«Paciock, so che sei
arrabbiato, lo capisco. Ma devi fermarti. È un errore».
Neville non abbassa la
bacchetta, continua a puntarla sulla donna dietro alle sbarre. Lei si contorce
a terra, ma non per questo cessa di ridere. Draco dubita che la maledizione
Cruciatus possa aggravarne lo stato mentale, ma non è la salute della donna a
preoccuparlo. Poggia una mano sulla spalla di Paciock e si sente rassicurato
dal leggero sussulto che provoca: è comunque una reazione.
«Fermati finché puoi»
insiste, rafforzando la presa.
«Stanne fuori, Malfoy»
sibila Neville per tutta risposta, con una voce che Draco riconosce a stento. «È
tardi per schierarti con tua zia».
Se con quelle parole intendeva
ferirlo, il tentativo fallisce miseramente; gli verrebbe più che altro da
ridere, se la situazione fosse meno grave. Schierarsi con sua zia.
«Mia zia non
esiterebbe a uccidermi, lo sappiamo entrambi. Non si tratta di questo, lo sai.
So che lo sai». Ha la sgradevole sensazione che suonino un po’ disperati, tutti
quei lo sai, ma forse un po’ inizia ad esserlo, disperato, e non riesce
a impedirselo – non ha idea di come si sentirebbe se uno dei suoi pochi punti
fermi gli voltasse le spalle ora. Devi saperlo, Paciock.
Bellatrix smette di
contorcersi – non di ridere –, ma Neville non abbassa la bacchetta. Si
volta verso di lui con lentezza esasperante e gli scansa brusco la mano. Il
gesto in sé non lo colpisce, ma l’odio che legge nel suo sguardo lo gela. Non
l’ha mai visto così (se non, per un solo istante, quando ha appreso la morte
dei suoi genitori).
«Lo so?» domanda piatto.
Nella voce non c’è traccia del solito sarcasmo. «Allora cosa ci fai qui,
Malfoy? Perché vuoi fermarmi?»
«Per impedirti di fare
un’enorme idiozia» replica freddo, senza distogliere lo sguardo. «Se prendi
questa strada ora, potresti non riuscire più a tornare indietro».
È ironico che proprio lui si
trovi a fare questo discorso, ma è proprio perché ha vissuto qualcosa di simile
che può capire cosa prova Paciock. È per questo che sa che deve
fermarlo.
«L’odio non fa per te,
Paciock».
Neville gli risponde con una
risata priva di calore. «Sei certo di volermi fare la predica?»
«Le Maledizioni Senza
Perdono… usarle ti cambia. Può farti star bene, ora, ma più avanti…»
«Taci, Malfoy» lo interrompe
secco. Non finge neanche più di essere divertito. «Bellatrix Lestrange ha usato
la Cruciatus sui miei genitori finché non sono impazziti. Li ha condannati a
una vita al San Mungo per un capriccio. Ha ucciso centinaia di persone… o forse
per te non contano, perché molti erano Babbani?» fa una pausa, forse per
riprendere fiato. «L’ha usata anche contro di me, quella maledizione, la prima
volta che mi ha visto. Quindi dimmi: perché, esattamente, non dovrei renderle
il favore? Perché Harry Potter insiste che non possiamo ucciderla senza
processo?»
Draco si acciglia. «San
Potter è un idiota» sentenzia senza l’ombra di un ripensamento. «Avrebbe dovuto
ucciderla nel momento in cui la sua squadra è riuscita a disarmarla. Ma non
lascerò che sia tu a farlo – non così. Sappiamo entrambi che verrà condannata
allo stupido processo di Potter, è questione di un paio di giorni».
«Non lascerai?» ripete Neville,
e stavolta c’è effettivamente un’eco di divertimento nel suo tono. Il volto
assume un ghigno sinistro, la bacchetta si alza verso di lui.
Perché lo sto facendo?
Draco deglutisce, ma conosce
bene la risposta alla sua domanda. A rimetterlo sulla strada giusta tre anni
prima, la strada che da allora non ha mai smesso di percorrere, è stato l’uomo
davanti a lui. Ha un debito di riconoscenza con Paciock che non può
semplicemente ignorare, neanche se è il suo istinto di sopravvivenza a urlargli
di farlo.
«”Combatti con noi”»
mormora, fissandolo negli occhi a mo’ di sfida. Si chiede se lo colpirebbe
davvero – non giurerebbe di no. «Me l’hai detto tu. Adesso vuoi tirarti
indietro? Spaccare la resistenza opponendoti apertamente a Potter?»
«Harry ha fatto abbastanza»
sibila Neville gelido. «Non si rende conto che di questo passo moriremo tutti
prima di poterci anche solo avvicinare a Tu-Sai-Chi[1]».
«Sì,» replica Draco, senza
scomporsi, «è così. Potter è un caso perso. Ma la soluzione non è tradir—»
«È questo che pensi stia
facendo? Tradire?»
Una forza invisibile spinge
Draco indietro, impedendogli di rispondere subito.
«Harry è un simbolo»
riprende Neville, lo sguardo stranamente vuoto. Draco non si sente visto.
«L’eroe che sconfiggerà Voldemort, forse. Ma dov’era mentre Hogwarts era in
mano ai Carrow? Dov’è stato per un intero anno e perché si rifiuta di parlarne?
Eppure» continua con una smorfia, «si rifiuta di dire qualsiasi cosa ma
pretende di comandare».
«Paciock—»
«Seamus lotta tra la vita e
la morte, in questo momento. Ma a te non importa, giusto? E perché dovrebbe?»
Ah, già. Finnigan.
Quando la squadra di Potter è tornata con Bellatrix prigioniera, Draco non ha
prestato molta attenzione ai feriti – ha anche pensato che se la fossero cavata
con pochi danni, lì per lì. L’unico ferito davvero grave era, appunto,
Finnigan. Draco non ci ha mai parlato, e in fondo Paciock ha ragione: gli
importa poco. È un’accusa ingiusta, però. Stringe un pugno, irritato
dalla piega che sta prendendo la conversazione.
«L’unico motivo per cui sei
qui è che sei preoccupato per la tua sicurezza» continua il compagno, senza smettere
di tenerlo sotto tiro con la bacchetta, e quelle parole gelano Draco molto più
di tutte le precedenti. «Pensi che se mi oppongo a Harry l’Ordine ne uscirà
indebolito, vero? Ti spaventa l’idea di non avere più un rifugio sicuro».
Il tono di Neville è
spietatamente calmo; l’idea che la persona con cui ha condiviso missioni e
scontri per tre anni sia un vigliacco preoccupato solo da sé stesso non sembra
turbarlo poi molto.
Lo fa arrabbiare – è
peggio di qualsiasi umiliazione ricevuta da suo padre, da Potter o da Granger;
è peggio della rabbia disperata che ha provato verso sé stesso e la missione
affidatagli da Voldemort durante il sesto anno. Adesso, sì, Draco si sente tradito.
La mano corre alla
bacchetta, ma quasi si stupisce di riuscire a impugnarla senza che l’altro lo
fermi.
«Ti senti quando parli?» sibila,
dominando a stento la rabbia. È sempre stato bravo a reprimere le emozioni, a occludere
la sua mente agli altri, ma adesso non crede di volerlo fare. «Sono stufo di
giustificarti. Smettila di essere così cieco e apri gli occhi, Paciock:
vendicarti non gioverà minimamente alla causa».
«Allora che aspetti a
colpirmi?»
Draco inarca un sopracciglio
quando l’unica risposta che riceve è una provocazione. Non è più tanto certo di
capire che cosa passa per la testa del suo ex-compagno.
«Se è l’unico modo per
instillarti un po’ di buon senso, non esiterò» replica, prendendo la mira. Inspira
ed espira, cercando di calmarsi e schiarire i pensieri. Le sensazioni del sesto
anno sono un ricordo che percepisce lontano, sebbene tre anni non siano poi
molti: un confuso miscuglio di nervosismo e stanchezza, accompagnato dal
crollare di ogni certezza, è quasi tutto ciò che riesce a rievocare. Quello, e
l’impressione di sprofondare sempre più nella sua stessa oscurità Imperio
dopo Imperio. Ricorda la disperazione con cui ha quasi scagliato Crucio
contro Potter; cosa sarebbe successo, se fosse riuscito a colpirlo? Non è mai
stato in grado di darsi una risposta. Espira di nuovo, dicendosi che Paciock
sta attraversando qualcosa di simile. Non basta a perdonargli le accuse
infondate.
«Sei ancora in tempo per
rinsavire» si costringe a dire comunque, senza smettere di fissarlo.
«Non ho paura di te, Malfoy.
Non l’ho mai avuta» ribatte Paciock, agitando di colpo la bacchetta.
Un riflesso maturato
missione dopo missione permette a Draco di reagire ed evocare uno scudo
l’attimo prima che l’incanto rosso lo colpisca. Guerra sia, si dice
abbassando lo scudo per passare a sua volta all’attacco, sopprimendo l’amarezza
portata da quella decisione.
Flipendo!
L’incantesimo non-verbale manca
Paciock di pochissimo, ma lo Schiantesimo di risposta centra Draco in pieno
petto e lo getta contro il muro. Impreca mentalmente.
Neville alza nuovamente la
bacchetta, ma il duello viene interrotto da una risata agghiacciante.
«Patetico» commenta infine
Bellatrix Lestrange, che – Draco lo realizza davvero solo in quel momento – ha
seguito tutta la scena dalla cella. È nuovamente in piedi. «Sei patetico come
tuo padre, Draco» recita con voce carica di disprezzo. Poi sembra colta da un
ripensamento, e aggiunge con una voce che – suppone – vorrebbe essere
zuccherosa: «Ma non è troppo tardi, Draco. Dimostrami che sei in grado di
distruggere Paciock. Il Signore Oscuro ti perdonerà, se fai questa piccola
cosa».
Silencio.
Draco non esita un istante a rivolgere la bacchetta contro la sorella di sua
madre, né deve pensarci due volte prima di zittirla. “Il Signore Oscuro ti
perdonerà”… lo crede davvero così ingenuo? «Non voglio il suo perdono» decreta
con voce ferma. Si rialza, ignorando il dolore al petto. «Vincula magna»
scaglia poi, verbalmente, per immobilizzare del tutto la prigioniera.
Quasi si aspetta che Paciock
approfitti di quel momento per colpirlo nuovamente, ma quando si gira trova
l’altro che lo osserva immobile. La bacchetta, tuttavia, è ancora puntata
contro di lui.
Scuote la testa, stanco. Salazar,
che stanno facendo?
«Se continui su questa
strada» dice, lanciando un ultimo sguardo alla donna dietro le sbarre,
«potresti finire come lei. Sei certo di volerlo?»
Neville non risponde subito,
si limita a fissarlo in silenzio finché Draco non abbassa la bacchetta. Per
quanto gli secchi ammetterlo, sa che non avrebbe comunque chance contro di lui
– probabilmente.
«So che il percorso che sto
prendendo è tinto di nero» inizia finalmente Neville. Draco non riesce a
decifrare il suo tono. Neville si avvicina d’un passo, poi di due. «Ma vedo il
traguardo. So dove sto andando e non ho intenzione di perdermi».
Draco lo squadra dubbioso.
Da quando se l’è ritrovato accanto nella resistenza ha notato le tendenze da
leader di Paciock – al primo anno non ci avrebbe scommesso uno zellino –, tendenze
che spiegano perché sia quasi tentato di credere alle sue parole. Sta per dire
che anche lui credeva di sapere dove stesse andando, ma Neville lo
precede.
«So cosa stai pensando,
Malfoy» riprende infatti. «Ma io e te non siamo uguali. Io sto scegliendo
questa strada, non mi sto perdendo».
A ferirlo non è
l’implicazione, ma piuttosto la determinazione che avverte in quelle parole.
Non importa cosa dica, Paciock non ha nessuna intenzione di dargli retta e
questo diventa dolorosamente più chiaro ogni secondo che passa.
«Prima ti ho giudicato male»
aggiunge Neville, senza tuttavia ancora abbassare la bacchetta. «Ma non puoi
fermarmi, Malfoy; è per il bene di tutti, non mi farò più indietro. Farò quel
che devo. Fatti da parte. Quando avrò finito con lei, andrò a confrontare Harry».
C’è qualcosa che gli dà i
brividi, nel modo in cui pronuncia l’ultima frase. Può davvero vincere la
battaglia contro l’odio di Paciock? Non ne è tanto convinto.
«Paciock, anche se ora ti
sembra giusto—»
«Non ho più niente da
perdere, comunque».
Quelle continue interruzioni
iniziano davvero a seccarlo. «Tu pensi di non avere niente da perdere?»
domanda, caricando ogni parola con tutto lo scetticismo di cui è capace. Scuote
la testa, senza più preoccuparsi della reazione che potrebbe scatenare. «Ho
abbandonato tutto, ho abbandonato i miei genitori e le mie certezze per
unirmi a un gruppo che non mi accetterà mai a pieno. Mi vedi lamentarmi,
Paciock?»
Neville fa per aprire bocca,
ma stavolta è Draco a non avere alcuna intenzione di fermarsi. «Hai dei
compagni che guardano a te, che si fidano. Come si sentirebbero, vedendoti ora?
Cosa penserebbero se ti avessero visto scagliare la Cruciatus?»
«È anche per il loro bene»
risponde asciutto Neville. Draco crede di aver visto un barlume di dubbio
attraversare il suo sguardo, ma non è certo di non averlo solo immaginato (sperato).
«Più andrai avanti su questa
strada, più sarà difficile scusare ogni mossa. Te lo dico di nuovo: fermati
finché puoi».
«Fatti da parte».
Draco stringe la presa sulla
bacchetta, ma non la alza. Se non fosse così codardo, si volterebbe e
prenderebbe su sé stesso il peso che non vuole cedere all’amico.
Non ci riesce.
Neville sospira
pesantemente. «Petrificus totalus».
Draco avverte il suo corpo
irrigidirsi senza poter fare nulla per opporsi. Un ulteriore cenno della
bacchetta di Neville e viene spostato di lato contro la sua volontà. Non può
protestare neanche più a voce; inutile.
«Non volevo arrivare a
tanto, ma non mi hai lasciato scelta». Draco trova ironico che sia la frase più
calda che abbia sentito da Paciock quella sera. Forse è davvero
dispiaciuto di averlo dovuto bloccare – non che cambi molto, comunque.
È quando si trova a sperare
che Potter (seguendo il suo stupido istinto da eroe, magari?) appaia nel
sotterraneo, che realizza davvero la gravità della situazione. Ha voluto
fermarlo – da solo – e ha fallito.
Paciock non guarda verso di
lui, quando punta per la seconda volta la bacchetta contro Bellatrix Lestrange.
«Avada Kedavra». Non sorride, quando finalmente abbassa l’arma e incrocia
i suoi occhi muti.
«Abbi pazienza, Malfoy» l’esorta
poi, con una voce che d’incoraggiante non ha niente. «Tornerò a liberarti
appena avrò finito» decreta, dandogli le spalle.
Draco, agghiacciato, non può
far altro che osservarlo raggiungere la porta e chiudersela dietro senza
l’ombra di un ripensamento.
NdA
Questa storia, come
accennato nell’introduzione, si basa su un what if? dove Draco passa
sotto la protezione dell’Ordine a fine sesto libro, trovandosi un anno dopo a lasciarsi
coinvolgere dai combattimenti della resistenza incoraggiato (per così dire) da
Neville.
Non è uno scenario che ho
approfondito a fondo, ho scritto solo alcune OS sciolte sfruttandolo e non
credo che sia necessario leggerle per comprendere questa. Se qualcuno fosse
curioso, comunque, si tratta di OS scritte in occasione del writober 2020. Si
trovano nella relativa raccolta, vi linko qui quella a cui appartiene la battuta “Combatti
con noi” che Draco cita all’inizio di questa OS.
Come chiunque conosca la
canzone avrà notato, questa storia nasce dall’ascolto di “Nothing left to lose”,
canzone che viene dalla serie animata di Rapunzel (serie che ancora non ho
visto, ma questo non mi ha impedito di spoilerarmene alcune canzoni). La canzone
mi è piaciuta subito molto e ho sentito il bisogno di scriverne; volevo Draco
come Varian e di questo ero certa, a Neville invece sono arrivata solo come
terza opzione (e ha subito spazzato via le precedenti). Mi mancava, questo
what-if, sono contenta di averlo ripreso!
Segnalo solo per completezza
che “Vincula magna” è un incantesimo di mia invenzione; volevo un incantesimo
che legasse l’avversario e non fosse Petrificus totalus.
Spero che la lettura sia stata
piacevole!
A presto,
Mari
[1] Penso che Neville pronuncerebbe senza
esitazioni “Voldemort”, ma in questo scenario il suo nome è tabù come nel
settimo libro, quindi lo omette non per paura ma per non rivelare la sua
posizione.