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Autore: evil 65    04/04/2021    12 recensioni
Sono passati tre anni dalla sconfitta di King Ghidorah.
Ormai a capo degli Avengers, Peter Parker cerca di guidare la prossima generazione di eroi verso il futuro, mentre sempre più superumani cominciano a comparire in tutto il mondo.
A diversi anni luce di distanza, Carol Danvers riceve una trasmissione di emergenza dal pianeta Exif, proprio mentre Norman Osborn annuncia la creazione di una nuova arma il cui scopo sarebbe quello di proteggere la Terra dalle minacce aliene.
Al contempo, Wanda Maximoff e Stephen Strange si recano nei pressi della città natale di Capitan Marvel, Harpswell, dove sembra stiano accadendo diversi fenomeni paranormali…
( Sequel di Avengers - The King of Terror )
Genere: Drammatico, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Carol Danvers/Captain Marvel, Doctor Stephen Strange, Peter Parker/Spider-Man, Wanda Maximoff/Scarlet Witch
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Avengers Assemble'
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Eccovi un nuovissimo capitolo!
Vi auguro una buona lettura...e una Buona Pasqua!




Capitolo 4

Ciò che avviene nelle centinaia di macelli che operano negli Stati Uniti è praticamente sconosciuto.
Le poche informazioni a riguardo vengono principalmente da ciò che riescono a documentare i gruppi animalisti che vi compiono incursioni clandestine. Per il resto, gli allevamenti e i mattatoi sono autentiche istituzioni totali tenute fuori dallo sguardo della società.
Ogni informazione è coperta, non c'è nemmeno la mediazione del ceto giornalistico, anch'esso bandito da simili luoghi, se non per riprese e servizi embedded che vanno a vantaggio delle aziende coinvolte nella gestione, segregazione e morte degli animali.
E chiunque detieni il controllo di questi impianti…è praticamente il re di un mondo separato.
Quindi sì,Charlie Cox – capo del mattatoio di Harpswell - amava decisamente il suo lavoro, per quanto sapesse che non gli avrebbe mai fatto guadagnare le attenzioni di una donna. Poco male, perché ormai stava attraversando quell’età in cui questioni come l’amore perdevano di qualunque significato.
Entrando nello stabilimento, l’uomo venne subito accolto dall’odore familiare di sangue secco e carne in lavorazione. Ma c’era anche…qualcos’altro. Un aroma altrettanto familiare…eppure diverso: sangue fresco.
Bill inarcò un sopracciglio.
Aveva lavorato nel mattatoio abbastanza a lungo da riconoscere la differenza tra sangue secco e quello appena versato…e non ricordava che oggi avrebbero inviato al macello un nuovo capo di bestiame.
Che se lo fosse davvero dimenticato? Forse aveva anche raggiunto quell’età in cui la mente cominciava a fare cilecca.
<< Sta arrivando della carne un po’ dura, ragazzi. Se le vostre lame sono da affilare, fatelo sapere prima di… >>
Si bloccò di colpo.
C’erano…decine di corpi distesi a terra, e a giudicare le loro condizioni erano sicuramente morti da poco. Ma non erano affatto mucche…bensì esseri umani. Più precisamente, lavoratori del mattatoio che conosceva da una vita.
<< Che diavolo? >> sussurrò, mentre li scrutava da capo a piedi. Avevano tutti i volti congelati in una maschera di orrore e sorpresa, con il ventre squarciato e i vestiti inzuppati da una sostanza rossa.
All’improvviso, un suono gracchiante risuonò alla destra di Bill.
<< Eh eh, scusa >> disse una voce che inviò un freddo brivido lungo la spina dorsale del lavoratore.
Questi si voltò di scatto…e i suoi occhi si posarono sull’esile figura di uomo dai folti capelli rossi. Nelle mani, reggeva qualcosa da cui stavano zampillando copiose quantità di sangue: una testa.
<< Avevamo fame. Tutto questo sangue…è come stare a casa >> disse lo sconosciuto, le labbra arricciate in un sorriso nostalgico.
Charlie deglutì a fatica, ma cercò di mantenere i nervi saldi e avvicinò il walkie-talkie alla bocca.
<< Sono Charlie, della macellazione. Chiunque sia in ascolto, avvertite la polizia di un intrusione >> sussurrò, sperando che questo avrebbe spaventato il mostro in pelle umano che aveva di fronte.
Cletus lo scrutò curiosamente, in silenzio, e l’uomo si ritrovò a fissare in un paio di pozzi neri ricolmi di un’oscurità primordiale. Erano gli occhi più terrificanti che avesse mai visto. Gli occhi di un serial killer.
<< Sai una cosa?>> disse lo sconosciuto, come se stesse semplicemente parlando del tempo << Non disturbarti. Lo prendo io. >>
Charlie sentì un altro brivido lungo la schiena.
<< P-prendi cosa? >> chiese con voce strozzata.
Il sorriso di Cletus si fece più grande. Al contempo, una sostanza rossa e filamentosa cominciò a ricoprire il suo corpo.
<< TUTTO! >> esclamò, mentre il mondo attorno a Charlie sembrò esplodere di rosso.

 
                                                                                                                          * * *
 
Wanda Maximoff attraversò la strada a tutta velocità, cercando di ignorare il clacson delle macchine. Era in ritardo, lo sapeva bene, ma sperava che quel giorno sarebbe riuscita a dare la colpa alla pioggia.
Raggiunto il numero 222 di Baker Street, fece un rapido movimento con le mani e la serratura del portone si sbloccò subito.
Una volta entrata, la giovane donna si guardò rapidamente attorno, cercando di non soffermarsi sugli innumerevoli manufatti e pezzi d’antiquariato presenti nel salotto.
Sembrava essere deserto.
Sospirando di sollievo, Wanda si tolse lo giacca e la posò sull’attaccapanni posto vicino all’uscio.
Girò la testa…e i suoi occhi incontrarono quelli azzurri e penetranti di Stephen Strange, seduto comodamente sull’unica poltrona presente nella stanza.
<< Sei in ritardo >> affermò con tono di fatto, e la strega dovette fare appello a tutta la forza di volontà che aveva in corpo per non roteare gli occhi.
<< E tu non sei mia madre >> ribattè impassibile, mentre puliva le scarpe sul tappetino per la pioggia.
L’uomo si limitò a sorridergli.
<< Sono il tuo maestro >> disse con una scrollata di spalle << Credimi, è praticamente la stessa cosa. >>
Questa volta, la donna si ritrovò incapace di trattenere uno sbuffo. << Cercherò di essere più puntuale. Contento? >>
<< Wanda… >>
<< Allora, che cosa mi insegnerai oggi? Qualche nuova evocazione? >> chiese come se non lo avesse sentito.
Lo stregone sospirò stancamente. << Wanda… >>
<< Forse qualche trasmigrazione? >> continuò, per poi arricciare il volto in una smorfia << Ti prego, non dirmi che dovrò fare altra meditazione. L’ultima volta ci è mancato poco che distruggessi la casa. >>
<< E io ti sono grato per averla lasciata intatta…per lo più >> aggiunse, ricevendo in cambio un rossore imbarazzato << Ma non è di questo che voglio parlarti. >>
Si alzò dalla poltrona, e subito un mantello scarlatto si materializzo alle sue spalle, avvolgendolo come una coperta. Poi, camminò fino a lei e prese a scrutarla con un espressione molto seria.
<< Sono il tuo maestro da quasi tre anni, ormai… >> cominciò con un tono di voce che suonava stranamente solenne << E in questo tempo ti sei certamente dimostrata un’apprendista degna delle mie attenzioni >>
Wanda sbuffò un’altra volta, senza però nascondere un sorrisetto divertito. << Degna delle tue attenzioni? Sul serio? >>
<< Non interrompermi >>
<< Sì, sensei >> ribattè con sarcasmo.
Sul volto dello stregone andò a dipingersi un cipiglio irritato, ma solo per qualche secondo.
Prese un respiro profondo e continuò: << Come stavo dicendo…ti sei dimostrata un allieva a cui valga la pena insegnare. Tuttavia, negli ultimi mesi non ho potuto fare a meno di notare un certo…peggioramento per così dire. >>
La strega corrucciò la fronte.
<< Oh, andiamo. Dimmi una sola volta in cui ho mostrato “segni di peggioramento” >> disse con tono di sfida.
Stephen non si lasciò certo intimidire e incrociò ambe le braccia davanti al petto.
<< Questa è già la settima volta che arrivi in ritardo a lezione >> rispose impassibile.
La donna schioccò la lingua. << è solo un periodo stressante… >>
<< Ho percepito diversi picchi di magia caotica provenire dal tuo appartamento. >>
<< Probabilmente avevo un raffreddore >> ribattè con un gesto sprezzante della mano.
A quel punto, l’espressione sul volto di Strange si fece molto più cupa. Wanda ne fu subito intimorita, ma cercò di mantenere un atteggiamento risoluto.
Non era più una ragazza alle prime armi. Non si sarebbe lasciata intimidire dall’uomo che negli ultimi tre anni le aveva insegnato tutto quello che sapeva…
Quando quella consapevolezza la raggiunse, ecco che il cuore cominciò a batterle molto più in fretta. Forse avrebbe dovuto prendere questa conversazione un po’ più seriamente…almeno per ora.
<< Ho dovuto cancellare tre volte la memoria dei tuoi inquilini >> continuò Strange, avvicinandosi ulteriormente a lei << Stanno avendo incubi, Wanda. I TUOI incubi.  Ci è mancato poco che uno di loro si buttasse dal cornicione del palazzo. >>
Wanda distolse lo sguardo, sembrando molto più vulnerabile.
Lo sguardo di Stephen si addolcì.
<< Quindi te lo chiedo di nuovo: c’è qualcosa che vorresti dirmi? >> chiese con un tono di voce più gentile, mentre le prendeva delicatamente una mano.
Wanda deglutì silenziosamente.
Era tipico dell’uomo passare dalla modalità insegnante a quella di confidente senza nemmeno darle il tempo di registrare la cosa. Ancora oggi non sapeva se lo facesse per destabilizzarla o semplicemente perché aveva una bassa comprensione delle interazioni sociali. Vista la sua personalità, avrebbe optato per la seconda ipotesi.
La strega prese un respiro profondo e tornò a fissarlo dritto negli occhi.
<< Ho solo una strana sensazione, tutto qui >> rispose in un modo che sperava fosse convincente << Mi sento…come se stia per accadere qualcosa di terribile. E credo che la mia magia lo percepisca… >>
Si fermò di colpo e scosse la testa. << Probabilmente sono solo paranoica. Ci stiamo avvicinando a quel periodo dell’anno, no? >>
<< Quale periodo? >> chiese Strange, visibilmente confuso.
Wanda arricciò le labbra in un sorriso ironico.
<< La festa del papà. Sai, genitori morti e tutto il resto…Ho una bella vagonata di ricordi traumatici che aspettano solo di farsi sentire >> spiegò con una scrollata di spalle.
Strange sbuffò. << Oh, ci sono passato. I padri possono essere difficili. >>
<< Avevi problemi col tuo? >>
<< Mi ha trasmesso un tick ereditario. E per tick intendo “whisky” >> aggiunse con un sorrisetto, per poi avvolgere le braccia attorno all’esile figura della donna << Buona festa del papà, Wanda. >>
<< Anche a te, caro >> borbottò lei, sorridendo nella sua veste blu.
Si separarono e rimasero in un confortevole silenzio per qualche secondo.
Poi, con grande sorpresa di Wanda, l’uomo si porse in avanti e cominciò a scrutarla in volto.
<< Ehm…Che stai facendo? >> chiese, cercando di trattenere un altro rossore imbarazzato.
Se era consapevole del suo disagio, lo stregone non lo diede a vedere. Semplicemente sollevò un dito e lo fece oscillare da destra a sinistra davanti al viso della donna.
<< Solo qualche piccolo esame >> rispose, e la strega si sentì invadere da una sensazione di sollievo…mista a qualcos’altro. Sembrava quasi delusione, ma scacciò subito il pensiero con uno schiaffo mentale.
<< A volte dimentico che sei un dottore >> borbottò, mentre l’uomo le tastava le palpebre.
Fatto questo, si tirò indietro e disse: << Come chirurgo praticante da quasi trent’anni…beh, mi ritengo profondamente offeso. >>
<< La prossima volta sarò più delicata >> ribattè l’altra con un ghigno << Il verdetto? >>
Stephen le afferrò il polso e mise due dita sulla vene principale.
<< Pupille dilatate, occhiaie, battito accelerato…mostri i chiari segni di una persona che ha bisogno di dormire di più >> disse dopo qualche attimo di silenzio.
La strega inarcò un sopracciglio. << Wow, non ci sarei mai arrivata. La tariffa è detraibile dalle tasse? >>
<< Solo per gli amici… >>
L’uomo non ebbe la possibilità di terminare la frase.
Un forte trillo, simile ad un allarme, cominciò a risuonare per tutta la lunghezza del salotto, sorprendendo la coppia.
Al contempo, il pavimento al centro della stanza si aprì…e cominciò a fuoriuscirne qualcosa. Una specie di enorme mappamondo in legno, sopra cui spiccavano milioni…no…miliardi di piccole luce dorate.
E sulla zona che corrispondeva allo stato del Maine, in Nord America…un bagliore scarlatto.
<< Che succede? >> chiese Wanda, mentre si avvicinavano al mappamondo.
Stephen non rispose e cominciò a scrutare attentamente la spia luminosa sull’oggetto.
<< Qualcosa di anormale >> sussurrò, il volto ora contratto da un cipiglio preoccupato.
Fece alcuni rapidi movimenti con le mani, e presto una serie di rune dorate prese a volteggiare al di sopra della lucina.
Rimasero lì per un po’, fino a quando il loro colore non cominciò a passare da un giallo acceso ad un rosso intenso.
<< Questo…non va affatto bene >> borbottò lo stregone, per poi lanciare un’occhiata laterale verso Wanda << Lo percepisci anche tu, non è vero? >>
<< Un picco di energia molto forte >> confermò la donna << E…familiare. >>
MOLTO familiare, in realtà. Per certi versi…sembrava quasi la sua firma magica. C’erano alcune sottili differenze, certo…ma erano sorprendentemente poche.
Stephen le aveva spiegato che la magia di ogni individuo era unica, come una sorta di impronta digitale. Allora perché stava percependo un potere che pareva quasi una replica esatta del suo?
Si voltò verso lo stregone. << Da dove proviene? >>
Strange chiuse gli occhi per concentrarsi.
<< Harpswell >> rispose dopo qualche attimo di silenzio, e gli occhi di Wanda si spalancarono per la sorpresa.
<< La città natale di Carol? >>
<< Proprio quella >> confermò il suo insegnante, portandosi una mano al mento con fare pensieroso.
La strega lo scrutò incerta.
<< Dovremmo avvertirla? Penso che li ci abiti ancora il fratello. >>
<< No, si è trasferito in Florida l’anno scorso >> ribattè l’altro << Non penso che dovremmo disturbarla…probabilmente? >>
<< Probabilmente? >> chiese lei, con un cipiglio poco convinto.
Stephen si limitò a sorriderle. << Sono ottimista sulla nostra capacità di occuparci della cosa in solitaria. >>
Per un attimo, la donna credette di aver capito male.
<< Lavorerò sul campo? >> chiese, sperando di non mostrare la propria eccitazione ad una simile prospettiva.
Lo stregone supremo annui, e per poco Wanda non lanciò uno strillo acuto.
<< Sarà la tua prima missione ufficiale come strega addestrata alle arti mistiche >> confermò il suo insegnante, mentre evocava un portale << Ti conviene non farmi sfigurare. >>
<< Per quello non hai bisogno del mio aiuto >> ribattè la strega con un sorriso impertinente, per poi lanciargli un bacio fantasma. E prima che Strange potesse fare qualsiasi cosa, si lanciò nel portale con un balzo.
L’Avenger rimase immobile, interdetto, non del tutto sicuro di come avrebbe dovuto reagire alle azioni dell’allieva. Al contempo, le pieghe del suo mantello sembrarono ondeggiare in modo suggestivo, e l’uomo dovette reprimere uno sbuffo.
<< Oh, sta zitto >> borbottò, mentre attraversava il cerchio sospeso a mezz’aria. Sperava solo che questa missione si sarebbe rivelata meno complicata di quanto si aspettasse.

                                                                                                                             * * *
 
A Laura Logan non era mai piaciuto il lavoro di squadra. Anche durante i primi addestramenti sottoposto dall’Hydra - quando era ancora solo un piccolo clone di uno dei superumani più pericolosi e sfuggenti in circolazione – non era mai riuscita ad andare d’accordo con i membri del suo team…e per la maggior parte delle volte aveva pure finito con l’ucciderli durante un allenamento.
Il fatto che ora fosse stata inserita nel programma Avengers non aveva minimamente influenzato questo aspetto.
Quindi sì, Laura Kinney odiava il gioco di squadra, ma da quando era entrata nel programma aveva fatto del suo meglio per rispettare le sue normative. Lo doveva a LUI. La persona che l’aveva salvata…che le aveva fatto conoscere suo padre…colui che l’aveva sostenuta da quando l’avevano strappata dall’Hydra.
Laura Logan odiava il gioco di squadra…ma per lui l’avrebbe sopportato. Tuttavia, questa determinazione non rendeva gli allenamenti meno irritanti, specialmente a causa del suo team leader.
Mentre usciva dalla Stanza del Pericolo, qualcuno la afferrò per la spalla.
Voltandosi, la mutante si ritrovò a fissare il cipiglio scontento di Colosso.
<< Laura, non puoi continuare ad agire di testa tua >> la rimproverò il ragazzo << A che serve allenarci per lavorare come una Squadra, se non coinvolgi mai il resto del team? >>
La mora si limitò a scrollare le spalle. << Il nostro compito è quello di frenare le minacce nel minor tempo possibile. Ho visto un’opportunità e l’ho colta, non c’era tempo per discuterne con la squadra. >>
Inutile dire che quella risposta non sembrò fare per nulla piacere al ragazzo.
<< Questo tuo atteggiamento potrebbe costarti la vita >> ribattè duramente, ed ecco che l’espressione sul volto di Laura si fece molto più attenta.
<< è una minaccia? >> sussurrò cupamente.
Gli occhi di Piotr si spalancarono per la sorpresa.
<< Cosa? No, certo che no! >> esclamò indignato << Sto solo cercando di aiutarti! >>
<< Il pensiero è apprezzato, ma non richiesto >> disse l’altra, liberandosi dalla presa del compagno. Prima che potesse allontanarsi, però, questi la afferrò per un braccio.
<< Non abbiamo ancora finito >> disse, il corpo ora parzialmente ricoperto di lucido metallo argentato.
Laura strinse gli occhi in un paio di linee sottili.
<< Io penso di sì >> sibilò, mentre dalle nocche delle mani cominciarono a protrarsi una coppia di artigli.
Poco distante da loro, il resto della squadra cominciò a scrutarli a disagio.
<< La tensione tra le loro budella è palpabile >> sussurrò Gunha, e questa volta Mikoto non ebbe il coraggio di rimproverarlo per il commento.
Alzò le mani in segno di resa e fece per avvicinarsi alla coppia. << Ragazzi, andiamo, non c’è bisogno di combattere… >>
<< Io dico che dovremmo scommettere >> disse improvvisamente Illyana, e per poco la giapponese non inciampò per la sorpesa.
Affianco alla bionda, Deadpool tirò fuori alcune banconote dalla tasca della tuta. << 20 dollari sulla gattina. >>
<< Ci sto >> acconsentì la mutante, le labbra arricciate in un sorriso predatorio.
Mikoto sospirò stancamente.
<< Vi odio >> borbottò, mentre Laura e Piotr sembravano ormai a un passo dal colpirsi.
Fortunatamente per l’eroina, Peter scelse proprio quel momento per mettere piede nel corridoio.
I suoi occhi si spalancarono allarmati nell’istante in cui vide quello che stava per succedere.
<< Whoa, whoa, whao! >> si intromise l’Avenger, frapponendosi in mezzo alla coppia << Dove ci troviamo? In un film di Sergio Leone? >>
Incrociò ambe le braccia davanti al petto e passò lo sguardo da una recluta all’altra.
<< I combattimenti al di fuori della Stanza del Pericolo sono severamente vietati, ormai dovreste saperlo >> rimproverò duramente.
L’espressione sul volto di Colosso si fece improvvisamente castigata.
<< Mi dispiace, signore >> borbottò, assumendo la posizione tipica di un soldato al cospetto di un suo superiore << Non succederà più. >>
<< Non chiamarmi signore, mi fa sentire vecchio >> ribattè Peter << E Laura… >>
Si voltò verso la mora
<< so che non sei abituata a stare con altre persone. Ma non potresti almeno PROVARE ad andare d’accordo con i tuoi compagni di squadra? >>
La postura della mutante passò da risoluta a sottomessa, tanto in fretta da sorprendere non poco il resto del team.
<< Finchè mi lasciano in pace, non avranno problemi >> borbottò, senza mai incontrare gli occhi dell’Avenger.
Il resto delle reclute sbatterono le palpebre all’unisono.
Non avevano mai visto Laura comportarsi in quel modo. Sembrava quasi una scolaretta alla presenza della sua cotta adolescenziali.
<< Non ci credo >> sussurrò Deadpool, ma una rapida occhiataccia da parte della mutante lo costrinse a chiudere bocca. L’ultima cosa che voleva, dopotutto, era farsi infilzare ancora da quei suoi artigli in adamantio. Poteva essere un’esperienza alquanto dolorosa!
Ignaro di quello che stava succedendo, Peter annuì soddisfatto.
<< Bene, era quello che volevo sentire. Ora andatevi a cambiare >> ordinò con un sorriso << Ottimo lavoro nella simulazione, a proposito. >>
Le reclute borbottarono dei ringraziamenti e cominciarono ad allontanarsi.
<< Non tu, Colosso >> aggiunse il vigilante, rivolto al caposquadra << Ho bisogno di parlarti. >>
Piotr si bloccò di colpo e passò brevemente lo sguardo dall’arrampica muri alla squadra in ritirata.
Era evidente che l’idea di stare da solo con un superiore non gli sembrava molto esaltante. “Comprensibile, considerato il suo breve background militare.”
Peter si appoggiò alla parete, assumendo una posizione rilassata.
<< Allora…come sta andando la tua… >>
<< La simulazione è stata un disastro, non è vero? >> lo interruppe il mutante.
L’arrampicamuri trasalì.
<< Poteva andare meglio >> rispose, confermando i sospetti del ragazzo.
Questi sospirò stancamente, il volto contratto da un cipiglio rassegnato.
<< Sapevo che non sarebbe stato facile fare il caposquadra…ma questo? Nessuno di loro mi rispetta. Non vogliono seguire gli ordini, sono spericolati e non si fermano mai a pensare >> borbottò, stringendo le mani in pugni serrati.
Peter gli diede una stretta confortante alla spalla, inviandogli un sorriso comprensivo. << Capisco la tua frustrazione. Ma devi anche renderti conto che qui non stai addestrando dei soldati…ma eroi. Persone che non dovrebbero essere semplici macchine da guerra scelte per uccidere. >>
<< Lo so! >> esclamò Colosso.
Rendendosi conto di aver appena urlato ad un suo superiore, prese un paio di respiri calmanti.
<< Lo so >> ripetè con tono più tranquillo << Vorrei solo che mi dessero ascolto. >>
Peter prese a scrutarlo con simpatia.
<< Pensi davvero che Capitan America non abbia mai avuto problemi a guidare gli Avengers? >> domandò con un sorrisetto.
In tutta risposta, il mutante gli lanciò un’occhiata visibilmente scettica. << Capitan America in difficoltà? Ora stai cercando di addolcirmi la pillola. >>
L’Avenger ridacchiò.
<< Fidati di me, dalle storie che mi ha raccontato Wilson…beh, mi sorprende che non avesse ancora perso i capelli durante il nostro primo incontro >> disse con un roteare degli occhi.
Notando l’espressione ancora poco convinta della recluta, decise di cambiare tattica. 
<< Il punto è…nessuno nasce leader >> continuò seriamente << Un capo diventa tale solo dopo molte prove ed errori. >>
Colosso inarcò un sopracciglio. << Ma così rischia di mettere in pericolo la vita di quelli che sono sotto il suo comando. >>
<< Ecco perché vi abbiamo fatto cominciare con le simulazioni >> confermò Peter << Non siete ancora pronti per uno scontro sul campo…ma avete il potenziale per esserlo. >>
Piotr rimase in silenzio e abbassò lo sguardo, apparentemente impegnato a contemplare le parole dell’Avenger.
Dopo quasi un minuto buono, tornò a fissare il superiore dritto negli occhi, il volto ora segnato da un’espressione molto più fiduciosa.
<< Farò in modo che lo siano >> disse con determinazione.
L’arrampica-muri sorrise e gli diede una pacca sulla spalla. << Ho fiducia che ci riuscirai >>
<< Grazie…signore. >>
<< Ugh, non chiamarmi signore… >>
 
                                                                                                                                * * *
 
Una volta superato lo strato più basso dell’atmosfera, Carol cominciò a rallentare.
La discesa procedette dolcemente fino al punto d’atterraggio, una larga piazza contornata da edifici che parevano essere stati prelevati direttamente dalle pagine di un libro di storia romana. A sostenerli erano immense colonne alte decine di metri e avvolte da bellissime spire dorate che parevano quasi il corpo di un serpente.
Ad attenderla vi era un gruppo di individui dall’aspetto vagamente umano. Unica differenza era la pelle bianca quasi quanto un osso e le orecchie a punti che spiccavano ai lati della testa.
Uno di loro – che sembrava molto più giovane rispetto agli altri - si fece avanti e offrì alla donna un rispettoso inchino.
<< Saluti a voi, Capitan Marvel>> disse con un tono di voce che Carol trovò stranamente rassicurante << Io sono Metphis, Gran Sacerdote del pianeta Exif. >>
Alzò lo sguardo, e la bionda si ritrovò a fissare un paio di occhi verdi quanto l’erba stessa. << è un vero piacere poter incontrare colei che ha scelto di mettere in pericolo la propria vita per salvare il mio popolo. Rendiamo onore alla vostra vittoria! >>
<< Onore a Capitan Marvel! Onore alla dea della vittoria! >> esclamarono gli altri alieni raccolti.
L’Avenger li scrutò confusa.
<< Dea della vittoria? >> chiese rivolta verso Metphis.
L’alieno le sorrise. << Siamo un popolo molto religioso >>
<< Sì, questo lo vedo >> borbottò Carol, notando il modo con cui erano vestiti. Sembravano quasi dei monaci terrestri.
Cominciò a guardarsi attorno e il suo sguardo si soffermò brevemente sulle enormi spire dorate che adornavano ogni colonna degli edifici presenti.
<< Ed esattamente…che dio venerate? >> domandò incuriosita. Forse una qualche divinità dalle sembianze di un serpente?
Metphis scosse la testa. << Noi non pronunciamo mai il suo nome agli estranei. Prima devono guadagnarsi il diritto di ascoltarlo. >>
<< Tipo con una prova? >>
<< Qualcosa del genere >> rispose l’Exif con un sorriso misterioso.
Le fece cenno di seguirla e il resto degli alieni si misero da parte per lasciare loro campo libero.
Quando raggiunsero dei giardini, Carol vide alcuni bambini raccolti di fronte ad un Exif anziano, apparentemente impegnati in una qualche lezione.
<< Confesso di non aver mai sentito parlare del vostro pianeta >> disse dopo qualche attimo di silenzio. E vista la ricchezza e la pace di cui questo mondo sembrava vantare, trovò la cosa piuttosto strana.
Affianco a lei, Metphis continuò a sorridere senza alcuna preoccupazione.
<< La nostra posizione nell’orlo esterno ci ha nascosti per molto tempo alla vista delle altre razze >> spiegò pazientemente << Ma da quando abbiamo appreso dell’esistenza di altri mondi, molti secoli fa, ci siamo impegnati a diffondere la parola del nostro dio alle altre civiltà. >>
<< E come sta andando? >>
<< Molto bene, in realtà. Decine di mondi hanno già deciso di unirsi al nostro gregge, e molti altri sono in arrivo >> continuò l’alieno con entusiasmo << Sareste interessata a farvi parte? >>
La donna gli offrì un sorriso di scusa. << Temo di avere già troppe cose a cui pensare. >>
Metphis ridacchio.
<< La chiamata può raggiungerci in modi misteriosi >> disse, come se stesse pronunciando un vecchio insegnamento.
“Si comporta decisamente come un prete” pensò la bionda. Non si era mai considerata una tipa molto religiosa, soprattutto da quando aveva lasciato la Terra…ma non poteva negare quanto l’universo l’avesse sorpresa nel corso degli anni. E se esistevano oggetti come le Pietre dell’Infinito, capaci di alterare la realtà stessa, o entità come Pennywise…chi poteva dire quali altri misteriosi esseri si nascondessero nelle profondità dello spazio? Forse là fuori c’era davvero un Dio onnipotente che osservava lo svolgersi degli eventi cosmici con rispettosa neutralità, limitandosi a guidare le civiltà che invocavano il suo aiuto.
Quale fosse la verità, Carol avrebbe tranquillamente lasciato a qualcun altro il compito di scoprirla.
<< Signorina Marvel… >> disse all’improvviso Metphis, distogliendola da quei pensieri << Non posso davvero esprimere quanto vi sia grato per il vostro aiuto. Exif è un pianeta pacifico, e non siamo abituati alla guerra. Il vostro intervento ha probabilmente salvato milioni di vite…forse la nostra stessa cultura. >>
La donna gli sorrise amichevolmente. << Ho solo fatto quello che chiunque altro avrebbe dovuto fare nella mia stessa situazione. Dico davvero. >>
A quelle parole, lo sguardo dell’alieno venne attraversato da uno strano luccichio.
<< Siete sicuramente una donna di buon cuore e sani principi >> disse con tono sinceramente ammirato << Ditemi, sareste disposta a partecipare ad un banchetto che abbiamo preparato per voi? Un modo per ringraziarvi del vostro aiuto.>>
Carol riflettè sulla questione.
Aveva chiesto loro qualcosa da mettere sotto i denti…e in fondo era da molto tempo che non partecipava ad una festa. Questi Exif sembravano un popolo abbastanza tranquillo, sicuramente i loro banchetti non sarebbero stati troppo impegnativi.
Giunta a questa conclusione, offrì all’alieno un sorriso grato. << Ne sarei onorata. >>
<< Allora seguitemi >> disse Metphis << Penso che abbiate bisogno di un bagno. >>
La donna fece per controbattere, ma dopo aver dato una rapida annusata alla tuta si rese conto che l’Exif aveva un punto.
Sospirò mentalmente.
Uno degli svantaggi di volare nello spazio? L’impossibilità di usare tute traspiranti.

                                                                                                                      * * *
 
C’erano giorni in cui Mike Donovan si era ritrovato a contemplare l’idea di trasferirsi in una grande città. Essere lo sceriffo di una piccola cittadina come Harpswell sarebbe stato il sogno di molti agenti…ma dopo da qualche anno, la mente dell’uomo aveva cominciato a vagare verso nuovi orizzonti. E non solo perché voleva abbandonare la vita di campagna…ma perché sinceramente questo posto gli aveva sempre dato i brividi.
Se solo avesse scelto di non ignorare quei timori…beh, probabilmente non si sarebbe trovato in questa situazione.
Con l’uniforme sudata e coperta di sangue, l’uomo incespicò nel giardino di casa e spalancò la porta con un calcio.
<< Anna! Anna! >> urlò a gran voce, mentre irrompeva nella cucina come una bestia spaventata.
Sua moglie – una rossa sulla quarantina dalla tipica bellezza provinciale – si voltò sorpresa.
<< Che ti prende, tesoro? >>domandò perplessa, e i suoi occhi si spalancarono per la paura nel momento in cui vide le chiazze rosse sui vestiti del marito.
Questi fece per risponderle…ma si bloccò nel momento in cui vide dove si trovava la donna.
<< Allontanati dal lavandino! >> ordinò, afferrandola per le spalle e tirandola via dall’acqua che scorreva sui piatti.
Anna piagnucolò.
<< Mi stai spaventando… >>
<< Arriva attraverso i tubi! È… oddio, dov’è Ollie? >> sussurrò Mike, guardandosi rapidamente attorno.
Anna lo scrutò perplessa. << Sta…sta facendo il bagnetto alla piccola. >>
Gli occhi dell’uomo si spalancarono febbrili.
<< No! >> urlò, per poi lanciarsi verso le scale che conducevano al piano superiore.
La moglie gli gridò qualcosa da dietro, ma Mike non le prestò ascoltò e si lanciò con prepotenza nel bagno che confinava con la camera dei figli.
Quando entrò nella stanza…dovette fare appello a tutto l’autocontrollo che aveva in corpo per non buttarsi fuori dalla finestra più vicina.
I suoi figli erano entrambi lì, nella vasca…e con i corpi quasi interamente coperti da una strana sostanza filamentosa, rossa come il sangue che aveva sulla divisa.
<< Papà…aiutami… >> piagnucolò il più grande, mentre un paio di lenti bianche gli ricoprivano gli occhi. Subito dopo, la “cosa” che aveva preso il posto del bambino arricciò una bocca zannuta in un sorriso grottesco.
<< Aiutami! >> gracchio con una voce che non apparteneva più a suo figlio. E prima che l’uomo potesse anche solo cercare di elaborare ciò che era successo…la creatura si lanciò verso di lui con la bocca spalancata.





Boom!
Cletus sta sicuramente facendo un po' di macelli ad Harpswell, ma cosa lo guida? E perchè Wanda e Stephen hanno percepito un picco di energia caotica proprio nello stesso posto in cui ha deciso di recarsi? Parlando di loro, spero che abbiate apprezzato lo scambio è il rapporto mentore/allieva che ho costruito per i due. Dopo quello che Wanda ha passato a causa di Ghidorah, aveva sicuramente bisogno di un po' di aiuto.
Nel mentre, Carol prende contatto con gli Exif e Peter comincia ad affrontare i grattacapi di essere uno dei Leader dei Vendicatori. E non c'è niente di peggio che occuparsi delle nuove reclute...


 
  
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