Libri > Il Signore degli Anelli e altri
Segui la storia  |       
Autore: Greenleaf    12/04/2021    4 recensioni
Sotto l’ombra degli alberi di Amon Hen giace il corpo di una ragazza di nome Eldihen. Quando riapre gli occhi ed incrocia lo sguardo di Legolas, entrambi avvertono una sensazione intensa, qualcosa di inspiegabile e ancestrale.
La storia di Eldihen però, prenderà forma attraverso delle scoperte che le indicheranno il percorso giusto da seguire e, tra intrighi e falsi nemici da combattere, si ritroverà a vivere momenti mai pensati. Stregata da parole, sguardi e mostri che in realtà non sono poi così crudeli come lei temeva.
Vivrà l’incanto di un amore minacciato dalla guerra. Sarà vittima di un nemico tanto incantevole quanto misterioso. La sua storia inizia ad occhi chiusi, e per giungere alla fine Eldihen dovrà imparare a camminare nel buio.
Genere: Avventura, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Eowyn, Gandalf, Legolas, Nuovo personaggio
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Capitolo 7
 
 
Recuperò la cintura a terra, agganciandola bene in modo che i due pugnali non ricadessero. Ripose dentro il suo sacco di iuta una borraccia d’acqua ed il mantello verde. Richiuse i lacci bene prima di rialzarsi da terra, indossando lo zaino. Passò la mano tra i suoi capelli, sciogliendo dolcemente i piccolissimi nodi sulle punte, mentre osservava distrattamente l’alba: il cielo si stava tingendo d’azzurro, illuminando la pianura in cui si trovavano, gli uccellini svolazzavano, roteando allegramente in cielo, intonando una gradevole melodia.
 
Eldihen pensò a Legolas, ricercandolo con gli occhi. Non lo vedeva da ieri sera, era riuscita a riposare mezz’ora  dopo il loro incontro e, quando aveva riaperto gli occhi lui ed Aragorn non c’erano più, si era ritrovata sola in mezzo alla distesa erbosa. Gandalf dormiva, non osò disturbarlo, continuando a sistemare i lacci del suo vestito, rendendosi conto che era dimagrita ancora di più.
 
“Pss” 
 
Sobbalzò presa alla sprovvista, girandosi completamente dalla parte in cui aveva udito il suono “Gimli!” portò la mano al cuore sospirando.
 
Il nano si stava avvicinando a lei lentamente, muovendo dei piccoli passi, con in viso un’espressione buffa, la barba rossa coperta di briciole di pane e l’ascia in mano. Sprovvisto di elmo in testa, i suoi capelli sembravano una nuvola rossastra, crespi e completamente arruffati, era assonnato, gli occhi palesemente stanchi.
 
“Che c’è?” chiese Eldihen massaggiandosi ritmicamente le braccia “perché cammini così?”
 
“Shhh, ma sei pazza parla a bassa voce!” avvicinò il suo dito al naso, invitandola con un gesto di mani ad abbassarsi, per comunicare silenziosamente.
 
“Spiegami perché parli in questo modo” si inginocchio davanti a Gimli, schiacciando i fili d’erba freddi e umidi.
 
“Non voglio svegliare Gandalf, è più  burbero che mai, se scopre che ho mangiato l’ultime scorte di cibo chi lo sente!” agitò il viso, alzando le sopracciglia, le rocce argentate incorniciavano la sua figura tozza, rischiarita dalla luce del mattino.
“Ho capito, ma pulisci le briciole che si accorgerà lo stesso”  spolverò  velocemente le briciole sulla barba ruvida del suo amico, guardandolo mentre si portava la mano alla bocca “Ma dico io tutte le provviste, come fai?” sorrise divertita, i cattivi pensieri dinanzi al volto curioso di Gimli sfumavano come le onde del mare. Era veramente un sollievo averlo accanto.
 
“Senti un po’, tu non mangi, Aragorn poco o niente… Legolas campa d’aria, che facciamo? Buttiamo il cibo? Tanto vale che lo magi io” spiegò strappando da terra un’erbaccia scura. Eldihen trattenne un commento, studiando bene il suo volto, sembrava però che le volesse dire altro, lo comprese dal modo esitante in cui la guardava.
 
“Giusto, ma dimmi dove sono Aragorn e Legolas?” chiese sedendosi a terra, allungando le sue gambe snelle.
 
Dall’espressione attonita di Gimli, Eldihen capì di aver azzeccato il centro dei suoi pensieri, sicura che lui prima stesse esitando a parlare di loro “L’elfo era di guardia, ha visto degli strani movimenti in lontananza e sono andati a vedere di cosa si trattasse con Aragorn” spiegò storcendo le labbra “Ma mi sembra strano, non so!” commentò giungendo le mani sul grembo, sedendosi accanto ad Eldihen “Ah la mia povera schiena”massaggiò i fianchi serrando le palpebre.
 
“Perché ti sembra strano?” chiese pensierosa ricordando l’episodio di quella notte.
 
“Non so, se ne è andato senza dire nulla. Era serio, un po’ troppo per i miei gusti, deve essergli capitato qualcosa”
 
“Ti ha detto nulla?” domandò concedendogli una lunga occhiata inquisitoria.
 
“No, no” scosse la testa ripetutamente “Avrebbe dovuto dirmi qualcosa?”
 
“In verità…” pensò se fosse un bene rivelare a Gimli quell’aneddoto o tenerlo per sé “Beh ieri sono successe un po’ di cose: mi ha ricordato che lui mi ha salvata, dicendomi che io vado in cerca di guai” dalla sua bocca non uscirono altri particolari, ma nella sua mente riaffiorarono le scene vissute e gli occhi azzurri di Legolas, così belli e leali da spazzare via tutti gli altri pensieri.
 
“Sicuramente era nervoso ma si preoccupa per te!” tentò di giustificarlo, gustandosi l’espressione di Eldihen, che mordeva il suo labbro con i denti.
 
“Anch’io ero nervosa. Ho preso la mia collana e gli ho detto di considerarla come una ricompensa, lui si è stupito, ma non ha fatto nulla, l’ha restituita cercando di farmi capire che avevo frainteso. Ora mi sento in colpa, è stato maturo e dolce, ma penso che il mio gesto l’abbia un po’ toccato” rivelò passando le mani avanti e indietro sulle gambe. Col senno di poi, una volta calma, ripensò all’accaduto, considerando la sua una scelta affrettata e priva di logica, sicuramente Legolas quella mattina era teso a causa del suo comportamento, guardò Gimli attendendo di ascoltare la sua considerazione a riguardo.
 
“No” agitò la tesa “E’ uno scherzo!”
 
“No Gimli”
 
La bocca del nano si schiuse a causa dalla sorpresa. Non credeva alle sue orecchie “Tu hai dato a Legolas la collana per ricompensarlo?” alzò la voce incredulo, ripetendo le parole di Eldihen.
 
“Si ma non avevi detto che dovevamo parlare in silenzio?”
 
“Si ma… è impressionante, cosa ti prende Eldihen? Ti riconosco a stento, hai ferito il giovanotto nell’orgoglio, figurati se può prendere in considerazione una ricompensa, lui ti ha salvata perché ci tiene veramente, non per i gioielli!”
 
“Lo so” annuì ponderando sui suoi atteggiamenti.
 
“Per questo poco fa era agitato. E’ per questa faccenda!”
 
“Lo so”
“Hai sbagliato” dichiarò apertamente senza peli sulla lingua. Eldihen quasi persa, abbassò il volto, guardando la stoffa vellutata della gonna, perdendosi nei suoi pensieri: aveva proprio ragione Gimli, lei stava sbagliando ad andare appresso a Nihil. Era scappata stupidamente da casa sua per raggiungere la compagnia, ed anche se lei stessa considerava quella scelta poco assennata, avvertiva la necessità di obbedire a Nihil, senza nemmeno spiegarselo. Considerò l’idea i rinunciare a tutto, in quel momento di lucidità, di lasciare l’arco a Legolas, di non fargli quel torto, in cuor suo sapeva che non era giusto.
Alzò gli occhi, improvvisamente la testa le fece male, come se l’avessero strattonata da una parte all’altra. Spaesata richiuse le palpebre, portandosi una mano alla fronte, non poteva immaginare che si sentiva così a causa dell’incantesimo di Nihil. Ogni qual volta pensava diversamente, iniziava a sentirsi male e le sue idee si mescolavano, causandole un forte dolore alla testa.
 
“Che ti prende Eldihen?” chiese Gimli preoccupato alzandosi da terra.
 
“Non lo so proprio Gimli” dichiarò appoggiando la testa alla parete rocciosa. Nihil era stato abile, la teneva sotto scacco senza che lei si rendesse minimamente conto. Non era riuscito però a mutare i suoi sentimenti nei confronti di Legolas, gli intrugli non le avevano fatto dimenticare il bene ricevuto e provato, lei stessa combatteva dentro di sé una battaglia silenziosa, per ricacciare i pensieri che gli erano stati inculcati a forza.
 
Giunsero dopo un paio di minuti, Aragorn e Legolas da dietro dei grossi cespugli di more. Si avvicinarono speditamente ai ragazzi che avevano lasciato, percorrendo il sentiero inclinato cosparso di pietre e rami. Eldihen si era ripresa, grazie ad un panno umido che le aveva dato Gimli. Guardò Legolas, aprì le palpebre, sbattendo le ciglia. Si fermò per diversi attimi ad ammirare la sua pelle perfetta, la linea morbida del suo viso, le sue spalle forti, e quelle labbra che tanto amava guardare. Spostò il fazzoletto dalla fronte, nascondendolo dietro la schiena.
 
“Non dirgli che mi sono sentita male, per favore!” chiese a Gimli, non voleva farli preoccupare. Si alzò da terra, aiutandosi con le mani.
 
“Va bene, mi basta sapere che ti senti meglio” annuì, aiutandola ad sollevarsi.
 
Aragorn mostrò loro i frutti che aveva raccolto, spostando davanti a sé una pietra. Si sedette offrendo agli amici il cibo che aveva trovato lungo la via “Mangiate, non è molto, ma potrà aiutarvi a recuperare le forze”
 
Eldihen  sorrise, guardando il volto gentile di Aragorn, afferrò una piccola fragolina di bosco, girò il viso ed incrociò gli occhi di Legolas, che silenzioso si era avvicinato, rimanendo in piedi, immobile davanti a lei e Gimli. Sembrava serio, ma non incollerito come lei pensava, i suoi occhi erano sempre saggi e profondi, privi di rimproveri. Fu felice di vederlo, era la cosa più bella che aveva ammirato quella mattina. Rimase immobile davanti ai suoi occhi, senza distogliere lo sguardo dal suo viso, non riuscì ad abbassare le palpebre, nemmeno quando Gimli le tirò la gonna.
 
“La mangi?” indicò la fragolina che stringeva tra le dita. Aveva già consumato il cibo che gli aveva offerto Aragorn, senza fare tanti complimenti.
 
“Ah!” spostò il suo sguardo da Legolas a malincuore, porgendo a Gimli la fragola rossa “No tieni, non mi va” gli sorrise.
 
Aragorn sistemò le lame dei suoi coltelli, lanciando di tanto in tanto uno sguardo a Gandalf “Non si è svegliato, è molto presto ancora” commentò affilando con un sasso appuntito, la lama del suo pugnale.
 
“No” rispose Eldihen osservando lo stregone che ancora riposava “ma voi avete trovato qualcosa?” girò gli occhi verso il ramingo, curiosa di conoscere ciò che avevano visto con Legolas.
 
“No, nulla” ammise senza distogliere lo sguardo dal suo coltello. Eldihen annuì, tornando a guardare Legolas, non riusciva ad ignorarlo, la sua presenza era come il calore del sole, una carezza tiepida e discreta. Non avrebbe mai voluto allontanarsi da lui.
 
“Come stai?” gli chiese trovando il coraggio di girarsi completamente per ammirare il suo profilo, delineato dalla luce del sole nascente.
 
“Bene” ammise pacatamente senza dimostrarsi scontroso o offeso. Per Eldihen fu un sollievo, sperava di trovarlo sereno, nonostante la sera precedente. Sorrise, trattenendo le sue emozioni dietro le pupille, sentendo sulla pelle dei brividi mai avuti prima, come se la voce di Legolas avesse acceso un fuco dentro il suo petto.
 
Incuriosito dal suo cambiamento, per un attimo rivide negli occhi di Eldihen, lo stesso sguardo gentile della ragazza che aveva salvato. Rimase risoluto, senza esporsi più di tanto, chiedendosi per quale ragione la sera scorsa gli avesse offerto la sua collana,  quasi sdegnata, sminuendo la generosità delle sue azioni.
 
L’elfa lo affiancò, sfiorando con le dita il dorso della sua mano, a mo di carezza, percependo la pelle morbida e liscia dell’elfo “E’bello vederti!” gli sussurrò dolcemente, alzando le ciglia incantata. Il sole, con un raggio arcobaleno, riscaldò la schiena di Eldihen, illuminando i fili di capelli, tingendoli di un castano chiarissimo, quasi biondo.
 
“Anche per me Eldihen” rispose studiando le dita affusolate sulla sua mano. Si guardarono, senza dire nulla, i loro occhi sapevano esprimersi meglio di qualsiasi parola. Legolas sorrise, poggiando la sua mano dietro la schiena di Eldihen con premura. Era preoccupato però il suo sorriso tenero riuscì a sovrastare i cattivi pensieri. Non capì come lei riuscisse a catturarlo in quel modo.
 
“Siete tutti svegli, bene!” Gandalf sorrise, ammirando vicino ad Ombromanto i quattro ragazzi. Il vento scompigliò la sua chioma liscia, facendogli socchiudere le palpebre. Si appoggiò sul suo bastone, camminando verso loro.
 
“Aspettavamo solo te” confessò Aragorn alzandosi dalla pietra in cui era seduto. Ripose il pugnale nel fodero, scostando con un movimento veloce, i ciuffi ribelli davanti agli occhi.
 
“Bene, molto bene!” lo stregone avvolse le dita sulle spalle di Gimli che, si affrettò a mangiare la fragolina che le aveva dato Eldihen, nascondendosi la bocca per non farsi vedere.
 
“E tu figliola come stai?” chiese apprensivo, rivolgendosi alla ragazza.
 
“Bene” felice mostrò il suo viso a Gandalf, avvicinandosi.
 
“Mh…”  attento osservò l’espressione di Legolas. Come sempre trovò i suoi occhi su Eldihen, non ne fu sorpreso “Vi invito a ricomporvi velocemente, partiamo subito!” alzò un dito, trascinando il suo bastone in avanti. Eldihen ammirò i suoi occhi celesti, le sopracciglia folte e quelle piccole rughe che tanto le piacevano.
 
“Vieni con me ragazza, se sei pronta, e come vedo lo sei, andiamo alla svelta da Ombromanto”
 
“Certo” corse incontro al cavallo, accarezzandolo amorevolmente. Sorrise sentendolo nitrire, seguendo i suoi movimenti senza problemi. Salì in groppa ed una volta che Gandalf l’affiancò, strinse la criniera di Ombromanto, guardando Legolas raggiungere Adolf, montandolo con un balzo veloce.
 
“Se i miei calcoli sono giusti, dovremmo raggiungere Edoras prima di mezzodì” proferì lo stregone assicurandosi che Eldihen si tenesse bene. Appoggiò premurosamente le sue mani per sostenerla. Erano di fretta, ma per Ombromanto non era un problema, Gandalf era sicuro che avrebbero raggiunto il palazzo di Meduseld a breve.
 
“Partiamo?” chiese Aragorn indirizzando il suo cavallo verso Gandalf.
 
 
“E sia!”  si lanciarono in una corsa frenetica, ad Eldihen sembrò di correre più veloce del vento. Scesero dalla collina, il sole sul cielo pareva seguirli, ma a loro differenza era lontano. Ombromanto galoppava senza spaventarsi, nemmeno quando il sentiero si presentò diroccato, ricoperto da ciottoli ingombranti.
 
Superarono un fiumiciattolo, Eldihen strinse la criniera con vigore, quando Ombromanto saltò da un piccolo dirupo, pensando di poter toccare il cielo con un dito. Alzò la mano, avvertendo sulla fronte il calore scottante del sole.
 
Legolas dietro lei, galoppava freneticamente, anche Adolf poteva considerarsi un ottimo destriero, infatti, lui e Gimli erano riusciti a raggiungere Gandalf, superando gli alberelli sparsi nella pianura desertica. Eldihen girò il viso, i suoi capelli ondeggiavano liberamente. Trattene un risolino quando notò la faccia allibita di Gimli. Sembrava spaventato, ma sapeva reggersi bene dietro Legolas, risultando un ottimo guerriero, sempre accompagnato dalla sua fidata ascia di metallo.
 
Aragorn, a differenza degli altri era più indietro, procedeva assorto nei suoi pensieri, mantenendo un certo andamento. Si costrinse a portare la sua attenzione al cielo azzurro, pensando in cuor suo che se Eldihen si era spinta da loro, un po’ era per  colpa sua, non avrebbe dovuto fidarsi di Nihil.
 
Superata la piana di Rohan, Gandalf si bloccò alla vista della piccola cittadella, stringendo le briglie ad Ombromanto. Ammirò da lontano il palazzo di Meduseld, osservando danzare le bandiere colorate, sopra le abitazioni in legno ed in paglia. La città sorgeva su una collinetta, recintata completamente da spessi tronchi appuntiti, simili a lance.
 
Eldihen gradì il tepore del sole, osservando il cielo azzurro ed il palazzo che sorgeva in mezzo alle piccole abitazioni. Grazie alla sua vista elfica riuscì a distinguere un portone ricamato, con dei disegni oro, dalla quale spuntavano delle colonne di legno, anch’esse dipinte in oro “E dunque siamo arrivati, scorgo le porte dorate e dei soldati” si portò in avanti, respirando a pieno l’aria fresca. Socchiuse gli occhi accecata dalla luce, i fiori a terra erano di un color ametista molto particolare, li apprezzò, pensando a quanto sarebbe stato bello passeggiare serenamente.
 
“Edoras e il palazzo d’oro di Meduseld. Dimora di Thèoden, re di Rohan, la cui mente è ottenebrata. La presa di Saruman su re Thèoden ora è molto forte” fissava il palazzo senza distogliere lo sguardo, nemmeno per guardare Eldihen che, sapendo della compagnia si voltò verso Legolas, ricordandosi di come lui le aveva evitato il discorso, mostrandosi diffidente.
 
 
Nel momento in cui Legolas ricambiò lo sguardo inquisitore della ragazza, i suoi occhi luccicarono sotto la luce del sole, erano limpidi, cristallini, in grado di sbalordire chiunque, sembravano topazi azzurri, incastonati nel volto più bello del mondo.
 
Gimli dietro Legolas gustò la scena silenziosamente, osservando gli sguardi che quei due si lanciavano.
 
“Ne vedremo delle belle” disse tra sé e sé.
 
“Attenti a quello che dite, non sarete i benvenuti qui!” Gandalf sollecitò il destriero a proseguire, correndo verso il cancello della città. Eldihen osservò il portone, attendendo che si aprisse. Sospirò, scostando un lembo della sua gonna scarlatta.
 
“Sembri pensierosa!” notò saggiamente Gandalf, udendo il rumore del portone aprirsi davanti ai suoi occhi.
 
“Non so, ma mi sento strana” in effetti, non riusciva a togliersi dalla testa l’arco di Legolas. Pensava a come fare, sarebbe stato difficile derubarlo, ed anche se era combattuta, l’incantesimo di Nihil gravava su di lei. Consapevole di dover agire in fretta pensò ad un piano, mentre avanzava lungo la città, percorrendo il sentiero in salita, cosparso di pietre sconnesse e di erbaccia indurita.
 
Voleva prendere l’arco solo per cacciarsi quel chiodo fisso che aveva in testa, evitando di sentirsi male continuamente. Era esausta, non ce la faceva più. Appoggiò dopo tanto la testa sul torace dello stregone, giusto per riprendersi dallo stato confusionale.
 
Le persone che incrociarono la compagnia si fermarono, richiamando la gente dentro casa, per osservare i viandanti che erano entrati nella cittadella. Si radunò una piccola folla in poco tempo. Le persone ammutolite si nascosero dietro le finestre, nei balconi, facendo finta di sistemare casa, per guardare furtivamente Gandalf e gli altri.
 
Eldihen notò lo sguardo rattristito di una vecchietta vestita di nero. Anche lei sentendosi infelice mutò espressione, divenendo di colpo spenta. Il vento scompigliò i suoi vestiti, i capelli, portandoli davanti agli occhi, li spostò distrattamente, guardando il leggero strato di polvere che si era sollevato da terra.
 
“Trovi più allegria in un cimitero” criticò Gimli deluso dalla pessima accoglienza. Infondo avevano visto solo donne vestite in lutto e bambini spaventati, nessuno parlava, come se fossero impauriti dalla loro presenza.
 
“Infatti” concordò Eldihen guardando il nano. Ogni qual volta sentiva la sua voce le tornava il buon umore, persino in quel momento di sconforto.
 
Legolas fissò le guardie, portando l’attenzione ai loro strani movimenti. Due di loro si erano allontanati, probabilmente per avvisare il re della loro presenza. Inevitabilmente posò gli occhi su Eldihen, trovandola distante. Legolas non distolse lo sguardo, assottigliò le palpebre per poter osservare bene l’espressione sul viso stanco della giovane. Come poteva non far caso alla sua faccia? Non riusciva ad ignorare i suoi occhi preoccupati, lui era da sempre abituato a cogliere anche in un singolo sguardo, l’essenza più profonda. Non si fermava alla semplice apparenza, non poteva, era stato sempre così: determinato e giudizioso, osservava il mondo e ne coglieva i significati, anche delle piccole cose, era attento.
 
Superata la stradina tortuosa la compagnia raggiunse le larghe scalinate in pietra che portavano alle porte del palazzo. Eldihen lo osservò sorgere dinanzi ai suoi occhi, come un magnifico scrigno che incorniciava con il suo splendore tutte le piccole case di paglia, calde, umili ma accoglienti, dalle quali usciva il fumo dei camini accesi, ed un buon profumo di pane. Desiderò rimanere imprigionata in quel momento, non voleva proseguire, desiderava ancora un po’ bearsi di quella visione, guardare la gente, il passaggio sterrato, il dorso del cavallo bianco, per rimanere lontana dalla confusione che aveva in testa.
 
“Siamo arrivati, stai attenta ragazza mia, di certo accadranno molte cose, cose spiacevoli e altre gradite. Tu stammi vicina!”
 
“Va bene” attirata dalla voce di Gandalf portò la sua attenzione alle scalinate, drizzando la schiena, sperando di avere la forza necessaria per stargli dietro.
 
“Lasceremo i cavalli qui!” ordinò, fermandosi repentinamente. Scese da cavallo aiutando Eldihen. Con molta cura attorcigliò le briglie in un palo vicino alle scalinate.
 
Legolas diede una mano a Gimli, imitando Gandalf. Eldihen mosse dei passi verso di lui, con il suo sacco dietro le spalle. Fissò l’arco che tanto la tormentava, portandosi una mano in viso. Iniziava già a sentirsi male, non riuscendo a star dietro a tutti i pensieri che le passavano nella testa.
 
Gimli si avvicinò a lei, apparendo coraggioso e fiero. Non aveva paura di affrontare quella nuova minaccia, né di spaccare il muso alle guardie del re, anzi, sperava tanto di sgranchirsi un po’ le ossa. Alzò il viso chiudendo le palpebre a causa della luce del sole. Riuscì a scorgere il viso afflitto di Eldihen si teneva la fronte, l’espressione era uguale a quella di prima, quando improvvisamente si era sentita male.
 
“Ehi ragazza che ti prende?” chiese preoccupato posandole una mano sul polso.
 
Legolas che in quel momento si stava occupando di Adolf, ignorando Gimli ed Eldihen, si girò prontamente. Aveva ascoltato la domanda del compagno. Portò la sua attenzione alla ragazza, lasciando il cavallo per avvicinarsi a lei con l’arco in mano.
 
“Eldihen, ti senti poco bene?” domandò mostrandosi apprensivo. Non riusciva a rimanere in disparte, soprattutto se sapeva che lei stava male. Le posò una mano sulla spalla, guardandola con attenzione.
 
“No va bene, è lo sbalzo di temperatura” spiegò frettolosamente lasciandolo nel dubbio. Preferì allontanarsi, non riuscendo a perdonarsi per l’azione che doveva compiere.
 
“Vieni affianco a me” Aragorn le indicò il percorso, superando insieme a lei il primo gradino, sotto lo sguardo vigile di Legolas che non le aveva tolto gli occhi di dosso.
 
“Aragorn aspettateci, proseguiamo insieme” Gandalf attese Legolas, per poi procedere verso il piazzale che conduceva al palazzo del re. Superarono facilmente le scalinate in pietra. Gandalf fingendo di non camminare bene, mosse il suo bastone, appoggiandosi su di esso. Eldihen lo guardò, fino a fermarsi davanti alle fiaccole ai lati delle scale.
 
Giunsero dalle porte aperte un gruppo di soldati, armati fino ai denti, indossavano delle luccicanti armature grigie,  i loro mantelli erano spessi e verdi. Uno di loro si fermò davanti a Gandalf, guardandolo con aria di dissenso “Non potete stare davanti a re Thèoden armati così, Gandalf il grigio. Per ordine di Grima Vermilinguo” pronunciò con vergogna quel nome, meravigliandosi della presenza di Eldihen.
 
“Dai figliola” la sollecitò lo stregone.
 
Sciolse dalla cintura i due pugnali che le aveva donato Nihil, udendo il rumore metallico di sottofondo, causato dallo spostamento delle armi dei suoi compagni. Legolas consegnò il suo arco ed i suoi coltelli, Aragorn la sua spada e Gimli la sua ascia, pronti ad entrare a palazzo.
 
“Il tuo bastone” cercò l’uomo dai capelli rossastri.
 
“Oh, non vorrai separare un vecchio dal suo appoggio per camminare”
 
 Astutamente Gandalf riuscì ad entrare a palazzo, accompagnato dal suo bastone, sottobraccio a Legolas. Eldihen rimase dietro loro, lasciando che Gimli ed Aragorn la superassero.
 
I suoi occhi appena intravista la sala, guizzarono da una parte all’altra, attenti a controllare ogni dettaglio: le grandi piastrelle rivestivano l’intero pavimento, non si vedeva tanto, ma i suoi occhi notarono fin da subito le fiaccolate, le colonne e i capitelli a forma di cavallo. Era tutto così diverso da Imladris, anche quel profumo intenso la sorprese e la guidò all’interno di quel palazzo.
 
“La cortesia del tuo palazzo è alquanto diminuita ultimamente, re Thèoden”
 
“Perché dovrei darti il benvenuto Gandalf, corvo tempesta?” biascicò il re dal trono.
 
Si fece avanti un uomo dal nauseante aspetto, gridando in faccia allo stregone delle parole crudeli. Era tutto vestito di nero, Eldihen trovò che il suo viso assomigliasse ad una serpe dalla testa schiacciata.
 
“Non ho attraversato fiamme e morte per scambiare parole inconsulte con un insulso verme!” rispose a tono Gandalf sorprendendo Eldihen. Portò davanti agli occhi di quell’uomo il suo bastone bianco, sfoggiandolo come se fosse un’arma letale e indistruttibile.
 
“Il bastone! Vi avevo detto di prendere il bastone dello stregone!” indietreggiò, lasciando ai soldati il compito di allontanare Gandalf e la compagnia, senza tanto successo, visto che i tre iniziarono a sferrare calci e pugni, pronti a combattere contro gli uomini del re. Scoppio una rissa, piena di rumori, di pensieri, di grida. Legolas muovendosi fluidamente, iniziò a colpire i guerrieri, uno dopo l’altro, seguito dal caparbio Gilmi che si spostava come una furia dentro la sala, stupendo completamente Eldihen. Aragorn strinse i denti e tirò un calcio senza pietà ad un uomo.
 
Nessuno fino a quel momento le si avvicinò, era immobile, intenta a fissare la scena, completamente esterrefatta. Un uomo si accostò dietro le spalle, portando il suo braccio al collo dell’elfa, cogliendola di sorpresa. Eldihen fulminea si ribellò, cercando di sgattaiolare via dalle braccia forzute di quel soldato, gli tirò un pugno,  muovendosi freneticamente per liberarsi della sua presenza.  Riuscì ad allontanarsi quando Legolas davanti a lei si girò, nervoso come non lo aveva visto mai. Lo vide avvicinarsi, con una faccia che non prometteva nulla di buono. Sferrò un pugno sulla fronte del soldato, afferrò simultaneamente Eldihen dal polso, l’attirò a sé, facendola atterrare sul suo torace. Tirò un calcio per completare la sua opera, guardando l’uomo sanguinate a terra.
 
“Osa toccarla un’altra volta e farò di peggio” parlò minacciosamente, per poi abbassare il suo sguardo su di lei, che stupita aveva appoggiato le sue dita sul suo petto “Tutto bene?” chiese rimanendo serio, sfiorando il naso di Eldihen con la punta del suo. La ragazza, ritrovandosi dopo tanto tempo tra le sue braccia, si avvicinò maggiormente, godendo pienamente di quel contatto che da tempo desiderava avere. Respirò il suo profumo, guardò i suoi occhi, alzando ed abbassando le palpebre. Ascoltò il battito del suo cuore in delirio, seguendo i movimenti di quei occhi magnetici che tanto le piacevano.
 
“Sto bene”
 
Legolas le sistemò velocemente i capelli, per guadarla in viso, assicurandosi del suo stato.
 
“Grazie” biascicò, felice che lui non le portasse nessun rancore. Si scambiarono uno sguardo complice, l’elfa lo abbracciò, fermando le sue mani dietro la schiena Legolas, per poi allontanarsi. Si era mostrato interessato anche se notò comunque un certo distacco, che prima non aveva. Incrociò le mani sotto il seno vedendolo annuire prima di andarsene.
 
Gandalf impugnando il suo bastone come fosse una spada si avvicinò al re.   Tolse il suo mantello grigio dalle spalle, rivelando la sua tunica bianca e  luminosa.  Ricacciò da re Thèoden la presenza di Saruman, sotto gli occhi della gente che lo stava fissando. Nessuno osò ostacolare lo stregone, dietro di lui si riunirono un gruppo di persone, attendendo con ansia che il loro re tornasse tra loro. Fino a quel momento aveva affrontato lunghe tenebre, allontanandosi dal regno e dalla sua famiglia.
 
Spuntò da una colonna ricamata, una donna dai lunghi capelli biondi. Eldihen catturata dal suo viso le si avvicinò di poco, ma lei scattò come una molla per raggiungere il sovrano, impaurita. Aragorn la bloccò prontamente, lasciandola andare solo quando tutto era concluso.

 
 
 
Il pomeriggio trascorse velocemente, Eldihen si trovò trascinata dagli eventi, prendendone inevitabilmente parte. Aveva partecipato al funerale del figlio del re, rimanendo vicino a Gandalf. Eowyn, la fanciulla che aveva visto prima, le offrì una camera confortevole, mostrandosi molto gentile nei suoi riguardi.
 
Si ritrovarono insieme, sedute una di fronte all’altra, intorno ad un braciere. Eldihen notò dolore negli occhi chiari della donna, si trovò un po’ imbarazzata, la situazione non era per nulla semplice, comprendeva a pieno lo stato confusionale della ragazza. Si accomodò sulla sedia, riscaldandosi le mani davanti al piccolo fuoco.
 
“Mi spiace molto per tuo cugino” ammise osservando il suo lungo abito nero.
 
“Era giovane, se n’è andato precocemente” apprezzò la compassione della sconosciuta, cercando di mostrarsi amichevole, anche se non la conosceva. Suo zio le aveva detto di ospitarla e lei l’avrebbe fatto, infondo era tornato tutto alla normalità grazie alla compagnia che era giunta a Rohan, salvando la vita di suo zio. Lasciò che il suo sguardo corresse lungo un arazzo rosso, appeso alla parete di fronte “Spero che la stanza sia di tuo gradimento” deviò il discorso, non avrebbe voluto parlare della perdita di suo cugino, sentiva il bisogno di distrarsi.
 
“Si, grazie” Eldihen turbata osservò le fiamme vive dentro il braciere, pensando a Legolas, a come l’aveva aiutata e  a tutto ciò che gli era capitato da quando loro due si erano allontanati.
 
“Sembri pensierosa!” Eowyn non poté far a meno di notare il suo viso triste, le posò una mano sul ginocchio, sperando di farla sentire a proprio agio.
 
“E’ che… vorrei tanto raggiungere gli altri, non che la tua compagnia non mi allieti, ma…”
 
“Tranquilla, capisco, loro si trovano nella sala del re, se desideri raggiungerli vai pure, non sentirti obbligata a rimanere insieme a me”
 
“Tornerò presto” si alzò senza pensarci due volte, guardò lo zaino che aveva appoggiato ad una parete, sistemandosi velocemente i capelli.
 
“Si certo. Mi sorprende vederti con loro. Non credevo che le ragazze elfo potessero partecipare ad un’impresa come quella guidata da Gandalf!” confessò con ammirazione alzandosi dalla sua  sedia.
 
“In realtà molte donne del mio popolo  hanno appreso l’arte del combattimento, acquistando valore e stima. Ma io non rientro in questa categoria, non faccio parte della compagnia, la mia storia è un’altra. Non ho quel valore, non mi appartiene” affermò tristemente ripensando al modo in cui era fuggita dall’attacco degli orchi, senza salvare nessuno. Era molto dura con se stessa, in quel momento pensò di non meritare lo sguardo pieno di ammirazione di Eowyn.
 
“Non ti conosco, ma credo che non dovresti parlare così…” le si avvicinò, con un sorriso gentile tra le labbra “Sono sicura che troverai il tuo valore”
 
Avrebbe voluto tanto crederci, ma non riusciva a vedere davanti a sé un futuro luminoso. I suoi pensieri erano contorti e manovrati da Nihil, ed anche se nel profondo del suo animo Eldihen desiderava far del bene, non poteva, vittima di un incantesimo nascosto.
 
“Sei gentile, grazie” le sorrise amaramente, uscendo da quella stanza immersa nella grigia penombra.
 
Superò il lungo corridoio, osservando di soppiatto i quadri appesi sui muri, le porte in legno, ed i capitelli a forma di cavallo.
 
Entrò nella sala del trono, illuminata dalle vetrata colorate. Superò le donne intente a sistemare le larghe tavolate, ricercando con lo sguardo Legolas e gli altri: li trovò in parte seduti in un tavolo. Aragorn fumava, Gimli mangiava tranquillamente, Gandalf non c’era, non riuscì nemmeno a scorgere Legolas. Si nascose dietro ad una delle tante colonne che delimitavano la sala, notando con uno sguardo più attento che l’elfo era appoggiato ad un pilastro, osservò i suoi capelli, le spalle, ed i manicotti di ferro.
 
Continuò a camminare lentamente, passando da colonna a colonna, fino a raggiungere quella in cui si trovava Legolas. Si bloccò, appoggiando le spalle al legno. Chiuse gli occhi, consapevole che dietro di lei si trovava appoggiato l’elfo, nell’altra facciata del pilastro.
 
Gimli la notò subito essendogli di fronte, non disse nulla, gustandosi la scena. Continuò a mangiare indisturbato, sicuro del fatto che l’elfo si era accorto di Eldihen.
 
Legolas spostò il viso a sinistra, vedendo sbucare dal fusto del pilastro, le dita di Eldihen che velocemente portò il volto in direzione opposta alla sua, per osservarlo dietro di sé. Legolas sogghignò, leggermente divertito dal suo comportamento, non capiva cosa stesse facendo, se quello era un modo per attirare l’attenzione o per  tentare di portarlo in disparte.
 
“Hai bisogno di qualcosa?” chiese pacatamente, spostandosi in sua direzione.
 
“Si” rispose debolmente Eldihen girandosi alla sua sinistra, per incrociare gli occhi di Legolas. Posò entrambe le mani sul legno, rimanendo nascosta dietro al pilastro. Legolas alzò un sopracciglio guardando i suoi occhi azzurri, il resto del viso era nascosto. La trovò bizzarra in quel momento, sembrava una bambina nascosta dietro le sue spalle.
 
“E di cosa?” chiese cercando di capire cosa le stesse passando per la testa.
 
“Ti va se ci sediamo nel tavolo qua dietro per parlare?” indicò con un dito il tavolo in legno dietro di sé, sperando che lui non declinasse la sua offerta, ancora non aveva capito se fosse arrabbiato con lei, oppure  se era solo un suo pensiero.
 
“Perché non ti avvicini e parliamo qua?”
 
“Perché voglio parlarti in privato, per favore!”
 
Fissò per qualche istante i suoi occhi speranzosi, spostò il suo arco dalle spalle, lasciandolo appoggiato al fusto della colonna ed annuì, raggiungendola dietro al tavolo che le aveva indicato.
 
Eldihen felice gli si avvicinò. Lui indossava la sua casacca verde, che gli calzava a pennello. Lo contemplò prima di parlare, rimanendo nella posizione in cui lui l’aveva trovata.
 
“Ci sediamo?” chiese spostando la sedia per lei.
 
“Si” si accomodò guardando il braccio di Legolas, lui superò il tavolo e si sedette di fronte, guardandola in faccia, con le braccia incrociate sul torace, attendendo che lei iniziasse a parlare.
 
“Sei ancora arrabbiato con me?” chiese appoggiando le mani sul legno. Lo guardò cambiare espressione, avvicinandosi un po’ di più con la sedia al margine libero del tavolo.
 
“Io non sono arrabbiato con te!” intrecciò le dita posando i gomiti sul bancone.
 
 Eldihen era sorpresa, la vide schiudere le labbra definite. Sorrise, sul suo viso si formarono delle tenere fossette che colpirono subito l’elfo“Nemmeno per la collana?” chiese un  po’ nervosa.
 
“No” rispose lui giudizioso. Non le avrebbe mai portato rancore per l’attimo di sconforto che aveva vissuto, sapeva che lei stessa se ne era pentita “sei parecchio inesperta, ma questo sarà per via dalla tua giovane età” affermò perdendosi nei suoi occhi limpidi. Si era chiesto più volte del suo passato, pensandola durante il viaggio, certo che Eldihen fosse giovane.
 
“Ho duecentosettantatre anni” puntualizzò intuendo la domanda che si nascondeva dietro la frase di Legolas. Strinse le labbra trovandolo meravigliato, per poi ricevere un sorriso caloroso“E invece per essere ritornata da voi, sei arrabbiato?” domandò con timore, ricordando le parole che gli aveva detto sulla collina, quando si era opposto alla sua presenza, considerandola incosciente.
 
“Eldihen dove vuoi arrivare?” la sua voce curiosa e cristallina ammaliò l’elfa che, imbarazzata abbassò le palpebre storcendo gli angoli della bocca. Era da un po’ che la voce di Legolas le faceva quell’effetto, spiazzandola completamente. Riacquistò il controllo delle sue azioni, tentando di ignorare il calore dentro il suo cuore.
 
“Sei così distante, non mi parli molto e se mi guardi dissuadi subito lo sguardo, come se non ti importasse più di me” confessò con un filo di voce, ricordando il modo in cui si era allontanato quando si erano abbracciati precedentemente. Aprì le sue mani, osservando distrattamente le linee sui suoi palmi.
 
“Come puoi dire questo?…” parlò con calma, colpendola “Io mi sono sempre preoccupato per te. Quando ti ho rivista, per metterti in salvo stavo per lasciare i miei amici, sarei tornato da loro, questo è vero, ma li stavo lasciando per te, perché temevo per la tua incolumità. Ti sono stato sempre accanto, non ti ho mai abbandonata, anche se non ho condiviso la tua scelta” era sincero e la guardava con amorevolezza.
 
Eldihen portò i suoi occhi  sull’arco dei Galadhrim, come se fosse stata attirata inconsapevolmente dall’oggetto. Lo guardò, sentendosi male per il gesto che avrebbe dovuto commettere, che non voleva fare, conscia del fatto che non si poteva tirare indietro. La sua mente le suggerì di allungare la mano e prenderlo per portarlo a Nihil, ma il suo cuore la costrinse a rimanere ferma su quella sedia. Si trovò in mezzo a due fuochi, incapace di controllare il dolore causato da quelle idee contrastanti “Scusami tanto Legolas” premette una mano sul viso sconfortata.
 
“Eldihen” con le dita sfiorò la mano che lei aveva libera sul tavolo, richiamando la sua attenzione, con voce colma d’apprensione. Che le stava accadendo? “Non voglio vederti abbattuta” desiderò che l’elfa allontanasse la sua mano dalla faccia per guardare il suo viso “Eldihen mi ascolti?”
 
“Si” strinse il pollice di Legolas tra le sue dita, abbassò la mano, lasciando scoperto il suo volto impensierito.
 
“Ma che ti prende? Ti senti poco bene?”
 
“Mi sento bene”
 
“Dalla tua faccia non si direbbe, anche poco fa stavi così!” rivelò le sue preoccupazioni, stringendo le mani di Eldihen tra le sue.
 
“Il punto non è questo. E’ che mi sento confusa, sottopressione, mi manca l’aria tante volte” ammise sconfortata guardando davanti a sé le fiamme dentro le fiaccole, si agitavano proprio come i suoi pensieri dentro la testa.
 
“Ma dimmi una cosa” Legolas la fissò, concentrandosi totalmente su lei, comprendendo il suo attimo di scoraggiamento “Sei stata costretta a tornare da noi?”
 
“Si” non pensò, rispose spontaneamente, ed infatti in cuor suo si sentiva costretta a rimanere lì, per soddisfare il desiderio di Nihil. Il sortilegio perdeva la sua forza in certi momenti, dentro di sé Eldihen stava combattendo per cacciarlo, spinta dai sentimenti che provava per Legolas, sentimenti che ancora non era riuscita a comprendere.
 
Sicuro dei dubbi che aveva nutrito fin dal primo momento, Legolas si irrigidì di colpo, convinto che Nihil le avesse detto qualcosa. Forse l’aveva minacciata, non capiva. Inarcò un sopracciglio, i suoi zigomi erano ben pronunciati e le sue labbra semischiuse“Non voglio affliggerti con le mie domande, ma dimmi Eldihen, Nihil ti ha costretta a fare qualcosa contro la tua volontà?” avrebbe indagato, giungendo alla verità. Afferrò le dita di Eldihen con decisione, guardandola affettuosamente. La giovane trovò un velo di fastidio dietro i suoi occhi cerulei.
 
“No, non ha fatto nulla per costringermi a seguirvi, te l’ho detto” agitò il viso, se avesse parlato un altro po’, avrebbe mandato tutto in fumo e Nihil l’avrebbe rimproverata “Lui mi ha detto di fuggire, un gruppo di o…”
 
“Eldihen, non ci credo!” affermò Legolas austero “Dimmi la verità! forse non ti fidi di me? Pensi che non ti aiuterei?”
 
Sollevò il viso risoluta “Non è questo il punto” non avrebbe potuto dirgli che Nihil le aveva chiesto di prendergli l’arco e che lei avrebbe assecondato quella richiesta. Al solo pensiero si sentì soffocare. Avrebbe fatto di tutto pur di allontanare quel martirio dal suo cuore.
 
“Prima di lasciarci, mi avevi detto di esserti affezionata a me, di volermi bene, se  è così, perché non ti confidi?” era zelante nella sua decisione, non avrebbe mai abbandonato la compagna in difficoltà, le sarebbe rimasto fedele, proteggendola.
 
“Ma io ti voglio tanto bene” accarezzò il dorso delle sue mani, lasciando apparire sul suo volto un sorriso dolce e sincero.
 
“Anch’io te ne voglio, e se è così, parlami, cosa ti ha detto Nihil?” ricambiò le sue carezze, rimanendo inflessibile.
 
“Mi ha detto della compagnia” confessò sviando l’argomento.
 
“Non te ne ho parlato io perché la questione tempo fa era differente, avevamo perso da poco i nostri amici, non ti conoscevo nemmeno tanto bene” spiegò assecondandola.
 
“Me l’avresti detto?” chiese passando un dito sul polso di Legolas. Era bellissimo toccare la sua pelle, sentiva un fremito dentro di sé, la voglia di stargli accanto che si trasformava in supplizio ogni qual volta pensava al furto dell’arco.
 
“Si, col passare del tempo” ammise osservando le sue mani. La lasciò giocherellare con le dita, ammirandola mentre tracciava una linea immaginaria suoi manicotti. La trovò decisamente migliorata. Il suo viso era assorto, mentre andava su e giù sul suo braccio.
 
“Ho sbagliato tante volte con te, e mi hai sempre accolta con grande maturità, sei sensibile e attento io…” si bloccò tra il polso e il dorso della sua mano, pensando  ai suoi comportamenti e al gesto che lo avrebbe allontanato da sé “Io non merito le tue attenzioni!” confessò malinconicamente.
 


Note autrice:
Salve gente, grazie per aver letto:) mi spiace per il ritardo di questa sera ma sono stata molto impegnata, specie negli ultimi giorni in cui sono successe un casino di cose.
Ringrazio come sempre chi recensisce, segue e legge. Spero che la storia vi stia piacendo, questo capitolo lo definisco “la calma prima della tempesta” e sinceramente non vedo l’ora di pubblicare il prossimo. Avrei tanto voluto aggiungere un flashback ma essendo molto stanca ho accantonato l’idea, mi dispiace.
Riguardo gli aggiornamenti: il prossimo è di lunedì.
Vi auguro buona sera, aggiungerei qualcosina in più se non fossi stanca morta, devo ammettere che mi piacciono gli angoli autrice XD ma mi rifarò la prossima volta.
Un abbraccio.
   
 
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Il Signore degli Anelli e altri / Vai alla pagina dell'autore: Greenleaf