Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
Segui la storia  |       
Autore: Mondschein    27/03/2021    0 recensioni
JeanKasa
Modern!AU
Farsi convincere dalla propria famiglia ad andare in vacanza insieme a loro era stato un grande sbaglio, ma Mikasa dovrà ricredersi quando, a causa di un piccolo incidente in spiaggia, conoscerà Jean. Un incontro casuale che le permetterà di affrontare la relazione passata e chiuderne i battenti una volta per tutte, agguantando così una nuova esperienza, una nuova occasione.
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Eren Jaeger, Jean Kirshtein, Mikasa Ackerman
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
 

Da quel giorno per cinque lunghe settimane si erano sentiti per telefono e via messaggio. Mikasa era stata molto impegnata prima dell'inizio della scuola, il suo ultimo anno, e si era ripromessa di chiudere con Floch una volta per tutte. 
L'ex ragazzo aveva avuto la brillante idea di presentarsi alla porta di casa sua, ma per sua grande sfortuna, aveva trovato alla porta Eren, che non era di ottimo umore già per conto suo. Figurarsi vedere all'ingresso proprio l'ex di sua sorella. 
Eren l'aveva cacciato in malo modo, dicendogli di non farsi mai più vedere, minacciandolo di fare qualcosa di molto grave alla sua persona. 
Saputo cosa era accaduto, Grisha lo aveva rimproverato per il modo in cui si era approcciato, ma Mikasa aveva apprezzato il gesto tanto esagerato quanto premuroso da parte di suo fratello. 
A scuola Floch non le rivolgeva nemmeno più la parola, talmente era rimasto turbato dalla sfuriata di Eren. Se mai solo ci avesse riprovato con lei l'avrebbe davvero vista brutta. Persino il suo gruppo di amici si era fatto da parte, complici di numerose frecciatine infantili e fuori luogo. 
Sasha era contenta di come erano andate le cose e sperava con gioia di conoscere Jean un giorno. Ma prima Mikasa doveva vedersela da sola, e capire come sarebbe andata con lui. Se si fosse dimostrata l'ennesima delusione, sarebbe stata l'ultima volta, e avrebbe scelto una vita da single. Inutile dire che Sasha l'aveva presa in giro fino alla nausea. 
«Sei stata solo sfortunata, ed è pure stato il tuo primo ragazzo, perciò non ti crucciare» aveva ripetuto Sasha. «Adesso che ti sei liberata di quello stronzo puoi guardare oltre e adescare tanti altri bei pesciolini. Tipo quel Jean, di cui mi hai parlato.» 
«Ma non voglio iniziare una nuova storia.» 
«Datti tempo, ti dico, ma non rinunciare a lui. Diventate amici, fine della storia. E poi glielo hai detto tu stessa, no?» 
Sì, glielo aveva detto proprio il giorno della sua partenza. Ore dopo il loro primo bacio. Primo e unico, precisamente.

Mikasa era stata la prima a cercarlo e, anche se non se lo aspettava, si erano trovati subito in una bella sintonia anche a parlare per messaggio. Jean era sempre stato carino con lei, perché le chiedeva spesso come stesse, e se passasse bene le sue giornate. Ogni tanto si chiamavano se non potevano messaggiare al telefono, ed era bello per Mikasa averlo anche solo come amico. 
Dopodiché avevano iniziato a vedersi di persona; da soli o con la compagnia dei loro amici non faceva differenza, ma Mikasa sentiva che tra loro vi fosse uno strano feeling, qualcosa che riusciva ad accomunarli. A renderli molto più affiatati. 
Nonostante non sentisse un bisogno essenziale di avere un fidanzato, Jean poteva essere il suo ragazzo ideale. In fatto di musica aveva più o meno i suoi gusti, amavano il kebab e il sushi, e si guardavano le stesse serie tv. Si consigliavano film e anime da guardare. 
E mai una volta Jean era stato persistente. Lui continuava la sua vita tra studio e il piccolo lavoretto part-time che aveva trovato da poco, e Mikasa concludeva il suo ultimo anno al Ginnasio. 
Non v'erano convenevoli particolari tra loro e non avevano mai più accennato del bacio, come fosse un argomento che, per il momento, non era il caso di affrontare. E se da una parte Mikasa si sentiva tranquilla, dall'altra non riusciva ben a focalizzare i sentimenti che provava per lui. Era chiaro che ci fosse un profondo affetto, persino Jean le mostrava affettuosità. Qualche cosa la bloccava, ed era fermamente convinta che col passare del tempo avrebbe fatto chiarezza. Ma non fu così semplice come immaginava. 
Una sera erano andati a teatro a vedere un'opera lirica: Madame butterfly. Jean aveva sempre voluto vederlo e Mikasa gli aveva regalato due biglietti. Uno per lui, e l'altro per un suo accompagnatore, e Jean non ci aveva pensato due volte a chiederle di andarci assieme. 
«Perché no?» aveva detto, in fondo lo desiderava profondamente. 
Si erano divertiti, e tutto il tempo si erano tenuti a braccetto o per mano. Anche durante tutto lo spettacolo non smettevano di cercarsi. Ogni tanto si giravano a guardarsi, avvicinavano il viso per parlare tra loro a bassa voce e commentare le scene. E poi cercavano uno la mano dell'altra e se la stringevano. 
Nient'altro. 
Il finale tragico dell'opera aveva fatto impazzire Jean, e Mikasa trovò esilarante il modo in cui l'aveva presa. 
Costernato, Jean accompagnò la ragazza fin sotto casa continuando a parlare animatamente dell'opera per tutto il tragitto. E Mikasa non desiderava essere in nessun'altro posto. 
Quando l'auto si fermò, Jean le diede la buonanotte con un dolce bacio sulla guancia. 
«Grazie, Jean, per la serata.» 
«Grazie a te, che mi hai regalato i biglietti. E sono stato molto bene con te... come sempre.» 
Lei sorrise, arrossendo un po' sulle guance. «Dobbiamo tornarci in teatro allora, un'altra volta. È bello.» 
«Infatti, poi non so perché ma ogni cosa che faccio insieme a te è sempre bellissimo.» 
Non seppe come rispondere, ma ci pensò Jean a parlare. «Oh, cavolo. Sono risultato tanto melenso?» 
Lei levò gli occhi al cielo. «Un pizzico, troppo, lo sai che sono poco romantica.» 
«Farò io la controparte romantica, sta' tranquilla.» Risero all'unisono. 
Mikasa tese la mano verso quella di Jean e la strinse forte. Era calda, morbida e confortevole. In quei mesi di frequentazione si era resa conto che stava così bene con Jean, che faceva di tutto pur di vederlo. A casa sua l'aveva invitato solo una volta, e le dispiaceva, perché a casa di Jean c'era andata molto più spesso. Il problema è che c'erano i suoi genitori e suo fratello, di certo non poteva cacciarli via di casa. Preferiva di gran lunga starsene da sola con il ragazzo, che fortunatamente - messo tra molte virgolette, - viveva solo con sua madre. Coincidendo con gli orari di lavoro e i loro impegni era più fattibile starsene da soli e tranquilli. 
«Domani hai da fare? Vieni da me? Giochiamo un po' alla Play.» 
«Sì, sì. Perfetto. Sarebbe magnifico.» 
«Ti vengo a prendere io alle quattro. Puntuale...» 
«Come sempre» concluse lei la frase sotto l'ombra di un sorriso divertito. Jean annuì e portò la sua mano dietro la nuca di Mikasa. Avvicinarono i loro visi e Jean le diede il solito bacio sulla guancia. 
Sentì non solo le farfalle allo stomaco, ma anche pterodattili impazziti, e se avesse avuto un po' più di coraggio, lo avrebbe baciato sulle labbra. Ma non lo fece, non si sentì pronta. 
Scese dall'auto e salutò per l'ultima volta Jean prima che ripartisse. 
Dopo un lungo sospiro, mentre osservava la macchina andarsene, raggiunse il portone di casa. Non si accorse che sul marciapiede vi era accostata una moto che a lei non era nuova.
Salì al secondo piano in ascensore e si guardò per un attimo allo specchio e osservò il punto sul quale le labbra di Jean si erano posate. Percepiva ancora il loro tocco umido e caldo. 
Notò persino come i suoi capelli, nonostante l'umidità fossero in perfette condizioni. Il taglio corto aveva molto vantaggio. 
Entrò in casa con l'umore basso a causa dei soliti pensieri che la affliggevano, ma furono interrotti quando vide un casco per motociclo appoggiato sul tavolo. Sentì delle risate provenienti dalla camera di Eren, e si sorprese del fatto che a quell'ora tarda ci fosse ancora Levi. 
Con tutta la calma possibile arrivò al corridoio. Vedendo la porta completamente aperta vi si appoggiò e improvvisamente le risate cessarono. 
«Mikasa! Non ti ho sentito entrare.» Eren si era scollato da Levi giusto in tempo. Erano vestiti e non stavano facendo niente di sconcio, per fortuna. 
«Ciao, Mika» la salutò Levi, cordialmente. Si era seduto con la schiena contro la spalliera del letto di suo fratello, e aveva il telefono in mano. 
Strano, pensò Mikasa, pare lo tenga al contrario. 
«Stavate urlando, ci credo che non mi avete sentita.» Le sue parole uscirono un po' atone, non riuscendo a mostrarsi granché divertita. «Mamma e papà? Sono ancora dai nonni?» 
«Sì, hanno chiamato e hanno detto che sono appena partiti. Arriveranno tra un'ora.» 
«Okay.» 
Senza dire un'altra parola, Mikasa entrò in camera sua e si chiuse la porta alle spalle. Si cambiò d'abito, indossando il pigiama, e poi andò in cucina per prepararsi una tisana. 
Eren parlò di qualcosa dall'altra parte e dopo qualche minuto vide arrivare Levi. Si sedette senza troppe cerimonie al tavolo, di fronte a lei. 
«Hai tagliato i capelli» notò subito. 
Mikasa annuì. «Sì, stavano diventando troppo lunghi. Tipo quelli di Eren.» 
«Eren se li lega sempre come un allocco.» 
«Ti piacciono lunghi su di lui» constatò Mikasa, sorridendo. 
«Mi piacciono troppo» ammise, sorridendo. «Ti stai facendo una tisana? Posso averne un po'?» 
«Sto scaldando dell'acqua in più apposta.» 
Da quando Levi aveva iniziato a frequentarsi con Eren, sembrava essere entrato ormai a far parte della famiglia. Carla lo adorava, e preparava sempre i suoi piatti migliori per far sentire a proprio agio il ragazzo. Invece, Grisha parlava con lui di qualsiasi argomento e gli interessava molto ascoltare Levi che parlava delle sue gare di equitazione e dei suoi lavori al maneggio. Da quando era piccolo ne era appassionato, perché suo zio era proprietario del maneggio, e probabilmente un giorno sarebbe spettato a Levi portare avanti l'eredità. 
Anche a Mikasa stava simpatico, a suo modo. Era più grande, aveva ventisei anni, ma ne dimostrava sei in meno, ed era maturo e responsabile, tutto il contrario di Eren. Forse fu per questo motivo che aveva del tutto ignorato le avance del giovane Yeager, anche se aveva affermato che non lo interessava e basta. 
Levi probabilmente le avrebbe dato dei consigli utili riguardo la situazione con Jean perché, se aveva capito bene, persino  lui inizialmente era incerto se cominciare o no una relazione con Eren. 
«È già pronto.» Mikasa versò in tre tazze l'acqua bollente. Aggiunse le bustine di tè e le portò al tavolo. Levi aveva appoggiato la zuccheriera e il miele al centro, e fu in quel momento che Eren fece la sua rumorosa entrata. 
«Porca puttana, sono inciampato sulle mie scarpe.» 
«Questo perché le lasci sempre in giro.» Levi scosse più volte la testa, indignato. Era stanco di dire a Eren le solite cose. Sarebbe rimasto il solito cialtrone disordinato. 
Mikasa se ne restò in silenzio, dando però ragione a Levi con un'occhiata divertita. 
«È un vizio il mio.» Eren si accomodò sul posto a sedere vicino a Mikasa, così da darle un bacio sulla guancia, per salutarla, visto che pochi minuti prima lo aveva trovato "impegnato" con Levi sul letto. Era un insolito gesto affettuoso preso da poco, perché Eren poteva essere considerato anaffettivo fino al midollo. Non mostrava mai il suo lato tenero, ma da quando aveva iniziato a frequentare Levi si poteva dire che le cose erano cambiate per lui, e in meglio. Anche se, per Mikasa, rimaneva il solito ragazzino pronto a mostrare il suo carattere di merda alla prima occasione. 
«Com'è andata con Faccia da Cavallo?» chiese Eren infilando dentro il tè ben due cucchiaini di zucchero. 
«Ah, allora eri con lui» commentò Levi. 
«Sì» rispose, «è andata bene con Jean.» Restò per qualche attimo in silenzio, con lo sguardo abbassato sulla sua bevanda fumante. 
«E?» la incitò Eren, curioso di sapere se fosse successo qualcosa di eclatante. 
«E niente, cosa vuoi che ti dica?» 
«Fai sul serio?» Eren aveva aggrottato le sopracciglia, portando la mano sulla fronte. «Sono passati sei mesi, Mikasa.» 
«Quindi? Cosa vuoi dire?» 
«Non puoi pretendere che ti aspetti per tutto questo tempo!» 
«Non lo sto facendo attendere. Noi...» Si morse il labbro, cercando le parole giuste da dire. «Io sto cercando di capire se ne vale la pena, e sono a un passo così per capirlo.» 
«Ma...?» disse Levi, rivolgendo l'attenzione sulla ragazza. 
«È complicato, odio ammetterlo, ma lui mi piace tantissimo, e giuro che non lo sto facendo apposta a soppesare la mia scelta.» 
«Se ti piace ma non sei convinta, perché diavolo lo stai illudendo?» Disinvolto come al solito, Eren. 
Mikasa ormai aveva capito che parlare con lui di queste cose era quasi inutile. Eren sapeva bene cosa significava "essere rifiutati" perché non esistono vie di mezzo quando si vuole stare o no con una persona. Secondo lui, Mikasa tentennava perché infondo non lo voleva davvero, e il suo cervello lo rifiutava, ma il suo cuore continuava imperterrito a sperare. Per questo si trovava in un bivio difficile, che poteva superare solo facendo un attento esame di coscienza. 
«Lascia perdere allora.» 
No, avrebbe voluto dirgli, ma Levi parlò al posto suo. «Se le piace perché dovrebbe lasciare perdere?» 
Levi aveva una strana serenità nel dire le cose. A tratti poteva sembrare severo, ma in qualche modo riusciva a empatizzare con le persone più di chiunque altro. «Ti trovavi nella sua stessa situazione, o sbaglio?» 
Eren mise un'espressione imbronciata, che diede conferma alla sua domanda. Levi sorrise e bevve un sorso di tè, afferrando la tazza dai bordi, come era solito fare. 
«Tu provavi a fare finta di nulla, ma hai continuato a sperare che io mi accorgessi di te. Ed è qui che c'è una cosa errata: io mi sono sempre accorto di te soltanto che qualcosa mi bloccava.» 
«Come se potessi ferirlo senza che se lo meritasse» concluse Mikasa e Levi annuì, guardandola. «E poi cosa ti ha fatto cambiare idea?» continuò.
Eren si girò a guardare il suo ragazzo, aspettando la risposta con una curiosità immensa. 
Levi ci pensò su prima di rispondere adeguatamente. «Non ho cambiato nessuna idea» disse, stupendo i due fratelli. «Potevo soccombere alla mia insicurezza o superarla, e scegliendo la prima non avrei mai risolto ciò che mi tormentava.» 
Eren sorrise leggermente quando Levi cercò il suo sguardo. 
«E cos'è che ti tormentava?» insistette Mikasa, non soddisfatta di quella risposta. Levi scrollò semplicemente le spalle stringendo poi la mano di Eren sotto il tavolo. Un gesto nascosto ma pieno di sentimento. 
«Sapere che avrei potuto perdere un'occasione, e non vale solo per l'amore, ma anche per tante altre cose, sei d'accordo?» 
Mikasa restò senza parole e finì per restare in silenzio, bevendo il suo tè tenendo stretta la tazza tra le sue mani. 
«Jean mi piace» affermò all'improvviso. «Ed è un bravo ragazzo, anche bello.» 
«Bello...» Eren alzò gli occhi al cielo, in parte in disaccordo. 
«È bello» insistette Mikasa lampante. «Sii oggettivo per una volta.» 
«Sì, è bello.» 
«Grazie, Levi.» 
«Ma le dai corda?» Eren pizzicò il fianco di Levi, indispettito. Tutti e tre si misero a ridere e Mikasa riuscì a sentirsi un po' più leggera, meno in colpa. 
Fin da quando l'aveva conosciuto aveva provato per Jean una graduale attrazione, e adesso si sentiva stranamente impaziente di parlare con lui e di chiarire una volta per tutte. 
Bevuta la sua tisana, si congedò dicendo ai due ragazzi che sarebbe andata in camera a dormire. Per ore restò sveglia sotto le coperte a immaginarsi il pomeriggio dell'indomani. Per una volta, però, si convinse che avrebbe lasciato tutto al caso.

***

«Ma una sistemata ogni tanto?» 
Jean portò la mano dietro la nuca con fare nervoso. Sentì le guance andare a fuoco per l'imbarazzo di una brutta figura. Eppure aveva pulito la casa quella mattina, aveva sistemato il quintale di vestiario abbandonato sulla sedia e aveva messo il restante a lavare. Aveva addirittura lavato il bagno due volte sperando fosse pulito e splendente. Forse aveva dimenticato qui e là lattine di birra e cartoni della pizza, qualche foglio scritto e i piatti sul lavandino ancora da lavare. Tutto sommato la sua camera da letto era in ordine rispetto al salotto! 
«Sto scherzando» disse Mikasa. Lo colpì sulla schiena amichevolmente e si mise a sedere sul letto di Jean. 
Il ragazzo sbatté gli occhi un paio di volte prima di accomodarsi accanto a lei. La tv era già accesa con la schermata della home della Playstation. 
Mikasa si tolse le scarpe come fosse un rito, e le posò al lato del letto. Portò le gambe incrociate sul materasso e si rivolse a Jean: «Allora, giochiamo?» 
Jean si rese subito conto che fosse allegra. Una visione mistica, visto che di solito conteneva il suo entusiasmo. Quel giorno, invece, da quando era andato a prenderla, era sicuro che qualcosa dentro di lei era cambiato. In meglio, ovviamente, ma non capiva cosa fosse capitato per farla rallegrare in quel modo. Scosse la testa e afferrò il joystick. 
«Ad Assassin's Creed?» 
«Di nuovo?! No! Mi avevi detto che giocavamo a Final Fantasy.» 
Jean scoppiò a ridere. «Sto scherzando» le fece il verso, e ricevette una leggera spinta. 
«Che cretino.» 
Il gioco partì dopo cinque minuti e cominciò l'intro che portò a Mikasa un sacco di emozioni. Sia perché era da tempo che voleva conoscere la storia di questo famosissimo videogioco, sia perché Jean sembrava interessato alle sue origini. I dialoghi aveva deciso di metterli in lingua originale, e non era un caso se da quando si conoscevano, a Mikasa sembrava che la cultura nipponica fosse negli interessi di Jean. 
Parlando con Marco, era uscito fuori che Jean non aveva mai dimostrato di avere un debole per il giappone. Ma da quando aveva conosciuto Mikasa le cose erano cambiate drasticamente.
Questo dettaglio le aveva fatto tenerezza, visto che mai nessuno si era interessato a lei con quella genuinità. Tendeva sempre ad allontanare chi provava a opprimerla, ma Jean era sorprendere sopra ogni sua aspettativa. 
Con tranquillità le aveva chiesto se capiva quello che dicevano ed era ovvio, visto che sua madre biologica le parlava solamente in giapponese, eppure ne rimaneva comunque affascinato quando gli rispondeva un sì lampante. 
Guardò l'ora quando arrivarono al boss finale di quella missione. Avevano fatto a turno con il joystick, ma quell'ultima battaglia se la giocò Jean, che aveva decisamente più maestria a maneggiare e controllare i pulsanti. 
Una volta finito, pregò Jean di smetterla e con noncuranza si distese sul materasso. 
«Come stai?» chiese il ragazzo dopo aver spento il televisore e la console. 
«Stanca.» 
«Oh, giocare alla Play per te è così stancante?» 
Mikasa gli rispose con un semplice cenno del capo. 
Jean la osservò per qualche istante e poi le si stese accanto, posando lo sguardo sul soffitto bianco della sua camera da letto. Le loro spalle si toccavano e per Jean fu una sensazione piacevole, anche se si respirava un'aria un po' imbarazzante. Mikasa era rimasta in silenzio, ed ebbe sentore di un segreto che non voleva rivelare ad alta voce. 
Forse la annoio, pensò Jean. 
Ma sapeva di aver torto, e infatti, appena Mikasa si sistemò su un fianco per guardarlo, ne ebbe la conferma. 
«Che succede?» chiese Jean dopo alcuni secondi di silenzio. 
Mikasa scosse il capo, probabilmente era stata colta da l'esitazione, e riuscì a parlare. «Te lo ricordi il bacio?» 
Jean si sollevò sui gomiti, sentendo il cuore palpitare all'impazzata. «In spiaggia?» 
Mikasa annuì. 
«Certo... certo che me lo ricordo.» 
«Era da un bel po' che non ci pensavo. Sembra passato un secolo.» 
Mikasa tentava a non abbassare in nessun caso lo sguardo. Voleva mostrarsi sicura di sé in quel discorso che si era preparata dalla mattina. Preparata per modo di dire, visto che si era dimenticata ogni monologo interiore che si era studiata. 
«È vero» asserì Jean. 
«Non ti scoccia aspettare?» 
Jean la fissò sbalordito e poi si mise seduto a gambe incrociate sul letto. «Aspettare che cosa?» sibilò, stringendo le mani sulle sue ginocchia. 
Mikasa fu messa all'angolo. Si chiese se in verità a Jean non le importasse nulla di lei, che se l'era tutto immaginato nella sua testa: gli sguardi, le loro mani intrecciate e i baci morbidi sulle guance. 
Jean sbuffò sorridendo e il suo viso si fece leggermente rosso. «Scusa, mi sono espresso male. Quello che intendo dire è...» 
«Jean, tu mi piaci.» 
Il tempo si fermò. 
«Mi dispiace se ho cercato di tirare per le lunghe ma non mi sentivo pronta. Forse nemmeno adesso lo sono, ma è vero se ti dico che sei un ragazzo d'oro e che mi piace avere te al mio fianco.» 
Mikasa si sentì avvolgere dalle braccia di Jean. La strinse forte, poggiando il palmo della mano sulla sua nuca e affondando le dita tra i suoi capelli neri. 
Mikasa fu sopraffatta da un sentimento latente, che con quell'abbraccio riuscì a venir fuori senza troppe difficoltà. 
Con quelle parole era riuscita a far breccia nella corazza che la imprigionava, liberandosi di un peso enorme a cui era stata vittima da tempo. 
Non servivano parole, perché Jean le stava trasmettendo tutto l'affetto e la felicità solo con quell'abbraccio, che non voleva che si sciogliesse. 
Si sentiva al sicuro tra le sue braccia. 
«Tu mi piaci da quando ci siamo baciati» affermò Jean, dopo averla allontanata per guardarla negli occhi. «Ho pensato: "cazzo, è stata una fortuna averla incontrata".» 
«Fortuna?» ripeté Mikasa confusa, ma con un leggero sorriso sulle labbra. 
«Sì, perché sei una persona meravigliosa.» 
«Su questo non sono d'accordo.» 
Jean ridacchiò. «E io non credo di essere un ragazzo d'oro.» 
«Con me lo sei.» 
«Touché.» 
Mikasa sospirò cercando di calmarsi. Le era appena venuta la tachicardia e non era una sensazione piacevole visto che era in compagnia di Jean e non a casa sua. Ma era una tachicardia anormale, perché sentiva allo stesso tempo le farfalle allo stomaco. 
Dire a Jean che gli piaceva l'aveva prosciugata di ogni energia in suo possesso. Non aveva dovuto sforzarsi troppo, ma si sentiva stanca lo stesso. 
Adesso che cosa sarebbe accaduto tra loro? Era stata troppo avventata? Avrebbe dovuto aspettare ancora e dirglielo per messaggio? No, non sarebbe stato lo stesso, e poi avevano la possibilità di vedersi. Nascondersi dietro lo schermo l'avrebbe resa una codarda, e Mikasa non lo era affatto. Si ritrovò a sospirare e Jean continuò a guardarsi le mani, torturandole. Sembrava che non avesse le palle di provarci con lei e Mikasa, dubbiosa, le venne persino in mente che forse Jean avrebbe preferito che non fosse una donna. 
Non sapeva nemmeno lei come fosse arrivata a un pensiero aberrante come quello, ma le parole di Levi le insorsero come un mantra nella sua testa: "Potevo soccombere alla mia insicurezza o superarla." 
Mikasa non aveva intenzione di soccombere. 
Seguendo il proprio istinto, Mikasa si mise a cavalcioni su Jean e gli strinse le spalle e, senza tirarsi indietro, lo baciò. 
Jean fu stregato dalla sua risolutezza. Ricambiò il bacio portando una mano tra i capelli di Mikasa, e da quello che sembrava qualcosa di piccolo e insignificante, si trasformò in vera e propria passione. 
Le loro mani si spostavano in ogni angolo del loro corpo e le loro intimità costrette nei jeans si muovevano l'una contro l'altra in modo lento e sensuale. 
Mikasa non era mai stata dubbiosa o a disagio a pensare di scopare con Jean. L'enorme differenza tra lui e il suo ex era sostanzialmente questa. Con Jean avrebbe voluto concedersi, perché sapeva che lui sarebbe stato gentile e non insistente. E lo voleva, Mikasa. Voleva davvero che Jean fosse la sua prima volta. 
Non fu difficile dirigere il gioco. Aiutò Jean a spogliarsi, e man mano che andavano avanti tutte le loro insicurezze crollavano. 
Jean era rapito dalla bellezza di Mikasa che sembrava addirittura una dea scesa in terra. 
Toccò senza indugio la sua intimità coperta solo dalle mutande nere in pizzo, e trovò esaustivo il fremito che Mikasa ebbe dopo quel contatto. Era così rossa sulle guance che gli aveva fatto una strana impressione. 
Era imbarazzata? A disagio? 
Scacciò via quelle domande non appena Mikasa ebbe la meglio su di lui. Lo distese sotto di sé, baciandolo al collo fino al petto. 
Jean riusciva a percepire il tremore nelle sue mani ed ebbe l'impulso di stringerne una per confortarla, per farle capire che non v'era motivo di avere paura. E Mikasa a quel contatto sorrise. 
Un'ora dopo erano sotto le coperte abbracciati. A Jean gli era venuta voglia di una sigaretta, ma non voleva alzarsi per lasciare sola Mikasa. 
La teneva stretta sotto braccio e le accarezzava distrattamente un seno, mentre lei era accoccolata al suo petto con gli occhi chiusi. 
Erano stati solo dei preliminari, eppure a Mikasa sembrava di aver superato una grande barriera. Non vedeva l'ora di informarsi meglio ed era probabile che ne avrebbe parlato con sua mamma, anche per chiederle consiglio riguardo ai rapporti sessuali. 
Sarebbe stato imbarazzante, con Eren lo era stato davvero tanto. Se suo padre aveva reagito in modo strano quando seppe che suo figlio aveva fatto il "grande passo", chissà come avrebbe reagito sapendo che anche lei era riuscita a farlo. Sul suo viso le spuntò un sorriso spontaneo, e Jean se ne accorse. 
«Che c'è?» 
Mikasa scosse la testa. «Niente, pensavo» rispose, accarezzando il petto di Jean coperto da un leggero strato di peluria. 
«Come ti senti?» chiese Jean a quel punto. 
«Bene» sorrise Mikasa, mentre alzava lo sguardo per vedergli il viso. «Mai stata meglio.» 
«Meno male.» Jean le accarezzò la spalla. 
«Voglio scoprire di più sul sesso.» 
Jean rise un po' imbarazzato. «Stai scoprendo un lato di te che non conoscevi? Non è che per caso sei ninfomane?» 
Mikasa lo colpì sul braccio. «No.» 
«Non argomenti nemmeno la tua risposta?» 
«Jean!» 
«Sto scherzando.» Le baciò la fronte. Un contatto tanto leggero quanto intimo, e la sua spontaneità colpì il petto di Mikasa come una freccia. «Allora mi dovrò comprare dei preservativi?» aggiunse con un sorriso malizioso. 
«Se non vuoi rischiare una gravidanza, direi di sì.» Mikasa scrollò le spalle e per un attimo immaginò di avere in futuro dei figli insieme a Jean, il quale fu attraversato dallo stesso pensiero. Nessuno dei due osò condividere quell'immagine fantasiosa. 
«D'accordo allora.» 
«Jean.» 
«Sì?» 
«Ti voglio bene.» 
Jean spalancò gli occhi, sbalordito di quanta spontaneità ci aveva messo Mikasa per dirlo. Non era una cosa da niente, quelle tre parole valevano molto più di un "ti amo". 
«Anch'io ti voglio bene.» 
Si baciarono di nuovo, colti da un mero affetto che provavano l'uno verso l'altra. 
Creare un legame può essere difficile e fatale. Ci vogliono coraggio e amor proprio per poter affrontare qualcosa di così intimo insieme a un'altra persona: condividere sogni, felicità, dubbi, insicurezze e tanto altro. 
Mikasa e Jean avevano ancora tanto da scoprire ma, per il momento, volevano godersi l'attimo tra quelle morbide e calde coperte. 





 

Fine

   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti / Vai alla pagina dell'autore: Mondschein