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Autore: SellyLuna    28/03/2021    3 recensioni
«Mi concederebbe questo ballo, mio signore?» e gli tese una mano.
Tyrion parve terrorizzato, il suo sguardò andò più volte dalla sua mano all’espressione invitante del suo viso, come se si attendesse che gli venisse rivelato che era tutto uno scherzo.
«Sei seria» annotò in seguito. «Non credo sia una cosa saggia.»
«Perché? Per la nostra differenza d’altezza?»
«Saremmo quanto meno ridicoli, lì in mezzo » spiegò con ovvietà.
Pensava che lo avrebbe umiliato fino a tal punto?
«Ma io non voglio andare in pista. E ti prometto che non sarà così terribile» e, mentre lo diceva, la vide togliersi le scarpe e inginocchiarsi, portando il volto al suo livello.
[Sansa, Tyrion e il ballo della scuola]
[Storia partecipante al Contest "Let’s cliché!" indetto da _Vintage_ sul forum di EFP.]
Genere: Fluff, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Sansa Stark, Tyrion Lannister
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Unexpected

 

 

 

Sansa Stark ci era riuscita, l’aveva convinto a andare al ballo della scuola.

Non aveva mai capito l’attrattiva che esercitava, in particolare, sulle ragazze. A lui, come alla maggioranza del genere maschile, sembrava solo una tremenda seccatura, ma c’era stato un tempo in cui aveva programmato di andarci. Per lei, avrebbe fatto questo ed altro. Sarebbe stato solo l’inizio della loro vita insieme.

Stupido. Sono stato solo uno stupido.

Come aveva potuto credere che uno come lui si poteva permettere l’amore di una bella e dolce ragazza come Tysha.

E infatti l’universo gliela aveva portata via, quando era all’apice della felicità, dopo che lei aveva detto e insieme progettavano la loro vita futura. Nessuno dei due era sicuro di quale università fare, se avrebbero continuato gli studi, ma sapevano che sarebbero stati insieme. E questo bastava, era tutto.

Era stato così felice che nemmeno i continui insulti del padre e della sorella l’avevano scalfitto.

Che se andassero al diavolo.

Non aveva bisogno di loro, aveva Tysha e, grazie a lei, Tyrion sapeva che poteva essere tutto quello che desiderava, poteva trovare il suo posto nel mondo. Per la prima volta nella sua vita era apprezzato per quello che era.

Con lei al suo fianco, il mondo non gli appariva più così crudele e nero.

Aveva speranza. Ma quella luce si era spenta, quando quel maledetto pirata della strada, ubriaco marcio, aveva investito la sua ragazza, mentre una sera faceva ritorno a casa.  

Allora Tyrion aveva conosciuto l’inferno.

A detta di Jaime non si era impegnato abbastanza, ma lui non era d’accordo: le aveva provate tutte, ma quel dolore straziante era rimasto lì. Era come se fosse morto anche lui; Tysha aveva portato via con sé la sua anima, mentre sulla terra era rimasto sì il suo corpo, ma era come un guscio vuoto.

Che senso aveva vivere?

Gli unici momenti di relativa serenità, in cui non provava nulla e i suoi pensieri non avevano un effetto immediato – ma li sentiva dopo, eccome se li sentiva – erano quelli in cui si perdeva dentro qualche bicchierino di troppo.

Aveva scoperto un gusto per gli alcolici. Il suo preferito era il vino rosso, dal sapore forte, perché con quello bastavano pochi bicchieri colmi per trasportarlo in quel mondo sospeso, in quel limbo, dove niente aveva importanza. E riusciva a vedere cose straordinarie. Davanti agli occhi gli si presentava un mondo colorato, sembrava finto, ma non se ne preoccupava troppo; era sempre meglio di quello in cui viveva.

Era arrivato a non distinguere più la realtà dal suo mondo fantastico, amato rifugio; le immagini dell’uno si sovrapponevano a quelle dell’altro: vedeva ancora il viso angelico di Tysha, si immergeva nel blu profondo dei suoi occhi che gli avevano sempre ricordato il mare – e lui amava quell’enorme distesa di acqua salata della quale era difficile capirne i limiti. Lo apprezzava in ogni sua manifestazione, sia quando era in burrasca, sia quando era una linea piatta all’orizzonte. Forse perché riusciva a rappresentare sempre il suo stato d’animo. E osservarlo, aveva il potere di calmarlo.

Nelle orecchie risuonava ancora la loro canzone, mentre Tysha lo cullava dolcemente prima di prendere sonno. La sua voce melodiosa lo invitava a inoltrarsi in quel regno, pieno di promesse.

Ma a un certo punto, in quella sua percezione distorta del reale, irruppe Jaime, l’unico tra i suoi familiari a preoccuparsi della sua salute, l’unico che era andato a trovarlo in quei mesi difficili in quella casa vuota.

Se la loro madre fosse stata ancora in vita, Tyrion sapeva che avrebbe accompagnato Jaime nelle sue visite. E immaginare la sua espressione delusa, gli diede la forza di seguire i suggerimenti del fratello maggiore.

Lo aveva odiato, all’inizio. Come si permetteva lui, così bello e perfetto dalla vita impeccabile, venire lì e dirgli cosa doveva fare. Che ne sapeva di cosa stava vivendo?

Non era stato facile aiutarlo – perché in fondo era convinto di non meritare l’aiuto di nessuno – ma Jaime con costanza e con determinazione, una vera spina nel fianco, gli era stato vicino a ogni passo.

A volte lo faceva così disperare che gli urlava le peggio cose – non lo aveva mai visto così fuori di sé; Jaime era sempre stato molto paziente con lui.

Infine, ne era uscito. Aveva ripreso gli studi, si era laureato con il massimo dei voti e aveva deciso di dedicare la sua vita all’insegnamento. Sapeva che avrebbe incontrato non poche difficoltà nel mondo del lavoro e, per lui, sarebbe stato ulteriormente complicato a causa della sua condizione fisica. Ma conosceva le proprie capacità, si sarebbe fatto valere.

Nei primi anni era già tanto se gli concedevano qualche supplenza – e era sempre una lotta costante per farsi rispettare dai colleghi e dagli studenti. Non voleva apparire come quello cattivo e severo, sapeva essere anche simpatico e di buona compagnia: dipendeva, in sostanza, da chi si trovava di fronte.

Con il tempo aveva imparato a non prendersela troppo per le occhiate di sorpresa o di scherno, avrebbe fatto cambiare loro idea una volta che si sarebbe fatto conoscere.

Aveva avuto l’occasione di insegnare alla Essos High per tre lunghi anni. Era stata un’esperienza indimenticabile che lo aveva fatto crescere non solo in campo lavorativo, ma anche nella sfera personale.

Si era fatto dei cari amici – come dimenticare le lunghe e filosofiche chiacchierate con Varys, lo scambio di leggende con Daenerys, le pillole di saggezza di altre culture che gli impartiva ogni tanto Missandei, le barzellette che lui e Grey Worm si scambiavano durante gli intervalli, la gentilezza del preside Barristan Selmy. Si era sentito ben voluto, parte di una grande e meravigliosa famiglia.

Da diversi anni, ormai, era stato assunto a tempo indeterminato come professore di storia alla Westeros High, prestigiosa scuola superiore, acerrima rivale della Essos High. Il contrasto tra le due scuole risaliva a un passato molto lontano e poteva dirsi ormai dimenticato, ma Petyr Baelish, insegnante di filosofia, l’aveva riesumato e alimentato – Tyrion non ne aveva mai capito il motivo. Era di dominio pubblico la sua inimicizia con Varys che, si diceva in giro, risalisse ai loro anni di liceo.

Tyrion si era buttato a capofitto nel lavoro, si era speso anima e corpo per non ricordare, si era lasciato consumare dalle storie degli altri, così da non avere spazio per se stesso. E aveva funzionato, almeno per un po’.

Ma, per quanto lo volesse negare, Tysha sarebbe stata sempre una parte importante della sua storia, aveva un posto speciale nel suo cuore. Un giorno aveva scoperto che richiamarla alla memoria non faceva più così male, gli lasciava solo un sorriso nostalgico in viso.

Lo aveva capito quando aveva incontrato Shae, che lo aveva affascinato con le sue fattezze esotiche. Sapeva essere dolce e timida, ma anche decisa e passionale. Credeva di aver trovato finalmente l’amore, ma ancora una volta dovette ricredersi. Lo aveva stregato e usato, lei mirava semplicemente ai soldi di famiglia.

Da quel momento si era fatto una promessa: non si sarebbe mai più innamorato. Questo, tuttavia, non gli impediva di ricercare la compagnia femminile e con Bronn, una sera a settimana, andavano al bar per rimorchiare. È un’arte, amico mio, gli aveva detto, ma sembra che tu ultimamente abbia perso il tocco, quando aveva iniziato a disertare quelle serate. Ho capito, c’è una ragazza. Così si era congedato al telefono, non gli aveva lasciato nemmeno il tempo di rispondere. E da una parte Tyrion ne era sollevato, perché non sapeva davvero che cosa dirgli.

Sansa Stark. La colpa è di Sansa Stark.

Era entrata nella sua vita. Una ragazza giovane e innocente, bella come solo una divinità poteva essere.

Le belle donne saranno la mia rovina, lo sapeva Tyrion.

Alta, troppo alta – e già questo era un ottimo indizio che sottolineava quanto fosse inarrivabile; per quanto le sfide lo stimolassero, conosceva i propri limiti – aveva un portamento elegante da lady raffinata, ma allo stesso tempo aveva la testa piena di canzoni e poesie. Era un’anima pura, che credeva nell’amore eterno.

Piccola ingenua.

Era impossibile non essere attratti dalla sua vitalità prorompente, dalla sua visione fiduciosa del mondo tanto che era tentato di rivedere le sue convinzioni.

L’ammirava certo, ma non era solo questo. C’era qualcosa di più che lo spingeva a osservarla con attenzione, a catturare ogni suo piccolo movimento, ogni sfumatura d’espressione e cambio d’umore.

Desiderava che quei tocchi fugaci – come lo sfiorarsi delle loro mani, le pacche amichevoli sulle spalle – diventassero qualcosa di più, vere e proprie carezze.

Chissà come è soffice la sua pelle.

Fantasticava di accarezzare le sue mani gentili, il suo viso delicato, di lasciar scorrere le proprie dita tra i fili morbidi dei suoi capelli ramati che gli ricordavano un fuoco vivo e bruciante, di perdersi nei suoi occhi blu, così simili ma diversi da quelli di Tysha.

Gli capitava di sognarla la notte. E allora aveva capito che la desiderava in un modo che l’avrebbe spaventata, che lei non avrebbe mai preso in considerazione; voleva baciare le sue piccole labbra perfette.

Poi ritornava in sé: una come lei non si sarebbe mai messa con uno come lui, doveva tenerlo a mente.

Non posso provare queste cose per lei. Accidenti, potrebbe essere una mia studentessa.

Anche se erano colleghi e sapeva benissimo che fra loro intercorrevano dieci anni di differenza. In ogni caso, non era giusto. Ma non ne poteva fare a meno.

Anche adesso che gli rivolgeva uno sguardo luminoso, eccitata quanto gli studenti – se non di più – per la serata, il suo cuore perdeva un battito.

«Vedrai con le luci che spettacolo!» gli promise, con un largo sorriso.

Lo spettacolo, ce l’ho davanti agli occhi.

 

 

 

 

◊◊◊

 

 

 

 

Quando l’avevano scelta come supplente di letteratura alla Westeros High, rinomata scuola superiore che frequentava anche suo fratello Bran, Sansa non ci credeva. Non poteva essere vero. Non se ne lamentava, dopotutto era quello che desiderava fare per vivere: voleva condividere le proprie conoscenze e appassionare qualcuno – almeno un po’ – alla materia. Aveva partecipato al concorso senza nutrire particolari speranze.

Fino a quel momento non aveva avuto incarichi duraturi e così importanti; teneva un corso di supporto per i bambini delle medie due pomeriggi a settimana. Le concedevano un piccolo stipendio, ma non era considerata come le altre insegnanti di ruolo. E andava benissimo così; per lei era fondamentale fare esperienza.

Quella paga non era sufficiente, perciò tutte le mattine e i tre pomeriggi che era libera aiutava suo cugino Jon al Night’s Watch, il bar che gestiva con Ygritte, la sua fidanzata.

All’inizio non era stato facile ambientarsi nella nuova scuola. Era rimasta colpita e, a dirla tutta, anche un po’ intimorita dalla grandezza del complesso scolastico. Aveva impiegato un paio di settimane per orientarsi. Infatti, le era successo più di una volta di sbagliare aula – sembrano tutte uguali! – ; se ne accorgeva solo quando vedeva visi che non si aspettava o facce sconosciute.

Che figuracce!

Il primo periodo era stato molto pesante, non lo negava; non era stato semplice abituarsi al nuovo ritmo.

Ma con il passare del tempo aveva acquisito una sicurezza in più nel tenere le proprie lezioni, aveva imparato tutti i nomi dei suoi allievi e non la destabilizzavano più nemmeno quei colleghi che le apparivano poco amichevoli.

L’unico che le faceva scorrere dei brividi spiacevoli lungo la schiena era quel Petyr Baelish, che la osservava sempre con uno sguardo che non le piaceva affatto. Era come se il suo corpo l’avvertisse di un imminente pericolo, non si fidava di lui. Si augurava di non doverci avere mai a che fare e soprattutto di non trovarsi, sola, in una stanza con lui.

Aveva conosciuto delle persone splendide come Tyrion e Brienne. Passavano insieme le ricreazioni e ogni momento libero. Era grata di averli incontrati, li considerava degli amici speciali.

Non poteva scordare che il primo ad averla aiutata in quella nuova avventura era stato proprio Tyrion.

Il suo primo giorno di lavoro aveva varcato con titubanza il portone d’ingresso e, raggiunta la segreteria, aveva trovato tutti così indaffarati da non fare caso a lei. Aveva pensato, Sansa, che l’avevano scambiata per una studentessa dell’ultimo anno. Iniziava a disperarsi: cosa avrebbe detto il preside, se arrivava tardi il primo giorno? D’altra parte non le sembrava un’idea geniale inoltrarsi per i corridoi alla ricerca dell’aula in cui avrebbe tenuto la lezione. Fortunatamente era sopraggiunto Tyrion, che l’aveva tolta da quell’impaccio. Era stato il suo salvatore, le aveva fatto strada.

Aveva imparato molto anche dai suoi studenti, che l’accettarono di buon grado in pochissimo tempo, probabilmente perché la sentivano molto più vicina di tanti altri insegnanti. In fondo era solo da due anni che aveva finito l’Università; i ricordi del liceo erano ancora molto vividi in lei.

Aveva ripagato questa loro fiducia, impegnandosi con tutta se stessa nel suo lavoro, cercando di connettersi con tutti i suoi studenti, di raggiungere anche quelli con le personalità più complesse. A volte la facevano arrabbiare, soprattutto quegli allievi dalla mente brillante ma che non si applicavano, non si sforzavano nemmeno di migliorarsi. Spesso si ritrovava a parlarne con Tyrion, che comprendeva la sua frustrazione: di casi simili ne aveva visti tanti e, ne era certo, ne avrebbe visti ancora molti nella sua carriera. Le fece capire che non doveva prenderla troppo sul personale, altrimenti si sarebbe fatta solo del male; doveva trovare un altro canale in cui lo studente era più reattivo e comunicativo. Non era detto che sarebbe riuscita nel suo intento, ma il suo compito era quello di tentare fino alla fine.

Dal lavoro, erano arrivati a scambiarsi piccole confidenze personali: Sansa aveva appreso la sua passione per la storia e la decisione di diventare insegnante.

Sansa non aveva nessun dubbio al riguardo: Tyrion era un professore in gamba, uno di quelli che sapeva come affascinare e a fare apprezzare la materia; con la sua voce profonda riusciva abilmente a trasportare il suo pubblico nelle varie epoche storiche. E Sansa aveva desiderato, più di una volta, di assistere a una sua lezione.

Le aveva raccontato un po’ della sua situazione familiare, dei suoi rapporti incrinati con il padre e la sorella, che non lo avevano mai considerato come un membro effettivo della famiglia; da loro aveva sempre ottenuto solo disprezzo, mai un briciolo d’affetto.

Era, invece, molto legato al fratello maggiore Jaime, stravedeva per lui. In un’occasione aveva visto i due interagire e aveva constatato che quell’affetto era reciproco. Le si era scaldato il cuore a quella vista.

La sua mente era andata a sua sorella Arya. Non poteva vantare un rapporto simile: da bambine lei e Arya erano state come cane e gatto, così diverse, dai gusti e desideri così dissimili. Le incomprensioni erano all’ordine del giorno.

Quanto abbiamo fatto disperare mamma e papà.

Poi crescendo, quel divario si era accorciato e si erano ritrovate. Ora andavano più d’accordo, forse perché stavano vivendo più o meno gli stessi problemi. Non la vedeva di frequente, ma si sentivano con regolarità. Arya era alle prese con l’università.

Dei suoi fratelli, quello che riusciva a vedere di più era Bran. Riusciva a scorgerlo tra i corridoi della scuola e, ogni tanto, a fine giornata riusciva a fermarlo per chiedere come stavano gli altri a casa.

Aveva appreso che Rickon, il suo fratello più piccolo, stava andando bene a scuola; frequentava già la seconda media.

Il fratello maggiore, Robb, si era trasferito con la moglie all’estero, si vedevano solo nelle grandi occasioni come Natale e Pasqua. 

Prima di addormentarsi la sera sentiva la mancanza dei genitori, delle loro parole rassicuranti, dei vedrai tesoro, domani andrà meglio, delle loro carezze e dei baci sulla fronte. C’erano giorni in cui si sentiva crollare il mondo addosso, non riusciva a vedere uno spiraglio di luce, in quei momenti aveva bisogno che qualcuno le dicesse cosa fare. Con una calda tisana e un buon libro, riusciva a ridimensionare il problema.

Ma la solitudine era una costante, soprattutto la sera quando si ritrovava a cenare da sola, perché Myranda era fuori; capitava che lei mangiasse prima o dopo Sansa. E era una fortuna, soprattutto quando invitava il suo ragazzo, tale Ramsey, che non le aveva fatto una bella impressione. Aveva uno sguardo cattivo e viscido, era palese che fosse invischiato in un brutto giro. Quando era nei paraggi, anche Myranda diventava più scorbutica e volgare. I due passavano il loro tempo nella stanza di lei, bevendo e fumando. Li sentiva schiamazzare, ridere sballati di erba o di chissà quale altra porcheria. Incuranti del mondo, della gente oltre le pareti di quella stanza, di lei che aveva dei compiti da correggere, che era stanca dopo una lunga giornata di lavoro, dopo un’interminabile sessione di udienze e consigli di classe. Ma no, a loro non importava.

Che rabbia!

Ma non poteva dire loro nulla, altrimenti Ramsey se ne usciva con una faccia arrabbiata e con il primo oggetto che trovava la minacciava di colpirla, perché lei non si poteva permettere di rovinare il suo divertimento. A meno che non sei invidiosa e vuoi unirti a noi, le aveva proposto una volta, guardandola con occhi rossi e pieni di desiderio.

Si era sentita schifata come mai nella sua vita; in seguito si era strofinata con forza la spugna sulla pelle per levarsi di dosso quella tremenda sensazione. Alla fine c’era riuscita, ma il ricordo di quello sguardo era stato più difficile da dimenticare.

Da allora aveva cercato di evitare di rimanere nell’appartamento quando erano svegli. Usciva e tornava a tarda notte, non voleva essere di nuovo testimone dei loro versi di piacere quando facevano sesso. Era stato raccapricciante, un vero trauma. Quella notte non aveva più chiuso occhio.

Tyrion l’aveva trovata così una serata che vagava per la città illuminata dai lampioni.

Cosa fai in giro a quest’ora? Si era preoccupato per lei. E lei gli aveva rivelato la sua paura.

Vieni con me, sarai al sicuro, le aveva promesso. L’aveva invitata a rimanere da lui per la notte, nella stanza degli ospiti. Tyrion aveva un ampio appartamento lussuoso e ben tenuto; il suo occhio subito venne attratto dall’immensa libreria in soggiorno.

A quell’ora la sua casa era inondata da una luce particolare, assomigliava tanto a quei luoghi magici dei racconti fantasy che amava leggere. Quell’impressione le era stata suggestionata dalle forti emozioni e dalla volontà di credergli, di sapersi al sicuro. Si chiese come le sarebbe apparso la mattina successiva.

Trovò curioso che Tyrion necessitasse di tutto quello spazio e si domandò se non si sentisse solo come lei. Stanca com’era non aveva riflettuto oltre, aveva trovato un po’ di serenità tra le candide lenzuola di quel letto sconosciuto.

Il giorno seguente l’aveva accompagnata al lavoro e, prima di congedarsi, le aveva fatto presente che la sua porta sarebbe stata sempre aperta per lei. Se hai bisogno d’aiuto, sai dove trovarmi.

E Sansa lo aveva ringraziato, ma in cuor suo sperava di non dover più abusare della sua ospitalità. E per qualche mese aveva mantenuto la promessa, se l’era cavata da sola. Poi era arrivata a un punto che il terrore per Ramsey e per quello che le avrebbe potuto fare era troppo che si era decisa, infine, ad accettare l’aiuto di Tyrion.

Avevano legato molto. Aveva scoperto che avevano in comune l’interesse per gli scacchi, così si erano trovati a occupare molti pomeriggi del finesettimana a sfidarsi. Tyrion era un avversario tosto, le dava del filo da torcere e la cosa la intrigava parecchio. Entrambi giovavano di quelle ore di profonda concentrazione, era un modo per rilassarsi. E, quando lo spiegavano agli altri, sapevano che poteva sembrare un controsenso, ma per loro funzionava così.

Si scambiavano anche molti consigli di lettura, così Sansa aveva conosciuto moltissimi autori a lei ignoti e si era approcciata a tematiche nuove che fino a quel momento non pensava di poter comprendere.

Avevano decretato il venerdì come la serata dei film: guardavano tutti i generi, dai film meno seri a quelli più impegnati in base all’umore del momento.

Quasi senza accorgersene, Tyrion era diventato il suo miglior amico, una tra le persone più importanti della sua vita. Era inconcepibile un’esistenza senza di lui.

Lo avevano capito anche gli altri. Un pomeriggio che si trovavano al Night’s Watch a giocare a scacchi, Jon l’aveva presa in disparte e, serio, aveva approvato la loro frequentazione. Lui mi piace, le aveva confidato indicando Tyrion con il capo, e poi sei più felice, quando stai con lui.

Era vero; le sembrava di camminare sospesa da terra, vedeva il mondo con occhi nuovi, ogni cosa le appariva attorniata da una luce diversa, non aveva più paura di affrontare le difficoltà. Era bello sapere di avere qualcuno su cui contare, qualcuno con cui condividere gioie e dolori.

Solo in seguito si era ricordata dello strano sguardo del cugino, compiaciuto, come se conoscesse una verità che a Sansa sfuggiva.

E il dubbio le si insinuò con forza durante una pausa al lavoro, quando le studentesse del comitato organizzativo spettegolavano sui ragazzi. Era così venuta a conoscenza delle varie cotte, quali storie secondo loro potevano avere un futuro e quali invece non si sarebbero mai avverate o per la codardia del ragazzo che non intendeva dichiararsi alla sua bella o per essere un amore non corrisposto.

Sansa si appassionava alle varie vicende e sperava per le studentesse a lei più care che il loro sogno d’amore si coronasse. Ma sapeva che la vita non era come le favole. L’aveva imparato a proprie spese: non tutto quel che è oro, luccica.  

Myrcella, che era la portavoce del gruppo, aveva una relazione con Trystane Martell, ragazzo bello e popolare, che aveva un corposo seguito di ammiratrici.

La giovane Baratheon era molto bella con i suoi lunghi e ondulati capelli biondi e due occhi verdi lucenti come smeraldi. Aveva un viso da angelo, ma la sua lingua poteva diventare tagliente come una lama. Era di temperamento forte e leale. A Sansa ricordava Cersei nell’ aspetto esteriore, ma Myrcella possedeva più grazia e gentilezza rispetto alla madre e a Joffrey.  Era una persona di buon cuore, dai sani principi; Sansa lo aveva intuito da come si comportava con la cugina, era sempre disponibile ad aiutarla, le voleva molto bene.

Shireen era graziosa, portava i lunghi capelli chiari sciolti sulle spalle e aveva un paio di occhi azzurri. Era timida, a volte Sansa aveva l’impressione che avesse timore di disturbare. Aveva un passo così delicato che quasi non si udiva. Divorava libri e Sansa le aveva consigliato con piacere diversi titoli.

Era una cara ragazza, molto dolce, le si era particolarmente affezionata. Aveva appreso – sempre dalla voce di Myrcella – che Shireen si era presa una cotta per suo fratello, ma non aveva mai avuto il coraggio di avvicinarlo per parlare un po’. La capiva, in fondo Bran se ne stava sempre in compagnia di Meera e Jojen; sembravano così affiatati da non voler nessun altro nel loro gruppo.

Le teenager osservavano tutto e avevano anche delle opinioni riguardo la vita privata e sentimentale dei loro professori. Così un pomeriggio il discorso si era concentrato su Tyrion: c’era chi sosteneva che potesse essere interessato a tale professoressa di francese e nella mente Sansa si figurò l’immagine di una bella donna dalla figura slanciata, dalle forme curve, un caschetto moro e occhi scuri magnetici.

Non conosceva i gusti di Tyrion in fatto di donne, tuttavia non si poteva negare che la collega avesse particolare fortuna tra il genere maschile. E al pensiero che anche il suo amico volesse corteggiarla, sentì un pugno allo stomaco. Era così sbagliato. Lei lo sapeva, perché lui no?

Cosa c’è che non va in me?

E la risposta gliela diede una domenica sua madre a pranzo, commentando quanto era felice di vederla così entusiasta. Sei radiosa, Sansa, le aveva detto con dolcezza, per caso ti sei innamorata?

Una domanda innocente. E Sansa le aveva sorriso, facendo finta di non capire.

Aveva ragione lei? Era quello che provava? O era semplicemente la primavera?

Non aveva trovato subito una risposta, ma la possibilità aleggiava nell’aria, la seguiva ovunque andava, come un uccellino instancabile che non trovava dove posarsi. E presto, avrebbe trovato il suo trespolo.

Era diventata più guardinga, quando si trovava in sua compagnia; cercava di analizzare le proprie reazioni alla vicinanza di lui e scoprì che le faceva uno strano effetto che non aveva mai provato prima di allora: le veniva la pelle d’oca, rimaneva con il fiato sospeso, come se aspettasse qualcosa.

Le cose fra loro erano cambiate? Apparentemente no, ma Sansa lo percepiva il mutamento. Presto sarebbe successo qualcosa e tutto sarebbe stato diverso. Come fa a non rendersene conto?

Aveva preso l’abitudine di osservarlo e spesso si incantava a ammirare la buffa piega che aveva preso un suo ricciolo, la luce che colorava il verde dei suoi occhi, le mani che sfogliavano un libro, la curva gentile delle sue labbra che sorridevano.

Quando la coglieva sul fatto, le rivolgeva uno sguardo curioso e interrogativo, ma non diceva mai nulla. Dal canto suo, lei voleva sotterrarsi dalla vergogna.

Un bel giorno Sansa Stark comprese: si era innamorata di Tyrion Lannister.

 

                                         

 

 

◊◊◊

 

 

 

 

Sansa si guardò attorno: era tutto perfetto. Era tutto in ordine come lo aveva lasciato solo due ore prima, ma aveva questo strano terrore che qualcosa potesse andare storto. E non doveva succedere nulla nella sua serata, durante il suo ballo. Non se lo sarebbe mai perdonato.

Si era fatta accompagnare un po’ prima per fare gli ultimi ritocchi. Tyrion era stato così comprensivo, anche se, Sansa ne era certa, trovava tutto quello eccessivo.

Andò a posare il dolce che aveva portato su uno dei tavoli del rinfresco, così diede una sistematina a quello che era fuori posto.

Dopo l’ennesimo giro, si piazzò al centro della palestra per avere una panoramica complessiva: le piacque quello che vide. Quello spazio non era mai stato così stiloso.

Abbiamo fatto proprio un bel lavoro.

Dovevano sentirsi soddisfatte, lei e le studentesse del comitato organizzativo di eventi scolastici.

Non vedeva l’ora di dare avvio all’evento dell’anno. Era solo questione di minuti, non stava più nella pelle.

All’ora x accese le luci che infusero un’atmosfera magica alla sala e pian piano la palestra si riempì di chiacchiere allegre.

Entrando, gli studenti venivano accolti da un arco di fiori bianchi e blu intrecciati a nastri con le stesse tonalità. A destra si trovava l’angolino per le foto ricordo, delimitato da palloncini sospesi da terra sempre bianchi e azzurri.

Sui lati lunghi della palestra si trovavano diversi tavoli, ammantati da eleganti tovaglie blu notte ricamate da linee ondulate argentee, sopra i quali si trovava ogni sorta di pietanze e bevande. Un gruppo di palloncini divideva un tavolo dall’altro.

Il lato opposto all’ingresso era occupato dal palco; alla parete era appeso un grande striscione con la scritta: Prom 2021.

Il centro della palestra era vuoto, perché sarebbe diventata la pista da ballo.

Ma la parte migliore, a suo parere, era la decorazione del soffitto: era adornato da numerosi fasci di lunghi nastri bianchi o azzurri che lo percorrevano per tutta la lunghezza, da cui pendevano alcuni ornamenti a forma di stelle d’argento e lune d’oro. Qui e là, scendevano gli immancabili palloncini.

Sansa non riusciva a riconoscere gli alunni; vestiti così eleganti, da sera, sembravano molto più grandi. E tutti erano bellissimi, i ragazzi nei loro classici smoking, le ragazze fasciate da coloratissimi vestiti dal taglio differente. Le sembrava di essere su un set cinematografico di uno di quei film di spie sotto copertura durante un gala.

Ma sapeva che durante il suo ballo, non si sarebbe presentato nessun agente della CIA a rovinarle i programmi.

Che pensieri che faccio.

Era la tensione, realizzò. Prese un respiro e si tranquillizzò.

«Prof, ecco dov’era! Non la trovavo più!» le si avvicinò Myrcella Baratheon nel suo splendido e appariscente abito rosso e oro, seguita dalla cugina Shireen in un vestito più modesto dalle tonalità di verde chiaro. «Ha visto che splendore! Sarà un successone!»

«Me lo auguro» commentò lei. E dopo le lunghe settimane di lavoro, se lo meritavano.

E pensare che non volevano nemmeno organizzarlo.

Così aveva perorato la causa insieme ad alcune studentesse dell’ultimo anno, fra cui spiccava la voce di Myrcella. Dopo una dura battaglia, la scuola aveva concesso il permesso.

Era ingiusto che questi ragazzi non avessero il loro ballo della scuola.

Era un’esperienza fondamentale, Sansa ne era convinta. Nella vita ci sarebbero stati altri balli, era vero, ma nessuno poteva eguagliare quello del liceo. Era una specie di rito di passaggio.

E forse se l’era presa così a cuore, perché sotto sotto lo considerava il suo vero ballo: non aveva ricordi felici di quello del liceo.

Aveva così tanto sperato che Joffrey la invitasse, già si immaginava al suo braccio camminare trionfanti tra i loro amici, incoronati re e regina del ballo. Povera sciocca. Così presa da quei pensieri, non aveva visto la vera natura del suo ragazzo: era cattivo e dispotico. Le sue amiche l’avevano avvisata, ma lei non aveva dato loro ascolto. E quando l’aveva lasciata per mettersi con Margaery, a pochi giorni dal ballo, si era disperata, come se la sua vita fosse finita. I suoi sogni – così stupidi – si erano infranti.

«Che fate ancora qui? Su andate a divertirvi!» le incoraggiò bonariamente lei.

Se rimanevano vicino a lei, si sarebbero solo annoiate. Il divertimento era da tutt’altra parte, al centro della palestra, non ai margini, dove si era posizionata per controllare l’andamento della serata. Per fortuna, aveva vicino le sue adoratissime tortine al limone che le avrebbero tenuto alto il morale. Sperava che, prima o poi, Tyrion la raggiungesse e le facesse compagnia. In fondo due paia di occhi ci vedono meglio di uno.

Dopo che l’aveva accompagnata, non l’aveva più visto. Chissà dove è andato a nascondersi? Perché Sansa aveva il sospetto che il suo accompagnatore si fosse trovato un angolino tranquillo dove trascorrere il tempo.

Le aveva rivelato che il ballo riportava a galla tristi ricordi e allora lei, con semplicità, gli aveva risposto che era tempo di farne di nuovi e positivi. Per me e per te.   

«Ah, Sansa. Sapevo di trovarti qui» si annunciò Brienne e, con un cenno del capo, indicò il suo dolce preferito.

«Mi conosci, amica mia. Sono io quella sorpresa. Non pensavo venissi» le rispose «Ma ne sono estremamente felice. Cosa ti ha fatto cambiare idea?»

«Jaime. Ci credi?»

Eccome. Non faticava a immaginare Jaime che seguiva Brienne dappertutto, esasperandola con la sua continua richiesta di andare insieme al ballo. Certo, lei come insegnante aveva il dovere di tenere tutto sotto controllo, ma questo non impediva loro di divertirsi e Jaime aveva tutta l’intenzione di usufruire di quest’opportunità.

Chi poteva vantare di aver partecipato più di una volta al ballo di fine anno?

«E dov’è?»

«Da qualche parte qui intorno. Lo troverò di sicuro o sarà lui a trovare me.»

Per quanto Brienne volesse far credere che non amasse le attenzioni che Jaime le riservava, si vedeva lontano un miglio che non potevano stare troppo l’uno senza l’altra. C’era come una forza che attraeva l’uno all’altra.

«E Tyrion? L’hai visto?» indagò Sansa.

Brienne fece spallucce; non aveva idea di dove fosse il loro piccolo amico.

Sansa abbandonò la sua postazione e andò alla sua ricerca. Passò tra gruppi di studenti allegri che ballavano a ritmo di musica e di altri che chiacchieravano con i bicchieri in mano. Lo sguardo di Sansa scivolava, febbrilmente, su ogni spazio e persona presente alla ricerca della piccola figura tanto amata. Ma di Tyrion non c’era neanche l’ombra.

Uscì all’aria aperta e dopo pochi passi lo individuò, seduto su una panchina a osservare il cielo.

Se da una parte si sentì sollevata, dall’altra le montò una leggera rabbia. Lui parve non accorgersi del rumore dei suoi tacchi sull’asfalto. Solo quando gli si fermò davanti interrompendo la sua attività, realizzò di trovarsi nei guai.

Seppure avesse un’ombra scura a indurirle il viso, Tyrion la trovava bellissima. I lunghi e setosi capelli le scendevano come lingue di fuoco, ravvivando il turchese del suo abito da sera dallo spacco vertiginoso, da cui spuntavano le sue lunghe gambe dalla pelle chiara. Per quanto si imponesse di guardare altrove, i suoi occhi si ritrovavano a vagare su quella pelle scoperta, fremeva nel toccarla, nello scoprire quale canzone gli avrebbe cantato a lui soltanto.

Sono debole. Troppo debole.

E intanto lei gli stava lanciando uno sguardo di fuoco, contrariata.

«Cosa fai qui fuori?» gli domandò, quando non ottenne risposta.

«Guardo le stelle. Mi hanno sempre affascinato e stanotte si vedono magnificamente.»

Non era la spiegazione che voleva sentire. Sapeva che c’era dell’altro, non avrebbe potuto nasconderglielo.

«Non ce l’ho fatta a restare dentro» sospirò, sconfitto. «C’ho provato, devi credermi.»

«Non abbastanza, a quanto pare» commentò con durezza lei.

Era delusa, lo vedeva dai suoi occhi che avevano perso un po’ del loro usuale colore brillante o forse era solo uno scherzo provocato dalla poca luminosità.

Con eleganza, Sansa gli si sedette di fianco e gli prese la mano fra le sue.

«Tyrion, per favore» lo supplicò soltanto.

In silenzio, la osservò. Non era una persona insensibile, sapeva essere molto combattiva e decisa. E lei aveva la convinzione che ce l’avrebbe fatta, che quello sforzo sarebbe stato ripagato, era qualcosa che doveva fare. Era tempo.

Seppure comprendesse le sue ragioni, tutte sensate non posso negarlo, e le avesse promesso di essere presente al ballo, Tyrion non credeva di avere la forza effettiva di affrontare tutto quello. I suoi occhi si sarebbero riempiti di immagini di quello che avrebbe potuto essere, la sua mente avrebbe rivisto il viso di Tysha, avrebbe provato quella morsa al petto alla notizia dell’incidente mortale della sua futura moglie.

Come posso rivivere tutto questo?

Aveva evitato il ballo come la peste e, prima di Sansa, aveva compiuto un ottimo lavoro: lui e il ballo avevano viaggiato su due linee parallele.

Era combattuto, perché desiderava compiacere Sansa, dimostrarle che era davvero l’uomo forte che credeva lei, ma qualcosa lo frenava: erano le voci maligne di Cersei e di suo padre che gli vorticavano in testa.

Avevano ragione loro, dopotutto.

E lei lo sorprese, facendo una cosa inaspettata: gli accarezzò dolcemente il volto. Aveva intuito il corso nefasto dei suoi pensieri e lo aveva riportato alla realtà, lì da lei.

Per l’ennesima volta, pensò che lui non si meritava Sansa Stark.

Incantato dal suo sguardo limpido, infine si risolse. Scese dalla panchina e con ancora la mano di lei tra la sua, annunciò la propria intenzione.

«Non possiamo perderci l’elezione del re e della regina del ballo!»

Quando il senso di quella sua esclamazione attecchì, Sansa si slanciò verso di lui e gli scoccò un bacio sulla guancia.

Con un sorriso pieno, si alzò e lo trascinò con sé verso la palestra.

Al loro ritorno furono avvolti dalle note potenti di musica rock e dalla voce graffiante di Melisandre, la cantante dei Dark Night.

Nonostante le luci colorate psichedeliche, Sansa ritrovò il suo posto e notò che c’erano ancora le tortine al limone. Aveva giusto voglia di un piccolo snack.

Per l’intera performance della band, Tyrion e Sansa si erano tenuti per mano come se fosse la cosa più naturale del mondo, come se fosse un’abitudine per loro. Ogni tanto si giravano a guardarsi e si sorridevano, complici.

Dopo un piccolo intermezzo del dj Hodor, il palco fu lasciato a Davos il bidello, vestito di tutto punto, che teneva tra le mani la busta d’oro contenente il nome del re e della regina del ballo. Era suo il compito di annunciarlo ai presenti.

«Sono troppo curiosa» sussurrò, concitata, Sansa. «Secondo te chi sono?»

«Una mezza idea ce l’ho» gli rispose lui, durante la pausa ad hoc che aveva creato Davos.

La giovane donna sollevò un sopracciglio, interrogativa, ma prima che potesse formulare la sua domanda, la voce di Davos si propagò per tutta la palestra, rivelando i tanto attesi nomi.

«Myrcella Baratheon e Trystane Martell! Su, ragazzi, venite sul palco a prendere le vostre corone!»

Ci fu un boato, fra urla di giubilo e applausi. Gli interessati, increduli, si diressero verso il palco, mano nella mano. Nel tragitto vennero abbracciati da diversi compagni, strinsero diverse mani e furono inondati da una miriade di complimenti e congratulazioni, ragazzi!

Mentre Davos posava le corone sulle loro teste, Sansa non poteva trovarsi più che d’accordo con quella scelta: chi poteva essere più regale di Myrcella e Trystane?

Sembravano nati per quello, sapevano stare al centro dell’attenzione con disinvoltura ed eleganza, erano bellissimi e molto popolari tra gli studenti.

Erano semplicemente radiosi, mentre venivano investiti da una pioggia di coriandoli e lustrini d’oro.

«Il primo ballo del re e della regina!»

Con grazie, la coppia scese dal palco e si posizionò al centro della palestra per il loro lento.

Erano incantevoli e innamoratissimi, non si staccavano gli occhi di dosso, vivevano nel loro mondo.

Il loro sarà un amore duraturo, me lo sento.

Sansa non poteva non credere nell’amore, quando davanti agli occhi aveva un esempio di tanta felicità e bellezza.

Un giorno, avrò anch’io la mia favolosa storia d’amore.

E la sua mente corse a Tyrion, a pochi passi da lei. In quelle ultime settimane era stata molto occupata nella preparazione del ballo, ma ora poteva fare la sua mossa. Doveva smuovere un po’ le acque, per testare il terreno.

Pian piano altre coppie si aggiunsero in pista accerchiando il re e la regina e a Sansa venne un’idea.

Si voltò verso il suo accompagnatore e con dolcezza gli fece una richiesta.

«Mi concederebbe questo ballo, mio signore?» e gli tese una mano.

Tyrion parve terrorizzato, il suo sguardò andò più volte dalla sua mano all’espressione invitante del suo viso, come se si attendesse che gli venisse rivelato che era tutto uno scherzo.

«Sei seria» annotò in seguito. «Non credo sia una cosa saggia.»

«Perché? Per la nostra differenza d’altezza?»

«Saremmo quanto meno ridicoli, lì in mezzo» spiegò con ovvietà.

Pensava che lo avrebbe umiliato fino a tal punto?

«Ma io non voglio andare in pista. E ti prometto che non sarà così terribile» e, mentre lo diceva, la vide togliersi le scarpe e inginocchiarsi, portando il volto al suo livello.

Capì le sue intenzioni.

«Ma così non è un ballo!» protestò.

Sembrava che si aggrappasse a qualsiasi obiezione, come se non esistesse un compromesso, una degna soluzione. Come se loro non avrebbero mai potuto ballare insieme. E lei lo voleva, un ballo con lui.

«Tyrion, è un lento» gli disse, mentre allungava le sue braccia per posarle sulle spalle di lui. «È come un abbraccio, in fondo.»

«E quindi ce ne stiamo qui, abbracciati a ritmo di musica?» chiese, incredulo.

Davvero, non capiva.

«Sì» gli rispose con semplicità e aggiunse: «Nessuno farà caso a noi.»

Osservò i suoi occhi e rimase colpito dalla sua determinazione: lei voleva davvero quel ballo insieme a lui.

Come posso rifiutarglielo?

In fondo al cuore sapeva che per lei avrebbe fatto di tutto, anche conquistare la luna, se solo glielo avesse chiesto.

Sono messo davvero così male. La mia vita è tua, Sansa. Puoi fare di me ciò che vuoi.

Infine le posò le mani sui fianchi, avvicinandosi al suo corpo.

Il viso di lei si illuminò di felicità.

Basta così poco? Si meravigliò.

Non si era mai trovato così vicino a Sansa come in quel momento e registrò nuovi dettagli che lo avrebbero lasciato sveglio per diverse notti, come il suo profumo delicato, la dolce linea del mento, la pelle così invitante del suo lungo collo, il calore che emanava la pelle dei suoi fianchi fasciati dal lungo vestito.

Sansa era così emozionata, sentiva le farfalle nello stomaco. Gli era grata per questo dono, era una gioia sentirlo così vicino.

Poteva immergersi nel verde di quei suoi occhi sapienti e curiosi, poteva osservare indisturbata ogni elemento del suo viso e soffermarsi senza vergogna sulle sue labbra. Che sapore hanno?

Dalle forti spalle, le sue mani andarono a intrecciarsi dietro il suo collo e le sue dita catturarono alcuni riccioli biondi.

Il suo naso venne invaso dal suo profumo, che era forte, ma non cattivo; aveva un qualcosa che non riusciva a decifrare, ma che le piaceva. E per avere la sua risposta, avvicinò ulteriormente il volto al suo.

Spinta da una forza inspiegabile, chiuse gli occhi e posò le sue labbra su quelle di lui.

Era successo tutto così in fretta che Tyrion, per un istante, pensò di averlo solo immaginato. Ma la bocca di lei era ancora lì e il suo corpo agì d’istinto, assaporando quel bacio tanto sognato.

Sta ricambiando! Sansa era euforica. Non pensò più a nulla, si lasciò trasportare da quelle nuove e meravigliose sensazioni.

Quando si separarono, aprì gli occhi e venne accolta dall’immagine della faccia sorpresa di Tyrion. Ancora non credeva a quello che era appena successo.

E la cosa, non sapeva il perché, le faceva venire da ridere.

«Ma tu…?» era così emozionato da non riuscire a finire la frase.

Ma Sansa intuì quale fosse la sua domanda.

Gli sorrise e lo baciò di nuovo. questa Tyrion le prese il viso tra le mani e rispose al bacio con passione.

Sperava che tutto quello che non riusciva a dirle a parole – sono felice che tu prova dei sentimenti per me; ti amo così tanto, ma non te l’ho mai detto; non posso credere che ci siamo trovati finalmente; voglio stare con te – Sansa lo capisse lo stesso.

Ripreso fiato, si guardarono a lungo in silenzio, contenti.

In futuro, quando i loro figli avrebbero chiesto della loro storia d’amore, Sansa e Tyrion non avevano dubbi da dove incominciare a raccontare, avrebbero descritto quel ballo di fine anno che aveva cambiato le loro vite per sempre.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ciao a tutti! C:

Sono contenta e sorpresa nell’essere ritornata a pubblicare in questo fandom.

Devo ringraziare Vintage per il suo contest “Let’s Cliché” indetto sul forum di efp.

Ho finalmente scritto una Sanrion, sono troppo felice. Spero di scriverne altre in futuro.

Intanto, che ne pensate?

Come sempre, critiche, consigli e suggerimenti sono sempre ben accetti.

Grazie per l’attenzione.

Alla prossima! ;)

Selly

 

 

   
 
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