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Autore: _Adrieell_    22/03/2021    0 recensioni
Cresciuta nel cuore dei boschi, al confine con i lagni ghiacciati, dove la natura è l'esclusiva padrona indiscussa, Nives aveva abbandonato la sua riserva per rincorrere il suo sogno.
Essere libera!
Ma nell'oscurità, qualcosa si stava muovendo, qualcosa di malvagio e potente!
Qualcosa che aveva portato Nives a rivalutare i suoi piani!
Genere: Avventura, Erotico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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  1. Brividi  

Felicità! 
Una parola, otto lettere! 
Ma...quanti significati può avere? 
Tanti, infiniti significati! 
È l’emblema che tutti noi cerchiamo ed agogniamo, la chiave per la nostra vita! 
L’opera che chiunque desidera, bramiamo la felicità come un assetato nel deserto reclama acqua. 
Desideriamo realizzare così arduamente i nostri sogni, che spesso ci perdiamo tutto ciò che ci circonda!  
Ma non sempre va come ci siamo immaginati, alcune volte la nostra felicità viene distrutta, spezzata da qualcosa o qualcuno, e noi...ci sentiamo morire dentro. 
Un peso alla bocca dello stomaco, un dolore lancinante, come essere trafitti da mille aghi, un dolore in grado di spezzarci il respiro. 
Niente appare bello ai nostri occhi, i colori perdono il loro fascino la loro luminosità, le giornate diventano monotone...infinite e tutto ciò che ci rimane...è solo leccarci le nostre ferite, nella speranza che prima o poi smettano di sanguinare!  

Un attimo prima ci troviamo a volare a metri di altezza, e l’attimo dopo già stiamo precipitando a tutta velocità, pronti a schiantarci a terra. 

Nives stava precipitando da migliaia e migliaia di metri e l’unica cosa che sperava, era che lo schianto facesse il meno male possibile ed avvenisse più veloce d’un battito di ciglia. 

Aspettava Nives. 

Aspettava il momento in cui la sua schiena toccasse il suolo rugoso, aspettava l’impatto freddo con il terreno, il dolore lancinante al dorso, i granelli aridi della terra sotto le mani ormai scorticate... come il resto della sua anima. Un’anima strappata, logorata, un’anima oramai mostruosa. 

Aspettava, aspettava ed aspettava, ma più attendeva, più la distanza aumentava. Sapete...era come essere sospesi a mezz’aria, come se il tempo si fosse fermato e lei era rimasta lì...in bilico tra spazio e realtà, come quando sei in una di quelle giostre al Luna Park, di quelle vertiginose, che ti portano in aria a metri e metri da terra... e poi rimangono lì, sospese per minuti che sembrano infiniti, ed invece è passato poco più di qualche misero secondo. I tuoi occhi febbricitanti vagano dall’alto al basso, quasi come impazziti, e ti gasa vedere le persone a terra poco più grandi di semplici ed insignificanti puntini... poi... tutto accade in fretta... il tempo di sbattere le palpebre e la discesa precipitosa, ha inizio e fine allo stesso tempo. Lo stomaco in gola e gli occhi fuori dalle orbite, senti mancarti l’aria... eppure sei all’aperto, poi... come tutto inizia finisce... ti ritrovi a terra... non sai come, nemmeno quando sia successo... le gambe ancora molli e il cuore fuori dal petto. 

Quella mattina di metà settembre, Nives si era fiondata fuori la porta di casa dei suoi genitori, erano settimane che li evitava, cercava di sfuggirgli, stava iniziando a capire ciò che la sua amata famiglia cercava di spiegargli, non voleva credergli!  

Ricordate quando da piccoli i tuoi genitori ti prendevano da parte, ed iniziavano raccontandoti che il Signore vestito in rosso che il 24 dicembre ti portava i doni e che aspettavi impaziente ed in trepidante attesa sotto le coperte, non esiste? E voi vi aggrappavate ad ogni singola inutile cosa per non credere a tutto ciò, per non credere che in realtà i doni li compravano mamma e papà, per non credere che il latte con biscotti e le carotine che preparavi con tanto amore per il Signor Natale e per le sue fedeli renne, in realtà le preparavi inutilmente! Per nessuno!  

Ammetterlo è difficile, e Nives si sentiva proprio così!  

Ammetterlo a sé stessa era dura, ma ammetterlo ad alta voce, a tutti lo sarebbe stato ancora di più  

Sua madre, non aveva esitato un attimo, quando, alla porta l’aveva vista, con il volto rigato di lacrime...ed aveva capito. Oh se aveva capito! Senza proferire parola...l’aveva tirata dentro, stretta a sé, e consolata, proprio come soleva fare da piccola, quando Nives nella sua cameretta, se ne stava abbracciata a sua madre e piangeva dopo un brutto incubo, o una caduta. In quei momenti, bastava solo che sua madre la rassicurasse, con parole dolci, piene di amore e tutto passava...ma non ora! 

Ora Nives non era più una bambina. 

Ma ora, Nives non era cascata sbucciandosi le ginocchia, né si era svegliata da un orrendo sogno. Lei aveva vissuto un orrendo sogno, e questa volta le dolci parole di sua madre non sarebbero bastate, questa volta una dolce carezza non sarebbe bastava e nemmeno una succulenta cioccolata calda. 

Scoprire di aver vissuto in una menzogna, scoprire che la persona con cui ti stai frequentando, in realtà...si stava solo prendendo gioco di te, ti stava solo manipolando, ti senti presa in giro, perché hai creduto profondamente in un qualcosa che ritenevi vero, autentico... difendendo a spada tratta la tua, pseudo relazione, andando contro la tua famiglia...ma per cosa? 

Per una manciata di falsità e bugie, come un pugno di sabbia che scivola via, restando sul palmo aperti solo minuscoli granelli, quasi come frammenti... frammenti del tuo cuore! 

Illusa! 

Ti senti illusa! 

Sei un'illusa!  

In quel momento, l’amore eterno e vero di una madre non sarebbe bastato a risollevarla, le dolci parole che sua madre le sussurrava all’orecchio... “Ci sono io! Passerà...tutto passerà!” non sortivano alcun effetto.   

Nives non possedeva certezza alcuna, non sapeva se mai quel dolore avrebbe avuto fine, né quanto tempo serviva...solo una sicurezza l’accompagnava in quella tremenda agonia...sua madre non l’avrebbe delusa! 

Mai! 

O almeno credeva! 

 

2 SETTIMANE PRIMA. 

 

Agosto era appena finito, lasciando spazio al mite tempo settembrino, l'aria si era rinfrescata ed il sole iniziava a scottare meno, l’estate stava finalmente finendo! 

I vivi colori di agosto stavano mutando in tenui sfumature autunnali, la natura si stava preparando ad un lungo e ristoratore sonno, le strade, non erano più sommerse di turisti, che ammaliati, con il viso rivolto verso l’alto e gli occhi pieni di curiosità, ammiravano i borghi di montagna, che stabili se ne stavano lì a farsi contemplare per un ultimo sguardo prima di un lungo arrivederci.  

In inverno si sarebbe certamente ripopolata, la sua montagna. La neve candida avrebbe reso tutto più magico, mentre leggiadria svolazzava nella sua fatata danza, i fiocchi attecchiti al suolo e i tetti ricoperti a fare da sfondo. Proprio come in quelle palle di neve, che non appena le scuoti vieni invasa da una tormenta di candore e tu...seduta al calduccio in un caffè sorseggiando cioccolata calda, con fuori il meraviglioso paesaggio. 

Dietro la finestra del suo salotto Nives guardava assorta la cima della montagna, e già si pregustava a quando, da lì a poco meno di un mese, la prima neve avrebbe ricoperto la piccola strada sotto la sua finestra, hai bambini felici che si sarebbero rincorsi, ed hai tanti pupazzi di neve che avrebbero arricchito i giardini. Alle corse per ripararsi dalle gelide temperature, che lei sicuramente avrebbe avvertito molto meno di chiunque essere umano.  Un camino a scaldare l’ambiente, ed un divano accogliente per rifugiarsi sotto una calda e morbida coperta. Ecco, quanto avrebbe desiderato starsene già lì, spalmata sul divano in pigiama mentre la T.V. l’intratteneva per tutta la serata. Leo, il ragazzo con cui si vedeva da ormai due mesi era fuori per lavoro, e lei, avrebbe potuto comodamente rilassarsi...invece era stata richiamata al lavoro...nuovamente! 

Di nuovo era dovuta uscire di casa, abbandonando il tempore del suo piccolo nido, il suo rifugio sicuro. Appena messi i piedi fuori la porta, una folata di vento la colpì in pieno viso, l’odore acre e fresco dei pini le invase le narici, facendole bruciare, il sibilio dell’alito sano che soffiava tra gli alberi l’accompagnava in una morbida armonia lungo il tragitto che la guidava verso il Red Rockpub. 

Amava la vista e l’aria di montagna, fin da piccola era cresciuta nel cuore dei boschi selvaggi, al confine con i laghi ghiacciati, dove la natura è l’esclusiva padrona indiscussa, ove gli unici borbottii sono regalo della fauna presente, e non i chiassosi schiamazzi urbani. Dove gli unici profumi ti riempiono i polmoni d’aria pulita...fresca, l’olezzo fruttato e inebriante delle rose... la salvia selvatica... ti penetra le ossa, rigenerandoti nell’intimo. 

Sicuramente niente a che vedere con l’aria viziata del Red Rockpub.  

L'intero locale era avvolto da una densa nube di vapore nocivo di sigarette e odore acre di alcolici, l’intera sala gremita di gente, che ballando riduceva lo spazio, rendendo difficile a chiunque avanzare. Raggiungere il bancone bar, si rivelava essere un'ardua impresa, causa la calca che con impazienza, aspettava di essere servita. Le persone che varcavano l’entrata, una volta esaminato intorno, uscivano immediatamente non trovando tavoli liberi, altre invece, le più temerarie, aspettavano ansiosamente lo sgomberarsi di alcuni divanetti. Insomma, quella sera il Red Rockpub brulicava di persone in fermento. 

Il Red Rockpub era un locale non troppo grande, l’aspetto esteriore lasciava un po' desiderare, assomigliava, ad una vecchia bottega abbandonata, causa la sua immagine trasandata. Ma era all’interno che accadeva la magia. La luce bassa dava all’intero locale un'illuminazione rossastra, causa le pareti completamente rosse, su cui erano appesi dei semplici quadri raffiguranti forme geometriche. Hai lati delle pareti erano posizionati dei bassi divanetti con tavolini in vetro, ed una console, mentre al centro del locale, due scalini facevano da base permettendo al bar di forma rotonda di stare rialzato rispetto la sala da ballo.  

Essendo l’unico locale del paese, era molto rinomato, anche a causa delle innumerevoli serate a tema che di solito organizzava. Era stato un turno estenuante, i piedi le facevano male, e dei brividi causati dalla stanchezza che iniziava a farsi sentire le correvano lungo il corpo. Ciò che voleva di più al mondo era rintanarsi in casa sua ed abbandonarsi alle braccia di morfeo... già iniziava a sentire il caldo della trapunta e la morbidezza del cuscino sotto la testa, quando Sara, la sua collega gli posizionò sotto i piedi due enormi sacchi neri, colmi di vetro, da portare nel retro del locale.  

Un ultimo sforzo Nives! 

Pensava, mentre armandosi di coraggio, e dopo aver preso i suoi effetti afferrava i due macigni, dirigendosi verso la porta e stringendosi nel suo giubbotto di pelle. Una raffica di vento la colse in pieno, mandando a sbattere la pesante porta di ferro contro il muro, producendo un boato ferroso. La temperatura si era abbassata di molti gradi, da quando aveva iniziato il turno, ed ora il vento gelido soffiava facendogli lacrimare gli occhi, si infiltrava sotto i suoi vestiti. 

È normale tutto questo freddo? 

Quanto tempo è passato? 

Sicuramente doveva essere per l’eccessiva stanchezza, il motivo di tutto quel freddo, non poteva esserci altro motivo... non voleva che ci fosse altro motivo! 

Assorta nei pensieri, Nives non si era accorta, che uno dei sacchi si era strappato a contatto con il grezzo catrame, solo quando una bottiglia rotolò a terra frantumandosi, si arrestò. Sospirando si era voltata e sbuffando sonoramente sì accasciò tentando miserabilmente di non far rotolare altre bottiglie.  

Lì, in quel momento, i sensi di Nives dovevano entrare in allerta. Doveva accorgersi del piccolo spostamento di aria, doveva accorgersi di un odore diverso... doveva accorgersi di non essere più sola in quel vicolo stretto e buglio. 

<< Posso sentire il tuo corpo tremare fin qui! >> 

Poco più di un sussurro, poco più di un movimento di labbra, come se la gola avesse vibrato le parole...ma Nives aveva udito! 

Nell’attimo esatto in cui quel mormorio le arrivò alle orecchie, inizialmente le era mancato un battito, e lo stupore di non essere più sola e nemmeno di non essersi accorta di niente aveva solcato il suo viso, ma poi era stato subito rimpiazzato da una maschera di indifferenza e calma. Era sicura, che quel timbro di voce era più che familiare, ma non riusciva a collegarne il volto. Un timbro particolare, impossibile da confondere...un timbro profondo e caldo da calmarti... ma al tempo stesso tetro e potente da far tremare di paura. 

In fretta cercava di capire chi potesse essere...poi improvvisamente come il vento la colpì, un odore familiare le investì le narici... e capì! 

Sollevandosi con un tirato sorriso, Nives aveva puntato i suoi occhi proprio di fronte a lei, nel buglio! Era impossibile per lei riuscire a vedere, riuscire a distinguere qualsiasi figura o volto... ma Nives era più che sicura. 

<< E io posso sentire la vostra puzza di cane bagnato! >> l’aveva pronunciato con tutto l’odio e il disprezzo che aveva in corpo! 

 

 

   

Ciao  a tutti, mi presento!
Sono Sonia, ed abbiate pieta di me! :)
é un progetto che mi sta molto a cuore, nato da un sogno nel cassetto che è sempre stato lì, messo da parte per paura di non farcela, ma che grazie al mio futuro marito, ora sta iniziando ha scriversi!
Quindi, grazie amore mio per il tuo sostegno! <3
Spero che il primo capitolo vi possa piacere, se ci sono errori o non riuscite a capire qualcosa, vi prego fatemelo presente.
Fatemi sapere cosa ne pensate, mi raccomando voglio leggere le vostre recensioni! 
Un bacio!
 
 
 
   
 
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