CAPITOLO XXIII
Per tutta la sera non avevano fatto altro che osservarsi da lontano, mentre cenavano insieme al resto della troupe. Webber l’aveva agganciata non appena era rientrata dalla spiaggia, da un sentiero diverso da quello di Ed, per non destare sospetti. Solo Emanuele e le sue amiche sapevano dove fosse stata, persino Sofia non li aveva visti, quindi erano al sicuro. Se la notizia di una loro ‘relazione’ fosse trapelata, sarebbe stato davvero un problema. Non che fosse una bugia madornale o fosse controproducente per il film – anzi, il contrario – ma avrebbe significato avere a che fare con i giornalisti. E non era una buona cosa. Lo sapevano entrambi. La cena era trascorsa tra i discorsi di John, che tentava ancora di convincerla a recitare, e il loro cercarsi tra la gente. Ogni volta che i loro occhi si incontravano, qualcosa nello stomaco di Sara si aggrovigliava e qualcosa nel petto di Ed si accendeva. Si erano persino imbambolati a guardarsi, davanti a tutti. Sara aveva dovuto smettere di mordersi il labbro ad una gomitata di Arianne.
Tuttavia, la notte trascorse serenamente, erano tutti troppo stanchi. Quella mattina fecero ritorno a Torre del Greco.
- John, potevamo girare questa scena ben prima di oggi, quando abbiamo registrato i primi giorni in città. – Sara non aveva pensato di doversi trovare di nuovo a contemplare la sua fotocopia che spogliava Ed in quella camera d’albergo - Non capisco perché tu abbia voluto rimandarla, potremmo già essere in aeroporto a quest’ora.
- Non potevo infangare una scena tanto satura con la loro inesperienza iniziale. – spiegò – Adesso sono un po’ più abituati alla telecamera, quindi è giusto che venga girata oggi!
- E poi – tornò con gli occhi su di lui, precipitando nel presente – non ti sembrerà importante, ma girare secondo il ritmo reale della sceneggiatura aiuta gli attori ad immedesimarsi meglio nel personaggio, soprattutto quando si tratta di principianti.
- Ci siamo. – Federica si accostò a lei – Sei sicura di voler restare?
Lo vide mimare qualche parola con le labbra, ma non riuscì a capirlo. Aggrottò lo sguardo per chiedergli di ripetere, ma lui si limitò a sorriderle e a seguire John che lo chiamava.
Gli avrebbe chiesto cosa avesse detto alla prima occasione, perché il suo viso luminoso le suggeriva che fosse qualcosa di davvero bello. Magari importante.
- Action!
Le spalle di Edward.
Si morse la lingua quando lo pensò. Le parve di assistere al suo peggiore incubo.
Non si era accorta di non respirare da quando avevano cominciato e non riusciva a far entrare l’aria nei polmoni. Espirò tutto ciò che aveva trattenuto non appena si riaccesero le luci, ché per fortuna non avevano inserito l’intera sequenza, rimasta privata nella sua memoria. Le parve di ridestarsi da uno stato di trans sentendo il brusio dei tecnici intorno a lei, ma non riusciva a scollare gli occhi da Ed, che adesso si sfilava dalle lenzuola e si dirigeva verso di lei. L’allarme che doveva aver dipinto in viso doveva essere fin troppo evidente, perché era riflesso anche sul suo. Che sciocca che era. Farsi prendere in quel modo per una recita.
- Respira.
- Good. – le disse, ancora serio – Stai bene? Forse era meglio se…
- Sto bene! – annuiva troppo – Davvero!
- Coraggio, sloggiamo!
Non appena le voltò le spalle, Federica andò a recuperarla per trascinarla con la forza fino al pullman. Doveva essersi definitivamente rammollita.
In effetti, se lei fosse stata al suo posto e l’avesse vista fingere di fare sesso con un altro, neanche lui sarebbe rimasto indifferente. Era riuscito per un momento a mettersi nei suoi panni e non era stato piacevole, quando poi l’aveva vista paonazza in quell’angolo si era preoccupato che stesse per avere una crisi. Adesso che erano in aeroporto, le luci e le telecamere rimontate in tempo zero, dovevano affrontare un altro capitolo difficile.
Guardava Sofia cinguettare in giro per il set, mentre lui e Sara rimanevano in religioso silenzio insieme al regista, consapevoli del momento di dolore che stavano per immortalare. Quando aveva letto quel capitolo per la prima vola, aveva immaginato quella bellissima luce diffondersi nell’ambiente e sperò che sarebbe apparsa anche sulla pellicola, perché quel sole rosso acceso significava più di quanto gli altri potessero immaginare. Se lo sentiva ancora bruciare dentro, mentre si guardavano.
Gli indicarono i 60 secondi all’azione e chiuse gli occhi, tentando di ricostruire l’immagine di Sara dinanzi a sé. Sentì che le lacrime non avrebbero faticato a salirgli agli occhi, se avesse mantenuto quel ricordo così intenso ben presente nel cuore.
Quando aprì gli occhi, infatti, riuscì quasi ad illudersi che Sara fosse dinanzi a lui.
Ignorò volontariamente l’espressione troppo poco turbata di Sofia, restando concentrato sulla presenza di Sara sul set.
“La sentì scoppiare in lacrime e dovette forzarsi a non lasciarsi andare anche lui. Singhiozzava tra le sue braccia, mentre cercava di controllare il tremore e riusciva a pensare soltanto che no, non era giusto, non poteva lasciarla lì. Non avrebbe più potuto fare niente, per lei.
Strinse gli occhi e pregò che il suo petto non scoppiasse. Le carezzava i capelli, per consolarla o forse per consolare se stesso. Non seppe quanto tempo rimasero così, ma dovette arrivare il momento di distaccarsi. Il suo cuore si era spezzato.
Sara lo guardò con gli occhi e il naso rossi, tenendogli le mani.”
Strinse gli occhi e pregò che il suo petto non scoppiasse. Le carezzava i capelli, per consolarla o forse per consolare se stesso. Non seppe quanto tempo rimasero così, ma dovette arrivare il momento di distaccarsi. Il suo cuore si era spezzato.
Sara lo guardò con gli occhi e il naso rossi, tenendogli le mani.”
- Ciao. – sentiva gli occhi diventare lucidi, pensando a come si stesse sentendo Sara, in quel momento.
- Ciao.
"Si baciarono per la vera ultima volta, cercando di trattenersi con le mani.
Il sole filtrava dalle pareti di vetro, battendo direttamente su di loro e quando Sara si distaccò da lui, con gli occhi appannati dalle lacrime, vide i suoi capelli rossi accendersi alla luce.
Ed riprese i bagagli e lasciò la sua mano definitivamente, costretto ad allontanarsi da lei con un nodo alla gola. La sua pelle scivolò via dai suoi polpastrelli.
Mentre camminava sotto il fascio di luce, continuava a salutarla con la mano, finché non voltò l’angolo e sparì, mandandole un bacio. Sara abbassò la mano sventolante e se la pose sulle labbra tremanti."
Il sole filtrava dalle pareti di vetro, battendo direttamente su di loro e quando Sara si distaccò da lui, con gli occhi appannati dalle lacrime, vide i suoi capelli rossi accendersi alla luce.
Ed riprese i bagagli e lasciò la sua mano definitivamente, costretto ad allontanarsi da lei con un nodo alla gola. La sua pelle scivolò via dai suoi polpastrelli.
Mentre camminava sotto il fascio di luce, continuava a salutarla con la mano, finché non voltò l’angolo e sparì, mandandole un bacio. Sara abbassò la mano sventolante e se la pose sulle labbra tremanti."
La vista di quel bacio, di quegli occhi lucidi, di quell’espressione così contrita, fecero sentire Sara – ancora una volta – come ad un funerale. Guardava le labbra incurvate di Ed e si sentì esattamente come quando lo aveva sognato, come se lo stesse perdendo di nuovo. L’anima di Edward traboccava da quella figura in modo così evidente che si chiese come avesse fatto a non intravederla prima. Asciugò la lacrima che aveva versato prima che qualcuno la vedesse, ma avrebbe voluto correre da lui e dirgli di non andare. Di non lasciarla. Gli occhi luminosi di Ed la imploravano di nuovo di non dimenticarlo.
Non appena sparì dietro l’angolo, il suo cuore precipitò e smise di palpitare. Arianne e Federica le stringevano le mani, ma la luce che filtrava dalle finestre, generata artificialmente, fu la goccia che fece traboccare il vaso.
Le era rimasto negli occhi il riflesso di quei capelli.
“Di quel giorno le sarebbe rimasto un colore, quello dei capelli di Ed illuminati. Probabilmente, perché ad esso associava quel suo enorme, vasto, infinito sentimento.
Come un sole rosso acceso.”
Come un sole rosso acceso.”
- Stop.
Per un momento i loro spiriti precipitarono in un passato che non avevano mai realmente condiviso, eppure quelle sensazioni erano così reali da destabilizzarli.
Ed mosse un passo verso di lei, quasi convinto di volersene fregare dei giornalisti e della troupe, ma l’ingombrante presenza di Sofia lo tenne ancora lontano da Sara.
Si chiese se avesse capito cosa aveva cercato di dirle quella mattina e in fondo sperò di no. Che forse quelle parole avrebbe voluto fargliele sentire con ogni vibrazione della sua voce.
***
Era stato strano atterrare a Lamezia Terme invece che salutare quella cittadina da un treno o dalla sua auto, quasi non fosse vero che stessero raggiungendo Capo Vaticano. Mentre scendevano le scalette, assonnati, pregustava la sensazione di quiete che la vista di quel posto le avrebbe dato. Forse raggiungere il suo campeggio era la cura più veloce per la sua anima, la prima cosa a cui avrebbero dovuto pensare quando si era svegliata dal coma. Beh, ormai.
Le strade tortuose della costa verso Zambrone e poi Tropea cullavano già la sua mente, il senso di pace era già masticabile ad ogni chilometro, ad ogni tamerice che profumava l’aria marina e alla fine, eccolo lì. Il promontorio guardiano della sua infanzia e delle sue estati più belle, della sua libertà e della sua obliqua appartenenza, sbucava dall’ultimo stretto tornante in discesa verso il campeggio. Pianse. Stava tornando al suo posto sulla terra.
La montagna piegava la sua imponenza gradualmente verso il mare, lasciando orme di scogli intorno al punto in cui terra ed acqua si incontravano. Il faro sorvegliava la scogliera sottomarina da sempre, la macchia mediterranea profumava di campagna e salsedine in un connubio che avrebbe inebriato persino il padre eterno. Dall’alto, la trasparenza del mare e i viali vuoti di vacanzieri e roulotte stonavano particolarmente rispetto ai suoi ricordi di compagnie immense e senso di comunità. Quando finalmente il viottolo addossato alla parete montuosa ebbe fine, fecero il loro ingresso al Villaggio Camping La Scogliera.
- “Questa è la scogliera che cercate” – Arianne lesse ad alta voce quella scritta all’ingresso, mentre oltrepassavano il cancello elettrico rosso.
Ed la osservava conversare con due persone, una donna insieme ad un uomo di colore che le sorridevano e le stringevano la mano con confidenza. Federica la seguì poco dopo, anche lei con quell’aria felice che non comprendeva. Rimase in auto, nonostante volesse sgranchirsi le gambe, osservando l’ambiente. I primi appartamenti tinteggiati di bianco si ergevano intorno a lui, diramandosi tra alberi di fico, viti, buganvillae e banani. Un campetto da calcio, decisamente trascurato, dormiva inutilizzato alla sua destra e i bagni comuni si presentavano alla sua sinistra. Non il massimo, pensò, per chi visita il posto per la prima volta. Quando l’auto si mosse, si accorse che il guardiano avesse aperto la sbarra automatica e si stessero addentrando nel campeggio. Centinaia di roulotte coperte e in attesa dell’estate si stendevano a perdita d’occhio, addossate alla montagna per l’inverno e dopo di loro, un vasto spazio ombreggiato da teli rudimentali lasciava intravedere la fine dei terreni, fino alla roccia granitica. Si fermarono fuori alla reception, una casetta in cemento e tettoia di legno davvero poco moderna, le trecce di cipolla e peperoncino appese alle travi, il profumo di paglia e un cane che dormiva accanto ad una scrivania lasciata fuori. Scesero, richiamati da Federica.
- Biagio! – la sentì dire, non appena scese dall’abitacolo.
- È il proprietario del posto. – spiegò loro Federica.
- Si conoscono così bene? – chiese allora.
Gli fecero fare un giro del posto, passando per l’estremo nord, sul quale si affacciava un parcheggio stracarico di roulotte chiuse, fino all’estremo sud, che dava su un vero paradiso tropicale. La spiaggia di granito bianco rendeva l’acqua così chiara e traslucente da abbagliare tutti col suo azzurro. Lo scroscio del mare in quel silenzio sembrava un sogno. I terrazzamenti erbosi che si sarebbero popolati in estate, affacciavano direttamente sulla spiaggia alla quale si accedeva scendendo pochi gradini di legno. Al centro del villaggio, accanto alla reception, c’era una terrazza in cemento, probabilmente illegale, ma che offriva uno spettacolo senza pari: la vista del profilo del capo a sinistra, immerso nelle acque cristalline, e lo spettacolo di Stromboli proprio davanti a loro. Un pennacchio di fumo si ergeva dalla bocca del vulcano, mostrandogli uno spettacolo che non aveva mai ammirato prima.
Persero la mattinata stringendo mani e sistemando bagagli, finché non fu finalmente l‘ora di pranzare. Li fecero accomodare ad un lungo tavolo ombreggiato dalla tettoia del bar e gli servirono l’impossibile. Assaggiò cipolle, peperoncini, ‘nduja, insaccati e portate di ogni tipo, osservando Sara che sembrava così a suo agio da perdere ogni velo di incertezza o inquietudine. Sedeva e conversava con Federica e quelle due persone che scoprì essere la nipote del capo e suo marito. Alla fine del pasto, sorseggiando quel caffè ristretto, si concesse di alzarsi dal tavolo e accendersi una sigaretta accanto a lei, intromettendosi in una conversazione che sicuramente non comprendeva.
- Complimenti, è un posto meraviglioso. – disse – Vivete in un vero paradiso.
- Ed, questi sono Alice e Gaston, gestiscono loro la struttura per Biagio. – rispose lei, con una serenità insolita.
- È un piacere ospitare Sara per il film, ci conosciamo da così tanto tempo!
Si era fermato a conversare con loro per un’oretta. Non si aspettava di trovarselo vicino e invece non aveva esitato a raggiungerla. Da quando aveva messo piede lì dentro sentiva di essere tornata allo status quo, serena e tranquilla come non si sentiva da un anno.
- Io devo andare, - gli disse, quando furono soli sull’affaccio – devo sistemare casa con Federica e Arianne.
- Dove vi hanno sistemate? – le aveva chiesto.
- Oh, useremo la mia roulotte.
- Non riuscirei a stare in un appartamento, qui. – spiegò al suo sguardo dubbioso – Ho bisogno di svegliarmi e vedere il mare. Ti piacerebbe.
Non c’era cosa che potesse andare storta, ora che si trovavano lì, non c’era sentimento negativo che avrebbe potuto oscurarle il cuore. Sentiva che sarebbe andato tutto bene. Che quel posto, ancora una volta, avrebbe fatto la sua magia e avrebbe riparato la sua anima a suon di mare e di tranquillità.
Intanto gli addetti del campeggio sistemavano le roulotte per le riprese del giorno dopo e la troupe organizzava il sistema di telecamere incastrando fili e materiali su quel terreno spartano che sapeva di casa.
Che sapeva di felicità.