Unexpected
Sansa Stark ci era
riuscita, l’aveva convinto a andare al ballo della scuola.
Non aveva mai
capito l’attrattiva che esercitava, in particolare, sulle ragazze. A lui, come
alla maggioranza del genere maschile, sembrava solo una tremenda seccatura, ma
c’era stato un tempo in cui aveva programmato di andarci. Per lei,
avrebbe fatto questo ed altro. Sarebbe stato solo l’inizio della loro vita
insieme.
Stupido.
Sono stato solo uno stupido.
Come aveva potuto
credere che uno come lui si poteva permettere l’amore di una bella e dolce
ragazza come Tysha.
E infatti
l’universo gliela aveva portata via, quando era all’apice della felicità, dopo
che lei aveva detto sì e insieme progettavano la loro vita futura.
Nessuno dei due era sicuro di quale università fare, se avrebbero continuato
gli studi, ma sapevano che sarebbero stati insieme. E questo bastava, era
tutto.
Era stato così
felice che nemmeno i continui insulti del padre e della sorella l’avevano
scalfitto.
Che
se andassero al diavolo.
Non aveva bisogno
di loro, aveva Tysha e, grazie a lei, Tyrion sapeva che poteva essere tutto quello che
desiderava, poteva trovare il suo posto nel mondo. Per la prima volta nella sua
vita era apprezzato per quello che era.
Con lei al suo
fianco, il mondo non gli appariva più così crudele e nero.
Aveva speranza. Ma
quella luce si era spenta, quando quel maledetto pirata della strada, ubriaco
marcio, aveva investito la sua ragazza, mentre una sera faceva ritorno a casa.
Allora Tyrion aveva conosciuto l’inferno.
A detta di Jaime
non si era impegnato abbastanza, ma lui non era d’accordo: le aveva provate
tutte, ma quel dolore straziante era rimasto lì. Era come se fosse morto anche
lui; Tysha aveva portato via con sé la sua anima,
mentre sulla terra era rimasto sì il suo corpo, ma era come un guscio vuoto.
Che
senso aveva vivere?
Gli unici momenti
di relativa serenità, in cui non provava nulla e i suoi pensieri non avevano un
effetto immediato – ma li sentiva dopo, eccome se li sentiva – erano quelli in
cui si perdeva dentro qualche bicchierino di troppo.
Aveva scoperto un
gusto per gli alcolici. Il suo preferito era il vino rosso, dal sapore forte,
perché con quello bastavano pochi bicchieri colmi per trasportarlo in quel
mondo sospeso, in quel limbo, dove niente aveva importanza. E riusciva a vedere
cose straordinarie. Davanti agli occhi gli si presentava un mondo colorato,
sembrava finto, ma non se ne preoccupava troppo; era sempre meglio di quello in
cui viveva.
Era arrivato a non
distinguere più la realtà dal suo mondo fantastico, amato rifugio; le immagini
dell’uno si sovrapponevano a quelle dell’altro: vedeva ancora il viso angelico
di Tysha, si immergeva nel blu profondo dei suoi
occhi che gli avevano sempre ricordato il mare – e lui amava quell’enorme
distesa di acqua salata della quale era difficile capirne i limiti. Lo
apprezzava in ogni sua manifestazione, sia quando era in burrasca, sia quando
era una linea piatta all’orizzonte. Forse perché riusciva a rappresentare
sempre il suo stato d’animo. E osservarlo, aveva il potere di calmarlo.
Nelle orecchie
risuonava ancora la loro canzone, mentre Tysha lo
cullava dolcemente prima di prendere sonno. La sua voce melodiosa lo invitava a
inoltrarsi in quel regno, pieno di promesse.
Ma a un certo
punto, in quella sua percezione distorta del reale, irruppe Jaime, l’unico tra
i suoi familiari a preoccuparsi della sua salute, l’unico che era andato a
trovarlo in quei mesi difficili in quella casa vuota.
Se la loro madre
fosse stata ancora in vita, Tyrion sapeva che avrebbe
accompagnato Jaime nelle sue visite. E immaginare la sua espressione delusa,
gli diede la forza di seguire i suggerimenti del fratello maggiore.
Lo aveva odiato,
all’inizio. Come si permetteva lui, così bello e perfetto dalla vita
impeccabile, venire lì e dirgli cosa doveva fare. Che ne sapeva di cosa stava
vivendo?
Non era stato
facile aiutarlo – perché in fondo era convinto di non meritare l’aiuto di
nessuno – ma Jaime con costanza e con determinazione, una vera spina nel
fianco, gli era stato vicino a ogni passo.
A volte lo faceva
così disperare che gli urlava le peggio cose – non lo aveva mai visto così
fuori di sé; Jaime era sempre stato molto paziente con lui.
Infine, ne era
uscito. Aveva ripreso gli studi, si era laureato con il massimo dei voti e
aveva deciso di dedicare la sua vita all’insegnamento. Sapeva che avrebbe
incontrato non poche difficoltà nel mondo del lavoro e, per lui, sarebbe stato
ulteriormente complicato a causa della sua condizione fisica. Ma conosceva le
proprie capacità, si sarebbe fatto valere.
Nei primi anni era
già tanto se gli concedevano qualche supplenza – e era sempre una lotta
costante per farsi rispettare dai colleghi e dagli studenti. Non voleva
apparire come quello cattivo e severo, sapeva essere anche simpatico e di buona
compagnia: dipendeva, in sostanza, da chi si trovava di fronte.
Con il tempo aveva
imparato a non prendersela troppo per le occhiate di sorpresa o di scherno,
avrebbe fatto cambiare loro idea una volta che si sarebbe fatto conoscere.
Aveva avuto
l’occasione di insegnare alla Essos High per tre
lunghi anni. Era stata un’esperienza indimenticabile che lo aveva fatto
crescere non solo in campo lavorativo, ma anche nella sfera personale.
Si era fatto dei
cari amici – come dimenticare le lunghe e filosofiche chiacchierate con Varys, lo scambio di leggende con Daenerys,
le pillole di saggezza di altre culture che gli impartiva ogni tanto Missandei, le barzellette che lui e Grey Worm si
scambiavano durante gli intervalli, la gentilezza del preside Barristan Selmy. Si era sentito
ben voluto, parte di una grande e meravigliosa famiglia.
Da diversi anni,
ormai, era stato assunto a tempo indeterminato come professore di storia alla Westeros High, prestigiosa scuola superiore, acerrima
rivale della Essos High. Il contrasto tra le due
scuole risaliva a un passato molto lontano e poteva dirsi ormai dimenticato, ma
Petyr Baelish, insegnante
di filosofia, l’aveva riesumato e alimentato – Tyrion
non ne aveva mai capito il motivo. Era di dominio pubblico la sua inimicizia
con Varys che, si diceva in giro, risalisse ai loro
anni di liceo.
Tyrion
si era buttato a capofitto nel lavoro, si era speso anima e corpo per non
ricordare, si era lasciato consumare dalle storie degli altri, così da non
avere spazio per se stesso. E aveva funzionato, almeno
per un po’.
Ma, per quanto lo
volesse negare, Tysha sarebbe stata sempre una parte
importante della sua storia, aveva un posto speciale nel suo cuore. Un giorno
aveva scoperto che richiamarla alla memoria non faceva più così male, gli
lasciava solo un sorriso nostalgico in viso.
Lo aveva capito
quando aveva incontrato Shae, che lo aveva
affascinato con le sue fattezze esotiche. Sapeva essere dolce e timida, ma
anche decisa e passionale. Credeva di aver trovato finalmente l’amore, ma
ancora una volta dovette ricredersi. Lo aveva stregato e usato, lei mirava
semplicemente ai soldi di famiglia.
Da quel momento si
era fatto una promessa: non si sarebbe mai più innamorato. Questo, tuttavia, non
gli impediva di ricercare la compagnia femminile e con Bronn,
una sera a settimana, andavano al bar per rimorchiare. È un’arte, amico mio,
gli aveva detto, ma sembra che tu ultimamente abbia perso il tocco,
quando aveva iniziato a disertare quelle serate. Ho capito, c’è una ragazza.
Così si era congedato al telefono, non gli aveva lasciato nemmeno il tempo
di rispondere. E da una parte Tyrion ne era
sollevato, perché non sapeva davvero che cosa dirgli.
Sansa
Stark. La colpa è di Sansa Stark.
Era entrata nella
sua vita. Una ragazza giovane e innocente, bella come solo una divinità poteva
essere.
Le
belle donne saranno la mia rovina, lo sapeva Tyrion.
Alta, troppo
alta – e già questo era un ottimo indizio che sottolineava quanto fosse
inarrivabile; per quanto le sfide lo stimolassero, conosceva i propri limiti –
aveva un portamento elegante da lady raffinata, ma allo stesso tempo aveva la
testa piena di canzoni e poesie. Era un’anima pura, che credeva nell’amore
eterno.
Piccola
ingenua.
Era impossibile
non essere attratti dalla sua vitalità prorompente, dalla sua visione fiduciosa
del mondo tanto che era tentato di rivedere le sue convinzioni.
L’ammirava certo,
ma non era solo questo. C’era qualcosa di più che lo spingeva a
osservarla con attenzione, a catturare ogni suo piccolo movimento, ogni
sfumatura d’espressione e cambio d’umore.
Desiderava che
quei tocchi fugaci – come lo sfiorarsi delle loro mani, le pacche amichevoli
sulle spalle – diventassero qualcosa di più, vere e proprie carezze.
Chissà
come è soffice la sua pelle.
Fantasticava di
accarezzare le sue mani gentili, il suo viso delicato, di lasciar scorrere le proprie
dita tra i fili morbidi dei suoi capelli ramati che gli ricordavano un fuoco
vivo e bruciante, di perdersi nei suoi occhi blu, così simili ma diversi
da quelli di Tysha.
Gli capitava di
sognarla la notte. E allora aveva capito che la desiderava in un modo che
l’avrebbe spaventata, che lei non avrebbe mai preso in considerazione; voleva
baciare le sue piccole labbra perfette.
Poi ritornava in
sé: una come lei non si sarebbe mai messa con uno come lui, doveva tenerlo a
mente.
Non
posso provare queste cose per lei. Accidenti, potrebbe essere una mia
studentessa.
Anche se erano
colleghi e sapeva benissimo che fra loro intercorrevano dieci anni di
differenza. In ogni caso, non era giusto. Ma non ne poteva fare a meno.
Anche adesso che
gli rivolgeva uno sguardo luminoso, eccitata quanto gli studenti – se non di
più – per la serata, il suo cuore perdeva un battito.
«Vedrai con le
luci che spettacolo!» gli promise, con un largo sorriso.
Lo
spettacolo, ce l’ho davanti agli occhi.
◊◊◊
Quando l’avevano
scelta come supplente di letteratura alla Westeros
High, rinomata scuola superiore che frequentava anche suo fratello Bran, Sansa non ci credeva. Non poteva essere vero. Non se
ne lamentava, dopotutto era quello che desiderava fare per vivere: voleva
condividere le proprie conoscenze e appassionare qualcuno – almeno un po’ –
alla materia. Aveva partecipato al concorso senza nutrire particolari speranze.
Fino a quel
momento non aveva avuto incarichi duraturi e così importanti; teneva un corso
di supporto per i bambini delle medie due pomeriggi a settimana. Le concedevano
un piccolo stipendio, ma non era considerata come le altre insegnanti di ruolo.
E andava benissimo così; per lei era fondamentale fare esperienza.
Quella paga non
era sufficiente, perciò tutte le mattine e i tre pomeriggi che era libera aiutava
suo cugino Jon al Night’s
Watch, il bar che gestiva con Ygritte, la sua
fidanzata.
All’inizio non era
stato facile ambientarsi nella nuova scuola. Era rimasta colpita e, a dirla
tutta, anche un po’ intimorita dalla grandezza del complesso scolastico. Aveva
impiegato un paio di settimane per orientarsi. Infatti, le era successo più di
una volta di sbagliare aula – sembrano tutte uguali! –
; se ne accorgeva solo quando vedeva visi che non si aspettava o facce
sconosciute.
Che
figuracce!
Il primo periodo
era stato molto pesante, non lo negava; non era stato semplice abituarsi al
nuovo ritmo.
Ma con il passare
del tempo aveva acquisito una sicurezza in più nel tenere le proprie lezioni,
aveva imparato tutti i nomi dei suoi allievi e non la destabilizzavano più
nemmeno quei colleghi che le apparivano poco amichevoli.
L’unico che le
faceva scorrere dei brividi spiacevoli lungo la schiena era quel Petyr Baelish, che la osservava
sempre con uno sguardo che non le piaceva affatto. Era come se il suo corpo l’avvertisse
di un imminente pericolo, non si fidava di lui. Si augurava di non doverci
avere mai a che fare e soprattutto di non trovarsi, sola, in una stanza con
lui.
Aveva conosciuto
delle persone splendide come Tyrion e Brienne.
Passavano insieme le ricreazioni e ogni momento libero. Era grata di averli
incontrati, li considerava degli amici speciali.
Non poteva
scordare che il primo ad averla aiutata in quella nuova avventura era stato
proprio Tyrion.
Il suo primo
giorno di lavoro aveva varcato con titubanza il portone d’ingresso e, raggiunta
la segreteria, aveva trovato tutti così indaffarati da non fare caso a lei.
Aveva pensato, Sansa, che l’avevano scambiata per una studentessa dell’ultimo
anno. Iniziava a disperarsi: cosa avrebbe detto il preside, se arrivava
tardi il primo giorno? D’altra parte non le sembrava un’idea geniale
inoltrarsi per i corridoi alla ricerca dell’aula in cui avrebbe tenuto la
lezione. Fortunatamente era sopraggiunto Tyrion, che
l’aveva tolta da quell’impaccio. Era stato il suo salvatore, le aveva fatto
strada.
Aveva imparato
molto anche dai suoi studenti, che l’accettarono di buon grado in pochissimo
tempo, probabilmente perché la sentivano molto più vicina di tanti altri
insegnanti. In fondo era solo da due anni che aveva finito l’Università; i
ricordi del liceo erano ancora molto vividi in lei.
Aveva ripagato
questa loro fiducia, impegnandosi con tutta se stessa
nel suo lavoro, cercando di connettersi con tutti i suoi studenti, di
raggiungere anche quelli con le personalità più complesse. A volte la facevano
arrabbiare, soprattutto quegli allievi dalla mente brillante ma che non si
applicavano, non si sforzavano nemmeno di migliorarsi. Spesso si ritrovava a
parlarne con Tyrion, che comprendeva la sua
frustrazione: di casi simili ne aveva visti tanti e, ne era certo, ne avrebbe
visti ancora molti nella sua carriera. Le fece capire che non doveva prenderla
troppo sul personale, altrimenti si sarebbe fatta solo del male; doveva trovare
un altro canale in cui lo studente era più reattivo e comunicativo. Non era detto
che sarebbe riuscita nel suo intento, ma il suo compito era quello di tentare
fino alla fine.
Dal lavoro, erano
arrivati a scambiarsi piccole confidenze personali: Sansa aveva appreso la sua
passione per la storia e la decisione di diventare insegnante.
Sansa non aveva
nessun dubbio al riguardo: Tyrion era un professore
in gamba, uno di quelli che sapeva come affascinare e a fare apprezzare la
materia; con la sua voce profonda riusciva abilmente a trasportare il suo
pubblico nelle varie epoche storiche. E Sansa aveva desiderato, più di una
volta, di assistere a una sua lezione.
Le aveva
raccontato un po’ della sua situazione familiare, dei suoi rapporti incrinati
con il padre e la sorella, che non lo avevano mai considerato come un membro
effettivo della famiglia; da loro aveva sempre ottenuto solo disprezzo, mai un
briciolo d’affetto.
Era, invece, molto
legato al fratello maggiore Jaime, stravedeva per lui. In un’occasione aveva
visto i due interagire e aveva constatato che quell’affetto era reciproco. Le
si era scaldato il cuore a quella vista.
La sua mente era
andata a sua sorella Arya. Non poteva vantare un
rapporto simile: da bambine lei e Arya erano state
come cane e gatto, così diverse, dai gusti e desideri così dissimili. Le
incomprensioni erano all’ordine del giorno.
Quanto
abbiamo fatto disperare mamma e papà.
Poi crescendo,
quel divario si era accorciato e si erano ritrovate. Ora andavano più
d’accordo, forse perché stavano vivendo più o meno gli stessi problemi. Non la
vedeva di frequente, ma si sentivano con regolarità. Arya
era alle prese con l’università.
Dei suoi fratelli,
quello che riusciva a vedere di più era Bran.
Riusciva a scorgerlo tra i corridoi della scuola e, ogni tanto, a fine giornata
riusciva a fermarlo per chiedere come stavano gli altri a casa.
Aveva appreso che Rickon, il suo fratello più piccolo, stava andando bene a
scuola; frequentava già la seconda media.
Il fratello
maggiore, Robb, si era trasferito con la moglie
all’estero, si vedevano solo nelle grandi occasioni come Natale e Pasqua.
Prima di
addormentarsi la sera sentiva la mancanza dei genitori, delle loro parole
rassicuranti, dei vedrai tesoro, domani andrà meglio, delle loro carezze
e dei baci sulla fronte. C’erano giorni in cui si sentiva crollare il mondo
addosso, non riusciva a vedere uno spiraglio di luce, in quei momenti aveva
bisogno che qualcuno le dicesse cosa fare. Con una calda tisana e un buon
libro, riusciva a ridimensionare il problema.
Ma la solitudine
era una costante, soprattutto la sera quando si ritrovava a cenare da sola,
perché Myranda era fuori; capitava che lei mangiasse
prima o dopo Sansa. E era una fortuna, soprattutto quando invitava il suo
ragazzo, tale Ramsey, che non le aveva fatto una bella impressione. Aveva uno
sguardo cattivo e viscido, era palese che fosse invischiato in un brutto giro.
Quando era nei paraggi, anche Myranda diventava più
scorbutica e volgare. I due passavano il loro tempo nella stanza di lei,
bevendo e fumando. Li sentiva schiamazzare, ridere sballati di erba o di chissà
quale altra porcheria. Incuranti del mondo, della gente oltre le pareti di
quella stanza, di lei che aveva dei compiti da correggere, che era stanca dopo
una lunga giornata di lavoro, dopo un’interminabile sessione di udienze e
consigli di classe. Ma no, a loro non importava.
Che
rabbia!
Ma non poteva dire
loro nulla, altrimenti Ramsey se ne usciva con una faccia arrabbiata e con il
primo oggetto che trovava la minacciava di colpirla, perché lei non si
poteva permettere di rovinare il suo divertimento. A meno che non sei invidiosa
e vuoi unirti a noi, le aveva proposto una volta, guardandola con occhi
rossi e pieni di desiderio.
Si era sentita
schifata come mai nella sua vita; in seguito si era strofinata con forza la
spugna sulla pelle per levarsi di dosso quella tremenda sensazione. Alla fine
c’era riuscita, ma il ricordo di quello sguardo era stato più difficile da
dimenticare.
Da allora aveva
cercato di evitare di rimanere nell’appartamento quando erano svegli. Usciva e
tornava a tarda notte, non voleva essere di nuovo testimone dei loro versi di piacere
quando facevano sesso. Era stato raccapricciante, un vero trauma. Quella notte
non aveva più chiuso occhio.
Tyrion
l’aveva trovata così una serata che vagava per la città illuminata dai
lampioni.
Cosa
fai in giro a quest’ora? Si era preoccupato per lei. E lei
gli aveva rivelato la sua paura.
Vieni
con me, sarai al sicuro, le aveva promesso. L’aveva invitata
a rimanere da lui per la notte, nella stanza degli ospiti. Tyrion
aveva un ampio appartamento lussuoso e ben tenuto; il suo occhio subito venne
attratto dall’immensa libreria in soggiorno.
A quell’ora la sua
casa era inondata da una luce particolare, assomigliava tanto a quei luoghi
magici dei racconti fantasy che amava leggere. Quell’impressione le era stata
suggestionata dalle forti emozioni e dalla volontà di credergli, di sapersi al
sicuro. Si chiese come le sarebbe apparso la mattina successiva.
Trovò curioso che Tyrion necessitasse di tutto quello spazio e si domandò se
non si sentisse solo come lei. Stanca com’era non aveva riflettuto oltre, aveva
trovato un po’ di serenità tra le candide lenzuola di quel letto sconosciuto.
Il giorno seguente
l’aveva accompagnata al lavoro e, prima di congedarsi, le aveva fatto presente
che la sua porta sarebbe stata sempre aperta per lei. Se hai bisogno
d’aiuto, sai dove trovarmi.
E Sansa lo aveva
ringraziato, ma in cuor suo sperava di non dover più abusare della sua
ospitalità. E per qualche mese aveva mantenuto la promessa, se l’era cavata da
sola. Poi era arrivata a un punto che il terrore per Ramsey e per quello che le
avrebbe potuto fare era troppo che si era decisa, infine, ad accettare l’aiuto
di Tyrion.
Avevano legato
molto. Aveva scoperto che avevano in comune l’interesse per gli scacchi, così
si erano trovati a occupare molti pomeriggi del finesettimana a sfidarsi. Tyrion era un avversario tosto, le dava del filo da torcere
e la cosa la intrigava parecchio. Entrambi giovavano di quelle ore di profonda
concentrazione, era un modo per rilassarsi. E, quando lo spiegavano agli altri,
sapevano che poteva sembrare un controsenso, ma per loro funzionava così.
Si scambiavano
anche molti consigli di lettura, così Sansa aveva conosciuto moltissimi autori
a lei ignoti e si era approcciata a tematiche nuove che fino a quel momento non
pensava di poter comprendere.
Avevano decretato
il venerdì come la serata dei film: guardavano tutti i generi, dai film meno
seri a quelli più impegnati in base all’umore del momento.
Quasi senza
accorgersene, Tyrion era diventato il suo miglior
amico, una tra le persone più importanti della sua vita. Era inconcepibile
un’esistenza senza di lui.
Lo avevano capito
anche gli altri. Un pomeriggio che si trovavano al Night’s
Watch a giocare a scacchi, Jon l’aveva presa in
disparte e, serio, aveva approvato la loro frequentazione. Lui mi piace,
le aveva confidato indicando Tyrion con il capo, e
poi sei più felice, quando stai con lui.
Era vero; le
sembrava di camminare sospesa da terra, vedeva il mondo con occhi nuovi, ogni
cosa le appariva attorniata da una luce diversa, non aveva più paura di
affrontare le difficoltà. Era bello sapere di avere qualcuno su cui contare,
qualcuno con cui condividere gioie e dolori.
Solo in seguito si
era ricordata dello strano sguardo del cugino, compiaciuto, come se conoscesse
una verità che a Sansa sfuggiva.
E il dubbio le si
insinuò con forza durante una pausa al lavoro, quando le studentesse del
comitato organizzativo spettegolavano sui ragazzi. Era così venuta a conoscenza
delle varie cotte, quali storie secondo loro potevano avere un futuro e quali
invece non si sarebbero mai avverate o per la codardia del ragazzo che non
intendeva dichiararsi alla sua bella o per essere un amore non corrisposto.
Sansa si
appassionava alle varie vicende e sperava per le studentesse a lei più care che
il loro sogno d’amore si coronasse. Ma sapeva che la vita non era come le
favole. L’aveva imparato a proprie spese: non tutto quel che è oro, luccica.
Myrcella,
che era la portavoce del gruppo, aveva una relazione con Trystane
Martell, ragazzo bello e popolare, che aveva un corposo seguito di ammiratrici.
La giovane Baratheon era molto bella con i suoi lunghi e ondulati
capelli biondi e due occhi verdi lucenti come smeraldi. Aveva un viso da
angelo, ma la sua lingua poteva diventare tagliente come una lama. Era di
temperamento forte e leale. A Sansa ricordava Cersei
nell’ aspetto esteriore, ma Myrcella possedeva più
grazia e gentilezza rispetto alla madre e a Joffrey. Era una persona di buon cuore, dai sani principi;
Sansa lo aveva intuito da come si comportava con la cugina, era sempre
disponibile ad aiutarla, le voleva molto bene.
Shireen
era graziosa, portava i lunghi capelli chiari sciolti sulle spalle e aveva un
paio di occhi azzurri. Era timida, a volte Sansa aveva l’impressione che avesse
timore di disturbare. Aveva un passo così delicato che quasi non si udiva.
Divorava libri e Sansa le aveva consigliato con piacere diversi titoli.
Era una cara
ragazza, molto dolce, le si era particolarmente affezionata. Aveva appreso –
sempre dalla voce di Myrcella – che Shireen si era presa una cotta per suo fratello, ma non
aveva mai avuto il coraggio di avvicinarlo per parlare un po’. La capiva, in
fondo Bran se ne stava sempre in compagnia di Meera e Jojen; sembravano così
affiatati da non voler nessun altro nel loro gruppo.
Le teenager
osservavano tutto e avevano anche delle opinioni riguardo la vita privata e
sentimentale dei loro professori. Così un pomeriggio il discorso si era
concentrato su Tyrion: c’era chi sosteneva che
potesse essere interessato a tale professoressa di francese e nella mente Sansa
si figurò l’immagine di una bella donna dalla figura slanciata, dalle forme
curve, un caschetto moro e occhi scuri magnetici.
Non conosceva i
gusti di Tyrion in fatto di donne, tuttavia non si
poteva negare che la collega avesse particolare fortuna tra il genere maschile.
E al pensiero che anche il suo amico volesse corteggiarla, sentì un pugno allo
stomaco. Era così sbagliato. Lei lo sapeva, perché lui no?
Cosa
c’è che non va in me?
E la risposta
gliela diede una domenica sua madre a pranzo, commentando quanto era felice di
vederla così entusiasta. Sei radiosa, Sansa, le aveva detto con
dolcezza, per caso ti sei innamorata?
Una domanda
innocente. E Sansa le aveva sorriso, facendo finta di non capire.
Aveva ragione lei?
Era quello che provava? O era semplicemente la primavera?
Non aveva trovato
subito una risposta, ma la possibilità aleggiava nell’aria, la seguiva ovunque
andava, come un uccellino instancabile che non trovava dove posarsi. E presto,
avrebbe trovato il suo trespolo.
Era diventata più
guardinga, quando si trovava in sua compagnia; cercava di analizzare le proprie
reazioni alla vicinanza di lui e scoprì che le faceva uno strano effetto che
non aveva mai provato prima di allora: le veniva la pelle d’oca, rimaneva con
il fiato sospeso, come se aspettasse qualcosa.
Le cose fra loro
erano cambiate? Apparentemente no, ma Sansa lo percepiva il mutamento. Presto
sarebbe successo qualcosa e tutto sarebbe stato diverso. Come fa a
non rendersene conto?
Aveva preso l’abitudine
di osservarlo e spesso si incantava a ammirare la buffa piega che aveva preso
un suo ricciolo, la luce che colorava il verde dei suoi occhi, le mani che
sfogliavano un libro, la curva gentile delle sue labbra che sorridevano.
Quando la coglieva
sul fatto, le rivolgeva uno sguardo curioso e interrogativo, ma non diceva mai
nulla. Dal canto suo, lei voleva sotterrarsi dalla vergogna.
Un bel giorno
Sansa Stark comprese: si era innamorata di Tyrion Lannister.
◊◊◊
Sansa si guardò
attorno: era tutto perfetto. Era tutto in ordine come lo aveva lasciato solo
due ore prima, ma aveva questo strano terrore che qualcosa potesse andare
storto. E non doveva succedere nulla nella sua serata, durante il suo
ballo. Non se lo sarebbe mai perdonato.
Si era fatta
accompagnare un po’ prima per fare gli ultimi ritocchi. Tyrion
era stato così comprensivo, anche se, Sansa ne era certa, trovava tutto quello
eccessivo.
Andò a posare il
dolce che aveva portato su uno dei tavoli del rinfresco, così diede una
sistematina a quello che era fuori posto.
Dopo l’ennesimo
giro, si piazzò al centro della palestra per avere una panoramica complessiva:
le piacque quello che vide. Quello spazio non era mai stato così stiloso.
Abbiamo
fatto proprio un bel lavoro.
Dovevano sentirsi
soddisfatte, lei e le studentesse del comitato organizzativo di eventi
scolastici.
Non vedeva l’ora
di dare avvio all’evento dell’anno. Era solo questione di minuti, non stava più
nella pelle.
All’ora x accese
le luci che infusero un’atmosfera magica alla sala e pian piano la palestra si
riempì di chiacchiere allegre.
Entrando, gli
studenti venivano accolti da un arco di fiori bianchi e blu intrecciati a
nastri con le stesse tonalità. A destra si trovava l’angolino per le foto ricordo,
delimitato da palloncini sospesi da terra sempre bianchi e azzurri.
Sui lati lunghi
della palestra si trovavano diversi tavoli, ammantati da eleganti tovaglie blu
notte ricamate da linee ondulate argentee, sopra i quali si trovava ogni sorta
di pietanze e bevande. Un gruppo di palloncini divideva un tavolo dall’altro.
Il lato opposto
all’ingresso era occupato dal palco; alla parete era appeso un grande
striscione con la scritta: Prom 2021.
Il centro della
palestra era vuoto, perché sarebbe diventata la pista da ballo.
Ma la parte
migliore, a suo parere, era la decorazione del soffitto: era adornato da
numerosi fasci di lunghi nastri bianchi o azzurri che lo percorrevano per tutta
la lunghezza, da cui pendevano alcuni ornamenti a forma di stelle d’argento e
lune d’oro. Qui e là, scendevano gli immancabili palloncini.
Sansa non riusciva
a riconoscere gli alunni; vestiti così eleganti, da sera, sembravano molto più
grandi. E tutti erano bellissimi, i ragazzi nei loro classici smoking, le
ragazze fasciate da coloratissimi vestiti dal taglio differente. Le sembrava di
essere su un set cinematografico di uno di quei film di spie sotto copertura
durante un gala.
Ma sapeva che
durante il suo ballo, non si sarebbe presentato nessun agente della CIA a
rovinarle i programmi.
Che
pensieri che faccio.
Era la tensione,
realizzò. Prese un respiro e si tranquillizzò.
«Prof, ecco
dov’era! Non la trovavo più!» le si avvicinò Myrcella
Baratheon nel suo splendido e appariscente abito
rosso e oro, seguita dalla cugina Shireen in un
vestito più modesto dalle tonalità di verde chiaro. «Ha visto che splendore!
Sarà un successone!»
«Me lo auguro»
commentò lei. E dopo le lunghe settimane di lavoro, se lo meritavano.
E pensare che non
volevano nemmeno organizzarlo.
Così aveva
perorato la causa insieme ad alcune studentesse dell’ultimo anno, fra cui
spiccava la voce di Myrcella. Dopo una dura
battaglia, la scuola aveva concesso il permesso.
Era
ingiusto che questi ragazzi non avessero il loro ballo della scuola.
Era un’esperienza
fondamentale, Sansa ne era convinta. Nella vita ci sarebbero stati altri balli,
era vero, ma nessuno poteva eguagliare quello del liceo. Era una specie di rito
di passaggio.
E forse se l’era
presa così a cuore, perché sotto sotto lo considerava il suo vero ballo:
non aveva ricordi felici di quello del liceo.
Aveva così tanto
sperato che Joffrey la invitasse, già si immaginava al suo braccio camminare
trionfanti tra i loro amici, incoronati re e regina del ballo. Povera
sciocca. Così presa da quei pensieri, non aveva visto la vera natura del
suo ragazzo: era cattivo e dispotico. Le sue amiche l’avevano avvisata, ma lei non
aveva dato loro ascolto. E quando l’aveva lasciata per mettersi con Margaery, a pochi giorni dal ballo, si era disperata, come
se la sua vita fosse finita. I suoi sogni – così stupidi – si erano
infranti.
«Che fate ancora
qui? Su andate a divertirvi!» le incoraggiò bonariamente lei.
Se rimanevano
vicino a lei, si sarebbero solo annoiate. Il divertimento era da tutt’altra
parte, al centro della palestra, non ai margini, dove si era posizionata per
controllare l’andamento della serata. Per fortuna, aveva vicino le sue
adoratissime tortine al limone che le avrebbero tenuto alto il morale. Sperava
che, prima o poi, Tyrion la raggiungesse e le facesse
compagnia. In fondo due paia di occhi ci vedono meglio di uno.
Dopo che l’aveva
accompagnata, non l’aveva più visto. Chissà dove è andato a nascondersi?
Perché Sansa aveva il sospetto che il suo accompagnatore si fosse trovato un
angolino tranquillo dove trascorrere il tempo.
Le aveva rivelato
che il ballo riportava a galla tristi ricordi e allora lei, con semplicità, gli
aveva risposto che era tempo di farne di nuovi e positivi. Per me e per te.
«Ah, Sansa. Sapevo
di trovarti qui» si annunciò Brienne e, con un cenno del capo, indicò il suo
dolce preferito.
«Mi conosci, amica
mia. Sono io quella sorpresa. Non pensavo venissi» le rispose «Ma ne sono estremamente
felice. Cosa ti ha fatto cambiare idea?»
«Jaime. Ci credi?»
Eccome. Non
faticava a immaginare Jaime che seguiva Brienne dappertutto, esasperandola con
la sua continua richiesta di andare insieme al ballo. Certo, lei come
insegnante aveva il dovere di tenere tutto sotto controllo, ma questo non
impediva loro di divertirsi e Jaime aveva tutta l’intenzione di usufruire di
quest’opportunità.
Chi poteva vantare
di aver partecipato più di una volta al ballo di fine anno?
«E dov’è?»
«Da qualche parte
qui intorno. Lo troverò di sicuro o sarà lui a trovare me.»
Per quanto Brienne
volesse far credere che non amasse le attenzioni che Jaime le riservava, si
vedeva lontano un miglio che non potevano stare troppo l’uno senza l’altra.
C’era come una forza che attraeva l’uno all’altra.
«E Tyrion? L’hai visto?» indagò Sansa.
Brienne fece
spallucce; non aveva idea di dove fosse il loro piccolo amico.
Sansa abbandonò la
sua postazione e andò alla sua ricerca. Passò tra gruppi di studenti allegri
che ballavano a ritmo di musica e di altri che chiacchieravano con i bicchieri
in mano. Lo sguardo di Sansa scivolava, febbrilmente, su ogni spazio e persona
presente alla ricerca della piccola figura tanto amata. Ma di Tyrion non c’era neanche l’ombra.
Uscì all’aria
aperta e dopo pochi passi lo individuò, seduto su una panchina a osservare il
cielo.
Se da una parte si
sentì sollevata, dall’altra le montò una leggera rabbia. Lui parve non accorgersi
del rumore dei suoi tacchi sull’asfalto. Solo quando gli si fermò davanti
interrompendo la sua attività, realizzò di trovarsi nei guai.
Seppure avesse
un’ombra scura a indurirle il viso, Tyrion la trovava
bellissima. I lunghi e setosi capelli le scendevano come lingue di fuoco,
ravvivando il turchese del suo abito da sera dallo spacco vertiginoso, da cui
spuntavano le sue lunghe gambe dalla pelle chiara. Per quanto si imponesse di
guardare altrove, i suoi occhi si ritrovavano a vagare su quella pelle scoperta,
fremeva nel toccarla, nello scoprire quale canzone gli avrebbe cantato a lui
soltanto.
Sono
debole. Troppo debole.
E intanto lei gli
stava lanciando uno sguardo di fuoco, contrariata.
«Cosa fai qui
fuori?» gli domandò, quando non ottenne risposta.
«Guardo le stelle.
Mi hanno sempre affascinato e stanotte si vedono magnificamente.»
Non era la
spiegazione che voleva sentire. Sapeva che c’era dell’altro, non avrebbe potuto
nasconderglielo.
«Non ce l’ho fatta
a restare dentro» sospirò, sconfitto. «C’ho provato, devi credermi.»
«Non abbastanza, a
quanto pare» commentò con durezza lei.
Era delusa, lo
vedeva dai suoi occhi che avevano perso un po’ del loro usuale colore brillante
o forse era solo uno scherzo provocato dalla poca luminosità.
Con eleganza, Sansa
gli si sedette di fianco e gli prese la mano fra le sue.
«Tyrion, per favore» lo supplicò soltanto.
In silenzio, la
osservò. Non era una persona insensibile, sapeva essere molto combattiva e
decisa. E lei aveva la convinzione che ce l’avrebbe fatta, che quello sforzo
sarebbe stato ripagato, era qualcosa che doveva fare. Era tempo.
Seppure
comprendesse le sue ragioni, tutte sensate non posso negarlo, e le
avesse promesso di essere presente al ballo, Tyrion
non credeva di avere la forza effettiva di affrontare tutto quello. I suoi
occhi si sarebbero riempiti di immagini di quello che avrebbe potuto essere, la
sua mente avrebbe rivisto il viso di Tysha, avrebbe
provato quella morsa al petto alla notizia dell’incidente mortale della sua
futura moglie.
Come
posso rivivere tutto questo?
Aveva evitato il
ballo come la peste e, prima di Sansa, aveva compiuto un ottimo lavoro: lui e
il ballo avevano viaggiato su due linee parallele.
Era combattuto,
perché desiderava compiacere Sansa, dimostrarle che era davvero
l’uomo forte che credeva lei, ma qualcosa lo frenava: erano le voci maligne di Cersei e di suo padre che gli vorticavano in testa.
Avevano
ragione loro, dopotutto.
E lei lo sorprese,
facendo una cosa inaspettata: gli accarezzò dolcemente il volto. Aveva intuito
il corso nefasto dei suoi pensieri e lo aveva riportato alla realtà, lì da lei.
Per l’ennesima
volta, pensò che lui non si meritava Sansa Stark.
Incantato dal suo
sguardo limpido, infine si risolse. Scese dalla panchina e con ancora la mano
di lei tra la sua, annunciò la propria intenzione.
«Non possiamo
perderci l’elezione del re e della regina del ballo!»
Quando il senso di
quella sua esclamazione attecchì, Sansa si slanciò verso di lui e gli scoccò un
bacio sulla guancia.
Con un sorriso
pieno, si alzò e lo trascinò con sé verso la palestra.
Al loro ritorno
furono avvolti dalle note potenti di musica rock e dalla voce graffiante di Melisandre, la cantante dei Dark Night.
Nonostante le luci
colorate psichedeliche, Sansa ritrovò il suo posto e notò che c’erano ancora le
tortine al limone. Aveva giusto voglia di un piccolo snack.
Per l’intera
performance della band, Tyrion e Sansa si erano
tenuti per mano come se fosse la cosa più naturale del mondo, come se fosse
un’abitudine per loro. Ogni tanto si giravano a guardarsi e si sorridevano,
complici.
Dopo un piccolo
intermezzo del dj Hodor, il palco fu lasciato a Davos
il bidello, vestito di tutto punto, che teneva tra le mani la busta d’oro
contenente il nome del re e della regina del ballo. Era suo il compito di
annunciarlo ai presenti.
«Sono troppo
curiosa» sussurrò, concitata, Sansa. «Secondo te chi sono?»
«Una mezza idea ce
l’ho» gli rispose lui, durante la pausa ad hoc che aveva creato Davos.
La giovane donna
sollevò un sopracciglio, interrogativa, ma prima che potesse formulare la sua
domanda, la voce di Davos si propagò per tutta la palestra, rivelando i tanto
attesi nomi.
«Myrcella Baratheon e Trystane Martell! Su, ragazzi, venite sul palco a prendere
le vostre corone!»
Ci fu un boato,
fra urla di giubilo e applausi. Gli interessati, increduli, si diressero verso
il palco, mano nella mano. Nel tragitto vennero abbracciati da diversi
compagni, strinsero diverse mani e furono inondati da una miriade di complimenti
e congratulazioni, ragazzi!
Mentre Davos
posava le corone sulle loro teste, Sansa non poteva trovarsi più che d’accordo
con quella scelta: chi poteva essere più regale di Myrcella
e Trystane?
Sembravano nati
per quello, sapevano stare al centro dell’attenzione con disinvoltura ed
eleganza, erano bellissimi e molto popolari tra gli studenti.
Erano
semplicemente radiosi, mentre venivano investiti da una pioggia di coriandoli e
lustrini d’oro.
«Il primo ballo
del re e della regina!»
Con grazie, la
coppia scese dal palco e si posizionò al centro della palestra per il loro
lento.
Erano incantevoli
e innamoratissimi, non si staccavano gli occhi di dosso, vivevano nel loro
mondo.
Il
loro sarà un amore duraturo, me lo sento.
Sansa non poteva
non credere nell’amore, quando davanti agli occhi aveva un esempio di tanta
felicità e bellezza.
Un
giorno, avrò anch’io la mia favolosa storia d’amore.
E la sua mente
corse a Tyrion, a pochi passi da lei. In quelle
ultime settimane era stata molto occupata nella preparazione del ballo, ma ora
poteva fare la sua mossa. Doveva smuovere un po’ le acque, per testare il
terreno.
Pian piano altre
coppie si aggiunsero in pista accerchiando il re e la regina e a Sansa venne
un’idea.
Si voltò verso il
suo accompagnatore e con dolcezza gli fece una richiesta.
«Mi concederebbe
questo ballo, mio signore?» e gli tese una mano.
Tyrion
parve terrorizzato, il suo sguardò andò più volte dalla sua mano
all’espressione invitante del suo viso, come se si attendesse che gli venisse
rivelato che era tutto uno scherzo.
«Sei seria» annotò
in seguito. «Non credo sia una cosa saggia.»
«Perché? Per la
nostra differenza d’altezza?»
«Saremmo quanto
meno ridicoli, lì in mezzo» spiegò con ovvietà.
Pensava che lo
avrebbe umiliato fino a tal punto?
«Ma io non voglio
andare in pista. E ti prometto che non sarà così terribile» e, mentre lo
diceva, la vide togliersi le scarpe e inginocchiarsi, portando il volto al suo
livello.
Capì le sue
intenzioni.
«Ma così non è un
ballo!» protestò.
Sembrava che si
aggrappasse a qualsiasi obiezione, come se non esistesse un compromesso, una degna
soluzione. Come se loro non avrebbero mai potuto ballare insieme. E lei lo voleva,
un ballo con lui.
«Tyrion, è un lento» gli disse, mentre allungava le sue
braccia per posarle sulle spalle di lui. «È come un abbraccio, in fondo.»
«E quindi ce ne
stiamo qui, abbracciati a ritmo di musica?» chiese, incredulo.
Davvero, non
capiva.
«Sì» gli rispose
con semplicità e aggiunse: «Nessuno farà caso a noi.»
Osservò i suoi
occhi e rimase colpito dalla sua determinazione: lei voleva davvero quel ballo
insieme a lui.
Come
posso rifiutarglielo?
In fondo al cuore
sapeva che per lei avrebbe fatto di tutto, anche conquistare la luna, se solo
glielo avesse chiesto.
Sono
messo davvero così male. La mia vita è tua, Sansa. Puoi fare di me ciò che
vuoi.
Infine le posò le
mani sui fianchi, avvicinandosi al suo corpo.
Il viso di lei si
illuminò di felicità.
Basta
così poco? Si meravigliò.
Non si era mai
trovato così vicino a Sansa come in quel momento e registrò nuovi dettagli che
lo avrebbero lasciato sveglio per diverse notti, come il suo profumo delicato,
la dolce linea del mento, la pelle così invitante del suo lungo collo, il
calore che emanava la pelle dei suoi fianchi fasciati dal lungo vestito.
Sansa era così
emozionata, sentiva le farfalle nello stomaco. Gli era grata per questo dono,
era una gioia sentirlo così vicino.
Poteva immergersi
nel verde di quei suoi occhi sapienti e curiosi, poteva osservare indisturbata
ogni elemento del suo viso e soffermarsi senza vergogna sulle sue labbra. Che
sapore hanno?
Dalle forti
spalle, le sue mani andarono a intrecciarsi dietro il suo collo e le sue dita
catturarono alcuni riccioli biondi.
Il suo naso venne
invaso dal suo profumo, che era forte, ma non cattivo; aveva un qualcosa che
non riusciva a decifrare, ma che le piaceva. E per avere la sua risposta,
avvicinò ulteriormente il volto al suo.
Spinta da una
forza inspiegabile, chiuse gli occhi e posò le sue labbra su quelle di lui.
Era successo tutto
così in fretta che Tyrion, per un istante, pensò di
averlo solo immaginato. Ma la bocca di lei era ancora lì e il suo corpo agì d’istinto,
assaporando quel bacio tanto sognato.
Sta
ricambiando! Sansa era euforica. Non pensò più a nulla,
si lasciò trasportare da quelle nuove e meravigliose sensazioni.
Quando si separarono,
aprì gli occhi e venne accolta dall’immagine della faccia sorpresa di Tyrion. Ancora non credeva a quello che era appena successo.
E la cosa, non
sapeva il perché, le faceva venire da ridere.
«Ma tu…?» era così
emozionato da non riuscire a finire la frase.
Ma Sansa intuì
quale fosse la sua domanda.
Gli sorrise e lo
baciò di nuovo. questa Tyrion le prese il viso tra le
mani e rispose al bacio con passione.
Sperava che tutto
quello che non riusciva a dirle a parole – sono felice che tu prova dei
sentimenti per me; ti amo così tanto, ma non te l’ho mai detto; non posso
credere che ci siamo trovati finalmente; voglio stare con te – Sansa lo
capisse lo stesso.
Ripreso fiato, si
guardarono a lungo in silenzio, contenti.
In futuro, quando
i loro figli avrebbero chiesto della loro storia d’amore, Sansa e Tyrion non avevano dubbi da dove incominciare a raccontare,
avrebbero descritto quel ballo di fine anno che aveva cambiato le loro vite per
sempre.
Ciao a tutti! C:
Sono contenta e
sorpresa nell’essere ritornata a pubblicare in questo fandom.
Devo ringraziare
Vintage per il suo contest “Let’s Cliché” indetto sul
forum di efp.
Ho finalmente
scritto una Sanrion, sono troppo felice. Spero di scriverne
altre in futuro.
Intanto, che ne
pensate?
Come sempre,
critiche, consigli e suggerimenti sono sempre ben accetti.
Grazie per l’attenzione.
Alla prossima! ;)
Selly