Un
aiuto inaspettato
*
Capitolo unico
*
Il
bip incessante del radar continuava a
martellarle nella testa, nonostante avesse spento il sonoro del piccolo
apparecchio.
Erano
ore che si trovava in viaggio, e ne sarebbero trascorse molte altre, forse
giorni.
Per
questo, era partita prevenuta, e portato con se l’astuccio bianco contenente
sei capsule, ognuno contraddistinta da un colore diverso.
La
numero uno, conteneva un officina in caso la navicella su cui viaggiava, si
fosse guastata, essendo una monoposto nuova e un prototipo da collaudare,
meglio portarsi gli attrezzi del mestiere.
La
numero due: cibo.
La
numero tre: un cambio d’abiti, che nel caso di Bulma, equivaleva ad un armadio
con tutte e quattro le stagioni, non poteva sapere ne le temperature e ne il
tempo che faceva nei vari luoghi in cui avrebbe dovuto cercare.
La
numero quattro: medicinali di ogni genere.
La
numero cinque: un velivolo di emergenza.
La
numero sei: una casa dotata di ogni comfort.
Bulma
si portò una ciocca di capelli azzurri dietro l’orecchio destro, questa era
caduta pochi secondi prima davanti il suo viso, nascondendo la mappa virtuale
che stava consultando sul cruscotto della navicella.
Doveva
decidersi di tagliargli.
Da
quando era partita, era riuscita a recuperare intanto la sfera dalle quattro
stelle, fortunatamente per lei, giaceva sopra una palma, l’unica di quel lembo
di terra che sbucava dall’oceano, poteva essere benissimo scambiata per una
noce di cocco, se non fosse stato per il colore diverso.
Forse,
le sarebbe bastata una mareggiata o un uragano, per immergersi per sempre nelle
limpide e incontaminate acque.
Ancora
sei, e finalmente avrebbero potuto riportare in vita i suoi amici e il suo
attuale fidanzato, Yamcha.
Era
stata dura apprendere della sua morte, ma non per questo si era data per vinta,
e assieme a Gohan e Crilin, era partita per un viaggio verso il pianeta Namecc,
che ha dato i natali al Supremo e a Junior.
Che cosa sarebbe
potuto mai accadere?
Un
viaggio con due dei guerrieri più forti, era al sicuro, l’avrebbero protetta
fino alla morte, e poi che cosa sarebbe potuto succedere in un pianeta, dove ci
abitavano esseri pacifici?
Quello
però che Bulma non aveva previsto, era che sul pianeta Namecc, erano già approdati
altri alieni che bramavano quelle sfere, e le loro intenzioni non erano delle
più nobili.
Quel
viaggio, improvvisamente si era fatto pericoloso, e non adatto ad una fanciulla
come lei.
Aveva
rischiato di fare una brutta fine, inghiottita dalla lava di un vulcano in
continua eruzione, oppure di esplodere anche lei assieme al pianeta.
Ma
questo non l’aveva demoralizzata o fatto perdere il suo spirito avventuriero.
No.
Anzi,
la sua tenacia, si era fatta più forte.
Sulla
Terra, rimaneva solo Gohan da poter interpellare perché l’aiutasse a raccoglierle più velocemente, ma quando era
andata a chiederlo a Chichi, lei le aveva risposto che doveva studiare, e non
perdere tempo in queste cose frivole.
Non
aveva ceduto nemmeno quando le disse che lo stava facendo anche per Goku.
Non
che la corvina non amasse suo marito, anzi lo rivoleva con lei e con Gohan ad
ogni costo, ma l’amica, avrebbe dovuto trovare un altro modo per provvedere
alla loro raccolta, suo figlio aveva già perso molto tempo in giro per
l’universo, e il suo andamento scolastico, ne stava risentendo.
Almeno
stando ai suoi standard, che lo volevano vedere eccedere in tutto.
“Mi
dispiace, Bulma!” Aveva detto rammaricato Gohan, abbassando la testa e tornando
in camera sua con la coda tra le gambe.
Chichi
non si era nemmeno scomodata a chiedere all’amica di entrare, e di offrirle
qualcosa da bere quando aveva capito il perché della sua visita, guardando
l’oggetto che teneva stretto nella mano destra.
Fuori
discussione chiederlo al Genio, probabilmente avrebbe trascorso l’intero giorno
a tastarle il sedere o chiederle se poteva fare paff paff.
Già
si immaginava la sua espressione da ebete con la goccia di sangue che gli
colava dal naso, e probabilmente il bernoccolo in testa a suon di bastonate che
gli avrebbe dato per tenerlo a bada.
Vecchiaccio
maniaco.
Perché
non l’aveva chiesto a Vegeta?
Semplicemente
perché da quando aveva distrutto una parete della Gravity Room, se ne era
andato in modo da dare al dott. Brief, il tempo di ripararla, e nel frattempo
sarebbe andato ad allenarsi da un’altra parte.
Quella
comunque, era la scusa.
Anche
se fosse stato nei paraggi, non glielo avrebbe chiesto lo stesso, per due
motivi.
Il
primo, era perché sapeva bene che il Principe dei Saiyan, non si sarebbe
scomodato a farle da accompagnatore, nonostante non vedesse l’ora di riportare
in vita Kakaroth, per vedere finalmente il Super Saiyan Leggendario.
Il
secondo motivo, era che l’idea di rimanere sola con lui la terrorizzava a
morte.
Eppure,
lo aveva invitato a rimanere a casa sua.
Il
tutto era partito qualche notte prima che la Gravity Room si danneggiasse.
Assetata,
era scesa giù in cucina per bere d’acqua, e probabilmente avrebbe portato anche
la bottiglia su in camera sua per evitare inutili viaggi.
Bulma
aveva trovato il principe nel corridoio buio, poteva intravedere solo la sagoma
nera.
Lo
aveva salutato, e di tutta risposta, l’aveva attaccata alla parete, reggendola
per il collo.
“Che
sia ben chiaro. Resto qui solo per rivedere Kakaroth, e una volta ritornato in
vita, lo rimanderò da dove è venuto. E farò fare la stessa fine a tutti voi.”
L’aveva
lasciata andare e continuato poi la sua camminata verso la sua stanza, un paio
di passi, e Vegeta era come svanito, ma la sua presenza la poteva percepire
benissimo.
“Ah
Bulma!” L’aveva fermata suo padre mentre si apprestava a salire. “Se per caso
incontri Vegeta, digli che la Gravity Room è riparata. Ci ho messo un po’, ma
alla fine ce l’ho fatta”.
“Non
ho intenzione di dirgli niente a quello scimmione! Che si arrangi”.
*
Girò
la cloche verso sinistra, il radar segnava un’altra sfera in quella direzione.
Alzò
leggermente lo sguardo e sospirò “Perfetto!” Lo disse in tono ironico, visto
che davanti a lei si ergevano una serie di vulcani.
Bulma
ne aveva contati più o meno dieci, due dei quali, per l’esattezza quelli
centrali, stavano eruttando, rilasciando nell’aria, fumo cenere e lapilli.
In
altre circostanze sarebbe rimasta estasiata davanti ad uno spettacolo simile
che la natura le stava offrendo, ma non ora, non ora, aveva altro a cui
pensare, soprattutto alla situazione pericolosa a cui stava andando incontro.
L’unica
cosa che sperava, era che la seconda sfera, non si trovasse proprio lì in
mezzo.
Lanciò
un’altra occhiata fugace e imprecò.
Come
volevasi dimostrare, la sfera si trovava proprio lì.
Atterrò
alle pendici ed indossò una tuta ignifuga gialla, completa di maschera di
ossigeno, una volta arrivata in cima o mano a mano che si sarebbe avvicinata,
l’aria sarebbe diventata sempre più irrespirabile, e quell’ossigeno le sarebbe
stato utile, come lo zaino nero che mise in spalla con tutto l’occorrente per
una scalata.
Pigiò
il tasto posto fuori dalla monoposto, ed infilò la capsula nell’astuccio,
vicino alla numero sei.
Poi
mise tutto al sicuro dentro la sacca.
Iniziò
la lenta salita, stando attenta ad evitare il fiume rosso ed incandescente che
scendeva.
Tra
quei colori così accesi, sarebbe stato difficile per lei individuarla, ma il
fatto di tenere in mano il radar, la tranquillizzava, quell’aggeggio era molto
preciso.
Quindi,
un passo a destra, dieci in avanti, ancora quindici verso sinistra, un piccolo
saltello per evitare dei pezzi di carbone, qualche passo avanti, e senza
rendersene conto, si era trovata in cima.
Bestemmiò
qualcosa di incomprensibile quando notò al suo interno, una decina di metri più
giù, in una sporgenza formatasi naturalmente qualcosa che luccicava.
Usò
il suo binocolo per accertarsene.
“Eccoti!”
Esclamò riponendo nello zaino il binocolo e tirando fuori una corda che le legò
alla sua vita e poi assicurata ad una sporgenza a punta.
Una
scossa di terremoto la fece sobbalzare.
Non
aveva molto tempo a disposizione, da lì a poco, si sarebbe verificata
un’eruzione, e lo poteva notare dalla lava che ribolliva sotto di lei, e che imperterrita,
continuava a salire.
Ancora
qualche minuto e la sfera sarebbe andata persa per sempre.
Lasciò
lo zaino vicino alla sporgenza dov’era stata assicurata la corda ed iniziò una
lenta discesa.
La
parte interna era molto calda, per non dire bollente, e se la temperatura
dell’inferno, era paragonabile a quella, le conveniva pentirsi subito dei suoi
peccati, per non finire negli inferi in caso le cose si fossero messe male.
Continuò
ad inspirare ed espirare, e contemporaneamente a scendere.
Uno
zampillo di lava le era caduto sulla tuta, precisamente sulla schiena,
facendola urlare dal dolore, e mollare la presa sulla corda.
Una
caduta rovinosa prima di atterrare su una sporgenza abbastanza grande per
accogliere il suo corpo, battere la testa e svenire.
*
Si
svegliò qualche minuto dopo, a causa di un’altra scossa di terremoto.
La
vista era offuscata e la testa le doleva, ma non aveva tempo per pensare a
questo.
Quel
contrattempo, le aveva fatto perdere minuti preziosi.
Si
alzò a fatica, e nel ruzzolone si era fratturata la caviglia, ma non doveva
demordere e si maledì per aver lasciato la sacca con i medicinali dieci metri
più in alto.
Ma
quella distorsione non l’avrebbe fermata, doveva farlo per Yamcha, Goku,
Crilin, Tensing e Riff.
Non
sapeva se era la sua mente che le stava giocando brutti scherzi, magari
annebbiata dai gas che si stavano sprigionando in quel momento, ma era sicura
di aver sentito le voci ben distinte dei suoi amici che la incitavano ad andare
avanti.
Zoppicò
fino alla sporgenza più avanti e prese tra le mani guantate gialle, la sfera.
Bruciava.
Dio
se scottava.
E
nonostante la tuta fosse ignifuga, poteva sentire sulla pelle il calore che
emanava, facendole sciogliere il primo strato di plastica.
Cercò
di tirarsi su, ma era difficile con quella caviglia, e ad ogni passo, stringeva
gli occhi dal dolore.
Ed
era quello che le provocava il fiato corto e la mente annebbiata.
Scosse
la testa per riprendersi, ma fu quando vide la lava ormai quasi raggiungerla
che le forze le vennero meno.
Svenne.
*
Quando
aprì gli occhi, pensò di essere morta e di essere finita all’inferno, però il
calore emanato dal fuoco che scoppiettava davanti al suo viso, non era lo
stesso che aveva trovato all’interno del vulcano.
Pensò
che Re Yammer, doveva aver avuto un occhio di riguardo, e che l’avesse relegata
in un angolo dell’inferno molto più mite.
Ma,
non era morta.
Si
trovava in una radura poco distante dai vulcani, poteva vedere la lava rossa
colare dalla loro cima e scendere fino a valle.
Si
mise seduta e si guardò attorno, cercando di distinguere qualcosa nella notte
buia, o meglio la persona che l’aveva aiutata poco prima, perché l’ultima cosa
che ricorda prima che il gas metano entrato dalla tuta bucata, le annebbiasse
la mente, era che si trovava dentro il vulcano.
Non
indossava più quel capo ingombrante e anche la maschera le era stata sfilata.
La
rottura di un ramo secco la fece sobbalzare e guardare in direzione della
foresta, si immaginava già di essere sbranata da qualche animale selvatico,
magari un leone o una tigre dai denti a sciabola.
Deglutì
il nulla, e la gola le fece male.
Era
secca, e anche il solo movimento le provocò dolore.
Dai
cespugli che si muovevano, ne uscì un cinghiale impazzito, che finì la sua
corsa poco distante, colpito da un raggio luminescente.
Il
suo corpo esanime, si fermò proprio vicino la donna, che inorridì davanti ai
suoi occhi sbarrati.
“Ma
che…” Si girò e quella che vide fu l’ultima persona sulla faccia della Terra
che sperava di incontrare.
“Vegeta?”
Com’era
prevedibile non rispose, si limitò a prendere la preda appena catturata ed
impilarla su un ramo abbastanza grosso da reggere il suo peso, poi lo portò sul
fuoco.
“Spero
tu abbia fame.” Tuonò sedendosi, ma tenendosi a distanza dalla donna.
“Ho
sete! Dov’è la mia roba?” Domandò cercando lo zaino.
“A
dieci metri sotto la lava, se ti incammini adesso, forse non diventano undici”
Non la degnò di uno sguardo.
“E
perché non l’hai presa? Ho la mia casa, la mia navicella, tutto il necessario
per medicar..” Lo sguardo si era posata sulla caviglia già medicata,
probabilmente con qualche erba medica trovata nella foresta e bendata a regola
d’arte.
“Perché
non te ne stai un po’ zitta? Mi stai facendo pentire di averti salvata”.
“Ma
come facevi a sapere che ero lì?”
“Mi
stavo allenando, e ti ho vista arrivare.”
“E’
una fortuna averti trovato qui” Sorrise imbarazzata.
Lui
le si avvicinò pericolosamente al volto “Ne sei proprio sicura?”
Dai
sui occhi non traspariva nulla di buono e Bulma pensò che se non l’ aveva
ucciso il vulcano, probabilmente l’avrebbe fatto Vegeta, ma allora perché
salvarla e medicarla?
Quello
che si era sempre ripetuta Bulma, dopo il loro incontro nel corridoio, era che
doveva vincere la paura che aveva di lui.
Vegeta
usava la sua malvagità come arma per nascondere qualcos’altro.
Era
triste, e lo poteva vedere anche in quel momento, mentre osservava il fuoco che
lentamente cucinava la carne di quella povera bestia, ma che si era sacrificata
per riempirgli la pancia.
“Non
mi avresti salvata altrimenti.” Usò la sua spavalderia come difesa, sperando
risultasse una buona idea, in caso contrario, qualcuno avrebbe cercato le sette
sfere e fatto resuscitare anche lei.
“Non
l’ho fatto per cortesia!”
“Allora
per cosa?” Chiese sorseggiando l’acqua che Vegeta gli aveva allungato.
“Ho
bisogno che qualcuno ripari la Gravity Room.”
“Quindi
mi stai solo usando”
“Certo!
E poi non volevo che le sfere del drago andassero perdute. Kakaroth deve essere
resuscitato, così potrò finalmente batterlo e avere la mia rivincita.”
Bulma
per poco non scoppiò a ridere davanti alla sua spiegazione.
Cioè,
quello era l’unico motivo?
L’azzurra
fece per parlare, quando Vegeta le allungò, o meglio dire, le lanciò una gamba
di quell’animale, cotta a puntino.
La
mangiò solo perché era l’unica cosa era riuscita a mettere sotto i denti in
quella giornata, e lo stomaco aveva iniziato a brontolare e a fare strani
rumori.
“Mi
accompagni a casa?” Osò chiedergli.
Era
sola, lontana da casa e senza mezzi di trasporto.
Con
sè, aveva solo la sfera dalle quattro stelle, che aveva tenuto addosso perché
lo zaino era troppo piccolo, quella da due e il radar cerca sfere.
Era
stanca, sporca e ferita.
Voleva
andare solo a casa.
“Ma
non devi raccogliere le sfere?” Vegeta inarcò un sopracciglio.
“Come
faccio senza mezzi?”
“Sei
intelligente, troverai una soluzione”.
Aspetta,
aspetta…le aveva fatto un complimento? Un bel passo avanti in una sola serata.
“Non
a queste condizioni, e poi la soluzione l’ho già trovata.”
“Non
ho intenzione di aiutarti, ho i miei allenamenti, non ti farò da balia.”
Strappò un pezzo di carne, da come mangiava non sembrava avere il sangue blu
che gli scorresse nelle vene, ma probabilmente quello era un popolo barbaro che
non conosceva le buone maniere o il galateo, e in quel momento glielo stava
dimostrando.
“Io
ti sto dando vitto e alloggio senza chiedere niente in cambio. Non hai mai
detto grazie, portarmi a casa adesso è il minimo che dovresti fare.”
“Io
non ti devo un bel niente, mettitelo in testa!”
*
Avevano
terminato da poco la cena, squisita, il cinghiale era cotto perfettamente.
Bulma
doveva ammettere che quel saiyan era un cuoco provetto.
Vegeta
le diede le spalle e chiuse gli occhi.
“Dormi,
domani dovrai faticare parecchio per arrivare a casa.”
L’azzurra
sbuffò e fece quello che Vegeta aveva ordinato, si addormentò poco dopo con il
fuoco che scoppiettava e il suo calore avvolgerle il corpo.
*
Si
svegliò a causa di una scossa di terremoto, molto frequente in quella zona.
Bulma
aprì gli occhi, e a parte il fumo del falò spento, il vulcano che eruttava,
accanto a lei, vide tutte e sette le sfere che luccicavano, e Vegeta che la
guardò con un ghigno soddisfatto.
Cercò
di parlare, ma la bocca impastata e arsa, glielo impediva, cercò di raccogliere
qualche goccia di saliva e inumidirsi la bocca per bene.
Si
stropicciò gli occhi per essere sicura di non sognare.
“Ma
cosa?”
“Non
illuderti, non l’ho fatto per aiutarti” La fermò prima che le sue orecchie
potessero udire parole gentili come un semplice grazie.
Bulma
arricciò le labbra di lato, come se fosse poco convinta di quelle parole.
“Perché?”
“Ma
quante domande!” Tuonò.
“Mi
accompagni a casa allora?” Chiese nuovamente felice come una bambina, ma si era
illusa troppo presto.
“Ma
allora sei sorda! Ho detto di no, non ho intenzione di aiutarti.”
Bulma
si alzò, voleva dimostrargli che con la caviglia ridotta in quelle condizioni,
non avrebbe avuto modo di andare molto lontano, fu sorpresa di constatare il
contrario.
“L’erba
che ti ho messo è molto potente! Guarisce tutte le ferite in poco tempo”. Aveva
continuato a darle le spalle e a tenere i pugni stretti lungo i fianchi.
Poi
lo vide distendere le dita e roteare appena il volto verso di lei.
“Attraversa
la radura, fino ad arrivare a quella roccia laggiù, volta verso sinistra e ti
ritroverai su un sentiero, lo dovrai percorrere fino ad arrivare ad un
villaggio, lì ti aiuteranno a tornare a casa.” Stava per levitare, quando la
sua mano lo bloccò per un polso, gli ci volle un’immane forza di volontà per
non strapparle il braccio con un movimento secco e deciso.
Si
guardarono negli occhi.
Cielo
contro buio totale.
“Mio
padre mi ha detto di dirti che ha riparato la Gravity Room”. Gli lasciò andare
il polso, quando lui le rivolse uno sguardo di approvazione.
Lo
vide allontanarsi e sparire oltre la coltre di fumo che emettevano quei vulcani
ancora attivi.
Bulma
sorrise.
Pensò
che infondo quel saiyan, non doveva essere così spietato come faceva credere, l’aveva
persino aiutata a raccogliere tutte e sei le sfere mancanti.
Da
quel momento in poi, si ripromise che non doveva avere più paura di lui, ma che
avrebbe usato le giuste parole e si sarebbe fatta valere.
A
quanto pare, gli piacevano le donne che sapevano tenergli testa.
Raccolse
la sacca con le sfere che pulsavano e seguì le indicazioni di quel saiyan.
Chissà
se sarebbe riuscita ad arrivare a casa prima di lui.
*
FINE
*
Convenevoli finali: Ciao a tutti e Buona Pasquetta! In realtà non
avevo in programma di scrivere una one-shot, quando ho acceso il computer oggi
pomeriggio, volevo solo continuare con la stesura dei capitoli di Vegeta-Sej e Il
ritorno di Papillon (fandom Miraculous).
Però più cercavo
ispirazione, e più vedevo nella mia mente questa scena, così ho dovuto buttarla
giù.
Spero abbiate
gradito questa VegeBul. Io li adoro.
Come avrete di
certo capito, la storia si svolge subito dopo Namecc e prima della resurrezione
dei caduti durante la battaglia dei saiyan e durante quella di Freezer.
Ringrazio fin da
subito chi mi lascerà una sua impressione, chi leggerà soltanto e chi la
riterrà talmente bella, da inserire la storia tra le PREFERITE, SEGUITE E
RICORDATE.
*
Vi ricordo
inoltre le long che ho scritto: ALLA RICERCA DI
MAI – DIVENTARE FORTI e la long in
corso VEGETA-SEJ.
*
Vi abbraccio, Erika