Storie originali > Introspettivo
Ricorda la storia  |      
Autore: Freya_Melyor    29/03/2021    15 recensioni
~ Sesta classificata al contest "Storie Alfabetiche" indetto da Lady.Palma sul Forum di Efp ~
Alcuni dolori non si dimenticano, neanche a distanza di anni.
Certe sofferenze rimangono, in qualche modo, presenti; ci perseguitano, benché il tempo passi e la vita vada avanti.
Ma quello che il fato non ci ha permesso di vivere resta a tormentarci, a farci chiedere come sarebbe stato se invece l'avessimo vissuto, a farci porre domande che non riceveranno mai una risposta...
Genere: Drammatico, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Tratto da una storia vera.
 


A te, smarrito viaggiatore


    Accadde una fredda mattina di gennaio quando, all'improvviso, mi svegliai con un'insolita sensazione addosso che mi fece precipitare nella stanza dei nostri genitori. Bastò un'occhiata, un'unica occhiata e il gran sorriso della mamma diede conferma alla mia silenziosa domanda: in un lampo capii che il mio sogno si sarebbe realizzato e che sarei finalmente diventata una sorella maggiore. Come dimenticare la radiosa figura di nostra madre che, seduta sul letto, stringeva tra le mani quello strano bastoncino – o l'emozione che m'investì, la più felice provata fino a quel momento, la più bella nei miei sette anni di vita.
    Decisi, dopo salti e urla di gioia, di fiondarmi fuori dall'appartamento e corsi al piano inferiore, lì dove si trovava la casa dei nonni paterni; non badai all'ora e, benché fosse molto presto, bussai allegramente alla porta, sprizzando contentezza da ogni poro. «È vero,» ripetei loro che, scettici, non seppero dapprincipio se credere alla mie parole «c'è un fratellino o una sorellina in viaggio!».
    Fu difficile, per me, contenere le lacrime di letizia che continuarono a rigarmi le gote per ore, congiungendosi sotto al mento tirato da un persistente sorriso che proprio non voleva saperne di abbandonare il mio volto. Grandi speranze e preghiere avevano accompagnato le mie notti e alla fine, dopo quello che mi era parso un tempo eterno, il mio più solenne desiderio fu esaudito.
    «Hai pensato a qualche nome che ti piace?» mi domandarono la mamma e il papà qualche giorno più tardi, rendendomi costantemente partecipe del lieto evento; sapevano con quanto ardore avessi auspicato di non rimanere figlia unica, e la mia reazione alla gravidanza riempì i loro cuori di maggior gaudio. Immaginarsi se non non avevo pensato a qualche nome!, avevo le idee chiare da un sacco di tempo.
    «Luca» risposi sicura, sperando, dentro di me, saresti stato un maschietto. «Maria Chiara, se invece arriva una femminuccia» conclusi.
    Nelle settimane successive, non persi occasione per annunciare a chiunque che, finalmente, non sarei più stata da sola; che avrei avuto anch'io un Cicciobello in carne e ossa da cullare e accudire, un compagno di giochi che mi avrebbe reso la bambina più felice del mondo.
    Osservavo la pancia della mamma per delle giornate intere, immaginando – nell'innocenza dei miei sette anni – di poter scorgere qualche movimento o di vederla crescere all'improvviso; mi convinsi del fatto che avrei avuto un fratellino e fremevo all'idea di tenerti tra le braccia, di stringerti forte mentre ti tranquillizzavo dai brutti sogni, raccontandoti le favole che da poco avevo imparato a leggere.
    Poi un giorno, non molto tempo dopo, il mondo mi crollò addosso: di ritorno da una visita medica, i nostri genitori mi dissero – con il maggior tatto possibile – che nessun bebè si sarebbe aggiunto alla nostra famiglia, che purtroppo alle volte poteva capitare che il viaggio non andasse a buon fine e che, sfortunatamente, quest'infelice sorte era toccata a te. Quando realizzai l'accaduto, un amaro e disperato pianto mi travolse, scuotendomi le delicate membra di bambina e facendomi parlare a singhiozzi; la mamma, a quella vista, si mise a piangere insieme a me, tentando di consolarmi come poté, ma ancora ricordo i lucciconi che le sgorgarono dagli occhi verdi e il tremore nella voce che non riuscì a mascherare. Rimanemmo strette in un abbraccio che durò tutta la notte, col cuore spezzato dalla sofferenza che provavamo entrambe, confortate dalle carezze del papà. Soffriva, come noi, anch'egli; ciononostante, nel tentativo di essere forte, versò le proprie lacrime in muta solitudine.
    Tornai a scuola con la morte nel cuore, accompagnata dalla mamma che spiegò all'insegnante perché non avessi fatto i compiti, cosa fosse successo; e la maestra – della quale ricordo ancora il nome, il volto e il dispiacere – si commosse nell'ascoltare la stessa situazione che aveva vissuto personalmente tanto tempo prima. Un dolore del genere, ora ne ho la certezza, non si scorda; perdere qualcuno che non hai mai conosciuto fa male anche il doppio, e a tormentarti rimarranno sempre quei se e quelle domande alle quali non riceverai mai risposta.
    Vent'anni sono passati dal giorno più brutto della mia infanzia; venti gli anni che avresti, mio caro Luca – e sì, nonostante siano trascorsi due decenni e io sia cresciuta e maturata, continuo a credere che il crudele fato abbia strappato dalle mie braccia un tenero fagottino azzurro.
    Zittisco ancora gli incubi che ogni tanto tornano ad angosciarmi, o almeno ci provo; sono andata avanti con la mia vita, intessendo una rete di rapporti sociali e amicali che, nel tempo, hanno contribuito a farmi sentire meno sola, ma non ti ho mai dimenticato: nei miei sogni impossibili viviamo in un mondo senza tempo, seduti sulla stessa sedia a dondolo che avevo in cameretta, a leggere una fiaba, stretti in quell'abbraccio fraterno che non ci è stato concesso vivere.

 

   
 
Leggi le 15 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Introspettivo / Vai alla pagina dell'autore: Freya_Melyor