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Autore: MusicAddicted    25/03/2021    18 recensioni
Il problema, o almeno uno dei problemi principali fra Jessica e Killgrave, è che non si capiscono, non sanno com’è la vita dell’altro/a, non sanno com’è avere il potere dell’altro/a…
E se le cose cambiassero? Se loro cambiassero? Letteralmente!
Una fanfic follissima (?) che parte dall’episodio 1x7 ‘AKA Top Shelf Perverts’ e poi degenera!
Genere: Commedia, Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jessica Jones, Kilgrave
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Prologo: When it takes two to make one big trouble



Jessica’s POV

Come osa interromperci questo agentucolo da quattro soldi?
Cazzo, proprio ora che ero a tanto così dal convincere Clemons che sono pericolosa e vado rinchiusa nel carcere di massima sicurezza.
Di sicuro c’è lo zampino della Hogarth, certo, perché se io finisco in prigione, lei non mi può più appioppare la sua merda, io le servo libera… ma non funziona così.
“Hogarth, ti avevo detto…” sbotto, mentre esco dall’ufficio del detective ma rimango come pietrificata.

Qui al distretto sembrano tutti come impazziti: ci sono poliziotti che si puntano la pistola alla tempia, altri che la puntano contro altre persone.

Non mi piace, non mi piace per niente.

Clemons mi raggiunge.

“Che diavolo sta succedendo qui? Mettete giù le armi.” cerca di ripristinare l’ordine ma si sente il rumore di una pistola che viene caricata, prima che gli venga puntata contro.

“Brett?” lo guarda stranito Clemons.

“Chiudi il becco, non muoverti.” risponde quello, freddo come il ghiaccio.


È lo stesso agente che prima è venuto a informarlo che ero libera di andare.
Ordini del capitano, diceva.
Temo di aver capito di quale capitano stiamo parlando.

“Oh, calmatevi tutti, state rovinando l’atmosfera.” riecheggia la sua voce, con il suo accento così British, qualche secondo dopo.


Come si dice? Parli del fottuto diavolo e spuntano le fottute corna.

Da una scrivania all’angolo emerge lui, Killgrave, vestito più viola che mai.
Il colore dei miei incubi.


Sorride sornione come un gatto con il topo e il topo sono io.

“Jessica.” mi saluta e io resto immobile a fissarlo.

“Non sei sorpresa di vedermi. Sapevi che sarei venuto.” avanza verso di me.

“Non così velocemente? Io, io ammetto che ti sto tenendo d’occhio. Le spie sono facili da reclutare. Per me.” sorride sfrontato, indicando una delle poliziotte.

Si muove così a suo agio, come se questo posto gli appartenesse, se ogni cosa gli appartenesse, se ogni persona gli appartenesse.
Ed è così, lui può possedere tutto. Ha posseduto anche me… viscido ragno violaceo che tesse la sua ragnatela di controllo mentale.

Vorrei tanto schiacciarlo come un ragno, ma non posso, non qui, non ora, ci sono troppe vite in gioco.
Devo agire con cautela.

“Fai quello che vuoi a me, ma loro lasciali andare.” tento di convincerlo.

In fondo è me che vuole. Vuole vedermi crollare, vuole la mia fine.

“Beh, devo proteggere me stesso, sai…” controbatte lui, facendo il prezioso.


“E allora controlla me, non loro.” cerco di negoziare.
 

Valgo più io che dieci delle tue migliori cazzo di guardie, ci devi anche pensare, stronzo?


“Non ho nessuna intenzione di controllare te. Voglio che tu agisca di tua volontà.” mi stupisce lui con la sua risposta.

A che cazzo di gioco sta giocando?

“Agire come? Un suicidio? È per questo che continui a torturarmi?” lo affronto una volta per tutte.

Mi metterà in una situazione ‘ucciditi tu, oppure muoiono loro’, così, certo, non sarà qualcosa che mi comanda lui e otterrà comunque quello che vuole.
Ma non andrò a fondo senza prima combattere, fosse l’ultima cosa che faccio.

E ora? Perché non fa niente? Perché mi guarda così stranito?

 

“Oh mio dio, Jessica! È così triste! Certo, sapevo che eri insicura. Io non ti sto torturando e perché dovrei?” si chiede confuso lui, avvicinandosi. “Io ti amo.”

Ora la confusa sono io.
Che cazzo ha appena detto?
L’ho sognato, vero? Forse sono già morta e questo è l’Inferno.

“Tu hai rovinato la mia vita.” ribatto, acida, anche se non è che la verità.

“Tu non avevi una vita.” è la sua cazzo di risposta.

Se potessi lo strangolerei, ma non posso.

“Era tutta una malata dichiarazione d’amore?” gli chiedo, cercando di sminuirlo.

“No. Ovviamente stavo, io stavo cercando di mostrarti quello che vedo io.” replica lui, con una calma che non fa che innervosirmi.  “Che sono l’unico giusto per te. Che ti sfida. Che farebbe tutto per te.”

Questo è delirio di onnipotenza, è chiaro che non sa quello che sta dicendo.

“Questo è uno scherzo, vero? Hai ucciso persone innocenti!” gli ricordo, anche se so che è inutile, gli esseri spregevoli come lui una coscienza nemmeno ce l’hanno.

Lui sembra capire a cosa mi stia riferendo.

E vorrei ben vedere, stiamo parlando di eventi atroci che risalgono a ieri notte.

“Oh. Oooh dici quel, quel mite, timido bamboccetto? Mi ha interrotto mentre ti stavo lasciando un regalo, che a quanto pare non hai trovato.” si imbroncia lui, come se fossi io quella nel torto.

Sei solo un cazzo di serial killer, Killgrave, che non ti sporchi quelle mani perfette  da fottuto dandy Inglese non cambia certo le cose.

“Andiamo, non puoi fingere che non irritasse anche te, io volevo picchiarlo dopo solo trenta secondi.” aggiunge lui, sdrammatizzando, come fa sempre.

Sì certo, Ruben non era nella mia lista delle persone preferite, io nemmeno ce l’ho una lista di persone preferite, a parte Trish, ma non lo avrei mai preso a pugni… oh beh, non troppo, almeno.



Killgrave’s POV



 

In fondo lo sai che ho ragione io, di quel bamboccetto non può davvero importarti, tu meriti al tuo fianco solo qualcuno di speciale.

Qualcuno come me.
No, non qualcuno come. Me. E soltanto me.

 

Oh, Jessica, ho atteso questo momento così a lungo, per poterti rivelare quello che provo per te.


Oh beh, sì, certo, avrei potuto anche scegliere una cena a lume di candela, musica di violini, in un ristorante di classe… ma queste cose non fanno per te.
E poi un invito a cena da me non lo avresti mai accettato, non subito, almeno.

 

Oh, Jessica, ho tanto di quel lavoro da fare con te.

“Lo so. Lo capisco che ci vorrà del tempo, ma so che te lo proverò.” la rassicuro.

 

Forse lei è sul punto di rispondere qualcosa, ma poi si sente un telefono squillare.

“Di chi è?” chiedo, cercando di mantenere la calma, anche se il mio tono non ammette repliche.

Questi idioti stanno rovinando un momento perfetto!

Lo stra dannato telefono continua a suonare.

“Di chi è il telefono?” domando con più insistenza, poi seguo la fonte dell’odioso rumore e scopro che è nientemeno del detective che stava per rinchiudere la mia Jessica.

Gli prendo il telefono dal taschino della giacca, lo guardo negli occhi, per qualche secondo in silenzio e poi scaravento il dannato cellulare contro la parete, rompendolo in mille pezzi.

“Il prossimo telefono che suona dovrete ingoiarlo!” urlo, andando verso una scrivania.

“Luci al neon di merda, scarafaggi, suonerie fastidiose, puzza di piscio... sto cercando di professare il mio eterno amore! Volete capirlo?” sbraito, lanciando fogli inutili in aria.

Dovevo riconsiderare l’idea del ristorante.

“Verrò via con te.” mi distoglie la voce di Jessica, ma il suo sguardo dice molto di più.

“Per proteggere loro, non per tua scelta.” scuoto la testa io.

“Mi conosci bene. Il resto lo risolveremo.”

Non potrebbe essere più provocatoria di così.

Ma in fondo la amo anche per questo.

“Ooooh, ti prego, l’amore è una novità per me, ma so come funziona, guardo la TV.” mi metto sulla difensiva.

“Coglione, pazzoide. Tu non hai mai amato nessuno in tutta la tua ripugnante vi..”

Questo è troppo.
E dire che con quella bocca potrebbe fare cose più interessanti che insultarmi.

“Non presumere di sapere..” mi precipito verso di lei, ma blocco la mia frase in tempo.
Stavo per fare un errore madornale… poi lei avrebbe capito tutto.

“Prima di conoscerti avevo tutto quello che volevo e non avevo capito quanto fosse insoddisfacente finché non mi hai lasciato a morire.” addolcisco il mio tono, ma lei continua a evitare il mio sguardo.

Questa cosa è snervante, ma devo rimanere calmo.

“Sei la prima cosa, scusami, persona, che ho voluto che si è allontanata da me.” continuo e stavolta sembra guardarmi, almeno per un fugace istante.

“Mi hai fatto provare qualcosa mai provato prima. Il desiderio.”

Provo ad a portare una mano al suo volto ma lei non me lo permette e si scosta stizzita.
È ancora così spaventata dalla situazione… da me.
Questo mi fa male, ma non mi voglio arrendere.

“Mi sei davvero mancata.” mormoro a pochi centimetri dal suo viso.

Lei sembra recuperare un po’ della sua aria combattiva.
È così che voglio vederla.

“Beh, adesso sono qui. E sono tua.”

Ironica e pungente.

“No, non è vero. Spero che tu scelga me come io ho scelto te. Credo che capirai quello che ho capito io. Siamo inevitabili.” le spiego.

Come accidenti fa a non capirlo?

Tuttavia, le concedo un po’ di tregua, andando verso l’addetto della sicurezza.

Dannate telecamere.

“Hai cancellato tutto?” gli chiedo.

“Ho quasi finito.” mi conferma.

Torno a rivolgermi a Jessica.

“La memoria non la posso cancellare ma un video sì.” le spiego, ma lei non dice niente.

“Le prove che ci mostravano qui sono svanite.” commento, prendendo una certa cosa che è stata abbandonata su una scrivania, in un sacchetto.
La più schiacciante delle prove.

Non ti avrei mai permesso un azzardo simile, Jessica, non ti avrei mai fatto rovinare la tua vita in questo modo, meno male che sono arrivato in tempo.

Guardo dentro il sacchetto come farebbe un bambino che scarta i regali a Natale.
In fondo la cosa mi diverte.
Jessica mi diverte sempre.

“Decapitazione a mano. Sei piena di sorprese.” le sorrido.

È il momento che io pensi a questi poliziotti, anche per fare felice lei.
Chi prendo in giro? Solo per fare felice lei.
Dipendesse da me, si ammazzerebbero tutti.

Mediocri pedine che ormai non mi servono più a niente, ormai il mio scacco matto l’ho dato.
Però so che Jessica non approverebbe… a volte è una tale moralista!

“Fra trenta secondi vi renderete conto che questo era un simpatico scherzo e lascerete andare Jessica Jones.” ordino, prima di rivolgermi un’ultima volta a Jessica.

“Cerca il mio…”
“NO!” mi interrompe lei, urlando, e devo dire che le sono solo grato.

Le stavo dando un comando.
Innocente o no che fosse, le stavo per dare un comando, dicendole di cercare il mio regalo… e lei si sarebbe accorta di non sentire più l’esigenza di obbedirmi.

Per l’inferno maledetto! Con un passo falso del genere lei si sarebbe accorta di tutto.

 

Jessica’s POV

Non gli permetterò di azzardarsi a dirmi quello che devo fare.

 

“No, io non cerco un accidenti di niente!” ribadisco, secca.

Lui mi guarda con la sua aria da cucciolo spaurito, ma non mi incanta.

Un momento.
Incanta.

Lui stava per darmi un comando, stava chiedendomi di cercare qualcosa, ma io non l’ho fatto.

Ma certo, che stupida, non gliel’ho fatto concludere…

Ecco, potrei impedirgli di portare a termine tutti i suoi comandi... no , non funzionerebbe è stato solo un caso, lui è sempre così veloce.. solo a letto non lo era.

Cazzo, a che che cosa mi metto a pensare?

Approfitto del fatto che Killgrave sembri ancora assorto nei suoi pensieri.

“E poi hai detto che non mi avresti controllato no? Non mi sembra tu stia mantenendo la promessa.” rincaro la dose.

“Hai ragione. Ti ho promesso che non ti avrei controllato e non verrò meno alla mia parola.” mi garantisce lui, mentre lo seguo verso l’uscita.

 

Faccio solo in tempo a sentire in lontananza le risate di tutto il distretto che crede davvero che il gioco sadico di questo pazzoide sia stato solo uno scherzo.

“Davvero hai deciso di seguirmi?” mi guarda stupito Killgrave.

“Non è forse quello che volevi, mettendo in piedi quel teatrino macabro con tutti i poliziotti?” gli faccio notare io.

“A dire il vero, no. Quello è stato per dichiararmi.”

“La prossima volta limitati a dei fiori con un bigliettino che posso gettare direttamente nel cesso!” gli ringhio contro, ma lui sembra solo divertito.

“Non cambi mai, Jessie.” ridacchia agitando il sacchetto. “E va bene, avevo altri piani per noi, ma se vuoi seguirmi fa’ pure.”

“Sia chiaro, non voglio seguirti fino a dove vivi adesso… vorrei fermarmi un attimo con te a parlare, a cercare di trarre qualche vantaggio da questa situazione assurda.”

“Sono colpito. Non hai usato nemmeno una parolaccia. Allora è una questione seria!” si fa beffe di me.

Calmati, Jessica, lui ti serve vivo. Per ora.

“Hai detto che faresti qualsiasi cosa per me... sempre che quella dichiarazione fosse vera.” torno sull’argomento, mentre continuiamo a camminare.

“Certo, Jessica, era vera ogni sillaba, farei tutto per te. Basta dirmi cosa desideri. Vuoi che quella fastidiosa avvocatessa che ti dà il tormento finisca per la strada a mendicare? Sai che mi basterebbe una sola parola.”

A volte mi stupisce quanto bene mi conosca.
Sì, è vero, godrei come un riccio a vedere la Hogarth in rovina, ma non è questo quello a cui miro.

“Hope. Tirala fuori di prigione.” gli propongo.

“Oohh, ancora quella biondina petulante! Credevo saresti stata un po’ più creativa nelle tue richieste!” sbuffa lui, lanciando in aria il sacchetto e riprendendolo, come se fosse un giocattolo.

“Non posso parlare seriamente con chi gioca con una cazzo di testa decapitata!” sbotto.

“E va bene, ora la butto.”

“E dove, genio? In un cestino per la strada? È un tipo di rifiuto un po’ troppo vistoso.”

“Hai ragione, ma posso fare in modo che nessuno lo noti.”

“Per dodici ore? No, grazie.” scuoto la testa, prima che lo sguardo mi cada su un luogo non troppo distante.
 

Siamo sempre sulla West 54th street dopotutto e più avanti c’è il posto che può fare al caso nostro.

“Vieni con me!” lo tiro per un braccio in quella direzione.

“Dove stiamo andando?” si acciglia lui.

Ormai ho già forzato il cancello e il lucchetto che lo chiudeva è solo un ricordo.

Ignoro il suono lugubre e cigolante che fa quando lo apro.

Che ormai sia scesa la notte non aiuta di certo.

Anche Killgrave sembra un po’ titubante ma rimane comunque al mio fianco.

“Jes-Jessica, che posto è questo?”

“Dicono che sia una casa infestata dai fantasmi, o forse ci abitava una strega, qualcosa del genere…” spiego, mentre spingo il portone e ci addentriamo in quell’atrio buio e polveroso.

“È uno scherzo?” domanda lui, inquieto, accendendo la torcia del suo cellulare.

“Che c’è hai forse paura?” lo punzecchio io e lui mi guarda malissimo.

“Di sicuro nessuno si avventurerebbe qui, lascia pure il sacchetto con la testa in un angolo.” lo sprono io e lui accetta quel suggerimento.

“Jessica.. è meglio se andiamo via però adesso.” borbotta lui.

“Allora dillo che ti stai cagando sotto! Da piccolo ti raccontavano troppe storie del terrore?” lo sbeffeggio io.

“Da piccolo non mi raccontavano mai storie. Di nessun tipo.” taglia corto lui, con un’espressione che non saprei decifrare.

Continuo ad avanzare senza badare alle sue richieste e lui suo malgrado mi segue.

Superato l’atrio, non c’è nemmeno più bisogno della torcia.

La sala è illuminatissima e sembra quella di una reggia, lussureggiante, sfarzosa e piena di suppellettili.

“Non ha affatto l’aria di una casa abbandonata…” commenta Killgrave, ora più tranquillo, guardandosi attorno con curiosità, troppa.

“Che fai, fermo!” lo ammonisco quando lo vedo sporgersi verso uno scaffale.

“Guarda, Jessica, non trovi che queste statuine ci somiglino?”

Seguo la stessa direzione del suo sguardo e noto due statuine in bronzo, non più grandi di 50 cm, una maschile, leggermente più alta e una femminile che per corporatura un po’ ricordano noi.

“È solo una coincidenza, non toccare nulla…”

Troppo tardi.

Killgrave le ha già prese in mano e invertite di posto.

“Trovo sia meglio mettere l’uomo alla sinistra della femmina, così la protegge dalle insidie dell’atrio.” mi spiega divertito.

Dannazione, Killgrave, non è possibile che per te sia sempre tutto un gioco!

Sentiamo una leggerissima scossa, come se la terra tremasse sotto i nostri piedi e ci guardiamo confusi.
Forse è solo suggestione, infatti lascia il tempo che trova.

“Se come dici tu, lei mi somiglia, non ha certo bisogno che nessuno la difenda da niente.” commento, rimettendo le statuine com’erano.

Le scosse si moltiplicano e si intensificano all’istante, il sontuoso lampadario crolla sul pavimento, mancandoci di poco, le mensole cominciano a spaccarsi.

 

“Oh, cazzo, andiamo via di qui!” corro via con lui, finché siamo in tempo per farlo.

Riusciamo giusto a uscire dal cancello prima che la casa crolli davanti ai nostri occhi.

Di sicuro ora davvero nessuno sarà più in grado di trovare quella testa.

“Jessica, ma cosa…” borbotta lui, frastornato quanto me.

“Non lo so e non mi interessa, parleremo un’altra volta, adesso ognuno per la sua strada!” decido io, andandomene con un rapido salto.

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Sopraffatta da tutte le emozioni di quel giorno mi addormento appena tocco il letto.
Quando mi sveglio c’è qualcosa di diverso, a partire dal letto, sembra più morbido e.. non ricordavo di avere così tanti guanciali.

Non è solo questo, prima avevo dei pantaloncini e una canotta, ora mi sento più vestita, com’è possibile?

Con gli occhi ancora chiusi, mi tasto le gambe, sembrano pantaloni di seta.

Mi decido ad aprire gli occhi, ma la luce che filtra dalle finestre mi fa capire che non è la mia camera da letto.

“Ma che cazzo?”

Oddio, ma questa è opera di Killgrave, ho appena sentito la sua voce, quel suo dannatissimo accento Inglese.

Mi ha rapita… di nuovo?

Scatto in piedi, pronta a prenderlo a pugni… questo prima di rendermi conto che sono stata io a parlare.



Killgrave’s POV
 

Non so spiegarmelo, a un certo punto sembra che il letto dove mi sono addormentato abbia smesso di essere così comodo, ma soprattutto i cuscini hanno cominciato a profumare di Jessica.

E con profumo intendo anche un vago sentore di alcol… ma del resto è parte di lei.

Mi sento anche molto meno vestito, mi tocco le gambe a conferma della mia tesi ma… non le ho mai avute così lisce.

Qualcuno mi ha rapito e … depilato?

Forse è una vendetta attuata da Jessica? Ha scoperto che non la posso più controllare?

Naaah, altro che depilato, sarei morto!

Continuo a tastarmi il corpo e quando arrivo al petto faccio un’altra scoperta tanto interessante quanto sconvolgente: ho dei seni femminili, non direi affatto abbondanti ma comunque sono dei seni femminili, per l’inferno maledetto!

Mi tocco la testa, ho una cascata di capelli setosi, lunghi fino lambire le spalle e temo proprio che non sia una parrucca.
A questo punto ho il terrore di toccarmi in mezzo alle gambe e non trovare più qualcosa che mi è molto caro.

Sono stato rapito e portato a Casablanca?

La cosa non ha alcun senso.

Cerco nel buio un interruttore della luce, perchè deve esserci e quando lo trovo noto un altro dettaglio non certo irrilevante: sono nella stanza da letto di Jessica.
Questo spiega perché sentivo il suo profumo.

Tuttavia, come se già non fossi sconvolto abbastanza, quando mi guardo nello specchio che è di fronte al letto, per poco non ci cado da quel letto: lo specchio mi sta restituendo l’immagine confusa e spaesata di Jessica.

“Per l’Inferno maledetto!” esclamo, con la sua voce con quell’accento americano.

TBC

 

Questo è solo l’inizio, se vorrete restare sintonizzati .. vi assicuro che ne vedrete delle belle! ;P
 

L’ho pure cercato su Google, vicino al New York Police department di Hell’s Kitchen c’è proprio quella casa che si narra in qualche racconto del terrore  fosse stregata XD come non approfittarne?
 

Per chi è poco ferrato con il fandom, tutti i dialoghi fino al punto della svolta (quando Jessica interrompe Kevin prima che le dica di cercare il suo regalo) sono fedelmente presi dalla puntata che ho citato (ho scuoricinato senza ritegno nel rivedere quel momento <3 )
 

Non è di certo la prima J/K che scrivo (e non sarà l’ultima), ma è la prima con la narrazione coi punti di vista (dovrebbero essere solo i loro due POV (point of view = punto di vista) ma potrei fare un’eccezione a un certo punto, quando mi servirà anche un altro POV), spero di non aver fatto disastri ^^’

Se intanto vi va di dirmi che ne pensate, fate pure, in allegato troverete anche un modulo per farmi internare nel manicomio più vicino ^^’

alla prossima ;)

   
 
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