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Autore: SC_Swami    24/03/2021    0 recensioni
I Libri dell'Anima sono i diari della mia Vita. Sono la testimonianza di un processo di crescita e trasmutazione umana negli anni. Abbracciano un larghissimo arco temporale, ho iniziato a scriverli a 14 anni ed attualmente ne ho 24. Durante il processo di scrittura (e di crescita) ho cambiato stili, opinioni e luoghi. E' testimoniato, tra le righe, molto di ciò che ho pensato profondamente durante la mia vita.
Sono riportati eventi e cambi di orizzonti, incidenti, fortune e mischiarsi di destini. Scritti e pensati in diretta.
Ho deciso, mentre trascrivevo i libri al computer, di lasciare tutto ciò che ho scritto fedelmente riportato, anche negli errori e nella mescolanza di lingue. Ho scelto di rispettarne l'essenza al completo.
Il mio desiderio è che si possa apprezzare come l'accettazione e la responsabilità sul proprio talento e la propria Luce, attraverso un infinito susseguirsi di prove e sforzi, possa produrre l'Oro Filosofale.
Il mio desiderio è che possa ispirare ogni essere umano che vi entra a contatto, incoraggiandolo a perseguire il proprio meglio con tutta la sua essenza.
Genere: Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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MIRABILIS JALAPA 



Sono una ragazza che vive d’amore. L’amore è l’unico pane che riesco a mangiare, l’unica acqua che mi disseta, l’unica parola capace da sola di riempire le mie pagine bianche. Ho iniziato ad amare fin da subito, e ho scovato la purezza di questo sentimento in ogni singola cosa fatta nella mia vita.

Di notte i pensieri si purificano. Cominciano un viaggio che trafigge le pupille, corre lungo le linee nervose e arriva nei meandri del cervello. Chiudi le palpebre e vedi ugualmente, ingenuo uomo. Non si scappa dai pensieri. Le premi forte, le tue palpebre sui tuoi occhi, in cerca del buio. Ma la mente non è nera mai. Colora quello scuro che tu vuoi importi di mille immagini, alcune belle, altre da dimenticare. E tu? Tu non puoi farci nulla, tu sei prigioniero. Prigioniero di te stesso e della tua mente. Prigioniero del tuo io, che prepotente ti incatena all’inconscio. Capita così che provi quell’irresistibile impulso di liberarti. Liberarti di te, di quel male che tu stesso ti provochi. Ma come puoi tu, ingenuo uomo, liberarti di te stesso?

Attraverso gli altri.

Raccontarsi è un’impresa ardua. C’è chi parla dei più disparati argomenti, divagando tra sciocchezze futili e banali scambi di opinioni. Potrebbe parlare per ore di ciò che ha visto in televisione o ciò che ha sentito alla radio. Ma se provi a fargli una domanda personale si chiude come un fiore notturno alla luce dell’alba. Dolcemente si ripiega in se stesso e non ti lascia possibilità di penetrare la sua corazza.

Cosa voglio fare io questa notte?

Voglio il coraggio di raccontarmi. Non come su una stupida pagina di diario però, raccontarmi davvero. Raccontare di noi. Della tua forza che è la mia debolezza. Della tua fermezza che è il mio stimolo alla sfida. E lo farò partendo da un punto a caso.
Chi decide quando inizia una storia? Potrei cominciare dal 29 maggio 1996. Anno in cui ho piantato le tende nel mondo e ho deciso che era il posto per me. O forse dal 5 settembre di quindici anni dopo, quando ho incrociato per la prima volta il tuo sguardo. Magari dal 14 febbraio 2014, giorno in cui per la prima volta ho assaggiato le tue labbra, o dal 26 febbraio dello stesso anno, quando i due corpi sono diventati uno solo.
Non c’è un principio alla nostra storia, né una fine.
Siamo un infinito tangibile che perpetuamente si espande dentro e fuori di noi. Sei il Sole che riscalda la mia Terra, talvolta bruciando i miei confini; Tramonti di quando in quando, ma con la promessa di rialbeggiare clamorosamente dentro e fuori di me, ancora una volta, e per sempre.
Ho da sempre l’impressione di sfiorarti senza afferrarti davvero.

Sei una stretta lontananza, forte del mio amore; guardi altrove anche se tra le mie braccia. Bacia le mie labbra e sii mia in quell’istante, perché l’attimo dopo apparterrai di nuovo al cielo. Indomabile come l’eros, sei l’essenza della passione. Divinità tra le lenzuola e al di fuori di esse, i tuoi occhi sono le tue frecce. Li scocchi verso le tue prede e le fai tue per sempre.

Ti guardo scoccare gli occhi verso il mondo, immobile e inerme. Nulla posso contro una dea, se non essere schiava del suo amore. Hai mirato bene, guardando me. Dritto al cuore è arrivato il tuo dardo, e da lì mai più è stato rimosso.
Dolorosamente cammino ferita nel corpo e nei sensi, per strade dove si espande il tuo profumo. I polmoni bruciano e rinascono avvolti da esso al mio passaggio. Non smettere mai di riempirmi così.

Una storia deve per forza avere un principio? Voglio raccontare di quel giorno in riva al mare. La musica accompagnava i nostri pensieri. La paura era il futuro, il futuro che ora siamo. Chi poteva immaginare che eri l’origine di tutto e la fine insieme. Ogni mio pensiero percorre strade mai spianate e torna a te, come un’onda si allontana ad infrangersi su uno scoglio e si ricongiunge poi col mare.
Quanto è profonda l’acqua sotto di noi? E quanta aria devo prendere per toccare il fondo e avere la forza di spingermi di nuovo su?
Respirare non è mai stato tanto bello quanto questa volta. La tua pelle sa di sale e i tuoi pensieri vibrano al suono di quel noi che io sto aspettando. Le persone camminano distratte alle nostre spalle, senza accorgersi che noi, su quello scoglio, siamo un meraviglioso tramonto.
Siamo Sole e Terra che si incontrano per caso, e per caso si allontanano dopo non molto tempo.
Perché il tramonto è così maledettamente breve? Il rosso dei tuoi raggi mi trafigge anche oggi, ma domani non so se lo farà di nuovo.

Aver voglia di sapere. È così lecita come richiesta, aver voglia di sapere. Chi sono io? Chi sei tu? Un noi esiste già o dobbiamo crearlo? Tu vuoi crearlo con me? Batte nella testa un pensiero che mi percuote le ossa da capo a piede. Se non è questo ciò che desideri avere? Se il mio io e il tuo tu non sono destinati a sposarsi mai in un noi, potrà il mio io sopravvivere da solo? Ti guardo e passo dal tuo silenzio al mio rumore. Rimbomba nel petto un forte basso. Un cuore batte anche se non ha più nulla per cui valga la pena farlo?

Umani. Siamo occhi che vedono e non guardano. Siamo respiri riempiti di nulla. Siamo carne da accarezzare. Siamo cuori che battono per uno scopo. E il mio scopo sei tu. La ricerca della mia felicità l’ho interrotta incrociando il tuo sguardo rigonfio della potenza di un oceano. E se vedi il mare in due occhi marroni capisci che veramente è arrivata la fine.

Resta. Mai richiesta è stata più profonda, necessaria. Resta e guarda con me. Riempi il mio nulla con il tuo immenso tutto. Accarezza la mia pelle che può solo bruciare sotto il tuo tatto. Lascia che il tuo cuore batta per me. Fallo battere e rimbombare. Ora, ora che restare è ancora semplice e dopo, quando non lo sarà più. Guarda nelle mie pupille e innamorati dei miei occhi. Cerca il riflesso dell’immenso che sei e che ti pervade. Fallo attraverso me, attraverso queste parole che sono involucro di emozioni. Petali di un fiore nascosto nel giardino più bello. Non scordare la nostra anima. Quella che in mille orgasmi ci siamo strappate da dentro per unirla per sempre. Non scordare il modo in cui quel noi che cerco e amo è scoppiato in un urlo di piacere, che lo volessimo o meno. Respiraci. Percepisci questo odore, vivilo. Vivici. Perché oggi su questo letto siamo noi, ma domani saremo solo, disperatamente, io e te.

 
CAP. 1

In quale luogo del mio corpo è nato questo amore?
Ricordo la prima volta che ho stretto la tua mano. Era timida e piccola nella mia. Ruvida di esperienze passate ma non sazia di ferite. Linee che la pervadono e ne corrompono la morbidezza non smetteranno di imporsi con prepotenza su di essa. Lascia che io sia una di queste. Voglio corrodere e incidere sul tuo palmo la mia storia, come indelebile presenza.
Dicono che la linea che parte dall’indice e scende lungo il palmo della mano, centralmente ad esso, sia la linea del destino. I tuoi occhi, le tue labbra, le tue mani hanno disegnato la mia. Un segno di doloroso piacere inciso da una penna tagliente. Sto diventando adulta. Cerco ancora di capire quanto tempo tu mi abbia dato. Per quanto ancora dovrò percorrere il mio destino. La strada appare in discesa, ma va percorsa al contrario. Questo è il mio caso. Parto dal centro, da un punto imprecisato del palmo, e salgo verso il mio indice. So che c’è una fine. Dipende da me quanto sarà difficile la scalata. Non ci sono pioli su cui aggrapparmi. Ci sei tu, che nel bel mezzo della mia mano mi hai assegnato un destino, e ci sono io che salgo senza sosta e senza appigli. Il punto sarà la fine di noi e la fine di tutto. Ho cominciato a vivere quando sei arrivata, smetterò di farlo quando andrai via.
La sensazione è il freddo. Subito sostituita dal calore dei due palmi a contatto. Di nuovo un brivido quando le dita si intrecciano, poi il caldo di una stretta tanto forte. La prima volta che abbiamo fatto l’amore è stata con le mani. Le mie dita che accarezzavano le tue, brividi freschi e caldo che si alternavano a seconda dei movimenti. Una danza leggera, in cui il tuo pollice era prima ballerina. Dolcemente avanzava sul dorso, piroettando fino al mio indice. Da ballerina diveniva pattinatrice, spostandosi a disegnare piccoli cerchi di ghiaccio sul mio palmo. Risaliva scalatore, lungo il dito medio, fino a far strecciare tutte le nostre dita, esitando per farmi desiderare di nuovo la loro presenza, e infine donarmela di nuovo.
E’ questo il luogo dove è nato il mio amore? Tra la mia mano e la tua?
La rabbia è il più mostruoso dei sentimenti. È la belva che ci portiamo dentro, come una tigre in cantina. Graffia la porta per fuoriuscire ma è bloccata lì. Così tante volte gliel’ho aperta io. Ho tolto il lucchetto e l’ho lasciata ruggire e graffiare e distruggere ogni cosa intorno a me. La mia tigre vuole come preda il mondo intero, ma molto spesso divora solo me. Cado vittima della mia stessa rabbia, non senza terrore e sgomento. Ruggire allo specchio senza farlo appannare. Aria vuota e mani rotte. Troppi pugni la parete di questa stanza ha subito come carezze. Con le stesse mani che ti hanno stretta ho fatto a pezzi la mia vita. Con le stesse dita che ti hanno toccata ho fatto del male a te. Le vedo ancora, le impronte rosse sul tuo viso. Vedo ancora i tuoi occhi delusi ma non spaventati. I tuoi occhi inermi alla mia reazione. Alla mia rabbia. Alla mia tigre. Le lacrime che ho versato quel giorno mi bruciano ancora sul viso. Sopraffatta e mangiata dalla mia tigre, ho lasciato che facesse del male anche a te. Mi odio.
Sono sul tuo letto ora e accarezzo la tua pelle. Le mie mani sono di nuovo dolci sul tuo corpo incantevole ma sentono ancora il peso di quel male. Decido che ti voglio e le mie dita bramano di sentirti. Forza e intensità ci siano nel tocco, le stesse di quello schiaffo, le stesse di tanta rabbia, ma piegate alla passione. Quante cose possono distruggere le mani, quante guarire.
Disegni un cuore sul mio palmo.
Per quanto ti amo potrebbe cominciare a battere anche questo per te da un momento all’altro. Quante parole si sciolgono al sole.
Mille sono le promesse mancate, specchi d’acqua immobili che svaniscono se provi a sfiorarle. Ci creiamo l’illusione di poter competere col tempo, ma questo ci sfugge con delicatezza dalle mani, come un’impercettibile carezza, silenziosamente, ma una carezza bugiarda dalla potenza di uno schiaffo. Dicesti: < Ti amo, e mi rendi felice come quando un bambino vede per la prima volta una bolla di sapone, o il mare.. > Ci penso e sospiro. Sorrido. E in quel momento ti trasformi in una bolla di sapone, la prima, la più bella. Ti trasformi nell’odore del mare. Così mi perdo nel nostro dolce naufragare tra gli aromi di questo amore. Sei l’essenza delle cose.

Lo specchio non mi ha mai dato certezze. Volti sempre nuovi si avvicendano, spodestandosi a vicenda, per accaparrarsi la mia immagine. Sono ogni mia rappresentazione, e nessuna di queste. Vesto panni nuovi ogni giorno che cambia. L’unica cosa che non mi è mai stata tolta è la potenza del sorriso. Riempie il mio viso costantemente. Con estrema meraviglia riconosco te negli angoli della mia bocca.
 
Questo mondo fa troppo chiasso. Non sento più nemmeno i miei pensieri. Cammino per strade su cui troppi piedi sono inciampati, e continueranno a farlo. Cerco la melodia dei nostri desideri che diventano sospiri, appagati da un fortuito o agognato successo. I piedi toccano la terra e vorrebbero viaggiare scalzi per sentire le temperature di questa città troppo nuova da conoscerne le buche. Ed ecco un desiderio già sentito, precipitarsi su di me e irrompere come un’onda anomala nella mia mente. Quello di ripercorrere le strade luminose della mia Napoli. Forse una delle cose che nella mia vita ho difeso di più. Mia patria, io ti appartengo. Sono un frutto del tuo meraviglioso albero fatto anche di bacche velenose. Viverti e crescere tra le tue mura, tra le tue persone col sorriso stampato in faccia, tra il tuo mare e le tue vie nascoste, tra i tuoi castelli e le tue Chiese mi ha resa cittadina del mondo. Sei padre e madre del mio essere. E io fieramente mi sento figlia dei tuoi respiri e dei tuoi tumulti. Sento l’aria spezzarsi in gola. Rivedo mia madre. I suoi occhi pieni di orgoglio. Mio padre, il suo amore immenso per me e i miei fratelli. Non potrei desiderare di essere cresciuta in posto migliore. Una città come culla e una famiglia come coperta.
Ora sono altrove. I miei piedi cercano altre strade. Sono andata via inseguendo te e quello che siamo. Quello che grazie a strade nuove potremmo diventare. La pelle assaggia aria fredda e non è abituata a questa neve. Devi essere tu il calore che mi porto dentro. L’albero da cui discendo mi ha lasciato dentro il sole. Ma tu devi essere la sua luce e il suo calore. Devi essere culla e devi essere coperta, con me e per me. Io ho fatto passi verso di te, in cambio di luce immensa. Desidera con me, e lascia che la melodia dei nostri sospiri ti accenda nella notte più scura. Perché tutto ciò che voglio e cerco è una casa. Tu, non importa dove e non importa in che modo, sei la mia.
 
Il tempo è relativo. Un giorno con te vale un secondo, un secondo senza te vale una vita. E quel maledetto ritornello suona ancora nelle nostre vite. Ogni litigio si porta dietro un pezzo della nostra dignità. Forse sei ogni mio errore, affogo in te e non riesco a tornare a galla se non sei accanto a me. Tirami dall’acqua con le tue mani dolci se il tempo è dalla nostra parte. Spingimi ancor più giù se non lo è. Mi renderò conto di questo dolore e di questa paura incontrando la tua voce nella profondità degli abissi. Sei davvero ogni mio pensiero o ci sono anche Io nella mia testa?
Mi sono maltrattata tante volte. Scoraggiando il mio coraggio di lasciarti andare con ogni ricordo, con ogni pensiero, con queste parole. Graffi i miei giorni come il mio petto ora, e il tempo non ci aiuta più. Ti amo quando stringi le mie mani. Ti odio quando sorridi guardando altrove. Cosa significa questa piacevole sofferenza? Non so interpretare i miei pensieri sott’acqua. E se sono a galla rivedo i tuoi occhi e mi è troppo semplice pensare che ogni raggio di luce che mi raggiunge ti appartiene. Nell’oceano più grande, a metri di distanza dalla superficie dell’acqua, io non so nemmeno cos’è la luce. Tu me la sai portare. Tu me l’hai mostrata e io l’ho scoperta risalendo dal mare scuro solo grazie a te. Ma quanto vero è adesso tutto questo?  Quanto è pura la tua luce? Come posso io scoprirlo se sei l’unica a portarmela? Non ho termini di paragone e solo in due stati riesco a percepire il mondo. Sotto la superficie e al di sopra di essa. Forse l’hai creata tu stessa la superficie dell’acqua per mentirmi con la tua finta luce.
Il tempo è relativo. Se ci sei è luce, se non ci sei è buio.
Ti amo se ci sei, se non ci sei ti odio. L’amore è relativo.
 
NUOVO INIZIO

Musica nuova trasporta le mie emozioni. Tu balli. Prima lo facevi da lontano, prima erano scuse quelle che usavo per tirarti più vicina a me, ora non più. Ora mi balli addosso. Sei cosi vicina che il mio sudore è il tuo sudore. Qual è la mia pelle, qual è la tua? Il ritmo incalza il tuo bacino e ti incastri in me, io febbrilmente ti stringo. Le mie mani graffiano sul basso ventre e le mie labbra si poggiano sul tuo collo per morderlo. Sento le tue mani sulle gambe, mi stringono, mi cercano e non si stancano di trovarmi. Sei mia e non lo sarai mai.
Mi invadi i pensieri. La stanza è affollata. C’è altra gente che balla. Sconosciuti che occupano un posto che è solo nostro. Poi la musica sale,  il tuo bacino si muove col mio e in un attimo diventiamo una macchia di colore in un mondo nero. Il vuoto ci avvolge e noi lo riempiamo.
Scompaio in te e tu scompari in me. Nasce il noi. La nostra fusione. I nostri corpi. Noi. I nostri respiri, il nostro profumo. Noi. Noi che balliamo e non sappiamo fermarci. Noi. Noi che colmiamo il vuoto del mondo. Noi. Che non fuggiamo dalla paura perché insieme troppo forti anche solo da provarne. Sei il mio nuovo inizio.
Ho voglia di te. Voglio guardare le mie mani scoprire la tua pelle. Le dita entrare in te a strapparti il piacere da dentro. Voglio sentirti ansimare forte, sentirti aggrappare a me. Voglio che le tue unghie graffino la mia schiena e le mie braccia. Voglio un tuo orgasmo arrivare sulla mia bocca, sulla mia pelle, sulle mie dita. Voglio le tue mani nel mio interno coscia e poi tra le gambe. La tua lingua e le tue dita dentro di me. Voglio tapparmi la bocca per non urlare.
Sei il piacere che ho sempre cercato. L’appagamento che comporta altre voglie.

 

Angolo Autrice
 

Ciao a tutti e bentornati nella mia storia! Siamo con pochi capitoli, passati già per molti anni.
La gran parte delle cose che scrivo sono pensieri che si susseguono, a volte connessi tra loro, altre meno.
Questo è uno stralcio da un file che ho sul computer, dal nome Mirabilis Jalapa (nome scientifico del Papavero), che considero parte integrante dei libri, nonostante sia l'unico di natura digitale di partenza.

Per saperne di più su ciò che state leggendo, passate senza esitazione su www.stefiuli.com

   
 
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