Storie originali > Introspettivo
Ricorda la storia  |      
Autore: Riccardo Cecotti    27/03/2021    1 recensioni
Viaggiamo a velocità elevata e come su un treno in corsa, pur guardando dal finestrino, non scorgiamo più i particolari. Antonio si era fermato ad osservare.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Poteva succedere a chiunque ed era successo.
Antonio si era ritrovato senza lavoro e l’azienda glielo aveva comunicato asetticamente con una raccomandata, trent’anni che terminavano con il ringraziamento per il tempo speso. La sera stessa ricevette diverse telefonate di conforto da parte dei colleghi, mentre leggeva e rileggeva quelle poche righe che lo costringevano di fatto a prendersi un bel periodo di riposo e ascoltando le parole di circostanza iniziò a meditare riguardo il futuro, su cosa avrebbe fatto ora nell’immediato e a come si sarebbe adoperato per far trascorrere quel tempo, che fino al giorno prima sembrava non bastare mai.
Avesse almeno avuto una famiglia con cui condividere gli spazi e le paure che lo sovrastavano, forse in quel caso si sarebbe sentito meno solo.
Nonostante tutto si consolava, pensando che in quel momento difficile avrebbe dovuto badare esclusivamente a sé stesso e non era un particolare irrilevante.
Rimaneva però il problema di come far passare le giornate che si sarebbero succedute, scandite da un orologio che non ne voleva sapere di accelerare il moto delle sue lancette, specie di quella più corta.
Gli veniva difficile immaginare quale causa scatenante lo avrebbe messo in piedi al mattino, quale scadenza lo avrebbe spronato a lottare e si rendeva conto che più che aver vissuto negli ultimi anni, aveva solo reagito all’impulso dell’impegno lavorativo. Non si era creato hobby, non aveva impegni e i nodi stavano tornando al pettine.
Che questa mancanza di alternative fosse da addebitare alla mancanza di tempo, gli si rivelava adesso come una mera giustificazione.
La vera causa, ora evidente, era dovuta a un vuoto di passione. Ma a 55 anni come te la crei?
Si era sempre dimostrato una persona logica e sapeva benissimo che gli interessi non si realizzano così su due piedi, semplicemente o ce li hai o non ce li hai.
Non si riteneva un misantropo: andava in discoteca, al cinema, ogni tanto qualche flirt con delle donne conosciute nella cerchia degli amici, che poi erano comunque sempre i suoi colleghi.
Tutto però vissuto in maniera distaccata, nulla lo coinvolgeva veramente tanto da avvertirne le conseguenze nello stomaco, al punto di fargli male o ferirlo.
Forse era questa la spiegazione che Antonio cercava, si era creato un analgesico talmente forte contro le emozioni che ormai era immune a qualsiasi forma di queste.
La società in generale non lo ripudiava, il fatto di analizzare sempre in maniera fredda le situazioni, portava le persone che frequentava a confidarsi con lui e a chiedergli consigli.
Chiunque lo conoscesse sapeva che era un buon osservatore della vita e aveva appreso, che proprio per il fatto di non essere mai coinvolto, in lui non c’era giudizio alcuno riguardo gli altrui comportamenti, semplicemente li vagliava e spesso ne traeva soluzioni impensabili per chi invocava il suo aiuto.
Forse per questo motivo si era recato il giorno dopo in una via pedonale della città armato di taccuino e si era seduto su una panchina.
Aveva iniziato ad annotare tutto quello che lo colpiva negli atteggiamenti dei passanti.
Ne descriveva l’aspetto, appioppava loro un nome inventato seguito da un cognome che rappresentasse le loro caratteristiche.
Inventava personaggi come Lucia dai capelli rossi, Marco dal bavero alto, Giorgio il fumatore incallito e così via.
Dettagliava tutto: come camminavano, il percorso che facevano, chi salutavano. Ne ricostruiva identikit completi e minuziosi che completava la sera con considerazioni sue.
I giorni passavano e dalla sua panchina Antonio aveva già riempito diversi quaderni.
Aveva deciso di tralasciare le persone che vedeva per la prima volta, non riusciva a stare dietro a tutti quanti e comunque si era reso conto che gli individui, a cui aveva riferito fino a quel momento le sue attenzioni, erano ormai moltissimi.
Rileggendo i suoi appunti, rideva dell’idea che aveva avuto di sé come di una persona monotona. Si era reso conto, ed era tutto certificato, che la gente fosse davvero abitudinaria. Stessi orari, stessi gesti, stessi incontri. Se non fosse stato per i passeggiatori estemporanei avrebbe potuto, in un dato momento, dipingere con la mente la scena, sapendo benissimo chi sarebbe transitato di lì e cosa avrebbe fatto.
Si sentiva quasi come Dio di quel piccolo microcosmo del quale deteneva la conoscenza. Certamente potevano esserci variabili esterne che potevano pregiudicare le sue tele mentali, ma quale Dio non ha di questi problemi?
A volte, per rompere lo schema, spostava elementi della scena: il cestino dove Anna dai tacchi alti buttava ogni mattina un sacchetto, una sedia del dehors del bar Azzurro per impedire il passaggio di Luca lo zoppo, la multa che Maria la disattenta prendeva puntualmente il lunedì quando usciva di casa più tardi del solito.
Cambiava la scena e prendeva nota delle reazioni. Queste modifiche, perpetrate nel tempo, erano diventate parte della stessa routine, le persone avevano risposto in maniera abitudinaria anche alle variabili da lui immesse.
Mano a mano che metteva su carta le sue riflessioni, in lui emergeva una certa ansia, quante volte aveva risposto ai suoi colleghi in cerca di supporto ai loro problemi sentimentali, di provare a conoscere meglio l’altro?
Tutte grandi cazzate, se questo voleva dire giungere alla conclusione che in fondo siamo così prevedibili, così ostinatamene ripetitivi. Aveva un dono, il peggiore di tutti, vedere al di là di quello che l’uomo racconta di sé.
Si chiedeva se fosse il solo a questo mondo ad averlo, dato che nessuno sembrava accorgersi di lui, della sua presenza quotidiana su quella panchina.
Nessuno lo aveva mai salutato, nessuno gli si era mai avvicinato, aveva assunto il ruolo di arredamento cittadino come un lampione o un negozio ed era stato introitato nell’immaginario degli astanti in quella sua nuova dimensione.
Sentiva di dover agire, comprese che la sua missione non poteva finire solo prendendo atto di quello che aveva analizzato e certificato sui suoi diari.
Così mise in atto la sua strategia per avvertire gli inconsapevoli.
La sera compilava dei fogli con delle indicazioni per i suoi personaggi e la mattina presto li poneva in vista in maniera che fossero visti.
Per esempio aveva appiccicato sulla vetrina del negozio di scarpe un foglio scritto in rosso: «Maria con gli occhi verdi, smettila di bramare quegli stivali che non ti stanno nemmeno bene, non li guardare più!», sul bidone dell’immondizia ne aveva messo un altro: «Carlo con la tuta azzurra, ogni tanto usa la differenziata che fai sempre lo stesso errore!»
Lungo la via c’erano biglietti ovunque che Antonio aveva disseminato quando il sole non era ancora sorto e la giornata fosse iniziata.
Il suo intento era quello di aprire loro gli occhi, di renderli coscienti dell’inferno di quella prevedibilità dei loro comportamenti. Non voleva più limitarsi ad osservare, ma finalmente fare del bene alle persone, le sue azioni erano dettate da un scopo nobile e di questo ne era certo.
Così non la pensarono i destinatari dei messaggi. Si sentirono violati nel leggere quei riferimenti specifici rivolti loro.
Ogni giorno c’era un foglietto nuovo e ogni giorno la loro privacy veniva intaccata.
Alcuni si parlarono e decisero di rivolgersi alle autorità e non trascorse molto tempo che Antonio fu beccato in flagrante mentre appiccicava i suoi foglietti.
Si ritrovò in mano, una condanna e un atto di allontanamento da quella via del centro e nulla valsero le sue parole sulla buona fede e il motivo per cui aveva combinato quel casino.
Comprese che quel mondo non voleva saperne di conoscere la verità, che anzi pensasse che quella era solo la verità di Antonio e che quei taccuini fossero esclusivamente il frutto di una follia individuale.
Nessuno rivide più Antonio seduto su quella panchina a prendere appunti e le persone furono sollevate e contente di tornare alla routine di sempre.

Antonio dal canto suo si attenne alla restrizione, ma sapeva benissimo che nella sua città c’erano molti altri microcosmi e forse in quelli lui avrebbe potuto rivelare il grande inganno.
   
 
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Introspettivo / Vai alla pagina dell'autore: Riccardo Cecotti