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Autore: BALTO97    03/04/2021    4 recensioni
seguito della storia "Jared veste Prada", questa volta al centro non ci saranno le disavventure del povero segretario Misha, sempre più convito che il suo capo sia il diavolo, ma la relazione di Jensen e Jared che tra amore e dolore rivelerà una verità scomoda ma impossibile da ignorare
Genere: Angst, Hurt/Comfort | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Jared Padalecki, Jensen Ackles, Misha Collins
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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1 settimana dopo
 
Se c’era una cosa che Jensen adorava dell’arrivo della bella stagione era poter dipingere fuori, armato della tela che sdraiava sul prato e dei tanti barattoli di vernice passava intere giornate, spesso anche fino a notte fonda a dipingere trasformando il giardino sul retro, completamente isolata grazie alle canne di bambù, in un casino di colori, schizzati ovunque, barattoli vuoti, pennelli dappertutto, come quel giorno.
Il sole splendeva e la temperatura era piacevole, Ramson correva per il giardino inseguendo uccelli e insetti, le povere lucertole che normalmente sarebbero uscite a godersi il lieve tepore primaverile non osavano uscire per timore del cane.
Winston, stanco del sole si alzò dal bordo piscina risalendo le scale arrivando sul patio in legno sistemandosi sotto una delle sedie in ferro battuto con i cuscini bianchi del tavolino dove Jared stava guardando il computer “Hey bello” lo salutò accarezzandogli la testa
 
Il telefono di Jensen, all’improvvisò squillò
Normalmente mentre dipingeva il biondo non si sarebbe fatto mai distrarre dal cellulare, spesso non era neanche necessario che lo mettesse sul silenzioso visto che era talmente concentrato sulla sua tela da escludere il resto del mondo, ma oggi non era uno di quei giorni
 
“è Daniel” disse a Jared prima di rispondere
Daniel Piece, professore universitario e psichiatra esperto in schizofrenia che, ironia della sorte, gli era stata diagnostica quando aveva 20 anni
Daniel era il medico di Jensen e amico fidato di entrambi
“hey Daniel”
“ciao Jensen, come stai?” domandò il dottore
“non mi lamento” rispose il biondo mentre raggiungeva il compagno
“ci tenevo a ringraziarti personalmente per la donazione che hai fatto all’ospedale e anche per il corso d’arte che hai organizzato per i pazienti, erano entusiasti” disse l’altro
“Non devi ringraziarmi per questo” affermò Jensen impostando il vivavoce
“volevo anche parlati di una cosa, abbiamo un appuntamento tra qualche giorno ma volevo parlartene subito… come promesso ho contattato quello psichiatra di Roma, si sta occupando di una terapia sperimentale, ti mando alcuni documenti, fai pure con calma”
“grazie Daniel” disse Jensen prima di riattaccare dopo che il dottore gli ricordò che per qualsiasi domanda poteva chiamarlo
 
Pochi minuti entrambi erano in casa, Jensen, seduto con le gambe incrociate, la schiena appoggiata al divano e il tablet in mano leggeva quello che Daniel gli aveva inviato a proposito della nuova terapia sperimentale per curare le psicosi.
Jared, non volendolo disturbare, si era seduto al bancone della cucina cercando di concentrarsi su un documento ma in realtà era talmente tanto ansioso che continuava a leggere la stessa riga, questo fino a quando Jensen si alzò di scatto e, dopo aver lanciato il tablet sul divano, a grandi passi si diresse di sopra.
Arrivato a metà strada, l’altra sé con la schiena appoggiata la muto, il solito pullover a collo alto nero e la sigaretta in mano ironicamente domandò “qualcosa di interessante?” con un sorriso beffardo
In compendo Jensen gli restituì un’occhiataccia “fottiti stronzo!” affermò passandogli oltre per andare in camera  
Il tutto sotto lo sguardo confuso di Jared che, dopo aver sentito sbattere la porta sospirò, aveva davvero sperato che questa volta il compagno potesse convincersi o anche solo prendere in considerazione una terapia
Decise di lasciargli qualche minuto ma nel frattempo non riuscì a trattenersi dal leggere i fascicoli che Daniel gli aveva mandato.
Alcuni dettagli, specialmente quelli più tecnici non riuscì a comprenderli ma altri prima lo incuriosirono per poi lasciarlo a bocca aperta; aveva già sentito parlare di psicochirurgia, ricordava che Daniel ne aveva parlato, come tecnica usata in caso che le terapie convenzionali non funzionino ma non aveva mai letto niente di così specifico in proposito
A quanto pare, attraverso un’operazione, si vanno a modificare alcune parti dei lobi frontali
Dopo una dettagliata spiegazione della procedura chirurgica il giovane iniziò a leggere le varie conseguenze che la terapia comportava e ad ogni parola che leggeva restava sconcertato nello scoprire quanto l’intero processo fosse difficile.
 
Era arrivato quasi alla fine quando il telefono squillò, era Jeff, il commerciante d’arte di Jensen
“Jeff” rispose in tono allegro
“Jared! Come va bello? Jensen?” rispose l’uomo con tono altrettanto pimpante, in sottofondo erano riconoscibili alcuni rumori della strada, come macchine e altro
il giovane sospirò “non è un buon momento” rispose lanciando un’occhiata al piano di sopra
“capisco” affermò Jeff, naturalmente anche lui sapeva cosa volesse dire avere una brutta giornata. “potresti dirgli che passerò tra 3 giorni per i quadri da portare a Chicago?” chiese
“certo” rispose Jared
Il commerciante stava per salutarlo quando, come fosse stato colpito da un’illuminazione esclamò
“ah, quasi dimenticavo, so che a Jensen non piace parlare con i giornalisti ma questi sono di una rivista scientifica, vorrebbero fargli qualche domanda, gli ho parlato e credimi sono rimasti davvero colpito dal suo lavoro”
“una rivista scientifica?” domandò leggermente confuso,
“non avevano mai incontrato un pittore con la schizofrenia e lo adorano, dicono che è incredibile, davvero sono entusiasti” spiegò l’altro
e Jared non riuscì a trattenersi dall’affermare in modo quasi aspro “gli piacciono i quadri o che li abbia schizofrenico?” ma si pentì quasi subito di averlo detto, era il fan numero 1 di Jensen e odiava sapere che certe gente andava alle sue mostra pensando che i quadri fossero belli solo perché era stato uno con una “difficoltà” come la sua a farlo, manco li avesse fatti un elefante con la sua proboscide
“che intendi?” domandò infatti Jeff
il giovane sospirò passandosi una mano nei capelli borbottando “no… no niente”
“Jay, ho capito quello che vuoi dire, Jensen mi ha accennato qualcosa sulla nuova terapia” affermò il commerciate d’arte
“onestamente credo che non dovrebbe fare niente, certo magari qualche farmaco per evitare di parlare da solo… senza offesa” aggiunse
“Jeff la terapia potrebbe aiutarlo” replicò il giovane attento a mantenere un tono basso
“Jared fidati, per esperienza so che quella merda di farmaci antipsicotici sono uno schifo, certo ti fanno smettere di pensare che ci sia un uomo nelle tue prese d’arie, ma ti spappolano il cervello e poi…” ci fu un sospiro “a Jensen non servono farmaci che lo stordiscano o operazioni per fulminare il cervello”


Jared stava per rispondere quando all’altro capo del telefono lo sentì urlare
“FOTTITI STRONZO CHE CAZZO HAI DA GUARDARE!”
“Jeff” lo chiamò con tono gentile, adorava Jeff, era allegro, senza peli sulla lingua e un vero amico per Jensen, ma spesso i suoi problemi venivano fuori e allora l’unica cosa che potevi fare era chiamarlo per nome e cercare di riportarlo alla realtà
“sto bene, uno non può parlare al cellulare che tutti si sentono in diritto di fissarlo” sbuffò l’altro, poi ci un un’altra pausa
“Jared io e te lo conosciamo molto bene e anche se in modo molto diverso lo amiamo, lui mi capisce, è l’unico con cui mi sia mai aperto davvero… e tu… bè non sono gay ma fidati, posso capire perché lo ami” affermò facendolo sorridere “Jeff”
“fidati Jared, ci ho provato a farmelo venire duro per lui ma niente”
“Jeffrey!” quasi urlò Jared dopo quello che aveva sentito mentre l’uomo al telefono rideva
“Jared” affermò Jeff tornando serio “non pretendere che diventi qualcuno che non è”
il giovane scosse la testa confuso e leggermente indignato “io non voglio che cambi”
“sul serio?” domando Jeffrey per aggiunse un “devo andare, stammi bene” e riattaccò
 
Qualche minuto dopo Jared era fuori dalla porta della loro camera da letto
“hey” chiamò bussando “posso entrare?”  e aprendo lentamente la porta
 
Jensen, seduto contro la testiera di pelle nera imbottita del letto sospirò “psicochirurgia” sospirò
“forse dovrei farlo” continuò
Il giovane, appoggiato allo stipite della porta scosse la testa poi, con passi lenti, entrò nella stanza
“lo vuoi davvero?” domandò sedendosi su un piccolo baule nero ai piedi del letto
l’altro scosse la testa nascondendosi il viso tra le mano mormorò “non lo so più nemmeno io Jay…”
 
Il giovane non sapeva cosa dire, o meglio come iniziare il discorso ma non ce ne fu bisogno, con un scatto Jensen si alzò e urlando “FIGLIO DI PUTTANA!” con il braccio rovesciò la lampada del comodino facendola cadere insieme alla sveglia e ad cornico con una loro foto.
Jared automaticamente portò la mano avanti ma il biondo si allontanò portandosi le mani nei capelli dicendo “la odio! Odio tutto questo! Odio questa fottuta cosa!”” con gli occhi lucidi, il labbro inferiore tra i denti e le gambe che tremavano mentre si lasciava ricadere per terra con le ginocchia al petto
“perché?!” domandò passandosi una mano nei capelli “a volte, giuro, vorrei così tanto che sparisse”
Dopo quest’altra triste affermazione Jared lo raggiunse sul tappeto sedendoglisi davanti dicendo con tono convinto “se non fosse stato per lei tanto per cominciare non avresti mai lasciato il Texas” per poi aggiungere
“Non saresti mai venuto in Canada e non ti saresti mai trasferito in quell’appartamento” aggiunse mentre Jensen alzava leggermente il viso per guardarlo confuso mentre continuava “e probabilmente non saresti mai stato in quella lavanderia… io non ti avrei mai incontrato e non mi sarei mai innamorato di te!”
Ora anche Jared aveva gli occhi lucidi e proprio come Jensen lasciava che una lacrima gli scorresse libera sulla guancia “la tua schizofrenia ci ha fatto incontrare… ti rende unico!” disse accarezzandogli il viso “ti rende la persona fantastica che sei e un artista incredibile”
“non ti voglio diverso… io voglio te”
 
Usando il polsino della felpa per asciugarsi il viso il biondo non riuscì a trattenere un sorriso carico di emozioni “grazie Jay” mormorò guardandolo con i suoi bellissimo occhi verdi ancora lucidi
“non devi mai dirmi grazie amore mio” rispose il giovane cingendogli il viso con le mani accarezzandogli gli zigomi dove nuove lacrime stavano scorrendo poi si avvicinò fino a quando le loro labbra non si sfiorarono “ti amo” chi dei due lo disse per primo non era importante
 
Il giorno dopo
 
Jensen non alzò neppure lo sguardo dal quaderno quando l’altro sé, seduto sulla poltrona con tra le mani un panino farcito da cui strabordavano maionese e salsa barbecue, con tranquillità continuò la conversazione che avevano iniziato quando il biondo si era seduto sul divano dopo aver passato la mattina e gran parte del pomeriggio nel suo studio sdraiato per terra a dipingere su una tela grande quasi quanto il pavimento “che ne pensi di un quadro che raffigura il decadimento di una scultura”
“che è banale” rispose Jensen continuando a disegnare
“dicevi così anche della mia idea sul realismo eppure ha avuto successo” replicò l’altro con uno sbuffo
“la tua idea?!” domandò quasi divertito Jensen guardando sé stesso, almeno uno dei suoi tanti sé che ogni tanto si presentava
Ma tra tutti questo era sicuramente il più particolare; aveva una cresta blu e rossa e i capelli rasati sui lati, il tatuaggio di uno scorpione stilizzato sul collo e una maglietta gialla con scritto a gradi caratteri “sai leggere”, un kilt a scacchi verde scuro, piercing al naso, pizzetto e molta matita sotto gli occhi; si era chiesto spesso cosa avrebbe pensato Jared se avesse visto questa parte di lui così tanto eccentrica
“ti ricordo che tu vieni da qui dentro” disse indicandosi la testa “le mie idea sono le tue idee e sono sicuro che nessuno la prenderebbe bene se iniziassi a ringraziare una sedia vuota” aggiunse
 
“hey” disse Jared rientrando in casa seguito dai cani che scodinzolavano felici, ogni volta che il loro giovane padrone restava a casa e giocava con loro in giardino era davvero un bel giorno
“perché non accendiamo il barbecue stasera” disse mentre recuperava dal frigo un cartone di succo di frutta e due bicchieri “stavo anche pensando che potrei invitare i ragazzi domani sera, per la partita, ti andrebbe bene?” domandò ma tanto sapeva che Jensen adorava i suoi amici, o meglio li tollerava visto che Rob e Richard poteva essere davvero casinisti, rumorosi e con poco tatto.
 
“resteremo di sotto e potremmo ordinare una pizza” aggiunse raggiungendolo sul divano e porgendogli il bicchiere di succo mentre l’altro annuiva “sarà divertente”
Il giovane sorrise sedendosi sul divano svuotando il bicchiere, abbracciando per le spalle e lanciando un’occhiata veloce al disegno ma gli bastò uno sguardo per accorgersi che Jensen sembrava leggermente distratto, quasi pensiero con lo sguardo perso davanti a sé
Dal giardino l’aveva visto parlare da solo, ridere e sbuffare proprio come se stesse parlando con un vecchio amico e, proprio come quando si erano conosciuti, l’aveva trovato naturale, non ci trovava niente di strano nel fatto che il suo ragazzo stesse parlando con una versione di sé stesso.
Perché Jensen era Jensen e lui lo amava.
 
“tutto bene?” chiese accarezzandogli la spalla
Il biondo, continuando a guardare davanti a sé annuì mentre l’altro sé annuiva a sua volta, sapeva lancio anche una breve occhiata al suo solito amico, vestiti di nero con la sigaretta in bocca, nell’angolo in fondo della stanza, con la schiena contro muro, le gambe accavallate e il viso illuminato solo sul lieve bagliore arancione della sigaretta.
Non sapeva da quanto tempo era lì che lo osservava, ma effettivamente, Jensen si rese conto che non gli importava, voltandosi verso Jared sorrise lasciandosi andare contro il sui fianco sospirò beatamente
“è tutto perfetto”
 
 
 
 
Ciao a tutti!
Siamo arrivati alla fine di questa storia così, definiamola, “particolare” e voglio ringraziare di cuore tutti coloro che hanno trovato il tempo per leggerla e commentare, davvero grazie <3
 
Ci tenevo a chiarire giusto un paio di cose sulla patologia di cui ho parlato nella mia storia;
la Schizofrenia, come molti sapranno, è una malattia psichiatrica che comporta allucinazioni e deliri di vario tipo. ( per chiunque sia interessato, per la scuola o per mero interesse personale a sapere qualcosa di più su questa malattia così interessante non esiti a contattarmi J sarà un autentico piacere per me <3)
 
Il mio intento con questa fiction era mostrare come una persona schizofrenica attraverso una terapia psicologica a farmacologica, possa godere di una vita assolutamente normale, piena e appagante.
Voglio davvero sensibilizzare coloro che ancora oggi pensano che chi soffre di una malattia psichiatrica sia “Matto” “fuori di testa” “da rinchiudere”
Pensare questa cose è proprio come credere che gli americani siano tuti obesi e gli italiani tutti mafiosi… stereotipi vecchi nati da una mentalità chiusa e spaventata
Chi è schizofrenico, nevrotico, psicotico non è un alieno, un indemoniato da rinchiudere, un pazzo pericoloso …. Volete una prova?
 
Il grande pittore Van Gogh, si tagliò un orecchio per far sparire le voci che gli urlavano in testa, eppure ogni giorno milioni di persone rimangono affascinate dalla sua meravigliosa arte
 
L’autore Allan Poe, schizofrenico autore di romanzi come “Il corvo”
 
Il musicista a compositore Jazz Tom Harrell e, sempre nel mondo della musica, il cantante dei Pink Floyd Syd Barret
Ecc… ecc… ecc…
 
Spero caldamente che queste mie piccole considerazioni se non altri siano servite a dimostrare come grandi menti del passato, e di oggi, ad un certo punto della loro vita sia siano sentiti dire di non essere normali
Concludo rinnovando i miei ringraziamenti e aggiungendo una citazione
“non ci fu mai grande ingegno senza un pizzico di follia”
Aristotele 
   
 
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