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Autore: GReina    12/04/2021    3 recensioni
[sakuatsu]
La vita di Atsumu ha raggiunto una perfetta routine quotidiana insieme a Kiyoomi fin quando un uomo non bussa in casa loro con una notizia: Atsumu ha due figli di quattro anni e dovrà prendersi cura di loro.
Genere: Generale, Hurt/Comfort, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Altri, Atsumu Miya, Kiyoomi Sakusa, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Capitolo 7

Il martedì mattina, finalmente Atsumu poté tornare in palestra. Gli sembrava come se non si allenasse da una vita.
Come Kiyoomi gli aveva raccontato la sera prima, anche a lui tutta la squadra chiese dei gemelli. Atsumu fu ben felice di parlarne e mostrò anche qualche foto. Nonostante i quattro giorni di totale sedentarietà, giocò come al solito e forse anche meglio! Erano stati giorni frenetici ed Atsumu non aveva neanche avuto il tempo di pensare a quanto gli mancasse giocare finché non aveva ripreso in mano la palla.
Il coach aveva appena chiamato una pausa quando lo prese da parte.
“Agli allenamenti di domani mi servite entrambi.” gli disse. Atsumu abbassò la borraccia dalla quale stava bevendo e guardò l’uomo con occhi mortificati.
“Ma coach, l’asilo non ha ancora fatto posto per Kami e Aki. Osamu porterà uno stand di onigiri alla partita degli EJP e dei Frogs, quindi sia lui che il cugino di Kiyoomi non sono disponibili. Non ho a chi lasciarli.”
“Lo capisco,” rispose Foster “ma mancano pochi giorni alla trasferta di questo weekend e dobbiamo provare nuovi schermi.” Atsumu deglutì.
“A proposito della trasferta…”
“Voi non ci sarete. Lo so, ma per far allenare quelli che giocheranno occorre qualcuno con cui competere.” l’alzatore annuì.
“Se non avete altre alternative portate qui i bambini. Potranno stare con me in panchina.” Atsumu guardò l’uomo e sorrise appena.
“Ne è sicuro?” lui scrollò le spalle.
“I ragazzi muoiono dalla voglia di conoscerli. E anche io. Ho due figli, capisco bene quello che state passando. Non avete avuto neanche il tempo di organizzarvi le vite. Di solito le persone hanno circa nove mesi per farlo, sai?” risero entrambi, poi Foster continuò: “Potrò gestirli per un giorno.” Atsumu annuì e l’uomo sorrise, poi gli fece cenno verso il resto della squadra.
“Su,” gli disse “ora torna il campo.”
Tornato a casa informò subito Sakusa e i bimbi della novità.
“Ci portate a giocare a pallavolo??” chiese eccitata Kamiko. Atsumu e Kiyoomi risero, poi il corvino le si avvicinò e, sorridendo, le rispose:
“Non esattamente, tesoro. Noi dobbiamo lavorare. È importante, lo capisci?”
“Perché poi andate in televisione!” esclamò Akihiko. Atsumu rise.
“Esatto, piccolo. E non possiamo certo fare brutta figura!” poi vide l’espressione delusa dell’altra e decise di rimediare.
“Potremmo giocare insieme nelle pause. Che ne dici, Kami?” tornò subito contenta.
“Potrò giocare con voi?”
“Sì, certo. Però il resto del tempo dovrai stare buona fuori dal campo. Va bene?” annuì decisa.
“D’accordo,” concesse Kiyoomi “però sicuramente non può venire vestita così.” quella mattina le avevano messo delle calze marroni ed un vestitino verde.
“Peccato che abbia solo vestiti e nessun pantalone.” fece notare il biondo.
“Se solo avessimo il pomeriggio libero per poter andare a comprarle qualcosa…” Atsumu rise.
“Mi preoccupi quando fai il sarcastico, sai? Ho una brutta influenza su di te.” rise anche Kiyoomi e – se non capendo la situazione semplicemente perché contagiati da loro – i bambini si unirono a lui.
“Su questo siamo d’accordo.” si diedero un rapido bacio a stampo, finirono di mettere via i resti del pranzo che avevano appena consumato e si prepararono per andare al centro commerciale.
Si divertirono non poco nel comprare tutine sportive ai bambini. In Giappone la pallavolo non era famosa come il baseball, il kendo o il sumo, quindi – al di là di quello che piaceva pensare ad Atsumu – nonostante il livello a cui giocavano, loro non erano quelle che si potevano definire delle celebrità. Ma, certo, il tutto cambiava in un negozio di appassionati di sport. Firmarono autografi e scattarono selfie, ma furono bene attenti a non lasciare che i fan inquadrassero o menzionassero i bambini ed Atsumu – di nuovo – si sentì morire. Il peso della colpa lo schiacciava ogni volta che pensava a sua madre. Ma se stava già lui iniziando a soffrire per l’affidamento esclusivo che i signori Suzuki tecnicamente ancora non avevano, conosceva troppo bene sua madre per non sapere che per lei sarebbe stato mille volte peggio e che avrebbero dovuto passare sul suo cadavere per fare ciò che Atsumu sapeva di dover fare.
“Meglio chiedere il perdono che il permesso.” era stato il suo mantra per una vita. Non poteva cambiarlo adesso.
Uscirono dal negozio con due completini sportivi per ciascun gemello; scarpe da pallavolo per entrambi e persino ginocchiere. Il tutto – ovviamente – targato MSBY Black Jackals. Entrarono anche in un altro paio di negozi comprando a entrambi altri vestiti con cui poter giocare più comodamente; qualche libro da colorare ed annessi pastelli. Mangiarono un gelato ed infine tornarono a casa.

 
===

Era ufficiale. Sakusa amava quei bambini. Continuava a ripetersi che non avrebbe dovuto affezionarsi troppo, provava a rimanere distaccato, ma alla fine bastava un loro solo sguardo affinché mettesse tutto il resto da parte. Portarli nel loro abituale negozio di sport per comprare tute in miniatura con il numero tredici ed il quindici dei Black Jackals era stata la goccia che aveva fatto traboccare il vaso. Rimesso piede nel loro appartamento non avevano perso tempo e – dopo aver fatto il bagno e poi convinto senza sforzi i bambini a provare ancora una volta le tutine – avevano scattato loro decine di foto con la tipica lingua in fuori e le mani ad artiglio degli sciacalli.
Quella sera prepararono la cena insieme optando per una delle ricette più complicate suggerite dalla signora Foster solo per bruciare tutto e ricominciare da capo ripiegando su del semplice ramen. Come sempre misero a letto i bambini per le nove concedendosi del tempo anche per loro stessi coccolandosi sul divano. Si erano infine addormentati l’uno tra le braccia dell’altro nel proprio letto ed era ormai notte fonda quando una gran sete costrinse Kiyoomi ad andare in cucina.
Era già con una mano sulla maniglia per tornare in camera quando un suono sommesso lo fece arrestare. Fece due passi indietro e si affacciò nella stanza dei bambini. Il suono cessò immediatamente, ma ormai era tardi e Sakusa aveva capito perfettamente di cosa si trattasse. Entrò nell’ex-palestra e si avvicinò al futon in principio di Akihiko ma che in realtà condividevano entrambi sin dalla prima notte.
“Piccoli, che succede?” non risposero, ma ripreso a singhiozzare. A Kiyoomi si strinse il cuore, così prese ad accarezzarli. Non ci fu bisogno che gli dessero spiegazioni: erano bambini di quattro anni che avevano perso la madre solo da due settimane.
“Vi va di venire nel lettone con me?” annuirono entrambi continuando a piangere. Kiyoomi si caricò Akihiko in braccio e diede la mano a Kamiko. Entrarono nella camera padronale e, lasciato sul letto, subito il bambino gattonò verso la schiena di Atsumu.
“Mmh.” mormorò quello insonnolito. Si accorse subito che le dimensioni non potevano essere quelle di Kiyoomi, quindi si voltò improvvisamente sveglio e con la fronte corrucciata. Akihiko non perse tempo e si accoccolò tra le sue braccia mentre Sakusa aiutava anche Kamiko a salire sul letto.
“Che succede?” chiese il biondo con la voce arrochita dal sonno. I bambini gli risposero piangendo ancora, così lui strinse l’abbraccio sul figlio e fece avvicinare anche l’altra. Kiyoomi sorrise agrodolce a quella scena.
“Vado a prendere il lumino dalla vostra stanza, così non dormiamo al buio, va bene?” fece ai gemelli, ma Akihiko gli risparmiò il viaggio mormorando dal petto di Atsumu:
“Non ho bisogno della luce. Non ho paura se dormo con papà.” con la porta della stanza ancora aperta e luce del corridoio che illuminava in parte la stanza, Kiyoomi poté chiaramente vedere l’espressione del tutto esterrefatta del suo compagno. Gli occhi gli divennero lucidi, ma subito cacciò indietro le lacrime e baciò forte prima Aki e poi Kami. Era la prima volta che veniva chiamato in quel modo e la parola sembrava talmente naturale da fare male. Sakusa spense la luce del corridoio, chiuse la porta e si infilò sotto le coperte.

 
===

Quella mattina Atsumu si svegliò con il peso di una testa poggiata sul suo braccio. Per quanto ogni volta fosse bello quanto doloroso svegliarsi con il braccio intorpidito a causa di Kiyoomi che gli aveva bloccato la circolazione del sangue per delle ore, non fu però quello il caso. Il peso era minimo e quindi non abbastanza perché fosse svegliato dal fastidio di avere un arto pieno di spilli e non utilizzabile. Si voltò solo per vedere Akihiko dormire sereno al suo fianco. Sorrise, poi sollevò lo sguardo e la stanza parve illuminarsi di luce nuova: anche Kamiko dormiva tranquilla e sembrava comoda sdraiata sul petto di Kiyoomi com’era mentre lo schiacciatore la abbracciava.
“Ah, cazzo.” pensò “Voglio questo per il resto della vita.”
“Potresti averlo.” gli rispose un’altra parte di sé nella sua testa, ma scacciò via quel pensiero prima che potesse diventare pericoloso. Se non poteva essere per sempre, Atsumu voleva almeno immortalare quel momento. Si mosse silenzioso ed il più delicatamente possibile. Sollevò piano la testa di Aki con una mano e si liberò il braccio. Poi prese il cellulare dal comodino e scattò qualche foto: ad Aki, ad Omi e a Kami, poi a tutti e tre. Non poter mandare quelle immagini a sua madre lo uccideva, ma non perse tempo e le mandò nella chat di suo fratello e in quella della squadra per migliorare a tutti la giornata. Lasciò la stanza, si lavò in fretta e iniziò a preparare la colazione per tutti.
Kiyoomi, Kamiko e Akihiko lo raggiunsero insieme mano nella mano. Poi la bambina lasciò andare lo schiacciatore per correre verso di lui.
“Papà! Voglio prenderla io la marmellata dal frigo!!” Atsumu aveva dovuto sopprimere le lacrime la sera prima quando era stato Akihiko a chiamarlo in quel modo e non fu diverso con lei quella mattina.
“Vuoi prenderla tu, tesoro?” le sorrise e subito l’afferrò da sotto le ascelle in modo tale da sollevarla fino al barattolo.
Seduti intorno al tavolo spalmò poi per lei un po’ di burro e marmellata nelle fette biscottate mentre Kiyoomi faceva lo stesso con la nutella per Akihiko. Fecero lavare loro i denti, li vestirono con le nuove, piccole divise Black Jackals ed infine uscirono di casa.
Come era loro solito fare raggiunsero la palestra a piedi. Per strada i bambini giocarono a non toccare il bordo delle mattonelle del marciapiede con i piedi, così iniziò a farlo anche Atsumu nel divertimento generale.
Arrivarono a destinazione ridendo e affaticati da tutti quei salti. Era piuttosto presto, quindi si stupirono quando entrando scoprirono che tutto il resto della squadra era già presente.
“Qualcuno era impaziente di conoscere due certe persone!” spiegò Meian ai loro sguardi confusi. Atsumu e Kiyoomi risero mentre quest’ultimo riponeva maschera e guanti nel proprio armadietto.
“Sono così carini!!” esclamò un’ottava troppo forte Hinata. Tutti risero per poi sciogliersi in mille acclamazioni quando Atsumu e Kiyoomi tolsero loro i giubbotti rivelando le divise.
“Attento, Sho-kun!” urlò Bokuto “Qui qualcuno rischia di rubarti il posto di mascotte della squadra!”
“Io non sono la mascotte!” disse il più giovane non convincendo nessuno.
“Ricordate!” volle specificare Atsumu soprattutto a Bokuto “Niente social.”
Coach Foster li raggiunse pochi minuti dopo e portò i gemelli verso il campo mentre i giocatori si cambiavano. Si allenarono parecchio e duramente. Non appena poteva, Atsumu non perdeva occasione per guardare verso i suoi figli con un sorriso. Sembravano entrambi felici ed emozionati, ma era soprattutto Kami a sprizzare gioia da tutti i pori. All’alzatore ricordò tanto sé stesso da piccolo e non vedeva l’ora che l’allenamento finisse per poter fare qualche palleggio con lei. Quando ciò avvenne, gli bastò farle solo un piccolo cenno perché la bambina corresse veloce verso il campo. Akihiko la seguì subito dopo.
Nonostante per quel giorno avessero finito, tutta la squadra si trattenne qualche minuto a giocare con loro. Non che Atsumu si fosse aspettato altro. Fu solo dopo un paio di palleggi che si accorsero – per la prima volta in cinque giorni – di dover fare qualcosa per i capelli di Kamiko.
“Non avete un elastico?” chiese loro Inunaki. Atsumu e Kiyoomi scossero il capo all’unisono mentre i compagni ridevano. Nessuno di loro aveva i capelli lunghi, quindi proprio non seppero che aspettarsi quando Bokuto attirò l’attenzione di tutti i presenti esclamando:
“Ci penso io!” tirò forte il laccio dei propri pantaloncini che abbandonarono la sua vita finendo all’altezza delle caviglie. Subito, Atsumu coprì gli occhi ad Aki e Kiyoomi prese Kami in braccio girandola dalla parte opposta. Tutta la squadra rise.
“Avete l’istinto giusto per fare i genitori, ragazzi.” commentò Barnes tra le lacrime.
Quindici minuti dopo erano rimasti solo Hinata e Bokuto a far loro compagnia.
“Bravissima, Kami!” esclamò un’ennesima volta l’alzatore “Hai un futuro da giocatrice, davanti!” sorrise dal più profondo del suo cuore.
“Papà, io sono stanco!” si lamentò subito dopo Akihiko. Atsumu gli si avvicinò, e così – arrabbiata – fece anche Kamiko.
“Lo dici solo perché non sai giocare! Io non voglio ancora andare via, non fare il guastafeste!” Atsumu non poteva credere di stare per dirlo dal momento che tuttora lui continuava a stuzzicare Osamu in quel modo, tuttavia si costrinse a riprendere la bambina.
“Non trattare così tuo fratello, Kami.” le disse con tatto “È normale sentirsi stanchi. La pallavolo è uno sport impegnativo.” poi si rivolse ad Akihiko.
“Ti va di aspettare un po’ in panchina, piccolo? Così facciamo giocare ancora un po’ la sorellina.” Akihiko guardò risentito verso Kamiko, ma infine annuì. Atsumu lo baciò in fronte e tornò in campo con la figlia. Lui e Kiyoomi si alternarono per fare compagnia ad Aki inventandosi ogni genere di gioco possibile pur di intrattenerlo. Questo fin quando non arrivò Akaashi.
“Keiji! Credevo saresti passato solo alle due!”
“Sono le due, infatti.” fu la risposta dell’editore. Tutti se ne stupirono e all’unisono si voltarono verso l’orologio appeso al muro della palestra. Poi Bokuto iniziò a piagnucolare.
“Ma io voglio continuare a giocare! Vanno bene altri dieci minuti?” Akaashi sorrise intenerito ed Atsumu non poté fare a meno di chiedersi come fosse vivere con un adulto rimasto bambino. Ad Akaashi comunque non sembrava dispiacere.
“Ho del lavoro importante da finire…” iniziò a dire, ma ritrattò a metà frase quando si accorse dell’espressione affranta dell’altro “mi appoggio laggiù e continuo qui, d’accordo?” indicò verso la panchina ed il banco del coach. Bokuto sorrise felice e lasciò un bacio a stampo entusiasta all’editore che andò a sedersi vicino ad Akihiko. Da allora Kiyoomi tornò a giocare con loro ed Atsumu non fece più caso a cosa faceva Aki per un po’ finché Akaashi non li raggiunse in campo per chiamare lui e Sakusa. L’alzatore si voltò subito allarmato verso il figlio che però stava disegnando tranquillo su alcuni fogli. I due giocatori non capirono perché l’editore li avesse chiamati finché non furono accanto al gemellino.
“Aki!” esclamò Atsumu e questi subito sollevò lo sguardo su di lui “L’hai fatto proprio tu?” afferrò il foglio che aveva davanti per ammirarlo più da vicino. Akaashi si occupava della pubblicazione di libri così come di manga, quindi non era raro per lui avere in borsa fogli e locandine pubblicitarie delle nuove serie in uscita editate dal suo studio. Akihiko aveva riprodotto uno di quei poster in maniera strabiliante considerata l’età.
Il bambino arrossì prima di annuire sorridendo.
“È bellissimo!” si unì Kiyoomi “Dobbiamo attaccarlo al frigorifero.”
“Il nonno non vuole che attacchiamo i suoi disegni al frigo.” disse loro Kami che si era avvicinata “Dice che fanno confusione.”
“Be’,” rispose subito Atsumu “il nonno non è qui. E a noi piace troppo questo disegno per non attaccarlo al frigo. Vero, Omi?”
“Certo. E ne vogliamo anche altri!” esclamò all’indirizzo di entrambi i gemelli.
Arrivati a casa – non prima di aver fatto fare ad entrambi un attento e approfondito bagno – lasciarono che fosse Akihiko stesso ad attaccare il disegno al frigorifero con dei magneti mentre poco distante Kamiko gli indicava se spostarlo più da una parte o dall’altra affinché fosse nel centro esatto.
“Una futura campionessa e un futuro artista.” mormorò Kiyoomi con tenerezza guardandoli da lontano.
“Hanno l’oro nel sangue, dopotutto.” aggiunse fiero Atsumu mentre il suo compagno lo spintonava divertito.
   
 
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