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Autore: GReina    07/04/2021    3 recensioni
[1/7 raccolta OS omegaverse]
ATTENZIONE: questa fanfic fa parte della serie "A Society to Change - Omegaverse". Consiglio di leggere prima la long in quanto questa OS spoilera il finale. Se non siete interessati alla sakuatsu o a leggere undici capitoli, però, potete benissimo leggere anche solo questa.
Questa è la storia di come Daichi ha deciso di dare inizio alla Resistenza.
Genere: Azione, Hurt/Comfort, Omegaverse | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Daichi Sawamura, Koushi Sugawara
Note: AU | Avvertimenti: Mpreg
- Questa storia fa parte della serie 'A Society to Change - Omegaverse'
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una Società da Cambiare

“Non posso ancora credere che stia succedendo!” per quanto ci provasse, Daichi davvero non riusciva a contenere l’entusiasmo. Dopo il matrimonio lui e Suga avevano subito iniziato a provare ad avere dei bambini, e quella mattina finalmente avevano scoperto che l’omega era incinto! In quel momento si trovavano sul letto e Daichi stava tenendo stretto Suga in un abbraccio forte e delicato allo stesso tempo. Non poteva fare a meno di accarezzargli il ventre ancora del tutto piatto con una mano ed i capelli argentati con l’altra con un enorme sorriso in volto che non voleva saperne di andare via.
Suga sembrava più preoccupato.
“Non devi temere, amore mio.” tentò di rasserenarlo strusciando il proprio naso sulla ghiandola profumata dell’altro sperando di riuscire ad attenuare la sua ansia “Mi prenderò io cura di voi. Non vi mancherà nulla.” ma l’omega non aveva risposto, la sua paura non era scesa, così l’alpha tentò di convincerlo ancora che sarebbe andato tutto bene. Dopo un po’, l’omega sembrò convincersi della cosa, e ricambiando il sorriso di suo marito poté concentrarsi su quanto fossero felici mettendo da parte tutto il resto del mondo.
Nei giorni successivi dissero della bellissima novità ai loro parenti ed amici, contattarono un ginecologo e ordinarono in libreria decine di libri sul come prepararsi a diventare genitori. Avevano ancora moltissimi mesi per prepararsi, ma a loro non importava. Se fosse stato per Daichi sarebbero anche già stati iscritti ad un corso preparto, ma Suga era riuscito – ridendo – a fermarlo almeno su quello. Il fatto che fossero irrimediabilmente felici era palese a tutti. Talmente felici che spesso i loro amici confessarono di non ricordare nemmeno come fosse il loro volto senza un bel sorriso stampato sopra. Daichi, evidentemente, pareva essere l’unico ad accorgersi dell’ombra d’ansia che sporadicamente tornava ad invadere gli occhi di suo marito, e ne conosceva bene anche il motivo.
“Ho appena avuto un’altra fitta.” l’omega entrò preoccupato in soggiorno reggendosi la pancia. Non era la prima volta che glielo diceva. Avevano provato a spiegare il disturbo al loro medico, ma questi la prima volta aveva detto loro che poteva essere suggestione o stress e la seconda che la cosa si sarebbe rivolta con delle vitamine.
“Adesso basta.” decretò Daichi in quel momento “Ti porto in ospedale.” e così fece. Provarono a chiedere al banco d’accoglienza, ma lì gli dissero che vista la natura poco grave del disturbo avrebbero dovuto aspettare. Aspettarono minuti interi, poi ore. Infine, quando era già scesa la sera, finalmente arrivò il loro turno, ma bastò una rapida occhiata alla loro cartella perché il dottore che avrebbe dovuto visitare Suga li mandasse via.
“Qui abbiamo parti d’urgenza e gravidanze a rischio. Non abbiamo tempo da perdere per dei fastidi allo stomaco di un omega!” il tono che l’uomo aveva usato non piacque affatto a Daichi che stinse i pugni ed inasprì il proprio odore pronto a urlargli contro che non erano “fastidi allo stomaco” ma dolori a volte pesanti che facevano del male all’amore della sua vita e che forse minacciavano suo figlio! Suga, però, fermò il suo impeto poggiandogli una mano sulla spalla. Non ne sarebbe venuto nulla di buono da una rissa.
I giorni passarono e le fitte si inasprirono. Riprovarono ad andare in ospedale presentandosi anche a quello della città vicina nel quale però – vista la loro residenza – non vennero neanche ricevuti. Contattarono ancora il proprio medico privato, ma nessuno sembrava prendere sul serio la loro preoccupazione.
Avrebbe voluto urlare e picchiare a sangue tutte le persone che li avevano ignorati quando capì quanto avessero sottovalutato la situazione.
“KOSHI!!” Daichi si trovava in cucina e stava preparando la cena per entrambi quando l’urlo di dolore di Suga lo aveva fatto spaventare come mai niente, fino a quel momento, era riuscito a fare. Salì le scale in fretta e più agitato che mai solo per raggiungere la loro camera da letto e lì trovare l’omega accasciato a terra che si reggeva la pancia.
“Koshi!!” urlò ancora l’alpha. C’era sangue dappertutto. Tra le sue gambe, soprattutto, ma anche sul letto. Il castano capì che doveva aver iniziato a sanguinare mentre stava riposando e che si fosse svegliato per il dolore cadendo dal letto.
“Chiamo l’ambulanza!” stava per alzarsi, ma la mano tremante ed insanguinata dell’altro lo trattenne per la manica.
“No…” disse flebile in un sussurro rotto e senza più speranza “No.” ripeté iniziando a piangere.
“Che vuol dire No??” chiese l’altro senza capire stringendo il polso della mano che lo teneva ancora fermo “Avete bisogno di aiuto, tutti e due!” il pianto di Suga si fece più disperato, poi scosse la testa.
“Non c’è più nessun noi.” Daichi si rifiutava di crederlo.
“Non puoi saperlo! Dobbiamo andare in ospedale! Noi dobbiamo-!”
“Daichi!!” lo interruppe l’omega “Non c’è più niente che loro possano fare.” si accarezzò il ventre con la mano che non reggeva lui, poi scosse ancora la testa e aggiunse “È da ieri mattina che non lo sento muoversi.” il castano scosse ancora il capo.
“Non possiamo saperlo…” si rifiutò ancora.
“Se andiamo in ospedale…” la voce dell’omega era distrutta, resa irreparabile da tutto il dolore che stava provando; le parole che uscivano a fatica dalle sue labbra “potrebbero schedarmi come omega sterile e costringerci a divorziare.”
“No!” urlò Daichi “Io non lo permetterò! Non permetterò mai che ti portino via da me, Koshi! Mai.” ma l’altro scosse ancora la testa.
“Questa cosa è più grande di noi.” fu solo allora che Daichi sembrò prendere del tutto consapevolezza del mondo nel quale avevano sempre vissuto. Quando aveva deciso di sposare Koshi sapeva che legalmente lui aveva il diritto di decidere tutto e suo marito niente. Sapeva anche, tuttavia, che per loro non sarebbe mai stato così; sapeva che avrebbe trattato Suga come si meritava di essere trattato; sapeva che i loro cuccioli sarebbero cresciuti con gli stessi ideali e che con gli stessi ideali avrebbero vissuto. Si era affidato molto al fatto che – in quanto poliziotto – avrebbe potuto immediatamente intervenire in difesa della sua famiglia in caso Suga o uno dei loro futuri figli fosse stato messo nei guai ingiustamente solo perché omega. Adesso, capiva di aver sbagliato tutto.
Come poteva pensare al futuro dei loro figli se la madre che avrebbe dovuto partorirli, e crescerli, ed amarli non era al sicuro? Come poteva pensare di basare la protezione della sua famiglia solo sulla sua presenza? Sarebbe bastata una pallottola, una persona al volante che non rispettava lo STOP, una trave che cadeva, una fuga di gas, un terremoto. Sarebbe bastato che una qualsiasi di queste cose ponesse fine alla sua vita perché anche la libertà dell’uomo che amava cessasse di esistere.
Daichi mise una mano su quella insanguinata di Suga che ancora teneva la sua manica. Afferrò il cellulare dell’omega dal comodino e digitò il numero del loro medico, privato e discreto, che tuttavia si presentò in casa loro non prima di un’ora e che confermò ai due uomini devastati la morte del loro cucciolo.
Ci pensò l’alpha a pulire il sangue di suo marito dalla camera da letto, ma sebbene adesso non una goccia ve ne fosse rimasta a testimoniare quanto appena accaduto, nessuno dei due si sentì in grado di dormire tra quelle quattro mura, quella notte. Rimasero quindi sul divano tra lacrime e dolore mentre Daichi si ripeteva ancora e ancora una promessa che avrebbe mantenuto per Koshi, per i loro figli e per sé stesso.
“Farò in modo che le cose cambino. Farò in modo che nessun omega in attesa abbia paura di chiamare i soccorsi quando si sente male. Farò in modo che tu sia al sicuro, amore mio.”
Solo… non sapeva ancora come avrebbe fatto.
Decise di iniziare col prendersi cura di suo marito. Dopo l’aborto era debole e depresso. Daichi lo costrinse a mangiare piatti vitaminici e a bere tanta acqua. Lo costrinse anche ad uscire per passeggiare insieme a lui almeno una volta ogni due giorni cercando di godersi l’aria fresca ed il sole caldo sulla pelle.
Se era vero che fino a qualche giorno prima per i loro amici era stato impossibile vederli senza un sorriso in faccia, adesso entrambi erano perennemente accompagnati da occhi arrossati e nasi gonfi. Stettero infiniti giorni, settimane, persino mesi a non fare altro in casa se non coccolarsi a vicenda nel vano tentativo di riuscire a consolarsi mentre il proposito di Daichi cresceva: “Cambierò le cose. Cambierò le cose.”
Erano passati quasi sette mesi dalla loro perdita quando Suga entrò in calore. Guidati dai loro corpi e dai loro istinti, si erano presto ritrovati mezzi nudi nel loro letto, ma quando erano giunti al momento di unirsi l’omega aveva iniziato a piangere. Daichi aveva sospirato, stanco e triste di vedere il proprio compagno in quel modo, eppure non poteva negare che anche lui si trovasse nel suo stesso stato. Se il calore ed il rut erano forti, il loro dolore lo era di più, così non gli rimase altro che accarezzarsi a vicenda tentando – come sempre – di trarre conforto l’uno dall’altro.
“Ho capito cosa fare!” annunciò una settimana più tardi l’alpha tornando dal lavoro. In tutti quei mesi, sebbene ancora nessuno dei due riuscisse ad immaginare di poter riprovare ad avere altri figli, Suga – come il castano – era in qualche modo riuscito a riprendere in mano la propria vita. Sorrise quando l’alpha lo raggiunse esaltato in cucina con quella notizia.
“Cioè?” chiese.
“Per cambiare le cose! Per cambiare la società.” l’altro si fece più serio ed attese con trepidazione il resto.
“Oggi hanno arrestato due gruppi di alpha per una rissa. Li hanno portati nella cella del distretto e adesso sono già fuori su cauzione. Ma questo mi ha fatto pensare:” disse, poi si avvicinò a Suga e gli prese le mani tra le sue “erano membri di due gang rivali. Hanno esperienza con questo genere di cose! Sommosse, rivolte… cose simili. Potremmo ingaggiarli, in qualche modo. Organizzare degli assalti al governo, far aprire gli occhi alla gente!” Suga lo guardò con occhi spalancati per qualche secondo, sembrava quasi che lo credesse pazzo. Poi il suo sguardo mutò e si fece più intenerito.
“E vuoi che siano degli alpha violenti a perorare la causa pro-omega?”
“Che altra scelta abbiamo??” chiese lui di rimando “Questi alpha saranno solo un mezzo. Sarà la gente a insorgere quando capirà cosa vogliamo fare.”
“Daichi, ci arresteranno ben prima che ciò possa accadere. Io sono un omega, tu un poliziotto. Noi non usciremo su cauzione come hanno fatto oggi i membri di quelle gang.” cercò di farlo ragionare “Quello che vuoi fare è illegale!” l’alpha lasciò le mani di suo marito per passarsi le proprie tra i capelli e sospirare forte.
“Non c’è alcun modo legale per fare in modo che le cose cambino!”
“Può darsi, ma questo non è il modo giusto di agire. Dobbiamo essere migliori di così.” Daichi sapeva che suo marito aveva ragione, ma quella delle rivolte era l’unica idea che gli fosse venuta in mente da mesi e stava iniziando a stancarsi.
Dovette attendere diversi mesi ancora, prima che una vera illuminazione lo raggiungesse.
Era sera tardi e lui era di ronda. Gli brontolava la pancia e tutto ciò che voleva, in quel momento, era di poter tornare a casa per cenare insieme a Suga. A quell’ora, poi, non succedeva mai niente di eclatante: troppo tardi perché ci fossero troppe persone in giro e troppo presto perché gli ubriachi iniziassero a fare casino. Si stupì, quindi, quando qualcosa di insolito giunse alla sua attenzione.
“Te la farò pagare, vedrai!” sentì urlare da una voce maschile.
“Puoi provarci, ma potrò solo farti il culo un’altra volta!” gliene rispose un’altra. Dall’odore Daichi capì ancor prima di vederli che doveva trattarsi di un omega e un alpha, e non erano soli. Altri due dello stesso genere, infatti, erano insieme a loro. I loro odori erano accaldati, sudati, eccitati, e Daichi sapeva bene ormai che l’eccitazione non poteva portare altro che guai.
Decise di avvicinarsi cauto. Lui era solo e quegli alpha – chiunque essi fossero – erano in due. C’erano due potenziali omega in pericolo e non poteva rischiare. Si assicurò che il proprio walkie-talkie fosse acceso e pronto a chiamare i soccorsi se necessario, poi tolse la sicura dalla fondina che gli reggeva la pistola e con una mano su di essa, pronta a estrarla, si avvicinò alle voci.
Qualcuno stava correndo. Più di qualcuno. Sembrava come se si stessero rincorrendo a vicenda. Infine, voltò l’angolo e vide la scena.
“Sì! Grande alzata, Kageyama! Gliel’abbiamo fatta vedere!” un alpha assurdamente alto e dai capelli grigi sbuffò sprigionando irritazione dalla propria ghiandola profumata.
“Colpo fortunato! Vedrai che la prossima la muro!” a quel punto un omega dai capelli arancioni, già basso di suo ma che appariva minuscolo messo a confronto con l’altro, gli si avvicinò per rispondergli con una linguaccia.
“Io e Tobio siamo più forti!”
Tra i due c’era una rete di pallavolo.
Un secondo omega aveva recuperato la palla e ridendo l’aveva passata agli avversari perché battessero. Daichi era talmente stupito per essersi sbagliato così tanto che non si accorse di starli ancora fissando con una mano sulla pistola fin quando l’alpha che ancora non aveva parlato non lo notò e – ringhiando – si frappose tra lui e il ragazzo dai capelli arancioni. Anche l’alpha più alto reagì portandosi subito più vicino all’omega restante.
“Gli omega non possono fare sport dopo i diciotto anni.” disse il poliziotto. Non era un rimprovero, solo la constatazione di un fatto che sin dal liceo aveva odiato con tutto sé stesso.
“Non impedirai al mio compagno di fare quello che ama solo perché è un omega!” si alterò l’alpha corvino.
“Prova ad avvicinarti a Yaku e te ne faccio pentire!” si unì il più alto. Sawamura rimise la sicura alla fondina, poi sollevò le mani cercando di far capire loro che non era una minaccia e prese ad avvicinarsi. Gli odori della maggior parte di loro si inasprirono sprizzando paura, rabbia e frustrazione in egual misura, ma non il piccoletto dai capelli arancioni. Lui sembrava guardarlo con curiosità ed aspettativa, e fu proprio a lui che fece cenno perché gli passasse la palla. L’omega non se lo fece ripetere due volte e – forse desideroso di vedere dove tutto quello li avrebbe portati – gliela lanciò. Daichi la afferrò al volo e sorrise.
“Ero il capitano della mia squadra di pallavolo del liceo. È così che ho conosciuto mio marito.” rilanciò la palla al rosso “Un alzatore omega.”
Entrambi gli alpha continuarono a guardarlo con astio, ed anche l’omega più basso, mentre l’ultimo gli sorrise così genuinamente che a Daichi sembrò avesse illuminato un po’ la serata.
“Non potete giocare qui.” il poliziotto rese la voce leggermente più dura ed urgente mentre prendeva a guardarsi intorno.
“Non abbiamo bisogno del permesso della polizia per giocare a palla!” parlò per la prima volta l’omega biondo-castano.
“Non vi sto dicendo che vi serve il mio permesso.” sospirò lui in risposta “Vi sto dicendo che siete stati fortunati che stasera di ronda ci sia stato io. Credetemi, le nostre Leggi fanno schifo anche a me, ma non voglio che veniate arrestati per mero orgoglio. Dovete trovare un posto più discreto per giocare.” poi gli venne un’idea e subito li avvertì: “C’è una vecchia fabbrica abbandonata nella zona industriale. L’abbiamo dovuta fare sgomberare mesi fa. Lì non vi vedrà nessuno.” l’omega più basso ringhiò diffidente.
“E perché mai dovremmo fidarci di te. Noi siamo in quattro, tu sei da solo. Ovvio che ti convenga spingerci in una trappola.” Daichi pensò per qualche secondo a come rispondere, infine tentò di guadagnarsi la loro fiducia dicendo la verità:
“Ho perso un figlio a causa di come è costruita la nostra società. Non sto mentendo, ma se non vi fidate va bene. Basta che vi troviate un luogo più sicuro per vivere come volete.” dopodiché gli voltò le spalle ed andò via con la speranza che loro facessero lo stesso.
Nei giorni successivi, Daichi ripensò spesso a quelle due coppie di alpha e omega. Sembravano forti e pronti a combattere; stanchi di vivere – o meglio di non vivere – nel modo in cui il Governo aveva imposto loro.
“L’idea delle sommosse non era male.” disse una mattina sovrappensiero mentre lui e Suga facevano colazione. L’omega roteò gli occhi prima di sbuffare.
“Ancora con questa storia? Il tuo piano è una follia! Ho sposato un poliziotto, non un alpha stupido e prepotente!” Daichi rise.
“Non intendevo tornare alla mia vecchia idea.” aveva raccontato la sera stessa a suo marito dei giocatori che aveva incontrato, per cui gli bastò riportargli alla mente quell’episodio risalente ormai a cinque giorni prima perché potesse spiegargli a cosa avesse pensato.
“Non siamo gli unici a voler cambiare le cose! Dobbiamo solo trovarci dei compagni. Una squadra. Potremmo riunirci, reclutare gente. E quando saremo abbastanza, allora ci organizzeremo e penseremo a un modo per attaccare. Potremmo fare qualcosa, finalmente! Aiutare a chi viene negato aiuto.” Suga sorrise fiero, innamorato ed entusiasta.
“Adesso si ragiona.”
Quando fu di nuovo di ronda, dunque, ampliò il proprio giro e finì per raggiungere la fabbrica abbandonata che si trovava nella zona industriale. Non era certo che li avrebbe trovati lì, ma doveva almeno provarci.
Sorrise quando sentì il suono delle scarpe sul pavimento e delle voci eccitate chiamare per un’alzata o congratularsi per la buona ricezione. Varcò silenziosamente l’ingresso e fu solo quando il più alto del gruppo segnò e la palla rotolò via che i presenti si accorsero di lui. Il poliziotto percepì subito l’irrigidimento di tutti eccetto uno che gli sorrise felice e gli si avvicinò correndo.
“Detective-san! Avevi ragione, qui è perfetto per giocare!” Daichi sorrise, congratulandosi con l’omega per le azioni che gli aveva visto compiere. Nel frattempo, anche tutti gli altri si erano avvicinati, così Sawamura poté finalmente presentarsi.
Ci volle un po’, ma alla fine Hinata, Kageyama, Yaku e Lev iniziarono a fidarsi di lui.
“Ecco la Resistenza.” si disse il castano mentalmente “Ora ce ne servono altri.” e furono Nishinoya e Tanaka i primi nomi a venirgli in mente. Sapeva che il secondo aveva aperto una palestra, quindi rintracciarlo non fu difficile. Questi gli disse di essere rimasto in contatto con l’amico più basso, così un giorno si ritrovarono tutti e due a pranzare in casa sua e di Koshi dove i coniugi poterono indagare sulle loro idee al sicuro da orecchie indiscrete.
A loro, grazie a Tanaka, si unì Yamamoto. E poi il campione di pallavolo Ushijima insieme al suo compagno di vita, Tendo. Stavano davvero costruendo qualcosa e lui e Suga poterono riprendere a pensare di allargare la famiglia. Quando le fitte di Koshi tornarono come l’ultima volta, Daichi si ripromise che non sarebbero ripassati attraverso tutto il dolore che avevano già provato, e quando in ospedale – ancora – gli venne negato il soccorso che gli spettava, era pronto a rispondere con le armi, e l’avrebbe fatto se quello stesso giorno Shirabu – un giovane medico buono e gentile – non si fosse presentato in casa loro per rimediare alla scortesia dei suoi colleghi.
Arrivò Kuroo, poi Semi; si unì a loro Kenma ed ancora Tsukishima e Yamaguchi. Arrivarono Atsumu, Sakusa, Iwaizumi, Oikawa, Bokuto, Akaashi e tanti, tantissimi altri!!
Sembrava che la morte del loro primo cucciolo fosse avvenuta una vita fa. Una vita fa sembrava essersi fatto quella promessa. Promessa che, finalmente, si ritrovò ad essere rispettata.
“Osservate bene questo mondo, bambini miei,” disse ai suoi figli ancora troppo piccoli per capire guardando insieme a loro madre fuori dalla finestra “perché è tutto per voi”.
Avevano combattuto per i diritti degli omega ed avevano vinto. La società, adesso, sebbene avesse ancora molta strada da fare, rispettava e teneva da conto in egual misura tutti gli esseri umani.
Tutto sarebbe andato bene. La sua famiglia sarebbe stata al sicuro.
   
 
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