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Autore: crazy lion    22/03/2021    1 recensioni
Crossover scritto a quattro mani con Emmastory tra la mia fanfiction Cuore di mamma e la sua saga fantasy Luce e ombra.
Attenzione! Spoiler per la presenza nella storia di fatti vissuti da Demi e dalla famiglia, raccontati nel libro di Dianna De La Garza Falling With Wings: A Mother's Story, non ancora tradotto in italiano.
Mackenzie Lovato ha sei anni, una sorella, un papà e una mamma che la amano e, anche se da poco, una saga fantasy che adora. È ambientata in un luogo che crede reale e che, animata dalla fantasia, sogna di visitare con i suoi. Non esita perciò a esprimere tale desiderio, che in una notte d’autunno si realizza. I quattro vivranno tante incredibili avventure con i personaggi che popolano quel mondo. Ma si sa, nemmeno nei sogni tutto è sempre bello e facile.
Lasciate che vi prendiamo la mano, seguite Mackenzie e siate i benvenuti a Eltaria, un luogo per lei e la famiglia diviso tra sogno e realtà.
Disclaimer: con questo nostro scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendiamo dare veritiera rappresentazione del carattere dei personaggi famosi, né offenderli in alcun modo.
Quelli originali appartengono alle rispettive autrici.
Genere: Fantasy, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Demi Lovato, Nuovo personaggio
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate
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CAPITOLO 28.

 

CONCENTRARSI SUL PRESENTE

 
Mackenzie e Hope stavano giocando da tempo con Lucy e Lune. Le maggiori più che altro chiacchieravano, ma a un certo punto iniziarono un puzzle che raffigurava un paesaggio innevato con montagne, un bosco e un lago, mentre le minori si rincorrevano e si facevano il solletico, tutto sotto lo sguardo vigile di Isla e Oberon. Lune non poteva comunicare benissimo, ma non era un problema, le due si capivano a gesti e anche se con alcune difficoltà la piccola parlava; Hope all’inizio la guardò in modo strano non capendo perché non le rispondesse o lo facesse a volte a fatica, quasi che si fosse accorta solo allora di quel problema, ma dopo un po’ ci si abituò e comunicò a gesti o con le espressioni facciali, per quel che riusciva vista la sua età. I cuccioli delle quattro giocavano in disparte, i cagnolini si inseguivano mentre i draghetti volavano facendosi piccoli agguati.
“Mamma, papà!”
Hope corse loro incontro.
Demi e Andrew salutarono le figlie, corsero dentro a darsi una ripulita e così come Christopher e Kaleia che sparirono a casa promettendo di tornare prestissimo. Eliza non si vedeva da nessuna parte, impegnata a comprare chissà cosa per la festa.
Il tempo passò e, alla fine, gli adulti si riunirono agli altri. Andrew e Demi raccontarono eccitati la passeggiata sull’unicorno. Dopodiché, i grandi lasciarono le bambine a giocare in pace e si allontanarono per parlare con calma.
 
 
 
“Mi dispiace per tua sorella, Andrew” mormorò Sky quando seppe l’accaduto.
Sentì un vuoto allo stomaco che le seccò la lingua e le inumidì gli occhi. La testa le vorticò e una forza misteriosa la tirò in avanti. Al solo pensiero che non sapeva come si sarebbe comportata se Kaleia fosse morta le veniva da vomitare. Tutte le volte nelle quali era svenuta o stata male si era preoccupata tantissimo, non avrebbe retto la sua scomparsa. Erano due persone diverse, ma unite da un legame fortissimo tanto che a volte, almeno per quanto la riguardava, credeva che in certe situazioni fossero un unico cuore.
“Ti ringrazio. È stata dura. Lo è sempre” mormorò l’uomo. “Tuttavia, sono sicuro che ora sia felice di sapere che ho incontrato persone meravigliose come voi e che, nonostante tutte le difficoltà, sto cercando di andare avanti, così come lo sono i nostri genitori. Questo mi consola appena, ma me lo devo far bastare.”
“E noi lo siamo di te” si intromise Eliza. “Perdere qualcuno non è facile, non tutti riescono a rialzarsi e credo che chi non ce la fa non debba essere giudicato per questo. Tu, però, ci stai provando ed è ciò che conta.”
Nessuno gli disse che sua sorella non avrebbe voluto vederlo soffrire ancora, né lo giudicò o gli impose di andare avanti e di reagire di più come purtroppo a volte fanno, si disse l’uomo, le persone con chi sta male spronandole quando, in realtà, spesso peggiorano non volendolo la loro situazione. Andrew tirò un sospiro di sollievo.
Non sapeva se avrebbe raccontato il resto, forse quella sera quando le bambine sarebbero andate a letto, ma di certo non in quel momento. Perché lo aspettava la parte più difficile e non riusciva a immaginare come gli altri avrebbero reagito. C’era il cinquanta per cento di possibilità che, allora sì, lo giudicassero male e non lo volessero più lì, nel peggiore dei casi, troppo spaventati da quanto aveva fatto. Non era pronto a correre quel rischio, non ancora, e probabilmente non lo sarebbe stato mai. Respirò a fondo.
Non pensarci adesso. Concentrati sul presente.
“Hai perso tutta la tua famiglia” mormorò Noah, rimediando un’occhiataccia da parte della fidanzata.
“Non mettere il dito nella piaga” avrebbe voluto dirgli, ma l’altro non se la prese e annuì, capendo che il ragazzo di Sky era solo molto colpito.
“Mi sono sentito solo e sperduto come un bambino, quando è successo.” Prima i suoi, poi Carlie in coma e dopo in stato vegetativo per anni. Ogni tanto apriva gli occhi o gli stringeva la mano, ma niente di più. Né sorrisi benché inconsapevoli e senza coscienza, né altre espressioni tranne qualche smorfia, né lamenti a parte una volta, tutte cose che possono accadere in quello stato, anche se quei piccoli gesti gli avevano sempre trasmesso speranza. Ma il peggio era avvenuto, la luce di sua sorella, quella che nonostante tutto irradiava ancora, si era spenta nel giro di poco tempo e lui era rimasto al buio. “Mi sono ritrovato non solo orfano, ma anche senza nessuno. Sapevo, ormai, che non si sarebbe più svegliata, ma non ho mai smesso di sperare. Mai.”
Tutti gli furono intorno, lo abbracciarono, gli misero una mano sulla spalla e gli promisero che ci sarebbero sempre stati per lui, anche Demi, nonostante il suo ragazzo lo sapesse già.
Andrew sorrise loro con calore. Lo confortava sapere che le persone che gli volevano bene cercavano di comprenderlo.
“Grazie, ragazzi.” Si schiarì la voce. “Va meglio ora. Vorrei solo godermi questo pomeriggio.”
 
 
 
Demi andò con Eliza in cucina ad aiutarla con le borse della spesa. Poco dopo le raggiunse anche Sky.
“Ho invitato tutti, proprio tutti quelli che avete conosciuto. Anche Zaria Vaughn, a dire la verità, cioè la madre di Marisa.”
Demi storse il naso e cercò di non far apparire sul suo volto un’espressione disgustata, ma lo sforzo fu immane.
“Sì, lo so, nemmeno a me piace” mormorò l’altra, “ma l’ho fatto per cortesia. In ogni caso ha detto un secco no e Marisa non riuscirà a convincerla, o se lo farà accadrà con molta difficoltà.”
Eliza aveva comprato cibo, bevande, una quantità esagerata di palloncini di tanti colori diversi, tovaglioli con figure di fate e animali del bosco e coriandoli.
Demi li indicò.
“E questi?”
“Mi sembravano divertenti. E i palloncini sono magici.”
“In che senso?”
“Domani lo vedrai.”
Una volta sistemato tutto, Eliza disse che aveva intenzione di portare fuori un grande tavolo di legno con tante sedie che teneva in una stanza della casa che utilizzava come sgabuzzino. Ci sarebbero stati tutti.
“Quando?” le domandò Sky.
“Direi domani mattina, prima della gita e del lavoro, così poi sarà tutto a posto.”
“E se dovesse piovere?”
“Ho anche un gazebo, Demi, gli uomini ci daranno una mano a montarlo. Dovremo alzarci presto.”
A momenti la sua voce si trasformava in una serie di gridolini, mentre Sky e Demi sospirarono appena.
“Forse hai un po’ esagerato, Eliza” disse quest’ultima. “A me sarebbe andata bene una cena in cucina o in salotto allungando al massimo il tavolo e anche agli altri, sono sicura.”
“Lo so, ma il lavoro per cucinare sarebbe stato troppo per me, e poi così sarà più bello. Dai, non ci metteremo tanto.”
Ma sì, una festa ci voleva ed era da parecchio che Demi non partecipava a qualcosa di simile. Se si fossero impegnati lei, il fidanzato, Eliza, Sky, Kaleia e i ragazzi ce l’avrebbero fatta. Con un po’ di difficoltà, ma non sarebbe stato impossibile.
“Va bene” assentì la fata, “Ma propongo di mettere il gazebo e il tavolo stasera, così ci aiuteranno anche Isla e Oberon.”
Le due annuirono e, dopo qualche minuto, tornarono tutte fuori.
 
 
 
All’improvviso, in lontananza si sentì una sorta di grido. Sì, assomigliava a una persona terrorizzata o, come la definì Andrew, “una che sta per essere sgozzata”. Per Demi fu un suono inquietante, ma non riuscì ad associarlo a nulla in particolare, anche se presto capì di cosa poteva trattarsi. Le bambine smisero di giocare e anche i cuccioli si fermarono. Non erano spaventati, solo tutti straniti e Demi si stupì perché aveva pensato che le figlie sarebbero corse da lei a piangere.
 
 
 
“Non preoccuparti, lo conosco” disse Lucy a Mackenzie e Lune cercò di farlo con Hope.
Le altre due chiesero di chi stesse parlando, ma le altre bambine si limitarono a sorridere.
L’unica volta nella quale la cantante aveva sentito il verso, purtroppo non quello vero, della volpe era accaduto nel cartone Teo e il primo fiocco di neve, che aveva intenzione di far vedere alle figlie non appena Hope fosse cresciuta un po’, per darle la possibilità di capire di più. Ma anche se là la volpe faceva la parte della cattiva, il suo verso non era affatto spaventoso, o meglio, da piccola l’aveva temuto ma adesso, ne era sicura, non l’avrebbe fatto più. Quello vero era peggio. Poco dopo se ne udì un altro simile e in seguito altri ancora, più deboli.
“Kaleia, sono Red e la sua famiglia!” esclamò Christopher, battendo piano le mani per far avvicinare gli amici animali.
Gli sguardi di tutti erano puntati sulle volpi e Mackenzie, camminando con calma, si avvicinò a loro. Riconobbe Red e Anya e notò anche quattro piccoli. Li poteva conoscere, finalmente. Erano grandi come cagnolini di due o tre mesi e chiedendo a Kaleia scoprì che ne avevano circa tre e mezzo.
Demi sorrise: ricordava di aver letto, una volta, che le volpi partoriscono circa cinque settimane prima dell’inizio della primavera, quindi pur essendo un sogno Mackenzie in questo ci aveva azzeccato, pur non sapendolo.
Non potendo chiedere ad Anya il permesso di accarezzarli e non desiderando portarla a pensare che avrebbe voluto prenderli o far loro del male, Mackenzie avvicinò piano la mano alla della femmina di volpe e la accarezzò com’era già accaduto. Questa strofinò il muso contro il suo palmo e così fece Red, poi i due si sedettero guardando i cuccioli che correvano intorno alla bambina annusandole le scarpe. La piccola rimase così per un po’, ricordando che quand’era andata a prendere Danny i proprietari del rifugio le avevano detto di aspettare che i gattini la annusassero e si avvicinassero. Non era facile, però: le dita le prudevano per la voglia di immergersi in quel pelo folto.
Hope provò ad avvicinarsi correndo, ma Demi la fermò. Era normale che facesse così alla sua età, anche con Danny e Batman ogni tanto accadeva, ma la ragazza non voleva che i cuccioli corressero via.
“Mamma, voio andae!” si lamentò la piccola quando lei la prese in braccio.
“Tra un po’, amore. Lasciamo prima il posto a tua sorella. Se si avvicinano troppe persone, le volpi prenderanno paura. E noi non vogliamo, vero?”
“Vero.”
“Brava.”
Il pelo dei cuccioli andava dal rosso chiaro a quello più scuro, alcuni si assomigliavano di più e Mackenzie non aveva idea di come avrebbe fatto a riconoscerli. Fu solo quando un piccolo di colore chiaro le si sedette davanti e puntò su di lei lo sguardo nocciola, lo stesso colore del resto della famiglia, che la bimba allungò piano una mano verso di lui. Lasciò che la annusasse ancora e gli accarezzò la testina e la schiena. Il piccino fece il suo verso, più carino rispetto a quello dei genitori, e la leccò.
“Sono parecchio addomesticati, vedo” disse Andrew a Christopher.
“Già, abbiamo deciso di farlo anche con i cuccioli in modo che non si inselvatichissero, per questo li cerchiamo il più spesso possibile, per prenderli in braccio e giocare con loro. Ma Mackenzie ha fatto bene ad andarci piano, sono pur sempre animali del bosco e, anche se non pericolosi, non la conoscevano ancora.”
La bambina accarezzò con dolcezza tutti i piccoli, grattò loro testa e orecchie e ricevette bacini da ognuno mentre i genitori, felici di quel comportamento, le fecero le feste. Poco dopo anche Hope poté avvicinarsi e i piccoli si misero a giocare con lei, lasciandosi inseguire e prendere in braccio. Uno le mordicchiò l’orlo dei pantaloni, ma la madre dovette sgridarlo perché emise uno strano verso e questi si allontanò subito dall’indumento, preferendo farsi coccolare. Mackenzie, invece, prese in braccio quello che aveva accarezzato per primo e si avvicinò ai genitori.
“Non è bellissimo?” sembrava dire con lo sguardo adorante.
“Ma è meraviglioso, questo piccolo!” Demi gli sfiorò il musetto. “Hanno tutti un nome?”
“Lui è Valiant, l’unico che ce l’ha, per il momento, ma presto ne troveremo anche per gli altri” rispose Kaleia.
Il volpacchiotto scalciò per essere messo a terra e si avvicinò a Demi, mordendole piano le scarpe finché lei capì che voleva essere preso in braccio.
“Sai come catturare l’attenzione, non è vero?” ridacchiò, grattandogli la pancia.
Il cucciolo le prese una mano con le zampe, ma senza farle male, poi la lasciò andare.
Anche Lucy e Lune si divertirono con i piccoli, mentre le due sorelle Lovato tornarono a giocare con gli altri quattro cuccioli che, o volando o correndo, non si stancavano mai, fermandosi solo per qualche pausa o per mangiare. Eliza aveva messo a Lilia e a Rover due ciotole di croccantini e due d’acqua anche fuori e in quel pomeriggio ce ne fu proprio bisogno.
“Bucky?” chiese Hope.
Ricordava che anche lui aveva dei cuccioli e le sarebbe piaciuto vederli.
“Non lo so, piccina, forse verrà domani” le rispose Kaleia, che lo sperava con tutto il cuore.
Ormai era sera, con sei piccoli e una compagna dubitava si sarebbe fatto vedere.
Poco dopo le volpi se ne andarono e tutti rientrarono per la cena. Rimasero anche gli Hall, invitati a trascorrere lì la serata.
“Vi aiuteremo volentieri domani mattina presto” disse Oberon quando Eliza gli parlò dei suoi progetti. Aggiunse che faceva freddo e tirava un forte vento, il che era vero, e non sarebbe stata una buona idea sistemare tutto in quelle condizioni. “Chiederemo a qualcuno di badare alle bambine, spiegando perché dato che suonerà strana la nostra assenza a quell’ora. Ma non sarà un problema.”
Mackenzie fece firmare ai genitori la circolare data anche a Hope. I due lessero. Non dovevano pagare nulla per mandare lei e la figlia minore alla gita.
“Strano. Nel nostro mondo per le gite si dà sempre qualcosa per il trasporto, chi mette a disposizione il luogo per gli studenti, le guide se ci sono, cioè persone che lavorano per spiegare la storia del posto o altro” raccontò Demi.
“A Eltaria non si fa perché tutta l’educazione è basata sull’esperienza. Fate e folletti nascono nella natura e questa li accoglie, è tutto qui. Il concetto di permesso, e quindi organizzazione, che è presente nel vostro mondo nel bosco non esiste, non regge proprio” rispose Isla.
Anche se il tutto era semplice, agli adulti suonava ancora stranissimo, insolito e, in parte, anche un po’ insensato. Sotto quel punto di vista dovevano ancora adattarsi e forse non l’avrebbero mai fatto.
Da lunedì Demi riceveva il suo compenso ogni giorno, la Direttrice aveva deciso di fare così con lei non sapendo quanto sarebbe rimasta, e la ragazza si domandava come avrebbe potuto spendere quei soldi.
“Eliza, serve altro per domani? O in generale?”
“In effetti sì, Demi. Non ho comprato molto cibo, credo. Perché?”
“Se il negozio è ancora aperto, potrei andare io.”
Erano solo le 20:00, però a Los Angeles tutto chiudeva verso le cinque di pomeriggio, dubitava che lì fosse diverso.
“Non chiude fino alle 20:30, se ti sbrighi forse puoi riuscirci.”
Le scrisse una lista di ciò che mancava, le ricordò dov’era il negozio e la ragazza uscì. Voleva rendersi utile, spendere qualcosa affinché non pagassero sempre tutto gli altri, non le pareva giusto. Le strade erano quasi vuote, il vento calato e le foglie che frinivano le tenevano compagnia. Il negozio era piccolo e carino, come uno di quegli alimentari che aveva visto qualche volta in alcuni paesini, e la cassiera fu gentilissima.
“Per quanto vi fermerete?” chiese a Demi, passandosi le mani tra i capelli rossi che le scendevano fino ai fianchi.
L’aveva riconosciuta, o perlomeno sapeva chi era.
“Non lo so, signorina, spero ancora qualche giorno.”
“Me lo auguro anch’io. La signora Eliza è contenta di avervi a casa propria, non fa altro che parlare bene di voi e di quanto abbiate reso migliore la vita di tutti.”
Le sorrise, un sorriso sincero che Demi ricambiò e che le scaldò il cuore.
“Ne sono felice, grazie per avermelo detto.”
Una volta tornata a casa, trovò tutti seduti sul divano con i cuccioli ai loro piedi. Lucy, Lune e Mackenzie stavano decidendo che film guardare tra i tanti DVD presenti nello scaffale sopra la televisione e la fata della terra leggeva a Hope le trame per coinvolgerla, così da dare anche a lei la possibilità di scegliere.
Eliza portò in salotto un tavolino basso e Sky riempì fino all’orlo un piatto di biscotti secchi e al cioccolato, mentre la madre distribuì a ognuno un piccolo secchiello di popcorn appena cotti.
“In pratica faremo una seconda cena” disse Noah, contagiando tutti con la sua risata.
“Ancora meglio che al cinema.” Andrew fece una pausa. “Non so se sapete di cosa si tratta, è un posto dove la gente va a vedere film che non sono ancora usciti in televisione. Si siede su alcune poltroncine in una sala spaziosa, mangia e guarda un grande schermo.”
“Sembra fortissimo!” trillò Sky. “Anch’io vorrei andarci.”
Il cartone animato era ambientato a Eltaria, più precisamente in un prato o e, in certe scene, nel bosco. Una femmina di unicorno, ancora giovane ma non più una puledra e di colore bianco, Sparkle, conosceva Jeon, un suo simile dal pelo grigio scuro. I due parlavano per un po’ del tempo, della bontà dell’erba e di altre piccolezze, poi si salutavano. Si vedeva la vita di entrambi con le loro famiglie o i gruppi dei quali facevano parte e, in varie occasioni, gli unicorni si incontravano di nuovo: al fiume mentre bevevano, durante una passeggiata sotto la luna e non solo. Iniziavano a conoscersi più in profondità, ma non mettendosi fretta. Quello era uno dei film che Demi definiva slow burn romance, cioè in cui il rapporto si sviluppava lentamente iniziando come una conoscenza, evolvendo in amicizia e, solo dopo tempo, in amore. Le piacevano perché erano realistici e fu felice che anche un cartone per bambini, nonostante non sempre dovesse rispecchiare la realtà, passasse il messaggio che amicizia e amore sono importanti, ma che quest’ultimo non può nascere da un momento all’altro, senza una base solida dalla quale partire. Hope non l’avrebbe capito, ma Mackenzie e Lucy forse sì, o almeno lo sperava.
Mac sapeva solo che stava adorando ogni momento, i dialoghi, le bellissime musiche, tutto la coinvolgeva a tal punto che pensava di trovarsi in quel mondo, non più a Eltaria. Inoltre adorava i personaggi, i paesaggi, ogni immagine era coloratissima e catturava l’attenzione. Chissà se anche la storia d’amore di mamma e papà si era sviluppata tanto piano.
Per questo è così bella?
Non le dispiaceva che si trattasse di un cartone lungo ma tranquillo e che non ci fosse tanta azione, anzi, la rilassava.
“Quando mia sorella Madison ha compiuto un anno le ho regalato un unicorno di nome Sparkle.” Demi si immerse nei ricordi. “Da piccola lo adorava. Se lo portava in giro tutte le volte che poteva, giocava soprattutto con lei e ci dormiva insieme.”
Sorrise.
“Che cosa dolce!” esclamò Isla. “I giocattoli, per i bambini, sono importanti. Tutti ne hanno uno preferito.”
Alla fine i due unicorni si innamoravano e, nelle ultime scene, avevano anche un piccolo.
Mamma, disse Mackenzie mentre scorrevano i titoli di coda, io so come si chiamerà.
“Ah sì? Come?”
Minicorno, ovvio!
Tutti scoppiarono a ridere non per prenderla in giro, ma a causa della tenerezza di quell’affermazione tanto decisa.
“Nome interessante, piccola” le rispose Oberon.
Era tardi, soprattutto per le bambine dato che le aspettava una giornata lunga. Gli Hall se ne andarono, Christopher e Kaleia tornarono a casa, Sky baciò Noah che uscì. Lei corse a letto e poco dopo lo fecero anche gli altri.
Mackenzie e Hope si addormentarono subito e con il sorriso sulle labbra. A Mac non capitava da tantissimo tempo di prendere sonno con il cuore leggero, ma accadde anche quella notte.
“Che giornata!” Andrew prese Demi fra le braccia. “Molto lunga, non trovi?”
“Già, ma anche questa è stata piena di emozioni contrastanti.”
“Concordo.”
Si erano divertiti, avevano imparato altre cose su quel mondo e anche raccontato molto di loro a persone delle quali si fidavano.
“Grazie per averci dato la forza di aprirci e di capire quanto e quando farlo, Signore” mormorarono.
Pregarono insieme. Non lo facevano ogni sera, ma spesso, perché per loro era importante. Pregare li aiutava a sentirsi più forti, a ritrovare speranza o fiducia quando le perdevano e a continuare a lottare.
Per la prima volta dopo tanto, nonostante sapessero cos’avrebbero fatto quello successivo, Andrew e Demi si resero conto che cercavano di vivere giorno per giorno perché non avevano idea di cosa li aspettasse, ma attendevano il seguente con fiducia, il sorriso e senza timore.
   
 
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