaginare che da voi non esistessero. Il vostro mondo dev’essere particolare.”
“Lo è anche questo per noi, ma ci piace.”
Demi annuì.
Dopo aver insegnato loro come mettere le redini e la sella, operazioni che richiesero un po’ di tempo, Kaleia e Christopher portarono due scale a tre pioli.
“Si potrebbe montare usando le staffe, ma qui non le utilizziamo e preferiamo questo metodo” spiegò l’uomo. “Siete pronti?”
“Prontissimi!” esclamarono insieme i fidanzati.
Demi mise le mani sopra la sella di Saphira per tenersi in equilibrio, dato che la scaletta non aveva qualcosa a cui aggrapparsi. Salì il primo gradino e questa rimase ferma, così come l’unicorno. Quella di Andrew, invece, traballò.
“Scendi, amico” lo pregò Chris, spostando un po’ sia questa sia Xavros, che obbedì al suo richiamo.
“Non usate mai la longia?”
“La cosa, Andrew?” domandò ancora l’uomo.
“Da noi, quando si prepara un cavallo, gli si possono mettere due cose: la capezza, una cintura di cuoio con un moschettone, attorno al muso e la longia, una corda di circa due metri. La si attacca al moschettone e si tira in avanti, così il cavallo capirà che deve avanzare, se per esempio lo si porta a passeggiare al proprio fianco prima di salirci o anche per farlo uscire dalla scuderia.” Sperò di non aver usato termini troppo tecnici, aveva cercato di spiegarsi nel modo più semplice possibile ma, dato che gli altri non gli fecero domande, continuò: “Pensavo solo che, per conoscerli meglio, prima li avremmo fatti camminare un po’.”
“Qui non si utilizza, non ne abbiamo mai nemmeno sentito parlare” proseguì Aster. “Ma se volete, potete tenere una mano sulla sella e camminare con loro.”
I due furono felici di vivere quell’esperienza, tuttavia si domandarono come avrebbero fatto a mostrare all’unicorno la direzione da prendere se avessero dovuto girare a destra o a sinistra senza avere la longia e con il timore che sarebbe accaduto qualcosa di pericoloso, ma si dissero che gli altri non li avrebbero mai messi in situazioni rischiose.
“Siete sicuri?” chiese Demi, mentre il cuore le martellava nel petto.
“Fidatevi di noi” le rispose Aster.
I due si sforzarono di sorridere e calmarsi, ma non era facile. Andrew partì per primo. Incedette piano, tremando, faticando a tenere la mano sulla sella, mentre l’unicorno lo seguiva e si adattava al suo passo. Per un po’ rimase con la testa alzata, le orecchie tese come se temesse che da un momento all’altro sarebbe accaduto qualcosa o quello sconosciuto gli avrebbe fatto del male, così Andrew prese a parlargli. Gli raccontò delle sue figlie, di quanto le amava e del motivo per cui erano finiti in quel mondo. Nel frattempo anche Demi aveva iniziato a camminare con Saphira. Era più bassa di Xavros e, quindi, le risultò più semplice tenere la mano in quel punto, ma il tremore del suo braccio era più visibile rispetto a quello del fidanzato e traeva respiri profondi prima di iniziare una nuova frase, con il battito tanto accelerato che lo sentiva rimbombare nelle orecchie. Entrambi si tenevano a una breve distanza dall’unicorno, per non rischiare di essere pestati, ma comunque abbastanza vicini da fargli sentire la loro presenza. Si imposero di respirare con calma, o perlomeno di provarci, continuando a pensare che nulla sarebbe potuto andare storto. Ma gli unicorni erano comunque animali abituati a stare sempre all’aperto per quanto domati, non c’era tutta la sicurezza presente nel loro mondo e ciò non permetteva ai due di rilassarsi. Xavros e Saphira avrebbero potuto decidere di correre via in qualsiasi momento, facendoli cadere a terra e ferendoli in modo grave.
“Demetria, guarda.”
La voce di Kaleia la distrasse dai suoi timori e anche Andrew alzò lo sguardo. Saphira aveva la testa abbassata e gli occhi semichiusi, le orecchie all’indietro e il respiro più lento. Si era rilassata, fidandosi del tutto della nuova padrona, se così la ragazza si poteva definire.
“Brava, bella” mormorò Demi accarezzandole un fianco.
Lei, il fidanzato, Kaleia e Christopher, che avevano lasciato gli altri due unicorni ad attenderli con la carrozza, si fermarono in mezzo a un prato per farli mangiare. Rimasero al loro fianco e li ascoltarono brucare l’erba e masticare, un suono rilassante che Demi aveva dimenticato da tempo.
“Troppo” si disse, ma con la vita che conduceva ora non sarebbe mai riuscita a riprendere l’equitazione, tra il lavoro e le bambine.
Forse in futuro, chissà.
La cosa che aveva sorpreso i due fidanzati era stata che tra i cavalli e gli unicorni c’era una differenza che non si sarebbero aspettati. I primi, infatti, vedono una persona o un oggetto da due metri di distanza in poi, a causa del loro muso lungo, mentre Xavros e Saphira li guardavano anche se si trovavano a pochi centimetri da loro.
In quel momento giunse Aster portando a ognuno una ciotola di fragole di bosco e dell’acqua del fiume, che i quattro gradirono moltissimo. Tornando indietro, entrambi gli unicorni erano tranquilli. Si erano rilassati sentendo che chi li guidava non tremava più, o lo faceva poco, e non si agitava, poggiando su di loro una mano che trasmetteva sicurezza.
Una volta al punto di partenza, Demi e Andrew si misero davanti al loro muso per accarezzarlo e sfiorare la criniera. Saphira e Xavros li annusarono e si strusciarono contro di loro a occhi chiusi. Anche i fidanzati li chiusero, per godersi la sensazione del loro naso umido sulla mano. Il respiro degli unicorni era calmo, proveniva dal più profondo dei loro petti che si alzavano e abbassavano piano. Scaldò loro le mani e gli animali nitrirono forte.
“Tra loro c’è complicità” spiegò Christopher, “o almeno così pensiamo. Li vediamo spesso insieme e crediamo siano più che amici.”
I fidanzati sorrisero.
Quando si ritrovarono entrambi in cima alla scala, pregando che questa non si spaccasse, fecero scorrere la mano destra fino a raggiungere le redini. Dopo averle prese, passarono la gamba sinistra dall’altra parte della sella, si diedero lo slancio e si issarono con un po’ di difficoltà. Se si fossero trovati nel loro mondo avrebbero speso quanto meno qualche ora in più per conoscere gli animali, ma non sapendo quanto sarebbero rimasti lì era necessario fare le cose in fretta. In ogni caso, i due unicorni si erano fidati di loro prima di quanto avrebbe fatto qualsiasi cavallo. Xavros restò immobile come una statua, mentre Saphira si mosse un po’, Demi tremò con violenza e il suo cuore prese a battere come una furia colpendo con veemenza la cassa toracica.
“Oh mio Dio!” mormorò, con il fiato mozzato e le mani tanto strette alle redini che le nocche sbiancarono.
“Tranquilla, Demetria, sta solo aspettando che tu ritrovi l’equilibrio” disse Kaleia.
Lei trasse qualche profondo respiro. Il fidanzato era tranquillo in groppa al suo animale. Dondolò un po’ temendo di cadere, rompersi la schiena, o le costole e i peggiori scenari le passarono davanti mentre un gelo paralizzante la bloccava, ma alla fine con uno sforzo riuscì a stabilizzarsi.
Christopher e Kaleia montarono in carrozza e i quattro partirono.
Zagor ed Emerald iniziarono a correre mentre i due fidanzati restarono indietro, così Chris e Kaleia tornarono da loro e fecero capire ai due unicorni che avrebbero dovuto andare se non alla loro stessa andatura, quantomeno poco più veloci.
“Andrew, stai tenendo male le redini” gli fece notare Christopher. L’uomo aveva la mano chiusa a pugno, con il pollice all’interno. “Usa entrambe le mani, così andrai meglio, poi prendi le redini tra anulare e mignolo e falle uscire tra pollice e indice, con il dito più grosso che preme appena su di esse. Così, esatto.”
Diede ai due fidanzati qualche altro dettaglio tecnico sulla posizione di braccia, mani e disse loro di stare dritti, con la schiena perpendicolare all’unicorno.
“In confronto a te mi sento una schiappa” sussurrò Andrew alla fidanzata.
“Ma dai, smettila. Non mi alleno da un sacco di tempo, stasera sarò un catorcio. E poi io stavo un po’ curva, tu almeno eri dritto.”
Tenendo sempre le gambe attaccate al corpo del proprio animale, ai due bastò stringere un po’ i polpacci e fare pressione perché avanzasse. Il rumore degli zoccoli risultava ovattato a causa del fatto che stavano procedendo su un terreno erboso, ma trovarsi sopra creature imponenti come quelle era comunque un’esperienza unica. Non se la sentirono di aumentare la velocità perché, pur essendo andati a cavallo, non erano mai saliti su un unicorno e non lo conoscevano ancora bene. Procedettero piano. Trovarsi su un unicorno e muoversi poteva essere descritto in tanti modi diversi, ma quello che la ragazza ritenne più azzeccato fu stare su un’onda del mare che la portava verso riva, giù nelle profondità e poi su di nuovo, ma con lentezza e dolcezza, come se la stessero cullando. Andrew, invece, si godeva la sensazione di essere avvolto da quel dondolio continuo, quasi che si fosse trattato di un abbraccio materno, delicato e protettivo.
“Piegatevi leggermente a destra” suggerì Christopher, cercando di sovrastare con la voce gli schiocchi degli zoccoli degli animali.
“Perché?” chiese Andrew, mentre Demi aveva già capito.
Lui non rispose.
I due obbedirono con un po’ di diffidenza, ma non accadde niente di brutto e gli unicorni girarono in quella direzione, mentre Emerald e Zagor lo fecero seguendo la mano di Christopher che indicava loro dove andare. Nessuno parlava. Fata e protettore si lasciavano cullare dal movimento continuo della carrozza e dalla morbidezza dei sedili. La cantante e il suo ragazzo ascoltavano il respiro del loro unicorno armonizzandolo, senza rendersene conto, con il proprio, mentre contavano i suoi passi per rilassarsi. Sentire il loro corpo attaccato a quello dell’amico che li trasportava, percepirne il calore era magnifico, una simbiosi perfetta, anche perché si capivano alla perfezione.
Ma all’improvviso lo sguardo di Andrew, fino a poco prima sorridente, si adombrò.
“Non ti senti bene?” gli chiese la fidanzata. “Vuoi che scendiamo?”
Era salito a cavallo una volta sola, la seconda esperienza poteva non essere facile sia dal punto di vista fisico che mentale. Forse aveva ancora paura. A lei era capitato di avere un attacco di panico su un cavallo una delle prime volte, e il fatto che fosse su un unicorno poteva complicare le cose per lui.
“No, non è questo. Possiamo fermarci, per favore? Scusate.”
I due tirarono le redini e Chris fermò la carrozza. I quattro animali smisero di camminare quasi in contemporanea.
“Mia sorella è morta otto mesi fa.” Lì era il 25 maggio, ma che importava? Lui teneva conto di quelli trascorsi nel suo mondo. “Ha avuto un grave incidente. Per parecchi mesi era stata in un altro Paese, lontanissimo dal mio, il Madagascar, a fare volontariato ed era tornata a casa da poco. Dopo quella notte è stata male per anni, addormentata in un certo senso e non si svegliava più. I medici tenevano d’occhio la sua respirazione, la nutrivano con un sondino, una sorta di tubo che passa i nutrienti informa liquida, stavano attenti che respirasse con regolarità, la cambiavano di posizione così che non si formassero piaghe, un fisioterapista la muoveva affinché le articolazioni non restassero immobili, e i dottori controllavano se c’erano segni di risveglio. Mi dicevano di parlarle, di farle ascoltare musica, leggerle qualcosa, portarle dei fiori. Alla fine il suo cuore ha smesso di battere. Hanno provato a riportarla in vita, ma non c’è stato nulla da fare.”
Per un momento valutò di aggiungere che i pazienti in stato vegetativo mantengono il ciclo sonno-veglia, ma da svegli non sono in grado di interagire con chi sta loro intorno. Avrebbe voluto dirlo a tutti, ma i ricordi l’avevano sopraffatto. Gli era tornato in mente, e lo raccontò, che una volta era stato in un ranch con i suoi genitori e lei. Carlie aveva circa tre anni, lui nove. Non aveva voluto montare a cavallo ma la sorellina, piccola eppure più coraggiosa, sì ed era salita su un minuscolo pony che in quel ranch usavano per fare lezione ai bimbi piccoli. E così, pensando a quello, gli era tornato in mente tutto il resto, anche se non lo dimenticava mai.
“Andrew,” mormorò Kaleia, “mi dispiace tantissimo. Tutti quegli anni, non dev’essere stato semplice.”
Non sapeva se al suo posto avrebbe resistito vedendo Christopher immobile in un letto.
L’uomo evitò di usare termini troppo tecnici, di dire che prima era stata in coma e dopo un mese passata allo stato vegetativo e non raccontò nemmeno com’erano morti i loro genitori, ormai sette anni prima, anche se disse che era accaduto.
“No,” riprese, “non lo è stato, però i medici mi hanno preparato già dopo pochi mesi al fatto che si sarebbe risvegliata con difficoltà e poi, più passava il tempo, più mi dicevano di sperare ancora, ma io sapevo che non avrei dovuto farmi troppe illusioni. Già dopo sei mesi in quello stato, le possibilità che un paziente si risvegli calano in modo drastico, o se lo fa non è detto che tornerà come prima, anzi.”
“Il giorno in cui è morta io ero con lui” riprese Demi “e avevo finalizzato l’adozione quella stessa settimana.”
“Mi sono tenuto dentro il segreto della condizione di mia sorella per tanto, troppo tempo. Non volevo essere di peso a nessuno. Demi l’ha saputo dopo qualche anno.”
Ai coniugi mancò il fiato. Non solo non aveva più una famiglia, non quella biologica almeno, non soltanto sua sorella aveva versato in quelle condizioni per anni, ma lui si era anche tenuto per sé ogni cosa.
“C-come hai fatto?” chiese Christopher.
Non balbettava mai, ma fu più forte di lui. Quell’uomo aveva sofferto troppo come la sua ragazza. Lui sarebbe impazzito se avesse vissuto la stessa situazione con sua sorella Leara.
L’altro sospirò.
“Non lo so. Seguitando a non parlarne mi sono arreso al fatto che non avrei mai smesso di sentire quel peso enorme schiacciarmi il cuore e l’anima. Non volevo che nessuno mi compatisse.”
Ma nel tempo aveva imparato ad aprirsi, proseguì, e non solo con Demi. Al lavoro aveva fatto amicizia con Bill, un altro avvocato e adesso erano parecchio in confidenza.
“Ed ora come stai?”
Kaleia lo chiese sottovoce, rendendosi conto che era una domanda stupida. Non sapendo se i suoi genitori biologici fossero morti o meno e non avendo perso nessun altro non poteva capire cosa provava Andrew, ma immaginava che otto mesi non fossero niente dopo un lutto.
“Insomma, alcuni alti e tanti bassi. Mi ci vorrà parecchio tempo, è stata ed è ancora durissima. Carlie per me era fondamentale, la mia vita non è più la stessa senza di lei. Sono successe altre cose dopo la sua morte e anche prima, ma non mi va di parlarne ora. E affrontare tutto questo con la depressione è ancora più difficile. So, però, che sto facendo del mio meglio per riprendermi, che continuo a lottare ogni giorno.”
Quando Demi l’aveva informato della scomparsa della sorella, dopo aver risposto a una di quelle telefonate che nessuno vorrebbe mai ricevere, Andrew si era sentito schiacciare da un peso troppo grande da sopportare. Quando era andato in ospedale l’aveva supplicata di non lasciarlo gridando, prendendole la mano mentre il suo corpo giaceva immobile, ma a nulla erano servite le sue suppliche. I mesi dopo erano stati terribili. Aveva provato a reagire, ma non ci era riuscito. Non era andato al lavoro avvertendo il suo capo, che per fortuna non l’aveva licenziato anche se avrebbe benissimo potuto farlo, e si era rifugiato nel suo dolore lasciando fuori il mondo e la vita che continuava, quella che lui non aveva saputo più come vivere.
Perlomeno, ora aveva ripreso a sorridere, a divertirsi, si distraeva e, spesso, non si sentiva più in colpa se per un po’ non pensava alla sorella e a quanto gli mancava. Con fatica, ma stava provando a riprendersi anche se non era passato tantissimo tempo. Adesso la ninfa, la fata e il protettore conoscevano un’altra parte importante del suo passato. Xavros nitrì e si agitò muovendosi a destra e a sinistra. Percepiva l’ansia del suo cavaliere, forse anche il fatto che aveva gli occhi lucidi e che lottava per trattenere le lacrime, deglutendo a fatica. Qualcuna sfuggì al suo controllo e la asciugò con il dorso della mano, ma stavolta non si scusò. Non ce n’era bisogno, non con loro né con nessun altro di quelli che aveva conosciuto in quel mondo.
Nessuno dovrebbe chiedere scusa se esprime il suo dolore, pensò, ne ha tutto il diritto.
“Grazie per fidarti tanto di noi da raccontarci tutte queste cose” riprese Christopher. “Continua a lottare, ma non metterti fretta e soprattutto non sentirti in colpa se a volte non ce la fai.”
“Più facile a dirsi che a farsi.”
“Lo so, ma provaci. Stai già facendo tutto il possibile e noi vi resteremo sempre vicini, tutti quanti. Se vi sentirete male vi sosterremo, combatteremo con voi.”
“Concordo. Gli amici si sostengono nel momento del bisogno. Forse noi non lo siamo ancora, dato che ci conosciamo da nemmeno una settimana, ma ci siamo.”
“Hai ragione, Kaleia” disse Demi. “Grazie. L’aiuto sarà reciproco.”
“Possiamo continuare” sussurrò l’avvocato e, dopo un profondo respiro, ripartì.
Gli bastò qualche carezza al cavallo e un altro po’ di camminata per sentirsi più leggero. Respirava con maggior facilità e il peso era diminuito. Gli animali, si disse, sanno guarire la nostra anima meglio delle persone.
Procedettero per un altro po’, poi fata e protettore li fecero scendere. I due fidanzati non erano abituati a trascorrere tanto tempo in sella e non volevano si stancassero troppo, anche perché lo sforzo che si deve fare con le gambe e la schiena non è indifferente e loro lo sapevano bene. Quando tutti smontarono, la carrozza sparì. Ogni unicorno salutò il suo cavaliere con un nitrito e poi si strusciò su d lui. Saphira leccò Demi quando questa avvicinò la mano per accarezzarle il muso, mentre Xavros sfregò il naso umido su quella di Andrew.
“Siete stati bravissimi, grazie” dissero all’unisono e l’uomo ringraziò il suo per essergli stato accanto in un momento tanto difficile.
“Non lo dimenticherò mai, amico” concluse con voce rotta.
Aster uscì dalla grotta con quattro mele in mano. Appariva pallida e i suoi occhi erano contornati da profonde occhiaie. Indicò gli unicorni.
“Se le meritano.”
“Decisamente” concordò Demi.
Tenendola sul palmo ognuno la offrì al proprio che la mangiò in due bocconi, tranne Saphira e Xavros che si avvicinarono e la divisero a metà.
“Che carini!” esclamò la cantante con voce dolce. Si rivolse a Emerald: “Tranquilla, troverai anche tu un compagno prima o poi.”
La femmina rispose con un nitrito e si godette le sue coccole.
Poco dopo, tutti e quattro partirono al galoppo e sparirono.
“Wow, è stato bellissimo!” trillò Demetria, saltellando come una bambina.
“Infatti, l’ho adorato, è andato tutto bene nonostante il momento di sconforto. Gli unicorni sono pazzeschi come i cavalli.”
“Siamo felici che abbiate apprezzato e a loro voi siete piaciuti, parola di fata. Aster, grazie per quello che hai fatto per me e Chris.”
“Figurati, è stato un piacere” mormorò trattenendo a stento uno sbadiglio.
“Ora però riposati.”
Mentre si dirigevano verso casa, una farfalla arancione passò davanti a Demi. Volava leggera e le fece spuntare un sorriso perché le sembrò libera come l’aria, un po’ come aveva detto di essere Kady.
Che bella! Speriamo porti fortuna a me e alla mia famiglia questo e, magari, anche il prossimo anno.
Ce ne sarebbe stato bisogno, la vita aveva già segnato tutti.
 
 
 
NOTE:
1. i cibi preferiti di Demi sono questi, l’ha detto in un video su YouTube nel quale rispondeva ad alcune domande dei fan.
2. Per quanto concerne l’esperienza sugli unicorni, io ho fatto equitazione per un anno e mezzo, per questo sono stata in grado di descrivere, al meglio delle mie possibilità, le posizioni da tenere e altri dettagli.
3. Mi sono informata sullo stato vegetativo. Non sono andata in profondità riguardo il motivo della morte di Carlie. Ha smesso di respirare, il cuore si era indebolito man mano anche se non sono entrata nello specifico. Più spesso, però, la causa è un’infezione respiratoria o un danno agli organi.
   
 
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