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Autore: Merry brandybuck    11/04/2021    1 recensioni
Una storia Russingon in chiave moderna; i nostri due innamorati riusciranno ad avere un loro personale “ per sempre felici e contenti” ?
Genere: Fluff, Generale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Figli di Fëanor, Figli di Fingolfin, Fingon, Maedhros
Note: AU, Lime, What if? | Avvertimenti: Incest
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Capitolo 2: Piste da seguire e giochetti

 

Quando Fingon aprì gli occhi capì che qualcosa non andava; si tirò a sedere ancora intontito e, guardatosi intorno, vide il lenzuolo del fulvo abbandonato ai piedi del letto: si alzò e stava per riavvolgere il corpo dell’amico, ma d’improvviso si mise ad urlare spaventato. Immediatamente Maglor gli fu accanto e anche lui rimase atterrito alla vista di quella scena; lo prese per le spalle, tentò di scuoterlo e poi si scapicollarono giù per le scale: dovevano chiamare aiuto. In corridoio era ancora buio e per la fretta i due inciamparono, finendo lunghi distesi per terra; si rimisero in piedi e corsero verso la camera degli adulti: spalancarono la porta con così tanta foga che sembrava volessero scardinarla. I coniugi, che stavano dormendo abbracciati e avvolti nelle lenzuola candide, non si accorsero di nulla fino a che i ragazzi non li strapazzarono per svegliarli: il signor Curufinwe aveva assunto uno sguardo tutto fuorché tranquillo: “ Allora, due immensi deficienti, vi pare normale venirci a svegliare con tutto questo malgarbo alle cinque di mattina di una domenica di Luglio !” I due non sapevano se continuare a essere cortesi o se mandarlo a quel paese per l’epiteto che aveva usato; comunque il suo tempo di reazione velocissimo ( un vero record per il Nolofinwion, abituato al suo genitore che ci metteva un quarto d’ora a formulare una frase di senso compiuto senza ricorrere ad una tazza di caffè) li stupì tanto che dovettero sostenersi a vicenda per non barcollare: il Feanorion buttò fuori l’aria dai polmoni con uno sforzo immane: “ Padre… Maedhros è sparito !”

 Nerdanel balzò in piedi, atterrita; intanto anche gli altri fratelli erano accorsi per via del rumore e stavano radunandosi davanti alla soglia: pure l’uomo era leggermente spaventato. “ Che cosa intendete ?” chiese con crescente apprensione. I due lo tirarono per un braccio fino a quando non furono nella stanza; la scultrice entrò per prima e quando vide il giaciglio vuoto non si sconvolse troppo: “ Non vi ha sfiorato l’idea che possa essere uscito dall’ingresso proprio come avete fatto voi ?” Curufin era troppo infastidito per poter partecipare alle ansie degli altri presenti: il cugino si strinse il setto nasale in preda allo sconforto: “ Il problema è che Kano aveva chiuso la porta a chiave dall’esterno e io avevo chiuso la finestra !” Celegorm, ancora troppo intontito per capire la situazione, si appoggiò alla parete: “ Ma perché avreste dovuto fare una cosa del genere ?” Makalaurë si grattò il capo imbarazzato: “ Sai che Fin’ soffre di sonnambulismo ? Ecco, mi sono detto che visto che Nelyafinwe aveva la febbre alta da tanto tempo, non pensavo che si riuscisse ad alzare in un battito di ciglia e che al massimo il nostro amico qui presente se ne sarebbe accorto, quindi per essere sicuri che nessuno gironzolasse per casa in piena notte ho chiuso a chiave; solo stamane, quando ho sentito un grido, sono corso di qui e ho aperto”. La ramata dovette sedersi un attimo a riflettere: i ragazzi erano ancora sotto shock; il padre si mise a misurare a grandi passi la stanza: “ Allora, o nostro figlio è diventato il mago Houdini oppure quello scellerato è stato aiutato da qualcuno” e puntò il dito contro il nipote; la moglie lo fulminò con lo sguardo: “ Tesoro piantala con queste tue stupide insinuazioni; in più non ti permetto di apostrofare così il nostro bambino” quello sbuffò esasperato: “ Amore mio, tesoro della mia vita, luce dei miei occhi devi capire che quello che ti ostini a chiamare “ bambino” adesso ha ventisette anni !”…

Intanto i gemelli si erano avvicinati al davanzale; si erano chinati a osservare qualcosa sul pavimento quando si scostarono improvvisamente: “ M-m-mami, Pa-pa-papi… venite a vedere” Tutti si avvicinarono e videro che i piccoli avevano ragione ad essere timorosi: sul parquet c’era una chiazza abbastanza larga di sangue semi-rappreso e delle impronte della stessa sostanza erano ben visibili sul telaio della finestra. Il cugino appoggiò un indice su una delle tracce e lo strisciò; una lunga scia rossa evidenziò il suo percorso: era ancora fresco. Questo attirò l’attenzione di tutti i presenti: i più piccoli scapparono tra le braccia dei genitori, i due mori provarono a mantenere la calma, mentre il castano e Tyleko cercavano di capire come seguire il fulvo; era scontato che fosse andato sul tetto ( anche se non si sapeva bene per quale stramaledetto motivo), ma essendo appena stato malissimo nessuno si capacitava di come avesse potuto mantenere un equilibrio tale per non cascare di sotto. Un altro dubbio che attanagliava le viscere di tutti era dove si fosse diretto il loro caro fuggitivo: non poteva andare da qualche amico perché il più vicino abitava a tre miglia dalla loro abitazione e che fosse andato verso il centro città era escluso, perché era in pigiama e non era suo solito farsi vedere in disordine. I più agili dei giovani provarono a uscire e a percorre la via, ma la loro madre li bloccò “ È troppo pericoloso per voi, vado io” il marito le diede una mano a uscire e i suoi figli corsero al piano inferiore per aiutarla eventualmente a scendere: e fu così che alle sei e mezzo del mattino nel quartiere di via Tirion si vide una splendida dama dai capelli rossi in camicia da notte in piedi su un tetto. Lei si calò con incredibile destrezza tenendosi aggrappata alle tegole e in poco tempo la videro appesa alla grondaia; il secondogenito aprì le braccia per prenderla al volo, ma ella riuscì ad atterrare sulle proprie gambe: vedendo il suo erede che era rimasto lì con un palmo di naso e un'espressione da ebete, gli battè una mano sulla spalla: " Bimbo mio, ricorda che i tuoi genitori erano due acrobati quando avevano la tua età". 

La pista marchiata da quello che prima era cruore proseguiva dietro l’edificio, stando appresso alla bianca parete, ma senza sporcarla; davanti a essa stavano un prato molto grande in alcuni punti inaridito dalle troppe volte in cui era stato calpestato, un tavolo di marmo, due panche, un paio di betulle altissime e un faggio di dimensioni impressionanti: Fëanaro era stato un vero portento nel progettare e realizzare tutta la magione. Findekano rimase sorpreso di quanto bene si rammentasse quel giardino e dei suoi profumi deliziosi; prese un respiro mentre abbassava le palpebre fino a che il cielo aranciato non sparì: concesse alla sua mente un brevissimo momento per vagare nei suoi nostalgici ricordi… Maitimo aveva sedici anni ed essendo già molto responsabile per la sua età gli erano stati affidati i fratellini e i cuginetti: “  Apri la bocca e manda giù” aveva detto, con tono materno, a Makalaurë intanto che gli metteva una pastiglia antidepressiva sulla lingua: naturalmente il quindicenne lo aveva guardato infuriato ma mantenendo sempre gli occhi catatonici come da un po’ di tempo a quella parte per colpa della sua leggera depressione; poi entrambi si avvicinarono al tavolo dove Carnastir stava studiandosi l’intero programma della seconda elementare per recuperare le insufficienze ( già all’epoca odiava studiare) mentre Curufinwe, essendo nato da solo quattro anni, aveva ancora la libertà di passare la giornata a pasticciare un foglio. Lui e Celegorm stavano giocando a calcio e Turgon stava leggendo, nel frattempo che Irissë si rotolava sul prato; il biondo era agguerrito e calciava la palla così forte che rischiavano che finisse oltre la recinzione: il flavo non era mai stato conosciuto per la sua moderazione ed era molto facile che esagerasse in qualcosa. Ma il corvino era ancora ignaro di ciò che stava per accadere: l’adrenalina e l’euforia gli montavano dentro insieme all’idea di non poter perdere; mentre il vento gli scorreva tra le ciocche della chioma mora si guardava intorno cercando di vedere se il rosso di cranio lo stava osservando. Era pronto a battere il suo migliore amico ed esultare; scorse di sfuggita il suo compagno di banco che caricava a testa bassa come un toro e formulò un piano: sarebbe arrivato a meno di un metro dall’avversario, gli avrebbe levato il pallone e poi si sarebbe scansato. Aveva velocizzato il passo e si era lanciato verso il suo nemico; aveva quasi messo il piede in fallo, ma era riuscito a rimanere sul suo percorso: peccato che per colpa di questo disguido aveva perso di vista ciò che stava facendo. Infatti quando aveva rialzato il volto non aveva fatto in tempo a spostarsi che il cugino gli era venuto addosso con la stessa potenza di un treno merci; si erano scontrati, tirandosi una testata di dimensioni epiche: il ramato, che aveva assistito alla scena senza riuscire a evitare il disastro, era subito corso in loro aiuto: “ Olè sapevo che vi sareste tirati una craniata ! Ci avrei scommesso l’anima ! State bene ?” Aveva messo le mani sulle loro fronti e tastandole aveva cercato di capire se si fosse rotto qualcosa; suo fratello aveva cominciato a ridere e il biondo aveva iniziato a fare il ragazzo forte e senza paura che resiste al dolore: quando aveva provato ad alzarsi, gli era preso un capogiro e Maglor era dovuto venire a sorreggerlo e a portarlo in casa. Il Nolofinwion invece era rimasto seduto tenendosi stretta la testa; digrignava i denti nel tentativo di non mostrare quello che stava provando quando aveva sentito due dita che gli accarezzavano il mento: aveva incrociato lo sguardo del cugino che gli stava sfiorando la faccia: “ Ti fa ancora tanto male ?” I suoi occhi erano dolci e cercava di sembrare comprensivo ma al contempo non andare contro alle indicazioni dategli dal babbo “ S-s-sì…” il ragazzo lo aveva abbracciato e poi se l’era preso in collo; era rientrato al chiuso e lo aveva posato con la massima delicatezza sul tavolo: “ Ti va del gelato alla vaniglia ?” gli aveva chiesto, mentre era chino sul congelatore. Quando gli aveva annuito di rimando, il maggiore si era girato porgendogli un cono a due gusti e una busta di piselli congelati; quest'ultima gliel’aveva messa sopra il livido per dargli un po’ di sollievo: “ Meglio ?” “ Sì, grazie Mae” in risposta un sorriso grande come il mondo: “ Non ringraziarmi: sei il mio migliore amico, farò sempre di tutto per renderti felice e alleviarti le sofferenze” e detto ciò lo aveva tirato a sé: Fin’ per la prima volta si era sentito davvero al sicuro, stretto tra le braccia di una persona che era sicuro volesse il suo bene; fu proprio quel giorno che il dodicenne aveva sentito qualcosa accendersi nel proprio cuore, qualcosa che avrebbe trasformato il suo rapporto con Russo, e riconobbe quel sentimento che lo avrebbe accompagnato per il resto della sua vita…

Il giovane si ridestò dal suo torpore scuotendo il capo: era andato avanti per inerzia e si trovava ancora vicino agli zii e ai cugini; la scia di fluido si era interrotta o per lo meno si era trasformata in goccioline vermiglie, più difficili da seguire. Svoltarono dietro l’angolo della villetta; accostandosi alle finestrelle giunsero fino alla porta lignea della cucina: era spalancata. Avevano già capito perfettamente chi fosse lì dentro ma per non fare una figura barbina preferirono buttare dentro solamente il naso e poi, nel caso, entrare; tutti i presenti diedero una sbirciatina da dietro l’uscio e dovettero faticare molto per astenersi dal ridere: Nelyafinwe era in piedi vicino al lavello, vestito con dei pantaloni ed una maglia evidentemente della misura sbagliata ( calcolando che aveva i calzoni che arrivavano a mezzo polpaccio e la T-shirt che somigliava più ad un top che ad altro, non potevano certamente essere i suoi abiti), che aveva già preparato la tavola e stava cucinando la colazione per tutti. La madre non resistette e corse a lui “ Maitimo ! Ma allora stai bene !” Fece un saltello e il figlio dovette piegare le ginocchia per poter ricevere le carezze di lei; quando la donna si staccò, fu il turno dei fratelli che saltarono addosso al maggiore con tutta la forza che avevano: “ Maedhros, porca miseria; la prossima volta che mi fai prendere uno spavento simile giuro che prima ti curo e poi ti ammazzo !” Makalaurë era quasi in lacrime dalla contentezza, nel frattempo che gli altri si mettevano a tavola; anche il padre fece il suo ingresso e la sua reazione stupì tutti i parenti: prese la rincorsa e con un balzo abbracciò il primogenito. Rimasto coi piedi a penzoloni per via della considerevole altezza dell’erede, l’uomo solitamente anaffettivo prese ad accarezzarlo e a stringerlo: “ Il mio ragazzone finalmente sta bene; sono nuovamente sereno…  anche se dobbiamo chiarire un paio di cosette” lo mollò e si sedette con la sua naturale compostezza. Il capofamiglia iniziò il suo interrogatorio: “ So già da dove sei passato e della tua guarigione a dir poco miracolosa, ma mi chiedo perché lo hai fatto” il fulvo risolse con estrema facilità l’arcano: “ Stamane mi sentivo benissimo dopo la febbre, ma avevo fame; ho provato ad aprire la porta: era chiusa dall’esterno. Ho capito che c’era lo zampino di Mag, quindi ho deciso di usare la via più facile e sono uscito dalla finestra” l’adulto non sembrò del tutto soddisfatto e continuò: “ Secondo punto: perché il sangue in giro per casa ? Che adesso dobbiamo lavare pure le tegole” L’imbarazzo più totale: “ Nel tentativo di non svegliare il mio compagno di stanza…” Fingon arrossì quando incrociò lo sguardo del più grande: “ … mi sono mosso al buio e mentre aprivo la finestra mi sono dato la maniglia sul naso, che ha iniziato a sanguinare in maniera incontrollata” i riguardi del maggiore erano una panacea per ogni male e un palliativo per ogni malattia; il genitore si preparò per l’ultimo quesito: “ E ultimo, ma non meno importante: perché sei vestito come se fossi appena uscito da un circo ?” solo lui riusciva a dire una frase simile rimandendo perfettamente serio: “ I miei vestiti erano luridi quindi, sapendo quanto ti da fastidio vederci in disordine, sono andato in lavanderia a cercare qualcosa da mettermi: peccato io abbia trovato solo la roba di Curvo” il quintogenito si mise a strillargli contro ma venne zittito da dei pancakes caldi col burro; i piatti preparati  erano deliziosi e la compagnia era fantastica: il Valoroso respirò quell’aria meravigliosa e mentre si infilava una forchettata di cibo in bocca pensò di essere in pace e che nulla sarebbe potuto andare storto. Quella sensazione durò relativamente poco. 

 

Circa alle sei del pomeriggio qualcuno suonò il campanello; Nerdanel rimase un attimo di stucco nel vedere lo strano visitatore: Turgon T. Nolofinwion. Il giovane aveva la camicia letteralmente fradicia di sudore, i capelli mori legati in un’ordinatissima coda di cavallo e spiaccicati in testa, la fronte umida, gli occhi quasi neri che lasciavano trasparire una gigantesca furia, il viso tirato da un leggero fastidio e le occhiaie che gli arrivavano a mezza guancia: la scultrice cercò di rimanere il più gentile possibile: “ Il mio nipotino adorato ! Come stai ? Che ci fai da queste parti, gioia ?” Lui era rigido come una tavola anche dopo il tono amorevole che aveva usato: “ Zia, è un’emergenza: mio fratello Fin’ è qua da voi ?” “ Certo, tesorino; è arrivato ieri pomeriggio e sembrava preoccupatissimo per Nelyo: in più era anche trasandato all’indescrivibile quindi lo abbiamo tenuto da noi per la notte, pora creatura…” l’interlocutore rillassò i muscoli per un istante: “ Devo portarlo a casa: nostra madre è in pensiero” Intanto gli abitanti della villa accorsero ( tutti tranne Maedhros e il suo amico) e, appreso il volere del ventiduenne, mandarono a chiamare il cugino; Fingon arrivò, bello come il sole, ma quando vide l’espressione funerea del fratellino la sua gaiezza si spense. “ Dobbiamo andare…” gli venne intimato; prese la giacca dall’attaccapanni e, salutati i parenti, seguì il minore: improvvisamente sentì qualcuno afferrargli una mano e voltandosi vide Russandol: “ Vi accompagno alla macchina” il Saggio si era già incamminato: “ Sono venuto in bici” i due rimasero stupiti: il preferito di Nolo e odiava andare sulle biciclette e se lo faceva era solo in caso di estrema necessità. Appena svoltato l’angolo della via e controllato che il fratello fosse abbastanza lontano, Findekano spinse il fulvo contro un muro e lo abbracciò; si beò per qualche momento del calore emanato dalla pelle del maggiore e del suo profumo: gli baciò al volo quelle labbra carnose che finalmente avevano ripreso colore e gli sussurrò maliziosamente all’orecchio: “ Stai pur certo che non lascerò la città per molto tempo: verrò presto a trovarti, Maitimo”. Corse via, lasciando il rosso imbambolato; nel frattempo il minore aveva preso il suo veicolo e si era accomodato sul sellino. Il primogenito mise un piede sul portapacchi e si tirò su in posizione eretta, tenendosi alle spalle del secondo: si fidava a fare quella cosa solo se Russo o Turg erano alla guida, perché era sicuro che non avrebbero fatto frenate brusche o inchiodate; partirono in direzione della loro abitazione e la tensione era palpabile: “ Sei uno sconsiderato ! Un irresponsabile della peggior specie ! Pensa che la mamma stava pensando di chiamare le pompe funebri: un funerale costa dai 3000 ai 5000 euro… tu non c’hai manco i soldi per crepare !” Il corvino ebbe un brutto presentimento e si mise una mano in tasca; prese il cellulare e provando ad accenderlo, si rese conto che la batteria era morta: aveva dato un sacco di preoccupazioni inutili alla sua famiglia, era rimasto isolato per tutta un’intera giornata e non aveva guardato il telefono per altri due giorni, avevano ragione a essere arrabbiati. “ Abbiamo chiamato alla tua università e i tuoi compagni di stanza ci hanno detto che eri ritornato a casa; abbiamo cercato di contattarti tutto il sacrosanto giorno, FOTTUTISSIMO IMBECILLE, ci siamo presi una paura boia” “ Scusami, ero troppo in ansia e non ho pensato a ciò che facevo…” “ Delle tue scuse me ne interessa un emerito, se consenti; adesso avresti proprio bisogno di una calcolatrice” il suo tono era prettamente sarcastico: “ Perché, scusami ?” “ Per calcolare quanti storcioni ti tirerà il babbo, stupido beota !” Stavano quasi per urlarsi addosso, riempiendosi di insulti ( in realtà, Fin’ si subiva la cascata di ingiurie dell’altro) quando il guidatore si diede una calmata: “ Facciamo un giochetto, ok ?” L’altro era sotto shock: non aveva mai visto un cambiamento di emozioni così rapido, ma annuì timorosamente: “ Allora, io dirò una parola e tu me ne dirai un’altra che ti viene in mente; inizio subito: Paura” il maggiore pensò bene a cosa dire: “ Amore” “ Segreto” “ Cugino” “ Finrod” “ Mae” “ Incidente” “ Macchina” “ Strada” “ Municipio” “ Leggi” “ Governo” “ Trappola” “ Giochetto” la questione si chiuse lì: il Valoroso andò in panico al sol pensiero che il fratello avesse potuto anche solo immaginare qualcosa a riguardo della sua relazione; mentre si faceva prendere dall’incertezza, l’altro lo riportò alla realtà: “ Comunque Aredhel è stata invitata in una discoteca la prossima settimana: sai cosa vuol dire, vero ?” “ Piano family ?” “ Eh già” sogghignò quello. 

Si fermarono davanti ad una casetta ordinata e pulita; mentre scendevano sul marciapiede Turundo lo strinse tra le braccia: “ Fratellone, sono contento che non ti sia successo niente…” mormorò: “ Andiamo” lo esortò dopo qualche minuto; attraversarono la strada e si ritrovarono davanti al portone: Fingon prese un respiro per scaricare lo stress e battè qualche colpo sull’asse lignea. Non sarebbe sicuramente potuta andare peggio di così.

 

La tana della scrittrice 

Aloha kākou! Pehea 'oe ? Questo capitolo mi ha esaltato un minimo, ma penso che la bomba sarà il prossimo; per cortesia fatemi sapere nei commenti se vi piace questo stile di Russingon e se volete che continui la storia: non credo ci sia molto altro da spiegare, quindi… mi scuso per eventuali errori nel testo o se non è stato di vostro gradimento, saluti e baci hobbit 

Sempre vostro 

 

Merry

   
 
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