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Autore: M a k o    22/03/2021    23 recensioni
• Challengeshipping (Kaito/Ryoga) & Kattomatoshipping (Yuma/Yuya)
• Modern!AU
• Crossover con Arc-V
• Dal testo:
Cosa ci facevano uno studente di Biologia, uno di Giurisprudenza e uno di Archeologia sotto lo stesso tetto?
Solitamente la barzelletta iniziava in quel modo.
E se doveva essere onesto, una vera e propria risposta ancora non l'aveva trovata.
[…] «Ve lo giuro, ragazzi, io tutto ciò che vorrei, oltre a laurearmi in tempo, è vedervi un po' più uniti. Non dico che dobbiate per forza diventare amici per la pelle, ma quantomeno instaurare un rapporto civile! Mi auguro che al mio ritorno l'appartamento sia ancora agibile e che non vi farete la guerra per un nonnulla! Me lo promettete? Vi prego! Non vi chiedo molto! Solo una tregua mentre io sono via! Allora? Vi impegnerete a mantenere questa promessa? Vi scongiuro!»
[…] «Tu mi devi spiegare perché poco prima di addormentarti inizi a dire cose senza senso».
Genere: Commedia, Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Crack Pairing | Personaggi: Altri, Kaito Tenjo/Kite Tenjo, Ryoga/Shark, Yuma/Yuma
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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REGINALD N.d.A. in fondo alla pagina. Buona lettura!



We're starting
something beautiful



1

Sembriamo l'inizio di una barzelletta. Ryoga non faceva altro che formulare quel pensiero ogniqualvolta si ritrovava in cucina con Kaito e Yuma per il pranzo e, soprattutto, per la cena. Capitava che alcune volte avessero lezione nel primo pomeriggio e quindi non tornavano all'appartamento per pranzare, accontentandosi di qualcosa di veloce tra una pausa e l'altra.
    (Cosa ci facevano uno studente di Biologia, uno di Giurisprudenza e uno di Archeologia sotto lo stesso tetto?)
    (Solitamente la barzelletta iniziava in quel modo).
    (E se doveva essere onesto, una vera e propria risposta ancora non l'aveva trovata).
Certo, dividere le spese con una persona in più era sicuramente meglio rispetto al dividerle solo con Yuma, ma perché proprio Kaito doveva essere l'altro coinquilino? Che poi, in realtà quelli nuovi erano stati proprio Ryoga e Yuma: Kaito viveva in quell'appartamento già da molto più tempo, da quando aveva iniziato a studiare Giurisprudenza a Paradise City.
Aveva iniziato il quarto anno accademico quando arrivarono Ryoga e Yuma, che invece si stavano interfacciando per la prima volta al mondo universitario. Yuma era il più giovane dei tre: dopo il diploma, Ryoga si era preso un anno sabbatico prima di trasferirsi a Paradise City con Yuma per iniziare quella nuova avventura insieme, anche se in Facoltà diverse. Così, mentre il suo migliore amico aveva scelto di studiare Archeologia per seguire le orme genitoriali – Kazuma e Mirai si trovavano in Messico per riportare alla luce dei vecchi manufatti aztechi –, Ryoga si era iscritto alla Facoltà di Biologia per poi, in un secondo momento, specializzarsi in Biologia Marina.
Era tutto perfetto: freschi di diploma
    (Ryoga un po' meno)
e pronti a lasciare Heartland City per costruirsi un futuro, parevano, a una prima occhiata, invincibili.
Niente e nessuno avrebbe mai potuto mettere loro i bastoni tra le ruote. Niente e nessuno. Insomma, quante probabilità c'erano che il coinquilino col quale avrebbero condiviso gioie e dolori potesse rivelarsi odioso, puntiglioso, maniaco del pulito e con uno sguardo talmente imperturbabile da raggelare il sangue nelle vene?
A quanto pareva, non avevano ancora fatto i conti con Kaito Tenjo.


2

Kaito Tenjo era un incubo. O meglio, era l'incubo personale di Ryoga, dato che Yuma, per chissà quale arcano e oscuro motivo, era riuscito quasi fin da subito ad andare d'accordo con lui.
Ryoga no, quantomeno non fin dall'inizio
    (la leggenda narrava che lui e Kaito si detestarono visceralmente alla prima occhiata)
e se Yuma era già ansioso normalmente, da quando cominciarono i primi battibecchi tra gli altri due coinquilini divenne un perenne fascio di nervi.
La discussione più epocale fra tutte
    (quella in cui Yuma rischiò di essere vittima di una vera e propria crisi)
avvenne la sera del secondo giorno, quando si ritrovarono tutti e tre in cucina per decretare i turni per spazzare, lavare i piatti e altre mansioni legate alla pulizia dell'appartamento.
Per Ryoga, ogni occasione era buona per contraddire quello che Kaito diceva. Non gli andava bene nulla e solo quando Yuma era stato prossimo al collasso sulla sedia a causa della troppa tensione
    (aveva tentato più e più volte di fare da paciere tra di loro)
decise di arrendersi alle proposte di Kaito – che comunque continuava a non condividere –, al solo scopo di non intaccare ulteriormente la sanità mentale del suo migliore amico.
Erano solo al secondo giorno e già si trovavano ai ferri corti, con Yuma incastrato tra due fuochi che divampavano sempre più.
Le cose non potevano che peggiorare… o forse no, forse non potevano fare altro se non risollevarsi e migliorare nel modo più bizzarro e bello possibile.


3

Accadde un pomeriggio di metà maggio: Yuma era ancora a lezione, Kaito era rimasto in appartamento per preparare un esame e Ryoga aveva abbandonato la lezione di Zoologia neanche a metà a causa di un forte mal di testa
   (tutta colpa di Kaito con cui, ovviamente, la sera prima aveva discusso per qualcosa che in quel momento nemmeno ricordava)
e mancò davvero poco che si accasciasse a terra senza neanche chiudere la porta se solo proprio Kaito non lo avesse sorretto.
Ryoga di quei momenti tanto confusi ricordava ben poco; le uniche cose che gli erano rimaste ben nitide nella mente erano le braccia di Kaito che lo sostenevano, i suoi “Taci” che ripeteva spazientito a ogni imprecazione detta sottovoce – con ogni probabilità, Ryoga lo stava descrivendo con un linguaggio alquanto colorito – e il fatto che avesse cercato la sua lingua nel momento esatto in cui Kaito lo aveva adagiato sul letto, dicendogli che gli avrebbe portato qualcosa da bere e una pastiglia. O forse avrebbe voluto dirlo, ma Ryoga lo aveva interrotto prima, non ricordava.
Il sapore del caffè permeava ancora sulla sua lingua; con ogni probabilità, Kaito si era da poco concesso una pausa dallo studio. Forse, se entrambi si fossero scostati fin da subito, in un qualche modo avrebbero archiviato quanto accaduto facendo finta che non fosse mai esistito
    (che quelle labbra si erano finalmente ammutolite e che quelle lingue erano finalmente intrecciate senza più farsi la guerra)
ma Kaito non si scostò affatto e anzi, lasciò sprofondare le dita tra i capelli di Ryoga, attirandolo maggiormente a sé, mentre portava la mano libera a vagare sotto il tessuto della maglietta, tastando la pelle accaldata coi polpastrelli e procurandogli dei confusi brividi di piacere.
Se la sua testa non fosse stata in procinto di scoppiare, Ryoga ne era certo, sarebbero andati ben oltre il semplice bacio. Ma come primo assaggio era stato più che sufficiente. Ci sarebbero state altre occasioni… Yuma permettendo.


4

    («Kaito, sul serio anche tu vivi a Heartland City? Che coincidenza, pur abitando nella stessa città non ci siamo mai incontrati!»)
    («Meglio così»).
    («Shark!»)
    (Kaito alzò gli occhi al cielo – anche se, a essere onesto, si sarebbe volentieri lasciato andare a un sorriso divertito. Trattenersi, difatti, si era rivelato un poco difficile).
    (Era però importante mantenere le apparenze davanti a Yuma).


5

Dopo la primavera arrivò l'estate. E dopo l'estate arrivò l'autunno.
E fu proprio in autunno che le cose cambiarono una volta per tutte.


6

    «Shark, questa sera tocca a te lavare i piatti, vero?»
    «Col cazzo».
    «Shark!»
Yuma lasciò cadere l'onigiri sul piatto, esasperato. «Oggi è giovedì, è il tuo turno!»
    «Yuma ha ragione, oggi tocca a te» gli diede man forte Kaito, rincarando la dose mentre poggiava le bacchette per versarsi dell'acqua nel bicchiere.
Ryoga inarcò un sopracciglio, sbuffò e poi si alzò dalla sedia – aveva finito di cenare e voleva solo sgattaiolare via per barricarsi in camera da letto con un documentario che non avrebbe guardato come sottofondo in attesa di quella che era da diverso tempo diventata la parte che più preferiva della giornata.
    (Avrebbe voluto fissare Yuma, ma dato che Kaito si era intromesso, ecco che suo malgrado – ma neanche tanto – si ritrovò a perdersi in quella tempesta azzurra dalle sfumature grigie).
    «Oggi non è giovedì e io non devo lavare i piatti» continuò Ryoga con tono acido. «Oggi è venerdì e tocca a Kaito».
Fu il turno di Kaito di inarcare un sopracciglio, squadrandolo come se si fosse bevuto il cervello. «Stai perdendo colpi» disse, incrociando le braccia al petto e lasciando a metà i bocconcini di pollo che stava mangiando.
Yuma deglutì a fatica e, notando che in cucina era calato un clima di tensione non indifferente, prese nuovamente parola: «Shark, fidati, oggi è giovedì. Se fosse stato venerdì, a quest'ora sarei già a casa!»
E poi impietrì, resosi finalmente conto di ciò che avrebbe comportato la sua assenza durante il week-end.
    «Tu cosa?» domandarono Kaito e Ryoga all'unisono, voltandosi entrambi verso di lui con gli occhi spalancati.
Yuma si spiaccicò una mano in faccia, sospirando pesantemente. «Ero talmente felice da non averci pensato...» ammise con fare agitato. «Oggi pomeriggio, a fine lezione, i miei mi hanno chiamato. Questa notte torneranno a casa dal Messico e... beh, insomma, non li vedo da mesi, quindi domani appena avrò finito le lezioni prenderò il treno per tornare a casa».
Ryoga e Kaito non risposero. Continuarono a fissarlo per secondi interminabili, cercando di assimilare e metabolizzare al meglio le informazioni appena ricevute.
Fraintendendo alla grande il loro mutismo e le loro espressioni, Yuma iniziò ad agitarsi ancora di più, cominciando poi a parlare a raffica e coinvolgendoli in un monologo esagitato nei successivi quindici minuti, cosa della quale avrebbero fatto volentieri a meno, ma dovevano mantenere le apparenze e quindi era necessario.
    («Ve lo giuro, ragazzi, io tutto ciò che vorrei, oltre a laurearmi in tempo, è vedervi un po' più uniti. Non dico che dobbiate per forza diventare amici per la pelle, ma quantomeno instaurare un rapporto civile! Mi auguro che al mio ritorno l'appartamento sia ancora agibile e che non vi farete la guerra per un nonnulla! Me lo promettete? Vi prego! Non vi chiedo molto! Solo una tregua mentre io sono via! Allora? Vi impegnerete a mantenere questa promessa? Vi scongiuro!»)
E fu così che, dopo essere stato rassicurato da parte di entrambi – anche se Ryoga si era divertito a farlo penare un altro po' –, Yuma li salutò, entrando in camera propria per ripassare le lezioni della giornata prima di andare a dormire.
Fu quando rimasero soli in cucina che Kaito e Ryoga si concessero di guardarsi come avrebbero voluto fare fin dall'inizio: divorandosi con gli occhi, talmente famelici che tra la tempesta e l'abisso non vi era più alcuna differenza. Si miscelavano e si univano al punto tale che era diventato impossibile distinguere dove iniziassero le iridi di uno e dove finissero quelle dell'altro – o viceversa.
Kaito era ancora seduto a tavola quando Ryoga si avvicinò a lui in pochi passi, azzerando quasi del tutto la distanza tra le loro labbra. E mancavano ormai pochi millimetri prima che lo baciasse, se solo Kaito non avesse parlato.
    «I piatti» disse monocorde, continuando a fissarlo negli occhi.
Ryoga si bloccò di colpo. «Vaffanculo» sbuffò, allontanandosi da lui.
Kaito si lasciò andare a un sorrisetto, alzandosi poi dalla sedia. «Tra venti minuti in camera tua?» domandò come se niente fosse.
    «Come sempre» rispose Ryoga, voltandosi e aprendo l'acqua del lavello.
Ne avrebbero parlato dopo.
    (Ah, se solo Yuma sapesse…)


7

Per quella sera aveva scelto un documentario sui calamari giganti. In realtà anche quello sulle meduse che non considerava affatto e che aveva selezionato fino al giorno prima gli sarebbe andato bene, ma Yuma non era scemo e nell'ultimo periodo lo aveva anche messo un po' in allarme.
    («Shark, ti stai appassionando alle meduse?»)
    («Ma che dici?»)
    («Sono tre sere di fila che guardi lo stesso documentario!»)
    («... Ah»).
La verità era che quei documentari servivano solo a far intendere a Yuma che fosse occupato. Con Kaito, certo, e questo particolare a Yuma sfuggiva, ma in ogni caso era pur sempre occupato.
Ryoga e Kaito passavano giornate intere a farsi la guerra per delle scemenze che era anche giusto staccare un po' al calar del sole. Dopo il primo bacio che si erano dati, tra di loro era stato un crescendo di emozioni e pulsioni difficili da tenere a bada – ma il bello stava anche lì, nella sfida quotidiana che era il loro rapporto e che stranamente funzionava.
Si erano confrontati diverse volte circa la questione “dirlo o non dirlo a Yuma”. Kaito era propenso per il sì, ma lui non era Ryoga e non aveva vissuto anni accanto al suo migliore amico e alla sua apprensione verso il prossimo. Ryoga sapeva che, se glielo avessero detto, Yuma ne sarebbe stato sorpreso, ma anche tanto felice e sollevato. Però, al contempo, con ogni probabilità Yuma avrebbe iniziato a sentirsi di intralcio e inadeguato, come se non c'entrasse nulla con la sfera emotiva e sentimentale che si era andata a creare all'interno delle quattro mura. Una sfera emotiva e sentimentale che vedeva Kaito e Ryoga consolidare sempre più il loro rapporto giorno dopo giorno
    (in maniera sempre più bizzarra, ma finché funzionava andava bene)
e Yuma che si rimpiccioliva sempre più con lo scorrere inesorabile del tempo.
Tempo. Ecco la parola chiave: tempo al tempo.
Così Kaito e Ryoga avevano deciso di non dirgli nulla, almeno per il momento. Anche perché, nonostante fossero trascorsi mesi dall'inizio di tutto, loro per primi dovevano ancora capire dove caspita la loro relazione sarebbe andata a parare.
E Ryoga doveva essere onesto: era stato un bene, per Yuma, aver conosciuto Yuya proprio in quel periodo. Se non ci fosse stato quel ragazzo che frequentava il corso di recitazione a pochi passi dalla sua Facoltà e che incontrava quasi tutti i pomeriggi prima di andare a casa, probabilmente Yuma si sarebbe sentito un po' perso. Soprattutto una volta scoperta la verità.


8

    «Calamari giganti?»
    «Questi o un documentario sullo squalo goblin».
    «... calamari giganti».
    «Vedo che capisci in fretta».
Dopo aver chiuso la porta, Kaito si avvicinò al letto, buttando poi l'occhio verso il documentario proiettato sullo schermo del computer sopra la scrivania disordinata. Certo che i calamari giganti erano proprio strani.
    «Hai mai pensato di mettere su una puntata di qualche Anime? O di una serie TV? O un film?»
    «Se Yuma sente che sto guardando qualcosa che non è un documentario, fidati che busserebbe alla porta tre volte ogni minuto. Deve pensare che io sia occupato con lo studio e che stia integrando le informazioni dei documentari agli appunti».
    «Diabolico».
Kaito si stese sul letto accanto a lui e Ryoga non gli diede nemmeno il tempo di sistemarsi meglio: cercò subito la sua lingua, la trovò e si beò del suo sapore per minuti interminabili.


9

Kaito sapeva essere tremendo
    («A cosa stai pensando?»)
    («Che domani, per pranzo, potrei preparare un contorno di cipolle stufate in padella».)
    («Sei uno stronzo. Non si gioca così con le debolezze altrui».)
    («Le debolezze altrui? Ryoga, credo tu sia l'unica persona al mondo che ha paura delle cipolle».)
ma anche irresistibile.
Forse avevano davvero iniziato qualcosa. Ryoga ancora non sapeva definire cosa avessero effettivamente cominciato, ma in ogni caso tutto ciò lo faceva eccitare da morire. Ed era bellissimo.


10

    «Quindi da domani sera saremo soli».
    «Già».
Ryoga si strinse un po' più forte al suo petto, respirando il suo profumo e lasciandosi cullare dal suo calore. Era quel momento della tregua in cui Kaito gli carezzava i capelli in silenzio – tralasciando il vociare continuo del documentario – mentre Ryoga si assopiva lentamente.
    «Domani sera...» biascicò Ryoga, mentre chiudeva gli occhi, «... facciamolo nella camera di Yuma».
Se non avesse rischiato di richiamare proprio l'attenzione di Yuma, Kaito avrebbe riso. Avrebbe riso forte. Si limitò a tossire un poco, portando una mano davanti la bocca. «Non credo sia tanto sprovveduto da lasciare qui le chiavi della sua camera» lo informò, mentre si staccava da lui con garbo.
    «Lo so anche io. Infatti stavo scherzando. Ma ammetto che vorrei tanto vedere la sua faccia in una circostanza del genere...»
E si addormentò.
Kaito rimase a fissarlo qualche istante prima di alzarsi dal letto.
    «Tu mi devi spiegare perché poco prima di addormentarti inizi a dire cose senza senso».



11

(Era arrivato, finalmente, il giorno tanto atteso).

Yuma era un fascio di nervi. Era talmente irrigidito che camminava in maniera quasi scomposta, lasciando zigzagare il piccolo trolley che lo avrebbe accompagnato nel suo
    (tormentato)
viaggio di ritorno da una parte all'altra.
Era come se avesse perso ogni tipo di controllo sul proprio corpo e Ryoga ne comprendeva bene il motivo.
    «Ti vuoi calmare?» gli domandò infatti, alzando gli occhi al cielo. Gli sfilò il manico del trolley di mano e iniziò ad avanzare con passo spedito in mezzo al marasma di gente che vagava da una parte all'altra della stazione
    (Yuma avrebbe dovuto prendere il treno a pochi minuti le sette e non mancava molto).
    «Shark! Aspettami!» esclamò come se si fosse ridestato da un lungo sonno inquieto. Si affrettò a raggiungerlo, portandosi nuovamente al suo fianco in poche falcate esagitate.
Una volta giunti al binario numero due, Ryoga gli restituì il trolley e Yuma lo ringraziò
    (quantomeno non doveva più camminare, quindi non lo avrebbe sballottolato a destra e sinistra rischiando di tagliare la strada a qualcuno).
Il giubbotto rosso nel quale era avvolto pareva lo stesse fagocitando sempre più istante dopo istante, come se si fosse ingigantito di
    (minimo)
tre taglie tutto in una volta.
Yuma iniziò a spostare il peso del corpo da una gamba all'altra, nel tentativo
    (estremamente)
vano di scacciare tutta l'ansia e l'agitazione che in quel momento si erano impossessate di lui.
    «Ti vuoi calmare?» gli domandò ancora una volta Ryoga, esasperato. Effettivamente prima non aveva nemmeno ricevuto una risposta a quella domanda.
    «Shark...» lo chiamò Yuma, quasi sul punto di morire per la troppa ansia. «Promettimi che non vi scannerete. E che non vi salterete addosso alla minima cavolata. Se vi impegnerete... se vi impegnerete sono sicuro che andrete d'accordo!»
    (Ah Yuma, se solo sapessi in quale modo andiamo d'accordo ora...)
    (... e se solo sapessi come ci salteremo addosso dopo cena...)
Scacciando momentaneamente quei pensieri alquanto lascivi dalla testa, Ryoga si impegnò al massimo nel recitare la solita parte: «Tranquillo» borbottò, distogliendo lo sguardo
    (un po' come a dirgli: “non ti prometto nulla perché mi piace mandarti nel panico”)
e mordendosi poi il labbro inferiore mentre uno strano ghigno prendeva forma sul suo volto. «Vedrai che l'appartamento sarà ancora agibile, quando tornerai».
    «Me lo auguro!» esclamò Yuma, speranzoso. «Potrei chiedere a Yuya di controllarvi, ora che ci penso...»
    «Non ti sembra di esagerare?»
Trovando però in quelle parole un buon modo per cambiare discorso, Ryoga decise di approfittarne. «A proposito...» disse, assottigliando lo sguardo e avvicinandosi pericolosamente al viso di Yuma, «Come va con Yuya? Vi divertite?»
    «Certo, tutte le volte che ci vediamo!»
    (Ah, beata ingenuità!)
Ryoga trattenne a stento le risate. «Yuma... hai capito cosa intendo?»
Fu lì, dopo aver realizzato cosa intendesse per davvero con quelle parole, che Yuma avvampò senza contegno alcuno. «Shark! Ma... ma!» balbettò, coprendosi il volto con entrambe le mani.
Ryoga si allontanò da lui, portando le mani in tasca. «Scherzi a parte, Yuya mi sembra una brava persona».
    «Yuya è una brava persona. E con lui mi trovo davvero bene. Se tu e Kaito farete i bravi, una di queste volte potrei anche invitarlo a cena... ma tutto dipenderà da voi!» ammise Yuma, allontanando lentamente le mani dal volto ancora arrossato.
    «E lasciarmi sfuggire la possibilità di chiedere direttamente a lui se vi divertite?
    (E Yuma si coprì nuovamente il volto con le mani)
    Fidati di me, io e Kaito saremo bravissimi».
Yuma sospirò sconsolato. «Ripeto: me lo auguro».


12

Il treno arrivò in orario. Così, dopo aver salutato Yuma, Ryoga fece dietrofront forse con troppa enfasi, non riuscendo più a nascondere il sorriso genuino che voleva incurvargli a tutti i costi le labbra.
Mancava poco. Mancava davvero poco e finalmente lui e Kaito avrebbero avuto il week-end tutto per loro.
Estrasse il telefono dalla tasca del giubbotto e, come se Kaito gli avesse letto nel pensiero, ecco che quando sbloccò lo schermo si ritrovò proprio due messaggi da parte sua.


13

Kaito (19:00)

Reginald, se ordino adesso la cena dovrebbe arrivare per le 19:45.

Cosa vuoi?


Ryoga (19:00)

CHI CAZZO È 'STO REGINALD.


Kaito (19:01)

Ryoga*

Come non detto.

Cosa vuoi?


Ryoga (19:01)

CHI CAZZO È 'STO REGINALD.


Kaito (19:02)

Ho sbagliato a scrivere.

Sei geloso.


Ryoga (19:02)

Certo, contaci.


Kaito (19:02)

La mia non era una domanda.

Questa invece sì: cosa vuoi?


Ryoga (19:03)

Una pizza.


Kaito (19:03)

E pizza sia.

Con tonno e cipolla, immagino.


Ryoga (19:03)

Fottiti.


14

Reginald. Che caspita di nome era Reginald?
Ryoga aprì la fotocamera interna, fissando il suo volto ripreso sullo schermo. Inarcò un sopracciglio, poi sbuffò e ripose il telefono nella tasca del giubbotto. No, non aveva proprio la faccia da Reginald.


15

Quando tornò all'appartamento, a malapena si tolse il giubbotto, lasciandolo cadere sul pavimento senza neanche poggiarlo sull'appendiabiti. Poi si fiondò da Kaito, che pareva non aspettare altro, difatti gli cinse i fianchi e lo baciò senza dire nulla, rispondendo con decisione a quel bacio tanto irruento e passionale
    (e anche tanto agognato)
nel quale Ryoga lo aveva coinvolto quasi senza preavviso.
Il tragitto verso la camera da letto di Ryoga si rivelò alquanto breve... e fanculo Reginald.


16

Quella sera fecero l'amore. Capirono di essere l'uno il pezzo mancante dell'altro nel momento in cui divennero una cosa sola. Erano liberi di sospirare e gemere senza contegno alcuno, erano soli ed era bellissimo e nessun documentario fuori luogo faceva da sottofondo in quella stanza dove anche il più piccolo sussurro si schiantava contro le pareti.
Fecero l'amore una volta e lo avrebbero fatto ancora, solo che poi arrivò il fattorino delle pizze e
    («... cazzo».)
Kaito dovette sistemarsi alla meno peggio per dare una parvenza di serietà, come se in quell'appartamento non stesse succedendo proprio niente per prendere i cartoni e pagare e salutare, augurando buona serata al ragazzo che si era prodigato a portar loro il cibo.
Poggiò la cena sul tavolo della cucina e poi tornò da Ryoga. Quest'ultimo gli saltò addosso senza neanche dargli il tempo di spogliarsi nuovamente. E fecero l'amore ancora, ancora e ancora.
Le pizze dovettero aspettare un bel po'. Praticamente divennero lo spuntino di mezzanotte.


17

Il mattino seguente, si svegliarono verso le dieci. Erano abituati a ben altri orari, ma almeno nel week-end potevano concedersi un po' di pace. Considerando poi che si erano dati tanto da fare la sera addietro e che avevano cenato molto tardi, era più che comprensibile.
Il fatto era che stava andando tutto fin troppo bene. Era tutto perfetto e cristallino, senza la minima increspatura. Che poi, cosa accidenti poteva andare storto?
    «Yuma mi sta chiamando. A quest'ora» brontolò Ryoga, strofinandosi gli occhi. Recuperò il telefono dal comodino e tornò a poggiare il capo sul petto di quello che, a tutti gli effetti, era diventato il suo ragazzo.
Neanche il tempo di scambiare qualche effusione mattutina con Kaito che già Yuma si palesava in tutta la sua apprensione.
    «Siamo noi che ci siamo svegliati tardi» constatò Kaito. «Comunque ora taccio, fai finta che io non ci sia».
    (Giusto, bisognava mantenere le apparenze).
    «Agli ordini, capo».
Il telefono vibrava, vibrava e ancora vibrava... e Ryoga era ancora troppo intontito per rendersi conto di aver appena risposto a una videochiamata.


18

Fu il caos più assoluto. Yuma spalancò gli occhi, aprì la bocca più e più volte senza emettere alcun suono e con il dito indicò prima Ryoga, poi Kaito, poi di nuovo Ryoga e poi di nuovo Kaito.
    («Yuma, stai videochiamando Shark? Vieni un attimo qui che lo saluto!»)
    («No papà, fidati che non è il caso!»)
Si barricò in camera propria – mentre saliva le scale aveva rischiato di inciampare almeno cinque volte – e si gettò di peso sul letto con uno sguardo a dir poco sconvolto.
    «Quando ho detto che mi sarebbe piaciuto vedervi più uniti, non credevo mi avreste preso tanto alla lettera!» quasi urlò, paonazzo. «Shark, Kaito... cioè, voi... da quando, si può sapere?!»
Le poche ore rimaste della mattinata le trascorsero così: a raccontare tutto a Yuma, a tranquillizzarlo e a ridere sotto i baffi ogniqualvolta che le sue gote si imporporavano violentemente nel giro di poche frazioni di secondo.
Tanto ormai non c'era più nulla da nascondere, anche perché Yuma forse aveva visto un po' troppo...


19

(Due settimane dopo)

Yuma si sentiva molto sollevato e non faceva altro che sospirare portandosi una mano sul cuore. Nonostante fosse passata ormai un'ora dall'esame di Metodologia della ricerca archeologica, gli strascichi della tensione che si allentava poco per volta erano ancora aggrappati ai muscoli delle gambe, i quali si erano fatti improvvisamente molli e avevano rischiato di cedere ben più di una volta, facendolo rovinare a terra in una gaffe dietro l'altra. Se non ci fosse stato Yuya a sorreggerlo sempre, probabilmente l'intero tragitto verso l'appartamento lo avrebbe fatto rotolando lungo la strada mentre si crogiolava in una valle di lacrime liberatorie.
Yuya gli aveva anche offerto una cioccolata calda nella caffetteria più vicina alla Facoltà per festeggiare la buona riuscita dell'esame, nel tentativo di distrarlo un po', ma con scarsi
    (scarsissimi)
risultati.
Così, una volta entranti in appartamento e constatando di essere soli – Shark e Kaito erano andati a fare la spesa e non erano ancora tornati –, decise di giocarsi l'ultima carta rimastagli: prese Yuma per le spalle e lo baciò.
Yuma spalancò gli occhi, resosi improvvisamente conto di ciò che stava succedendo. Aveva sempre desiderato baciare Yuya, doveva essere onesto. Gli era piaciuto fin dal primo momento in cui si erano incontrati
    (Yuma non trovava più il portafogli, era sicuro di averlo dimenticato alla caffetteria quando invece gli era caduto per strada. Se Yuya non si fosse messo sulle sue tracce, probabilmente a quest'ora lo starebbe ancora cercando)
e più il tempo passava, più il loro rapporto si consolidava e fortificava, colorandosi di sfumature meravigliose.
Yuya viveva proprio lì, a Paradise City. Era coetaneo di Shark e frequentava un corso di recitazione, desideroso di entrare nel mondo dello spettacolo. Yuma aveva assistito a qualche lezione nel corso dei mesi e credeva fermamente che Yuya possedesse un talento particolare nell'attirare l'attenzione su di sé nel modo più spontaneo e genuino possibile. E questo grande talento lo aveva colpito in pieno, centrandogli proprio il cuore.
Diamine, sì, Yuya gli piaceva. Gli piaceva davvero tanto.


20

Si stava finalmente rilassando. Le sue membra andarono a fuoco nel momento in cui Yuya decise di approfondire quel bacio e il desiderio di essere completamente suo si fece strada in lui senza riserva alcuna. Era talmente obnubilato dalla meraviglia di quel momento, che tutto, di lui, era concentrato solo e soltanto su ciò che Yuya stava liberando della sua essenza poco per volta.
Motivo per il quale, quando si rese conto che gli altri due erano tornati a casa, era ormai troppo tardi.


21

    «Siete davvero carini. Ora però, che ne diresti di darci una mano con la spesa, Yuma?»
Ritrovarsi Ryoga alle proprie spalle mentre stava baciando il ragazzo per il quale aveva una cotta stratosferica – e con il quale sarebbe anche voluto andare oltre quella sera stessa – non fu il massimo, ma quantomeno Yuma si ridestò completamente dallo stato di trance nel quale era sprofondato.
    «Sh-Shark!» esclamò, scostandosi da Yuya con fare imbarazzato – frattanto lui lo guardava con una punta di divertimento stampata in volto.
    «Ryoga, sei un guastafeste» commentò Kaito mentre entrava in cucina con una sporta. Aprì il frigo e iniziò a riporci all'interno alcune bottiglie e dell'affettato.
    «Scusami tanto se ho aperto la porta e me li sono ritrovati praticamente a due centimetri dal naso intenti a limonare come due dannati!»
    «Shark!»
    «Yuya, resti a cena da noi?»
    «Kaito, ti ci metti pure tu?!»
    «Volentieri!»
    «Yuya?!»
Yuma portò le mani sul volto, completamente avvolto da uno spesso strato di imbarazzo per la situazione che si era creata. In quel momento, anche se in maniera molto più lieve, comprese come si erano dovuti sentire Ryoga e Kaito quando li aveva visti per sbaglio in atteggiamenti decisamente intimi.
Tentando di accantonare dalla testa certe immagini risalenti a due settimane addietro, sospirò a fondo e si diresse in cucina per aiutare gli altri a sistemare la spesa e preparare la cena.
Mentre li osservava e si immergeva sempre più in quel clima tanto familiare, non poté fare a meno di ripensare alla barzelletta a cui Shark non aveva ancora trovato una risposta.


22

Cosa ci facevano uno studente di Biologia, uno di Giurisprudenza, uno di Archeologia e
    (aggiunta dell'ultimo minuto)
un ragazzo completamente a caso che frequentava un corso di recitazione sotto lo stesso tetto?
Iniziavano qualcosa di meraviglioso.




N.d.A.

Ringrazio di vero cuore questa canzone per avermi ispirato il titolo della One Shot e per avermi fatto fare un tuffo nel passato relativo alla mia infanzia/adolescenza.

Questa One Shot è un mezzo delirio. Un mezzo delirio che io ho amato scrivere.
Tra alcuni riferimenti al canon tipo la fobia di Ryoga per le cipolle e alcune frecciate neanche tanto velate a Reginald che è nientepopodimeno che Ryoga stesso nella versione americana (che noi in Italia ovviamente abbiamo preso e quindi sì, anche qui in Italia Ryoga Kamishiro diventa Reginald Kastle e niente, SOFFRO TANTISSIMO), devo dire che quello che ne è uscito fuori è ancora meglio di quanto avessi programmato, quindi sono doppiamente felice!
So che è un po' forzato scazzare il nome “Ryoga” con “Reginald” anche in un messaggio scritto, però dai, concedetemelo per favore, anche perché la One Shot è nata proprio grazie a quello – tanto per dirvi che no, non era in programma fin dall'inizio la serietà in questa storia ahahah

Poi niente, ora che ci penso è la primissima volta in cui ci sono entrambe le coppie nel vero senso della parola in un'unica storia, o meglio, è la prima volta che Kaito e Ryoga/Yuma e Yuya stanno effettivamente insieme e quindi, insomma, gongolo non poco.

Ringrazio di vero cuore anche NekoRika (e ricordati che TI ASPECTO speranzosa qui sul fandom) e _aivy_demi_ per il supporto, perché sono bastati davvero pochi commenti su fb a darmi la carica per portare a termine questo progetto.

Nella speranza di avervi offerto una lettura piacevole, vi ringrazio di cuore per essere arrivati fino a qui.

M a k o
   
 
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