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Autore: Samita    06/04/2021    0 recensioni
Devi mimetizzarti, come le zebre.
Luca e Camilla si conoscono da quando erano bambini. Le loro vite si intrecciano continuamente, fa incontri e talvolta scontri, in quella che forse solo loro due sono in grado di definire liberamente amicizia.
Piegato in due per il calcio rotante da poco ricevuto al fianco sinistro, si era pure preso la strigliata dalla maestra.
Va bene, Cami sanguinava dal naso.
Ma era il doppio di lui.
In altezza e in furia.

[Questa storia è presente anche su Wattpad, pubblicata dall'utente Malgari. Sono sempre io.]
Genere: Fluff, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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5. Prima reazione

 

Luca si teneva la testa fra le mani, i gomiti puntellati sulla scrivania. Nella sua cameretta solo la lucina del tavolo era accesa, puntata sul quaderno aperto sotto il suo naso. Immacolato.
Luisa, sua madre, lo spiava dalla fessura della porta.
Erano cinque minuti che stavano fermi così. Lui fissava immobile il quaderno, respirando lentamente, senza nessun altro gesto. Lei fissava lui.
Al sesto minuti Luisa si stufò.
"Luca, com'è?" chiese, facendo irruzione nella camera con fare molto indaffarato "Hai finito? Tra poco si cena." 
Luca non si mosse. Sapeva benissimo che lei stava là, alla porta, a fissarlo. Luca sapeva sempre esattamente in che posto della casa si trovavano i suoi: aveva imparato molti anni prima a mappare le loro posizioni e a capire le loro intenzioni,  il tutto solo dai loro passi. Così era riuscito a finire tutto Pokémon Diamante in meno di cinque giorni, notti incluse, senza farsi sequestrare il Nintendo DS.
"Ho finito. Sì."
"Allora vieni ad aiutare."
"... poi vengo."
"Non è un invito, Luca, è un ordine. Che fai, stai qui a far finta di fare i compiti per non venire a fare la tavola? Almeno gioca a qualcosa invece di fissare il foglio. Così è tempo sprecato."
"Sto pensando." rispose il ragazzino.
"Puoi pensare mettendo i piatti in tavola?"
"... no."
Luisa allargò le narici nel tentativo di non sbraitargli addosso.
"Allora sparecchierai." Concluse, andandosene.
Luca ascoltò il passi rapidi e scocciati della madre allontanarsi, verso la cucina. Fece un respiro profondo, e ricominciò a contemplare la quadrettatura del quaderno aperto sulla scrivania.

Tre minuti dopo Luca entrò mogio in cucina. Diede una rapida occhiata alla tavola, constatò che mancavano ancora le posate e si diresse verso il cassetto per prenderle.
Sua sorella lo accolse con un infastidissimo "Con calma, eh!". In risposta, Luca mormorò qualcosa tipo "tantosparecchioiodopononrompere", ma solo lui sapeva veramente cosa aveva detto, visto che nessuno degli altri tre nella stanza - madre, padre e sorella – riuscì a distinguere mezza sillaba. 
"Dai, mollalo, Maria." intervenne il padre. "Domani ha la partita, sono i quarti, sarà agitato. Sei agitato?"
"Agitato cosa, se sta sempre con le chiappe sulla panchina?"
"Maria." la richiamò la madre.
"Magari posso parlare con Mario. " disse il padre, rivolto a Luca  "Insomma, questa volta ti farà entrare in campo, no? Son due mesi che va avanti il torneo senza di te. Agli allenamenti di ieri eri in forma. Sei migliorato. Secondo me ti ci manda se glielo chiediamo per favore."
C'era un tacito accordo fra Luca e il suo allenatore: nessuno dei due provava più a spiegare a Massimo (il padre di Luca) che la presenza del figlio in campo dipendeva  proprio dal ragazzino, e non da Mario. Da un lato, Luca non chiariva mai al padre che in effetti non entrava perché non chiedeva mai di entrare; dall'altro Mario non spiegava più a Massimo che aveva rinunciato anni prima a far giocare Luca se quello non aveva voglia: si ottenevano solo disastri.  
Quindi alle parole del padre Luca non rispose, limitandosi a disporre forchette e coltelli in tavola, per poi sedersi accanto a Maria.
"E diglielo." grugnì la ragazza verso il fratello.
"Cosa?" chiese Luca, sinceramente perplesso.
"Cretino."
"Ma cretino cosa?" insistette il ragazzino.
"Che sei cretino, e basta."
"Basta." li interruppe la madre "Se ci tenete tanto a litigare non fatelo a tavola."
Maria sbuffò, prendendo in mano lo smartphone.
"No." la bloccò subito Luisa "Metti via il telefonino."
"Ma sto solo guardando il meteo per domani!"
"Lo vediamo alla tv."
Maria grugnì. Bloccò il telefono e lo passò a Luca, che lo mise nella scatola dei cellulari, insieme a quelli dei genitori. 
"Buon appetito!" proclamò allegramente Massimo.

 

La campanella delle 7 e 50 suonò con la sua solita violenza.
Va bene, si disse Luca. Andiamo.
Salì le scale a due a due, cercando di staccarsi dal gruppetto degli altri mattinieri. Aveva esattamente 10 minuti a disposizione prima dell'inizio delle lezioni: a grandi passi superò il primo e il secondo piano, poi il terzo - dove si trovava la sua aula - e proseguì dritto verso il quarto. Ansimante e sudaticcio, si affacciò alla sala insegnanti: come previsto, la Rumi era là.
Tipico della Rumi. Mica come quella di musica, che non metteva piede a scuola prima delle 8 e 10. La Rumi era sempre in aula insegnanti, prima delle lezioni, forse già dalle sette e mezza. Non c'erano molti altri prof con lei. Poteva farcela.
"Prof."  la chiamò, quasi sotto voce.
La Rumi si girò verso la porta: intravide a stento la figura del ragazzino nascosto dietro lo stipite, e iniziò a fissarlo, mentre levava lentamente un sopracciglio. Uno solo.
"... Professoressa." corresse Luca.
"Dimmi, Luca."
"Scusi, volevo... chiederle..."
"Non ti sento mica, Luca."
Il ragazzino si zittì. "... posso entrare?"
"Sì. Vieni."
Quello entrò, e per poco non abbatté l'attaccapanni con lo zaino.
"Avanti, dimmi."
"Prof, scusi, io... Professoressa. Scusi. Allora, io volevo chiederle se per favore poteva cambiarmi di posto."
La Rumi levò un sopracciglio. L'altro. Adesso erano tutti e due alzati.
"Ma anche no."
Luca sbarrò gli occhi. "Ma Prof!..essoressa!"
Sul volto della Rumi si aprì un vago sorriso: era la prima volta che sentiva la voce di Luca così forte - dal petto. Accidenti, ci doveva essere rimasto veramente male, per fargli alzare il tono di voce così tanto. Cioè, ai livelli di un ragazzino normale. Ma per Luca... era come urlare.
"Perché me lo chiedi?" domandò allora la professoressa.
"Camilla mi infastidisce sempre! Lo ha visto anche lei, no? Lunedì scorso, che l'ha buttata fuori dalla classe... ma poi Cami è andata avanti il resto della settimana, eh, che lei non c'era, e Mussardo non le ha detto niente, ma le giuro, ha fatto peggio di lunedì!"
Mussardo non avrebbe mai cacciato nessuno dalla classe, si disse la Rumi. Non avrebbe messo mai nessuna nota, non avrebbe mai richiamato nessuno. In effetti Luca e Camilla erano in prima media da pochi mesi, piccolini, forse non lo avevano ancora inquadrato. Tempo altri due mesi e durante le ore di Mussardo Camilla avrebbe potuto buttare i banchi giù dalle finestre senza che questo le dicesse alcunché. Ahi. Ahi.
"Beh, Luca." Sospirò la Rumi "Dille di smettere."
Il ragazzino si zittì. Strinse le labbra, e le sopracciglia parvero quasi aggrottarsi. Poi, di colpo, scesero tutte dall'altro lato: il volto della disperazione. "Ma mica mi ascolta!"
"Questo lo credi tu."
Luca tacque di nuovo. Era muto, ma Rossella Rumi poteva facilmente capire cosa aveva in testa. È lei la prof, mica io. Non è mica compito mio dire a Camilla di stare zitta. Ma che storia è questa? Certo che non mi ascolta. Oh, ma l'ha vista, prof? Quella è una furia. Mi fa paura. Terrore. Col cavolo che le dico qualcosa, poi quella mi ammazza.
Dopo una decina di secondi di silenzio, il ragazzino la salutò e se ne andò con la coda fra le gambe.

Sconfitto, Luca si sedette mogio al suo posto. Aver passato il fine settimana a meditare e meditare sul da farsi non lo aveva aiutato: la missione era fallita. Sarebbe rimasto in banco con Camilla, forse per sempre.
Non ci si poteva proprio fidare dei Prof. Nemmeno della Rumi, che sembrava una tosta.
Che fregatura.
La prossima volta avrebbe rinunciato ancor prima di provare. Lentamente, il sangue gli saliva al viso, insieme  una profonda vergogna: come gli era saltato in mente di fare una richiesta del genere? Che stupido, Luca. Non ci riprovare mai più, a fare qualcosa di così stupido.





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Un sentito ringraziamento a EnNancy Guerrierainfernale che mi hanno ridato la carica! :D
Cercherò di aggiornare con un po' di metodo da adesso in poi, anche grazie al corso di scrittura che sto facendo e mi ha dato una mano a strutturare la storia.
Ciao!
Malgari

 

 

 

 

   
 
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