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Autore: Kimando714    14/04/2021    0 recensioni
«Certe persone sono destinate ad incontrarsi sempre» mormorò Pietro, a voce a malapena udibile, come se l'avesse detto più a se stesso.
[...]
«Credi nel destino?».
Alessio non era più riuscito a trattenersi dal porgli quella domanda, troppo trascinato dentro a quella conversazione per lasciarla morire.
Osservò Pietro alzare un sopracciglio:
«Tu ci credi?».
Destino o semplice coincidenza, è quell'incontro avvenuto la sera di San Valentino del 2018 a cambiare la vita di Alessio. Il fatto è che, quando varca la soglia del bar dove si è rifugiato per evitare il temporale che imperversa, ancora non ne ha consapevolezza.
"The big event that rips through the heat of things and changes life for everyone, the unforgettable moment when something ends and something else begins" - Paul Auster, 4321
Genere: Romantico, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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NOTE DELL'AUTRICE
Anche se San Valentino è già passato, nulla ci impedisce di tuffarci in una storia dedicata proprio a questa occasione. È un racconto nato come partecipazione ad un concorso indetto su un’altra piattaforma, nonché una specie di esercizio di scrittura che aveva lo scopo di sbloccare la sottoscritta vittima di blocco della scrittrice (e il bello è che poi è risultato tra i racconti vincitori del concorso lol).
I lettori che hanno letto anche Walk of Life si saranno accorti della presenza di due personaggi già conosciuti in quella storia, ma attenzione: questo racconto è una sorta di what if, considerabile al pari di una realtà parallela in cui non avvengono gli eventi della storia originaria dove nascono questi personaggi (quindi no, non vedremo scene del genere in Walk of Life, né gli eventi di questo racconto la influenzeranno in qualche modo). Ci sono solo alcuni riferimenti all'universo originale da cui provengono questi personaggi, ma sono considerabili come easter eggs.
Per tutti coloro che invece si trovano a leggere per la prima volta di Alessio e Pietro, non preoccupatevi: il racconto è perfettamente comprensibile a sé, senza dover leggere nient'altro.
Greyjoy

 
The night we met
 


La sfortuna lo stava perseguitando, ormai non c’era più dubbio.
Alessio alzò gli occhi al cielo, osservando le sfumature di grigio scuro, plumbeo, nelle quali il cielo era striato. Non c’era da sorprendersi che avesse cominciato a piovigginare da pochi minuti: a giudicare dalla quantità di nuvole cariche di pioggia sopra la sua testa, un temporale sarebbe scoppiato nel giro di poco.
Fu questione di poco prima che fosse costretto ad alzare l’ombrello che fortunatamente quella mattina, prima di uscire di casa per andarsene al lavoro, aveva portato con sé.
Continuò a camminare alla svelta, lungo il marciapiede, zigzagando tra le altre persone che come lui si stavano spostando a piedi da un luogo all’altro di Padova.
“Forse riuscirò ad arrivare a casa prima che la pioggia peggiori” si ritrovò a pensare fiducioso.
La fiducia nella fortuna lo tradì qualche secondo dopo: si trovava in prossimità di un incrocio quando, in un colpo di vento più forte dei precedenti, osservò con i suoi stessi occhi il suo ombrello girarsi improvvisamente, le bacchette girate ora all’inverso rendendolo del tutto inutile.
Imprecò a mezza voce, percependo già la pioggia colpirgli la pelle del viso, mentre cercava invano di risistemare l’ombrello.
Si dichiarò sconfitto in meno di un minuto.
 
 
Forse, in fin dei conti, poteva anche non considerarsi sfigato – almeno non del tutto- come aveva creduto quando si era ritrovato senza un ombrello funzionante sotto una pioggia che stava diventando sempre più forte. Se fosse successo in una strada secondaria, senza posti dove potersi rifugiare nel lasso di tempo in cui il temporale si sarebbe calmato, sarebbe stata di gran lunga peggio.
Era riuscito a infilarsi in fretta e furia in un bar poco distante dal luogo del suo incidente. Ci si era buttato dentro a capofitto, tutt’altro che intenzionato a prendersi ulteriore pioggia. Era stata una giornata già sufficientemente pesante, non c’era alcun bisogno di peggiorarla tornando a casa completamente fradicio, possibilmente beccandosi anche un raffreddore.
Varcò la soglia del bar tenendo per il manico il suo ombrello ormai probabilmente deceduto – richiuso in fretta e furia, presumibilmente peggiorando la situazione vitale delle stecche-, rendendosi conto, mentre si guardava attorno, che avrebbe sperato di andarsene il prima possibile.
“Incredibile come sia riuscito a dimenticarmi che giorno fosse oggi”.
L’interno del bar era stato tirato a lucido per l’occasione – San Valentino, piuttosto intuibile per tutti i cuoricini che scendevano dai lampadari e le mille altre decorazioni a tema-, e per un attimo Alessio si sentì quasi fuori luogo lì dentro. Si guardò attorno, muovendo qualche passo ma senza una reale meta, cercando di adocchiare almeno un tavolino rimasto libero. Impresa non facile e per niente scontata, perché nonostante non fosse nemmeno già sera inoltrata c’erano già diverse coppiette ad occupare praticamente tutti i tavoli che il bar offriva.
Riuscì ad individuarne uno libero all’ultimo, quando aveva già sfiorato l’idea di uscire e sfidare la pioggia, o magari cercare un altro riparo provvisorio. Ci si diresse a passo svelto, arrivando al tavolino ancora del tutto ignorato che si trovava di fronte ad una delle grandi vetrate del locale; una bella vista sulla strada principale, e sulla pioggia che si stava tramutando in un temporale che di certo sarebbe durato ancora un po’.
Alessio si lasciò cadere sulla sedia del suo tavolo sospirando a fondo, lasciando sul pavimento il suo ombrello ormai inutile.
Era stanco, avrebbe solamente voluto andare a casa, ed era pure finito in un bar pieno di coppiette felici che era proprio quel tocco in più per ricordargli quanto la sua vita, giunta a quel punto, fosse tristemente monotona. Si sentì vagamente patetico.
Puntò lo sguardo verso la vetrata, nell’attesa che un qualche cameriere lo raggiungesse per poter ordinare qualcosa. Per strada la gente si era dileguata, in molti dovevano aver imitato il suo tentativo di rifugiarsi da qualche parte, anche se rimaneva ancora qualche coraggioso che a piedi stava attraversando il centro storico della città. Nonostante tutto, non li invidiò per niente.
«Un gran bel temporale, eh?».
Alessio sobbalzò appena. Si guardò intorno, il dubbio che la voce maschile avvertita a poca distanza da sé fosse rivolta proprio a lui. Prima di aprire bocca, e magari accorgersi che in realtà quelle parole non erano dirette a lui, cercò di individuare la loro fonte di provenienza. Alla sua destra il tavolo era occupato da una coppia di ragazze, che di certo non stavano facendo caso a lui; quando si voltò alla sua sinistra, però, fu abbastanza sicuro della sua prima impressione.
«Non sono del tutto sicuro che lo definirei bello» Alessio si schiarì la gola, prima di parlare «Però è senz’altro un temporale molto forte».
Il ragazzo dai capelli castani che stava seduto al tavolino di fianco al suo – ugualmente solo, come Alessio- rise appena alla sua replica. Alessio la prese come la conferma che non si era aggiunto ad una conversazione che non lo riguardava.
«L’importante è non essere con la testa sott’acqua ora» replicò lo sconosciuto, con lo stesso tono calmo e a suo agio con il quale gli si era rivolto la prima volta.
Alessio gli lanciò un sorriso sarcastico:
«Ho quasi fatto quella fine» disse, facendo un cenno col capo verso l’ombrello distrutto che aveva abbandonato sotto il suo tavolino «Mi ha abbandonato proprio sul più bello».
La risata con cui rispose lo sconosciuto era cristallina e leggera, come se fosse sinceramente divertito.
«Ti sei rifugiato qui dentro, quindi?».
«Sì. È stato un cambio di programma d’emergenza» annuì Alessio.
«Capisco».
“Ha un bel sorriso”.
Alessio si rese conto che, sovrappensiero, aveva forse fissato un po’ troppo l’altro. Scostò lo sguardo in fretta, arrossendo appena, la voce profonda del ragazzo che ancora riecheggiava nella sua testa.
Per qualche attimo calò il silenzio, ma fu una pausa destinata a finire in fretta:
«In realtà, devo essere sincero: trovo la pioggia molto più bella del sole».
Stavolta fu Alessio a ridere, scoprendosi piacevolmente sorpreso del fatto che quella conversazione inaspettata stesse proseguendo. Ebbe una scusa per girarsi di nuovo verso l’altro, che a giudicare dai lineamenti ancora giovanili del viso doveva essere suo coetaneo – al massimo qualche anno in meno di lui.
«Questa sì che è un’opinione controversa» replicò Alessio. Si passò una mano sul viso, scostandosi una ciocca di capelli biondi umidi che gli era finita davanti agli occhi.
Osservò l’altro annuire, seguendo il suo sguardo diretto verso la vetrata, da dove si poteva ancora osservare la pioggia cadere incessantemente.
«È più rilassante. Più poetica».
Alessio si ritrovò ad annuire, sovrappensiero. Non si era mai soffermato a pensarla così, sempre troppo preso a ritrovarsi scocciato nel dover camminare sotto la pioggia per andare al lavoro o essere costretto a rimanere in casa per il brutto tempo. Forse non si era mai soffermato abbastanza nell’osservare i percorsi che le gocce d’acqua disegnavano ogni volta sui vetri delle finestre, perdendosi nei dettagli dei labirinti d’acqua che le gocce di pioggia avevano costruito, nel loro lento scivolare verso il basso.
Non si era reso del tutto conto di essersi distratto, almeno fino a quando non scorse con la coda dell’occhio lo sconosciuto alzarsi lentamente dalla sedia, e fare qualche passo verso il suo tavolino. Quando Alessio si voltò nella sua direzione, lo ritrovò di fronte a lui, alto come si era immaginato fosse, e con un’espressione in viso che gli sembrò un po’ più esitante di quanto non era sembrato prima.
«Posso?».
Glielo chiese facendo un cenno con il capo verso l’altra sedia, fino a quel momento rimasta ignorata, accostata al tavolino di Alessio.
«Sì, certo» Alessio farfugliò impreparato, non aspettandosi del tutto una richiesta simile «Non sto aspettando nessun altro».
Lo osservò sedersi di fronte a lui, senza aggiungere altro. Ora che lo aveva più vicino, Alessio non riuscì più ad evitare di pensare che lo sconosciuto ancora senza nome fosse, a tutti gli effetti, piuttosto attraente. C’era qualcosa che lo attraeva in lui, forse il viso dai tratti marcati, o forse gli occhi così scuri ed intensi da sembrare neri.
«Non sei un frequentatore di questo bar, vero?».
Alessio dovette riscuotersi dal suo regno di fantasie a quella domanda dell’altro.
«Vengo qui ogni giorno, e ormai le facce dei clienti abituali le ricordo».
«Non credo di averci mai messo piede prima di oggi» ammise Alessio. E poi, senza pensarci due volte, forse in un gesto di puro istinto e dettato dall’imprevedibilità della situazione, allungò la mano destra verso l’altro:
«Sono Alessio, comunque».
Il suo gesto venne accolto con un sorriso stupito, ma non meno compiaciuto.
«Pietro».
 
 
«Non ti facevo tipo da film sui supereroi».
Alessio osservò divertito l’espressione esageratamente sorpresa di Pietro, trattenendo a stento l’ennesima risata che la loro chiacchierata gli stava regalando.
«Perché?» gli chiese lui di rimando.
«Non lo so, sesto senso» Alessio alzò le spalle, ora un po’ impacciato «Sbagliato, a quanto pare».
Era passata circa un’ora da quando Pietro si era seduto con lui allo stesso tavolo, e da quando avevano iniziato a parlare senza più fermarsi. Era stato tutto così naturale che Alessio aveva perso la cognizione del tempo, troppo preso dal fiume della loro conversazione; si era meravigliato solo in parte quando si era reso conto che era passato già tutto quel tempo, mentre la pioggia all’esterno continuava a scendere. Era come se fossero passati pochi minuti, come se si fosse ritrovato a parlare con qualcuno che conosceva da ben più tempo che non da una misera ora.
Erano passati da un argomento all’altro come se nulla fosse, partendo dallo scoprire che erano originari della stessa provincia e, anzi, pure di due paesi parecchio vicini tra loro, e che ora vivevano a Padova rispettivamente per lavoro e studio, fino ad arrivare a cose più leggere come il programma di Pietro di voler andar a vedere Black Panther[1] al cinema quella stessa sera o quella successiva. Alessio aveva confessato che anche lui aveva la mezza intenzione di andarci, magari con qualche amico – anche se doveva ammettere che, per un attimo, aveva avuto la seria tentazione di invitare proprio Pietro.
«Diciamo che riesco ad apprezzare sia film più drammatici che altri più leggeri» Pietro riprese a parlare dopo alcuni secondi, con aria riflessiva «Sono molto più schizzinoso quando si tratta di libri. Studio Lettere, forse è per quello».
«Io non ho più molto tempo per leggere» confessò Alessio, con una punta di rimpianto nella voce «A volte ne sento la mancanza».
Pietro annuì, l’espressione ancora meditativa:
«È come avere una via di fuga, no? » mormorò, gli occhi persi davanti a sé «Come poter mettere in pausa la propria vita per un po’ di minuti, leggendo di quella di qualcun altro».
«Già. O immaginare di vivere le stesse esperienze di quelle vissute dai personaggi».
Alessio sospirò piano. Si era ritrovato molto in ciò che Pietro aveva appena detto, anche se non l’aveva lasciato trasparire troppo. Forse anche a Pietro, come capitava a lui nelle giornate difficili, ogni tanto serviva immedesimarsi in qualcun altro, pensare a come sarebbero state diverse le cose se fossero stati altre persone.
Era bello concentrarsi su qualcun altro e smettere di pensare, anche se solo temporaneamente, alla sua vita monotona da tecnico informatico in un anonimo ufficio padovano, senza reali occasioni di carriera o di crescita personale. Era consolatorio buttarsi tra le pagine di un libro e ritrovarvi riflessioni che lo facevano riflettere, o leggere di avventure incredibili che, invece, di certo lui non avrebbe mai vissuto.
«Alcune sono piuttosto invidiabili» rise appena Pietro, per qualche secondo.
Per alcuni attimi nessuno di loro disse nulla. Era la prima volta in cui la discussione stava cadendo in una pausa, come se fosse giunto il tempo in cui ad entrambi serviva un momento di silenzio per ripensare a tutto ciò che si erano detti e scambiati in quell’ultima ora.
Fu quasi con esitazione, almeno da come ad Alessio parve di percepire la sua voce, che Pietro, dopo poco, parlò ancora.
«C’è questo libro che sto leggendo, in cui vengono mostrate in parallelo le diverse vite che il protagonista potrebbe vivere» fece un’altra breve pausa, tornando a puntare gli occhi scuri su Alessio «Magari ha preso una decisione diversa in un dato momento, o magari ha interessi leggermente diversi, e in base a quello la sua vita ovviamente prende una direzione diversa».[2]
Allungò una mano verso il calice dove rimaneva ancora un po’ dello spritz che aveva ordinato poco prima, insieme al cappuccino che aveva preso Alessio. Il ghiaccio ormai si era sciolto, ma Pietro sembrò non farci caso: afferrò il calice e bevette qualche sorso.
«Se ci pensi è esattamente così, solo che noi non abbiamo uno scrittore che ci dice come vivremmo ora se avessimo fatto scelte diverse» disse a mezza voce, dopo aver riposato il calice sul tavolino.
“Forse è meglio così”, si ritrovò a pensare Alessio “O impazzirei a sapere che facendo scelte diverse ora starei vivendo una vita migliore”.
«Però le persone importanti per il protagonista, che siano in una versione della sua vita o in un’altra, sono sempre le stesse» proseguì ancora Pietro, raccontando con voce rapita «In un modo o nell’altro, sono destinati a incontrarsi».
Alessio continuò a guardarlo attentamente, sinceramente incuriosito. Era forse un pensiero in parte fatalista, pensare che in ogni caso avrebbe sempre incontrato alcune persone, indipendentemente dalle scelte fatte e dall’andamento della sua vita, ma dall’altra parte era anche … Consolatorio.
«Certe persone sono destinate ad incontrarsi sempre» mormorò Pietro, a voce a malapena udibile, come se l’avesse detto più a se stesso.
Alessio annuì di nuovo:
«È molto poetico».
 «Già».
«Credi nel destino?».
Alessio non era più riuscito a trattenersi dal porgli quella domanda, troppo trascinato dentro a quella conversazione per lasciarla morire.
Osservò Pietro alzare un sopracciglio:
«Tu ci credi?».
«Non penso» ammise Alessio, con una punta d’imbarazzo.
«Nemmeno io di solito» Pietro ridacchiò debolmente «Però ci sono certi momenti in cui mi piace pensare che certe cose accadono perché devono accadere».
“O che incontri certe persone perché sei destinato ad incontrarle in qualsiasi caso”.
Ci fu una breve pausa di silenzio, prima che Pietro tornasse a guardarlo, vagamente arrossito in viso:
«All’inizio hai detto che non stavi aspettando nessuno, e in effetti non saresti neanche venuto qui dentro se non avesse iniziato a piovere e il tuo ombrello si fosse rotto» iniziò a dire con una certa fretta, arrossendo ancor di più «Forse doveva andare così, è che semplicemente ancora non lo sapevi».
Alessio tacque per qualche attimo, prima di schiarirsi la voce, iniziando poi a parlare con fare esitante:
«Fa un po’ paura pensare di essere in balia di qualcosa che non controlliamo».
Forse era per quella stessa ragione che aveva detto a Pietro che non credeva nel destino. Credeva nel libero arbitrio, nella libertà di prendere decisioni che avrebbero portato a conseguenze, ma che erano esclusivamente ed in ogni caso sua unica responsabilità.
Non poteva negare, però, che era anche pur vero che era stata per tutta una serie di coincidenze se ora si trovava lì, in quel bar dove non aveva mai messo piede prima, a parlare con una persona mai vista prima, ma con cui era stato tutto così intrinsecamente naturale come se fosse vero che si fossero già conosciuti altrove – o in un'altra vita.
«Vero» mormorò Pietro, con un sorriso distratto «Forse è per quello che preferiamo non crederci».
Subito dopo tirò fuori il cellulare da una tasca del cappotto pesante che indossava, controllando l’ora. Alessio ebbe la sensazione che se ne sarebbe dovuto andare di lì a poco. Si ritrovò ardentemente a sperare di sbagliarsi, ma quando qualche secondo dopo Pietro si alzò lentamente dalla sua sedia, ebbe la certezza che il momento di separarsi fosse ormai arrivato.
Alzò lo sguardo verso di lui, vedendolo ancora sorridere, un velo di malinconia ad adombrargli gli occhi scuri ed espressivi.
«Però forse esiste davvero» disse ancora Pietro, abbottonandosi il cappotto e ricambiando lo sguardo di Alessio «Magari il destino ci farà incontrare di nuovo».
Alessio rimase immobile, una strana sensazione che non sapeva identificare che gli stava nascendo dentro. C’era qualcosa che gli diceva che sì, forse prima o poi si sarebbero incontrati di nuovo, magari di nuovo per pura casualità, ma che non era del tutto sicuro di voler rischiare di non rivederlo affatto.
Al diavolo il destino.
Prima che Pietro potesse allontanarsi troppo dal tavolo si alzò a sua volta, non curandosi delle probabili occhiatacce che doveva essersi guadagnato dagli occupanti dei tavolini intorno. Allungò una mano verso il polso di Pietro, afferrandolo gentilmente e giusto il tempo per far sì che si fermasse e si voltasse verso di lui. Alessio non poteva esserne sicuro, ma gli parve di scorgere una certa gioia negli occhi dell’altro, come se avesse sperato fino all’ultimo di essere fermato.
In quel caso, Alessio si sentiva più che disponibile ad accontentarlo.
«Che ne dici se diamo una mano al destino e mi dai il tuo numero?».
 
***
 
Forse era stato davvero il destino a condurlo in quel bar proprio il giorno di San Valentino del 2018, o forse, semplicemente, erano state solo una serie di coincidenze fortuite. L’unica cosa di cui era certo Alessio era che non gliene importava – destino, casualità, qualsiasi cosa fosse era solo felice che fosse accaduto.
Forse era solo il ripetersi di qualcosa che era già avvenuto in un’altra vita parallela – come si divertiva a ricordargli ogni tanto Pietro, tra una risata e l’altra-, e in quei casi Alessio non poteva che domandarsi se anche nelle altre realtà, in quello stesso momento, si sentiva altrettanto in pace con se stesso.
In ogni caso, non importava. Non quando a distanza di un anno, nel giorno di San Valentino, era entrato in quello stesso bar dove si erano incontrati, stavolta non cercando un tavolino vuoto ma raggiungendo quello dove se ne stava Pietro – il suo ragazzo-, salutandolo con un bacio. Pioveva anche quel giorno, come la sera in cui si erano incontrati la prima volta.
Pietro aveva sempre avuto ragione, d’altronde: le giornate di pioggia erano davvero le migliori.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
[1] uscito nei cinema italiani il 14 Febbraio 2018
[2] Trama ispirata a 4321 di Paul Auster



 
   
 
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