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Autore: LadyHeather83    05/04/2021    3 recensioni
Bulma, dopo gli avvenimenti di Namecc, parte alla ricerca delle sette sfere del drago per riportare in vita i suoi amici caduti in battaglia.
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bulma, Vegeta | Coppie: Bulma/Vegeta
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Un aiuto inaspettato

*

Capitolo unico

*

Il bip incessante del radar continuava a martellarle nella testa, nonostante avesse spento il sonoro del piccolo apparecchio.

Erano ore che si trovava in viaggio, e ne sarebbero trascorse molte altre, forse giorni.

Per questo, era partita prevenuta, e portato con se l’astuccio bianco contenente sei capsule, ognuno contraddistinta da un colore diverso.

La numero uno, conteneva un officina in caso la navicella su cui viaggiava, si fosse guastata, essendo una monoposto nuova e un prototipo da collaudare, meglio portarsi gli attrezzi del mestiere.

La numero due: cibo.

La numero tre: un cambio d’abiti, che nel caso di Bulma, equivaleva ad un armadio con tutte e quattro le stagioni, non poteva sapere ne le temperature e ne il tempo che faceva nei vari luoghi in cui avrebbe dovuto cercare.

La numero quattro: medicinali di ogni genere.

La numero cinque: un velivolo di emergenza.

La numero sei: una casa dotata di ogni comfort.

Bulma si portò una ciocca di capelli azzurri dietro l’orecchio destro, questa era caduta pochi secondi prima davanti il suo viso, nascondendo la mappa virtuale che stava consultando sul cruscotto della navicella.

Doveva decidersi di tagliargli.

Da quando era partita, era riuscita a recuperare intanto la sfera dalle quattro stelle, fortunatamente per lei, giaceva sopra una palma, l’unica di quel lembo di terra che sbucava dall’oceano, poteva essere benissimo scambiata per una noce di cocco, se non fosse stato per il colore diverso.

Forse, le sarebbe bastata una mareggiata o un uragano, per immergersi per sempre nelle limpide e incontaminate acque.

Ancora sei, e finalmente avrebbero potuto riportare in vita i suoi amici e il suo attuale fidanzato, Yamcha.

Era stata dura apprendere della sua morte, ma non per questo si era data per vinta, e assieme a Gohan e Crilin, era partita per un viaggio verso il pianeta Namecc, che ha dato i natali al Supremo e a Junior.

Che cosa sarebbe potuto mai accadere?

Un viaggio con due dei guerrieri più forti, era al sicuro, l’avrebbero protetta fino alla morte, e poi che cosa sarebbe potuto succedere in un pianeta, dove ci abitavano esseri pacifici?

Quello però che Bulma non aveva previsto, era che sul pianeta Namecc, erano già approdati altri alieni che bramavano quelle sfere, e le loro intenzioni non erano delle più nobili.

Quel viaggio, improvvisamente si era fatto pericoloso, e non adatto ad una fanciulla come lei.

Aveva rischiato di fare una brutta fine, inghiottita dalla lava di un vulcano in continua eruzione, oppure di esplodere anche lei assieme al pianeta.

Ma questo non l’aveva demoralizzata o fatto perdere il suo spirito avventuriero.

No.

Anzi, la sua tenacia, si era fatta più forte.

Sulla Terra, rimaneva solo Gohan da poter interpellare perché l’aiutasse a  raccoglierle più velocemente, ma quando era andata a chiederlo a Chichi, lei le aveva risposto che doveva studiare, e non perdere tempo in queste cose frivole.

Non aveva ceduto nemmeno quando le disse che lo stava facendo anche per Goku.

Non che la corvina non amasse suo marito, anzi lo rivoleva con lei e con Gohan ad ogni costo, ma l’amica, avrebbe dovuto trovare un altro modo per provvedere alla loro raccolta, suo figlio aveva già perso molto tempo in giro per l’universo, e il suo andamento scolastico, ne stava risentendo.

Almeno stando ai suoi standard, che lo volevano vedere eccedere in tutto.

“Mi dispiace, Bulma!” Aveva detto rammaricato Gohan, abbassando la testa e tornando in camera sua con la coda tra le gambe.

Chichi non si era nemmeno scomodata a chiedere all’amica di entrare, e di offrirle qualcosa da bere quando aveva capito il perché della sua visita, guardando l’oggetto che teneva stretto nella mano destra.

Fuori discussione chiederlo al Genio, probabilmente avrebbe trascorso l’intero giorno a tastarle il sedere o chiederle se poteva fare paff paff.

Già si immaginava la sua espressione da ebete con la goccia di sangue che gli colava dal naso, e probabilmente il bernoccolo in testa a suon di bastonate che gli avrebbe dato per tenerlo a bada.

Vecchiaccio maniaco.

Perché non l’aveva chiesto a Vegeta?

Semplicemente perché da quando aveva distrutto una parete della Gravity Room, se ne era andato in modo da dare al dott. Brief, il tempo di ripararla, e nel frattempo sarebbe andato ad allenarsi da un’altra parte.

Quella comunque, era la scusa.

Anche se fosse stato nei paraggi, non glielo avrebbe chiesto lo stesso, per due motivi.

Il primo, era perché sapeva bene che il Principe dei Saiyan, non si sarebbe scomodato a farle da accompagnatore, nonostante non vedesse l’ora di riportare in vita Kakaroth, per vedere finalmente il Super Saiyan Leggendario.

Il secondo motivo, era che l’idea di rimanere sola con lui la terrorizzava a morte.

Eppure, lo aveva invitato a rimanere a casa sua.

Il tutto era partito qualche notte prima che la Gravity Room si danneggiasse.

Assetata, era scesa giù in cucina per bere d’acqua, e probabilmente avrebbe portato anche la bottiglia su in camera sua per evitare inutili viaggi.

Bulma aveva trovato il principe nel corridoio buio, poteva intravedere solo la sagoma nera.

Lo aveva salutato, e di tutta risposta, l’aveva attaccata alla parete, reggendola per il collo.

“Che sia ben chiaro. Resto qui solo per rivedere Kakaroth, e una volta ritornato in vita, lo rimanderò da dove è venuto. E farò fare la stessa fine a tutti voi.”

L’aveva lasciata andare e continuato poi la sua camminata verso la sua stanza, un paio di passi, e Vegeta era come svanito, ma la sua presenza la poteva percepire benissimo.

“Ah Bulma!” L’aveva fermata suo padre mentre si apprestava a salire. “Se per caso incontri Vegeta, digli che la Gravity Room è riparata. Ci ho messo un po’, ma alla fine ce l’ho fatta”.

“Non ho intenzione di dirgli niente a quello scimmione! Che si arrangi”.

*

Girò la cloche verso sinistra, il radar segnava un’altra sfera  in quella direzione.

Alzò leggermente lo sguardo e sospirò “Perfetto!” Lo disse in tono ironico, visto che davanti a lei si ergevano una serie di vulcani.

Bulma ne aveva contati più o meno dieci, due dei quali, per l’esattezza quelli centrali, stavano eruttando, rilasciando nell’aria, fumo cenere e lapilli.

In altre circostanze sarebbe rimasta estasiata davanti ad uno spettacolo simile che la natura le stava offrendo, ma non ora, non ora, aveva altro a cui pensare, soprattutto alla situazione pericolosa a cui stava andando incontro.

L’unica cosa che sperava, era che la seconda sfera, non si trovasse proprio lì in mezzo.

Lanciò un’altra occhiata fugace e imprecò.

Come volevasi dimostrare, la sfera si trovava proprio lì.

Atterrò alle pendici ed indossò una tuta ignifuga gialla, completa di maschera di ossigeno, una volta arrivata in cima o mano a mano che si sarebbe avvicinata, l’aria sarebbe diventata sempre più irrespirabile, e quell’ossigeno le sarebbe stato utile, come lo zaino nero che mise in spalla con tutto l’occorrente per una scalata.

Pigiò il tasto posto fuori dalla monoposto, ed infilò la capsula nell’astuccio, vicino alla numero sei.

Poi mise tutto al sicuro dentro la sacca.

Iniziò la lenta salita, stando attenta ad evitare il fiume rosso ed incandescente che scendeva.

Tra quei colori così accesi, sarebbe stato difficile per lei individuarla, ma il fatto di tenere in mano il radar, la tranquillizzava, quell’aggeggio era molto preciso.

Quindi, un passo a destra, dieci in avanti, ancora quindici verso sinistra, un piccolo saltello per evitare dei pezzi di carbone, qualche passo avanti, e senza rendersene conto, si era trovata in cima.

Bestemmiò qualcosa di incomprensibile quando notò al suo interno, una decina di metri più giù, in una sporgenza formatasi naturalmente qualcosa che luccicava.

Usò il suo binocolo per accertarsene.

“Eccoti!” Esclamò riponendo nello zaino il binocolo e tirando fuori una corda che le legò alla sua vita e poi assicurata ad una sporgenza a punta.

Una scossa di terremoto la fece sobbalzare.

Non aveva molto tempo a disposizione, da lì a poco, si sarebbe verificata un’eruzione, e lo poteva notare dalla lava che ribolliva sotto di lei, e che imperterrita, continuava a salire.

Ancora qualche minuto e la sfera sarebbe andata persa per sempre.

Lasciò lo zaino vicino alla sporgenza dov’era stata assicurata la corda ed iniziò una lenta discesa.

La parte interna era molto calda, per non dire bollente, e se la temperatura dell’inferno, era paragonabile a quella, le conveniva pentirsi subito dei suoi peccati, per non finire negli inferi in caso le cose si fossero messe male.

Continuò ad inspirare ed espirare, e contemporaneamente a scendere.

Uno zampillo di lava le era caduto sulla tuta, precisamente sulla schiena, facendola urlare dal dolore, e mollare la presa sulla corda.

Una caduta rovinosa prima di atterrare su una sporgenza abbastanza grande per accogliere il suo corpo, battere la testa e svenire.

*

Si svegliò qualche minuto dopo, a causa di un’altra scossa di terremoto.

La vista era offuscata e la testa le doleva, ma non aveva tempo per pensare a questo.

Quel contrattempo, le aveva fatto perdere minuti preziosi.

Si alzò a fatica, e nel ruzzolone si era fratturata la caviglia, ma non doveva demordere e si maledì per aver lasciato la sacca con i medicinali dieci metri più in alto.

Ma quella distorsione non l’avrebbe fermata, doveva farlo per Yamcha, Goku, Crilin, Tensing e Riff.

Non sapeva se era la sua mente che le stava giocando brutti scherzi, magari annebbiata dai gas che si stavano sprigionando in quel momento, ma era sicura di aver sentito le voci ben distinte dei suoi amici che la incitavano ad andare avanti.

Zoppicò fino alla sporgenza più avanti e prese tra le mani guantate gialle, la sfera.

Bruciava.

Dio se scottava.

E nonostante la tuta fosse ignifuga, poteva sentire sulla pelle il calore che emanava, facendole sciogliere il primo strato di plastica.

Cercò di tirarsi su, ma era difficile con quella caviglia, e ad ogni passo, stringeva gli occhi dal dolore.

Ed era quello che le provocava il fiato corto e la mente annebbiata.

Scosse la testa per riprendersi, ma fu quando vide la lava ormai quasi raggiungerla che le forze le vennero meno.

Svenne.

*

Quando aprì gli occhi, pensò di essere morta e di essere finita all’inferno, però il calore emanato dal fuoco che scoppiettava davanti al suo viso, non era lo stesso che aveva trovato all’interno del vulcano.

Pensò che Re Yammer, doveva aver avuto un occhio di riguardo, e che l’avesse relegata in un angolo dell’inferno molto più mite.

Ma, non era morta.

Si trovava in una radura poco distante dai vulcani, poteva vedere la lava rossa colare dalla loro cima e scendere fino a valle.

Si mise seduta e si guardò attorno, cercando di distinguere qualcosa nella notte buia, o meglio la persona che l’aveva aiutata poco prima, perché l’ultima cosa che ricorda prima che il gas metano entrato dalla tuta bucata, le annebbiasse la mente, era che si trovava dentro il vulcano.

Non indossava più quel capo ingombrante e anche la maschera le era stata sfilata.

La rottura di un ramo secco la fece sobbalzare e guardare in direzione della foresta, si immaginava già di essere sbranata da qualche animale selvatico, magari un leone o una tigre dai denti a sciabola.

Deglutì il nulla, e la gola le fece male.

Era secca, e anche il solo movimento le provocò dolore.

Dai cespugli che si muovevano, ne uscì un cinghiale impazzito, che finì la sua corsa poco distante, colpito da un raggio luminescente.

Il suo corpo esanime, si fermò proprio vicino la donna, che inorridì davanti ai suoi occhi sbarrati.

“Ma che…” Si girò e quella che vide fu l’ultima persona sulla faccia della Terra che sperava di incontrare.

“Vegeta?”

Com’era prevedibile non rispose, si limitò a prendere la preda appena catturata ed impilarla su un ramo abbastanza grosso da reggere il suo peso, poi lo portò sul fuoco.

“Spero tu abbia fame.” Tuonò sedendosi, ma tenendosi a distanza dalla donna.

“Ho sete! Dov’è la mia roba?” Domandò cercando lo zaino.

“A dieci metri sotto la lava, se ti incammini adesso, forse non diventano undici” Non la degnò di uno sguardo.

“E perché non l’hai presa? Ho la mia casa, la mia navicella, tutto il necessario per medicar..” Lo sguardo si era posata sulla caviglia già medicata, probabilmente con qualche erba medica trovata nella foresta e bendata a regola d’arte.

“Perché non te ne stai un po’ zitta? Mi stai facendo pentire di averti salvata”.

“Ma come facevi a sapere che ero lì?”

“Mi stavo allenando, e ti ho vista arrivare.”

“E’ una fortuna averti trovato qui” Sorrise imbarazzata.

Lui le si avvicinò pericolosamente al volto “Ne sei proprio sicura?”

Dai sui occhi non traspariva nulla di buono e Bulma pensò che se non l’ aveva ucciso il vulcano, probabilmente l’avrebbe fatto Vegeta, ma allora perché salvarla e medicarla?

Quello che si era sempre ripetuta Bulma, dopo il loro incontro nel corridoio, era che doveva vincere la paura che aveva di lui.

Vegeta usava la sua malvagità come arma per nascondere qualcos’altro.

Era triste, e lo poteva vedere anche in quel momento, mentre osservava il fuoco che lentamente cucinava la carne di quella povera bestia, ma che si era sacrificata per riempirgli la pancia.

“Non mi avresti salvata altrimenti.” Usò la sua spavalderia come difesa, sperando risultasse una buona idea, in caso contrario, qualcuno avrebbe cercato le sette sfere e fatto resuscitare anche lei.

“Non l’ho fatto per cortesia!”

“Allora per cosa?” Chiese sorseggiando l’acqua che Vegeta gli aveva allungato.

“Ho bisogno che qualcuno ripari la Gravity Room.”

“Quindi mi stai solo usando”

“Certo! E poi non volevo che le sfere del drago andassero perdute. Kakaroth deve essere resuscitato, così potrò finalmente batterlo e avere la mia rivincita.”

Bulma per poco non scoppiò a ridere davanti alla sua spiegazione.

Cioè, quello era l’unico motivo?

L’azzurra fece per parlare, quando Vegeta le allungò, o meglio dire, le lanciò una gamba di quell’animale, cotta a puntino.

La mangiò solo perché era l’unica cosa era riuscita a mettere sotto i denti in quella giornata, e lo stomaco aveva iniziato a brontolare e a fare strani rumori.

“Mi accompagni a casa?” Osò chiedergli.

Era sola, lontana da casa e senza mezzi di trasporto.

Con sè, aveva solo la sfera dalle quattro stelle, che aveva tenuto addosso perché lo zaino era troppo piccolo, quella da due e il radar cerca sfere.

Era stanca, sporca e ferita.

Voleva andare solo a casa.

“Ma non devi raccogliere le sfere?” Vegeta inarcò un sopracciglio.

“Come faccio senza mezzi?”

“Sei intelligente, troverai una soluzione”.

Aspetta, aspetta…le aveva fatto un complimento? Un bel passo avanti in una sola serata.

“Non a queste condizioni, e poi la soluzione l’ho già trovata.”

“Non ho intenzione di aiutarti, ho i miei allenamenti, non ti farò da balia.” Strappò un pezzo di carne, da come mangiava non sembrava avere il sangue blu che gli scorresse nelle vene, ma probabilmente quello era un popolo barbaro che non conosceva le buone maniere o il galateo, e in quel momento glielo stava dimostrando.

“Io ti sto dando vitto e alloggio senza chiedere niente in cambio. Non hai mai detto grazie, portarmi a casa adesso è il minimo che dovresti fare.”

“Io non ti devo un bel niente, mettitelo in testa!”

*

Avevano terminato da poco la cena, squisita, il cinghiale era cotto perfettamente.

Bulma doveva ammettere che quel saiyan era un cuoco provetto.

Vegeta le diede le spalle e chiuse gli occhi.

“Dormi, domani dovrai faticare parecchio per arrivare a casa.”

L’azzurra sbuffò e fece quello che Vegeta aveva ordinato, si addormentò poco dopo con il fuoco che scoppiettava e il suo calore avvolgerle il corpo.

*

Si svegliò a causa di una scossa di terremoto, molto frequente in quella zona.

Bulma aprì gli occhi, e a parte il fumo del falò spento, il vulcano che eruttava, accanto a lei, vide tutte e sette le sfere che luccicavano, e Vegeta che la guardò con un ghigno soddisfatto.

Cercò di parlare, ma la bocca impastata e arsa, glielo impediva, cercò di raccogliere qualche goccia di saliva e inumidirsi la bocca per bene.

Si stropicciò gli occhi per essere sicura di non sognare.

“Ma cosa?”

“Non illuderti, non l’ho fatto per aiutarti” La fermò prima che le sue orecchie potessero udire parole gentili come un semplice grazie.

Bulma arricciò le labbra di lato, come se fosse poco convinta di quelle parole.

“Perché?”

“Ma quante domande!” Tuonò.

“Mi accompagni a casa allora?” Chiese nuovamente felice come una bambina, ma si era illusa troppo presto.

“Ma allora sei sorda! Ho detto di no, non ho intenzione di aiutarti.”

Bulma si alzò, voleva dimostrargli che con la caviglia ridotta in quelle condizioni, non avrebbe avuto modo di andare molto lontano, fu sorpresa di constatare il contrario.

“L’erba che ti ho messo è molto potente! Guarisce tutte le ferite in poco tempo”. Aveva continuato a darle le spalle e a tenere i pugni stretti lungo i fianchi.

Poi lo vide distendere le dita e roteare appena il volto verso di lei.

“Attraversa la radura, fino ad arrivare a quella roccia laggiù, volta verso sinistra e ti ritroverai su un sentiero, lo dovrai percorrere fino ad arrivare ad un villaggio, lì ti aiuteranno a tornare a casa.” Stava per levitare, quando la sua mano lo bloccò per un polso, gli ci volle un’immane forza di volontà per non strapparle il braccio con un movimento secco e deciso.

Si guardarono negli occhi.

Cielo contro buio totale.

“Mio padre mi ha detto di dirti che ha riparato la Gravity Room”. Gli lasciò andare il polso, quando lui le rivolse uno sguardo di approvazione.

Lo vide allontanarsi e sparire oltre la coltre di fumo che emettevano quei vulcani ancora attivi.

Bulma sorrise.

Pensò che infondo quel saiyan, non doveva essere così spietato come faceva credere, l’aveva persino aiutata a raccogliere tutte e sei le sfere mancanti.

Da quel momento in poi, si ripromise che non doveva avere più paura di lui, ma che avrebbe usato le giuste parole e si sarebbe fatta valere.

A quanto pare, gli piacevano le donne che sapevano tenergli testa.

Raccolse la sacca con le sfere che pulsavano e seguì le indicazioni di quel saiyan.

Chissà se sarebbe riuscita ad arrivare a casa prima di lui.

*

FINE

*

Convenevoli finali: Ciao a tutti e Buona Pasquetta! In realtà non avevo in programma di scrivere una one-shot, quando ho acceso il computer oggi pomeriggio, volevo solo continuare con la stesura dei capitoli di Vegeta-Sej e Il ritorno di Papillon (fandom Miraculous).

Però più cercavo ispirazione, e più vedevo nella mia mente questa scena, così ho dovuto buttarla giù.

Spero abbiate gradito questa VegeBul. Io li adoro.

Come avrete di certo capito, la storia si svolge subito dopo Namecc e prima della resurrezione dei caduti durante la battaglia dei saiyan e durante quella di Freezer.

Ringrazio fin da subito chi mi lascerà una sua impressione, chi leggerà soltanto e chi la riterrà talmente bella, da inserire la storia tra le PREFERITE, SEGUITE E RICORDATE.

*

Vi ricordo inoltre le long che ho scritto: ALLA RICERCA DI MAIDIVENTARE FORTI e la long in corso VEGETA-SEJ.

*

Vi abbraccio, Erika

 

  
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