Crossover
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Autore: Mister Mistero    03/04/2021    0 recensioni
Ambientata dopo l’attacco del dottor Stylish alla base dei Night Raid. Cosa accadrebbe se i destini dell’Impero e di una giovane assassina si incrociassero con quello di un cacciatore in cerca delle sue origini?
[Fanfiction crossover tra Akame ga Kill e Bloodborne]
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Anime/Manga, Videogiochi
Note: Cross-over, Lemon, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 2: Uccidi la sete di sangue

L’acqua del fiume scorreva impetuosa, infrangendosi sulle rocce prima di riprendere il suo placido percorso e continuare a scorrere a valle. Sperduto in mezzo al nulla, sulla riva di quel fiume, qualcuno stava in attesa. Un ragazzo abbastanza alto, dai corti capelli biondi e con un paio di penetranti occhi azzurri. In mezzo a quel nulla, osservò quell’apparentemente tranquillo corso d’acqua prima di cominciare a spogliarsi. Pezzo dopo pezzo, egli si tolse ogni suo indumento, rivelando così un fisico asciutto ma allenato. Dopo essersi svestito, a quel ragazzo non rimaneva altro che prendere la sua arma, una comunissima spada rimasta appoggiata su una roccia, prima di tuffarsi in acqua senza esitazione.

Nuotò per qualche minuto, restando immerso completamente mentre piccoli pesci guizzavano attorno a lui. Ma non era per loro che era venuto, ma per qualcosa che non si fece di certo attendere. In lontananza, sott’acqua comparve dapprima un’ombra, che poi divenne nitida appena fu più vicina; una Bestia Pericolosa simile ad uno squalo stava nuotando rapidamente verso di lui. Quel fiume era letteralmente infestato di Bestie Pericolose come quella, e solo pochi audaci come lui si azzardavano a nuotare in quelle acque. Il ragazzo non fece una piega, rimanendo immobile e stringendo la presa sulla spada, facendo avvicinare quel mostro quanto bastava per far sì che fosse a portata della sua lama. La Bestia Pericolosa aprì improvvisamente la bocca in tre sezioni, ingoiando il ragazzo in un sol boccone prima che uno squarcio si aprisse sul suo ventre, tingendo l’acqua tutta attorno di rosso. Da tutto quel sangue ne emerse solo colui che aveva fatto a pezzi quel mostro acquatico, che venne, nonostante la fatica, lentamente trascinato a riva.

«Anche oggi ci siamo guadagnati la cena.» disse, mentre con la spada faceva a pezzi la carne del mostro. «Penso sia il momento di tornare a casa.»

La casa di cui parlava era una piccola baita sperduta in mezzo alla foresta. Dopo essersi rivestito, il ragazzo si mise immediatamente in marcia, tornandoci poco dopo con un sacco pieno zeppo della carne della Bestia Pericolosa appena cacciata. Appena entrò si diresse immediatamente in cucina, preparando tutto l’occorrente prima di cominciare a preparare. Un delizioso profumo di pesce invase immediatamente la stanza; dopotutto, la caccia non era l’unica cosa che sapeva fare bene.

«Spero gradirai una cena a base di pesce.» fece, portandone una scodella in una stanza adiacente, dove un’anziana donna dai lunghi capelli bianchi giaceva a letto immobile.

«Joel...» fece quest’ultima, aprendo gli occhi. «Sei andato di nuovo in quel fiume così pericoloso?»

«Si, ma l’ho fatto per il tuo bene.» disse, abbassando gli occhi. «Madre… io non vorrei farti preoccupare, davvero. Ma da quando sei così, tocca a me occuparmi di tutto.»

Sua madre infatti era stata colpita da una grave malattia, che in poco tempo l’aveva spinta a letto. Era toccato a lui quindi prendere le redini della loro vita, occupandosi della casa e del cibo. La donna sorrise, prendendo la scodella che suo figlio le aveva portato ma appoggiandola sul comodino lì vicino. In quel momento non aveva nessunissima voglia di mangiare.

«Mi dispiace Joel… ma sembra che il mio tempo sia scaduto. Ma c’è un’ultima cosa che posso fare prima di lasciare definitivamente questo mondo.» rispose lei, tossendo poi violentemente. Joel accorse subito, notando che la manica della veste da lei indossata era ora sporca di sangue.

«No! Non affaticarti!»

La donna scosse la testa, e nonostante le proteste del figlio lentamente si alzò dal letto, aprendo un cassetto e togliendoci qualcosa da dentro. Joel vide che cosa la madre aveva in mano: un diario e una chiave.
«Te lo ricordi quando eri bambino? Tutte le domande che mi facevi su tuo padre e sulle nostre origini?»
Joel annuì, ricordando tutte le domande da lui fatte durante la sua infanzia. Non aveva mai conosciuto suo padre, e l’unica cosa che sapeva era che sua madre l’aveva portato nelle terre imperiali da una terra lontana. E nient’altro.
«Bene, è ora che cerchi le tue risposte.»

Quando la madre glieli porse, Joel accettò quasi subito quegli oggetti, chiedendo però cosa significassero. Sua madre non glieli aveva mai mostrati in tutti quegli anni, e il fatto che lo facesse soltanto ora significava solamente una cosa.

«Le nostre origini? Allora sapevi tutto…»

«Certo che lo so.» rispose lei, rimettendosi a letto. «Ma anche se in questo preciso istante ti raccontassi ogni singolo dettaglio… potresti trarne delle conclusioni sbagliate. È ancora troppo presto per te… conoscere tutta la verità.»
Disse, prima di tossire nuovamente.
«Chi lo sa… forse trarrai delle conclusioni completamente diverse dalle mie.»

Chiuse quindi gli occhi, mentre Joel allungava una mano stringendo delicatamente quelle di lei. Una lacrima gli solcò il viso, mentre lei nonostante la sua condizione continuava comunque a sorridere.

«Un giorno vedrai… con i tuoi occhi…»

Quello che Joel non avrebbe mai voluto si realizzò purtroppo pochi giorni dopo. Infatti, sua madre morì durante una delle tante notti, spirando letteralmente nel sonno. Non si poterono contare le lacrime che Joel verso sul corpo esamine della sua genitrice, ma alla fine, dopo aver versato anche l’ultima goccia del suo dolore, fece l’unica cosa per lui possibile. Con le sue mani scavò una buca sul retro dell’abitazione, e, dopo aver preso tra le braccia il corpo senza vita di sua madre, lo depose nella buca da lui stesso creata. Una tomba che venne richiusa in fretta, con solo una lapide improvvisata a testimoniarne la presenza.

“Mi dispiace madre. Vorrei che avessimo avuto un po’ più di tempo.” pensò, mentre si portava una mano al petto, accorgendosi proprio in quel momento di qualcosa che nemmeno ricordava di avere. Nella tasca interna del suo soprabito, infatti, vi erano la chiave e il diario che aveva ricevuto pochi giorni prima. Come d’istinto Joel lo aprì, girandone solo una pagina prima di trovare qualcosa di terribilmente appropriato.

«Preghiera per i defunti.» lesse, spostando poi il suo sguardo sulla tomba davanti a lui. «Come se avessi sempre saputo.»

Non capiva una sola parola di quello che vi era scritto, ma di sicuro quelle frasi dovevano avere un significato. E se sua madre le voleva come ultimo saluto a questo mondo… chi era lui per negargliele? Prendendo fiato, Joel quindi le pronunciò, scandendole con il tono più solenne possibile.

«Réquiem ætérnam donetur tibi
In via praetiosum Sanguine Sanctum.
Habeas faciles deos
Requiésce in pace.
Umbasa.»

Dopo aver pronunciato l’ultima parola chiuse il diario, voltandosi e camminando a capo chino verso la porta di casa. Aveva fatto una promessa a sua madre, e l’avrebbe soddisfatta. A qualsiasi costo.

Una volta rientrato, Joel cominciò a sfogliare il diario, cercando qualche possibile indizio che gli potesse essere utile. La sua ricerca però andò a vuoto, con la quasi totalità delle pagine piena di parole e di simboli incomprensibili. Oltretutto c’era anche quella chiave… Su di essa vi era inciso uno strano simbolo, simile ad un tridente rovesciato e con le punte esterne piegate ad angolo e rivolte verso l’interno. Simbolo ricorrente anche all’interno del diario.

«Non può essere una coincidenza.» si disse, mentre pensava al da farsi. Il diario al momento non poteva essergli d’aiuto, ma quella chiave… forse poteva aprire qualcosa che fino ad ora solo sua madre aveva aperto. Ma cosa di preciso? Ispezionò la casa da cima a fondo, provando la chiave in ogni serratura chiusa che trovava, ma senza successo. Alla fine riuscì a trovare la sua risposta in soffitta, in un misterioso baule con la serratura incisa con lo stesso misterioso simbolo presente sulla chiave. Joel si avvicinò titubante, infilando la chiave nella serratura che lo chiudeva prima di girarla. Il baule si aprì, investendo il ragazzo con una nuvola di polvere prima di rivelare gli oggetti che conteneva. Joel lo svuotò completamente, disponendoli tutti in fila su un tavolo prima di ispezionarli.

Era tutta roba strana, apparentemente inutile. Gli unici oggetti utili erano un fagotto di vestiti impolverati e due armi; una spada lunga con un fodero insolitamente grande e una pistola. Per il resto erano tutti una sequenza di boccette, bottiglie e sacchetti pieni di chissà cosa.

“E sarebbe questo ciò che mia madre nascondeva?” pensò, alzando perplesso un sopracciglio. Prese quindi una delle bottiglie piena di uno strano liquido cremisi. Fu il diario a dargli la risposta; poco prima infatti, mentre lo sfogliava, aveva visto quella stessa identica bottiglia disegnata, con una breve descrizione.

Miscela di sangue acre.
Il suo forte odore attira i nemici.

Anche alcuni degli altri oggetti avevano una descrizione simile. Tra questi un sacchetto pieno di antidoti, a detta del diario capaci di annullare gli effetti di qualsiasi veleno, e una scatoletta pieni di proiettili argentei, definiti “proiettili di mercurio”. Per quanto riguardava le armi invece non vi era alcun indizio in merito. Avrebbe dovuto scoprirli da solo.

Joel prese prima la pistola e poi la spada. La prima sembrava una comunissima arma da fuoco, mentre la seconda…
«È leggera…» disse, stringendo nella mano l’elsa della spada prima di agitarla un paio di volte attorno a sé. Era veloce e maneggevole, un’arma assolutamente perfetta per attaccare rapidamente un nemico.
La cosa strana però era il suo fodero. Sproporzionatamente grande rispetto alla dimensione della spada, senza contare che, appena lo prese, un taglio comparve sul palmo della sua mano.

«Maledizione! È affilato?» imprecò, osservando il taglio da cui spillava sangue. Non vi era motivo perché il fodero di una spada dovesse essere affilato in quel modo. Sempre che non avesse un’altra funzione. L’epifania giunse quasi subito, e incurante del dolore alla mano Joel continuò ad ispezionare quell’arma. Come sospettava il fodero sembrava progettato per incastrarci perfettamente l’arma, che quando lo fece divenne un unico gigantesco spadone. Seppur con fatica, Joel riuscì a sollevarlo, riuscendo a menare giusto un paio di fendenti prima di poggiare pesantemente la lama a terra. Era una lama potente, certo, ma incredibilmente pesante.

«Così era questo che volevi, mamma.»

Se questo era il suo desiderio, allora lo avrebbe esaudito. Prima di abbandonare per sempre quella casa, però, c’era un’ultima cosa che doveva fare. Si mise quindi i vestiti trovati nel baule insieme a tutto il resto: un cappello a tricorno nero, un lungo spolverino grigio, un paio di stivali di pelle marrone e un paio di guanti neri con ornamenti dorati. Con quel nuovo equipaggiamento addosso, Joel uscì finalmente di casa, diretto verso la prima tappa del suo viaggio.

A poche ore di distanza si trovava infatti un piccolo villaggio, luogo che ormai non vedeva da praticamente una vita. Il programma era piuttosto semplice: si sarebbe fermato in quel posto giusto il tempo di riacquistare le forze, mangiare qualcosa e soprattutto trovare qualche incarico adatto a lui. Le sue finanze infatti scarseggiavano, e non poteva di certo raggiungere la Capitale senza l’ombra di un quattrino.

Non ci mise molto ad arrivare, entrando in un villaggio semplice, con case piccole e poche vie disposte nei principali punti d’accesso. Joel infatti impiegò pochi secondi a trovare l’insegna della locanda, verso la quale si diresse con passo spedito; una volta spinta la porta e varcata la soglia si avvicinò al bancone, dove attenderlo vi era il locandiere, una persona che lui e sua madre ben conoscevano.

«Ma guarda chi si vede! Il piccolo Joel!» esclamò quest’ultimo appena lo vide.

L’interessato sorrise, leggermente imbarazzato dall’essere chiamato in quel modo, appoggiando la sua pesante arma al bordo del bancone e sedendosi. «È un piacere rivederti Galhad.»

«Allora, come sta tua madre? È da un po’ che non si vede da queste parti.»

Joel abbassò lo sguardo.
«Lei è… morta l’altro ieri. E io voglio farmi una vita lontano da qui.»

Anche il locandiere sembrava dispiaciuto. Joel però scosse la testa, tentando di cacciar via quei pensieri.

«Ma non siamo venuti qui per parlare di lei. Allora, cos’hai per me?»

Dopo aver ordinato da bere, che gli venne offerto dal locandiere, lo sguardo di Joel vagò rapido per la locanda. Era un posto abbastanza pieno, con molte persone che mangiavano e chiacchieravano rumorosamente, bevendo e cantando a squarcia gola. La sua attenzione però venne attirata da una manciata di persone davanti ad una specie di bacheca, dove erano appesi degli avvisi di qualche tipo.

«Galhad… cos’è quella?»

«È la bacheca degli avvisi. Li sono appese le taglie dei ricercati e le richieste di lavoro più svariate, soprattutto di caccia.» Galhad sospirò. «Vedi, l’Impero è talmente impegnato con l’Armata Rivoluzionaria da non preoccuparsi dei villaggi e delle zone al di fuori della Capitale. Così i committenti si arrangiano come possono, sperando di trovare qualcuno che faccia il lavoro sporco per loro.»

Joel bevette l’ultimo sorso.
«È pur sempre un inizio. Credo che farò un tentativo.»

Lui e il locandiere si salutarono, prima che Joel si diresse finalmente alla bacheca. Lesse attentamente tutti i manifesti, ma solo uno attirò la sua attenzione.

«Una Bestia Pericolosa si sta aggirando nel nostro territorio. Sembra abbia attaccato altri villaggi, e cerco qualcuno che la uccida prima che possa attaccare il nostro.» lesse, insieme al committente e al luogo dell’incontro. Joel sorrise, staccando il manifesto dalla bacheca. Qualcosa gli diceva che poteva essere interessante.

Ci mise un po’ per trovare le informazioni necessarie per recarsi sul luogo dell’incontro, ma alla fine, dopo una giornata di viaggio, riuscì finalmente ad arrivare a destinazione. E quello che trovò non gli piacque per nulla. Le case erano state letteralmente distrutte, mentre i corpi martoriati degli abitanti giacevano per le strade fatti a pezzi con la brutalità più assoluta.

«Mio Dio…» sussurrò, coprendosi la bocca e il naso con la mano, per non sentire l’odore emanato da tutti quei corpi. Era arrivato tardi, e probabilmente chiunque avesse accettato l’incarico avrebbe trovato lo stesso identico spettacolo. Prima di avanzare tirò fuori un lungo pezzo di stoffa di colore rossastro, avvolgendoselo intorno al naso e alla bocca come una mascherina. Ne aveva visto di sangue in vita sua, ma non di certo umano. Avrebbe aiutato a rendere l’odore un po’ più sopportabile.

“Se questa non è opera di una bestia, non so cosa pensare…” pensò.

Mentre passava accanto ad un mucchio di cadaveri, tuttavia, qualcosa gli afferrò improvvisamente la gamba. Joel si fermò, puntando come in automatico la pistola verso chi o cosa lo avesse afferrato; uno degli abitanti era ancora vivo, seppur coperto di orribili ferite dalle quali spillava ancora sangue.

«Sca… ppa…» rantolò quello, sputando sangue e bagnando i piedi di Joel. «Ti… ucciderà…»

Joel lo osservò per lunghi istanti in silenzio. Avrebbe potuto soccorrerlo, chiamare aiuto. Ma in quel momento gli venne in mente solo una cosa.

«Dov’è andato?» chiese. L’uomo a terra fece solo in tempo ad indicare con la mano in una direzione, prima di spirare definitivamente.

Nonostante fosse scosso, Joel non perse tempo, dirigendosi nella direzione indicata dall’uomo, segnata da una lunga scia di sangue. Forse la bestia era ferita… o forse no? In ogni caso Joel seguì quella scia, viaggiando a lungo prima di trovarsi in un posto che mai avrebbe pensato di visitare così presto. La Capitale infatti si stagliava davanti a lui, ma per lui non fu affatto motivo di gioia.

«Maledizione! Se si è veramente diretta verso la Capitale…» imprecò. Se una sola bestia aveva decimato un intero villaggio, cosa avrebbe potuto fare in una città più grande?

Seguì la scia fino ad arrivare alla base delle mura, dove si apriva una grossa crepa anch’essa letteralmente zuppa di cremisi.

“Si è… auto-mutilata per riuscire a passare?” fu quello il suo primo pensiero. A quanto sembrava, avrebbe dovuto cacciare quel mostro direttamente in città.

Come si aspettava, la Capitale Imperiale era di tutt’altra pasta rispetto agli altri villaggi. Le strade erano gremite di gente, che faceva compere nei negozi più svariati. Tutte incuranti di quello che stava accadendo realmente, insieme a guardie e soldati che sorvegliavano ogni strada.

“Come fa un mostro orrendo a nascondersi in mezzo a così tanta gente?” pensò guardandosi intorno. Era talmente concentrato sul suo obiettivo che non si accorse che qualcuno gli stava venendo incontro. Una ragazza dai capelli rosa, infatti, sbatté contro di lui, cadendo a terra.

«Ehi tu? Stai bene?» chiese lui appena se ne accorse, porgendo la mano alla ragazza. Ella lo fissò per qualche istante leggermente spaventata, prima di accettare quel gesto. Joel la aiutò a rialzarsi, e, dopo essersi accertato che non si fosse fatta niente, annuì, dileguandosi tra la folla.

Camminò per qualche minuto, e fu vicino ad un vicolo isolato che quell’odore si ripresentò nuovamente. Odore di sangue. Facendosi coraggio, Joel entrò nel vicolo, e quello che vi trovò quasi lo paralizzò per la paura. L’essere che gli si parava davanti era una creatura alta quasi quanto lui, deforme e quadrupede, dall’aspetto scheletrico e malnutrito, parzialmente nascosto dalla pelle che, staccata dal dorso, gli pendeva addosso come un mantello. Il mostro era intento a cibarsi del corpo di una guardia, spremendolo tra le fauci come una spugna e lasciandone colare tutto il sangue.

«Cosa diavolo sei…?» disse, non avendo mai visto una Bestia Pericolosa come quella. Qualche secondo dopo anche l’essere si accorse di lui, cominciando ad avanzare con passo lento e cadenzato. Fece appena in tempo a sfoderare la spada; dopo aver emesso un forte grido, più simile a quello di una persona che di un animale, la creatura lo attaccò direttamente, scagliandoglisi contro come un ariete. Joel fece appena in tempo a mettere la sua lama fra sé e la creatura prima di venir sbalzato via, volando letteralmente fuori dal vicolo.
La gente in strada lo guardò cadere a terra, cominciando a scappare non appena la bestia assetata di sangue lo raggiunse, tentando di trafiggerlo con gli artigli. Fu solo grazie alla sua esperienza nella caccia che Joel riuscì a rialzarsi in tempo, schivando l’attacco e ponendosi nuovamente faccia a faccia.

«Vuoi la guerra? E va bene, che guerra sia!» esclamò, prima di lanciarsi contro la bestia a lama sguainata. La bestia attaccò di nuovo, stavolta con una spazzata del suo braccio destro. Con sangue freddo, Joel riuscì ad evitarlo abbassandosi, riuscendo a passargli sotto l’ascella e lacerarlo con la lama sul fianco. La bestia urlò di dolore, mentre dalla ferita uscì uno spruzzò non di sangue, ma di una sostanza verdastra che cominciò a emettere vapori. Preso alla sprovvista Joel indietreggiò lontano da quella roba, ma ciò permise alla bestia di afferrarlo con una mano e di sbatterlo contro un muro.

Intrappolato e alla completa mercé del mostro, non poteva far altro che agitare la lama e tentare di liberarsi, ricordandosi solo dopo di avere un’altra arma al suo arco. Con un gesto fulmineo, Joel prese la pistola, puntandola contro il petto della creatura e premendo il grilletto. Il proiettile la trapassò da parte a parte, facendola urlare nuovamente e permettendo a Joel di liberarsi quanto bastava per affondarle la lama nel petto. Con tutte le sue forze la spinse contro l’altro lato della strada, incurante della vetrina di un locale contro cui stavano andando a sbattere.

Con un turbinio di schegge la vetrina venne sfondata, mentre Joel affondava ancora di più la lama nel petto della creatura. Quest’ultima si schiantò dall’altra parte della stanza, mentre Joel si rialzò, venendo fissato dai presenti all’interno di quel posto. Una di queste era la stessa ragazza dai capelli rosa contro cui si era scontrato, che ora lo fissava con le lacrime agli occhi.

«Ho interrotto qualcosa?»
 

Note dell'autore
E rieccoci, dopo tanta fatica, con il secondo capitolo e l’inizio dello scontro con la Blood-Starved Beast. Il nome del protagonista (Joel) è un piccolo tributo al personaggio che Sabaku no Maiku ha creato per la sua run (che consiglio a tutti di vedere), mentre il suo equipaggiamento iniziale è: Abito da Cacciatore completo, Lama Sacra di Ludwig e Pistola da Cacciatore.

Inoltre, prima che qualcuno sfoderi le torce e i forconi, non garantisco la totale correttezza delle frasi in latino della preghiera (nonostante mi sia sforzato per rendere il più corrette possibili). Per chi non lo masticasse, comunque, la traduzione dovrebbe essere questa:

L’eterno riposo ti venga donato
Per il prezioso Sangue Sacro
Possa tu avere propizi gli dei
Riposa in pace.

L’”Umbasa” finale è un'espressione simile al nostro “Amen”, una piccola chicca che i fan di Bloodborne di sicuro riconosceranno. ;) Per il resto, al prossimo capitolo!

 
  
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