Roberts
aveva voluto che Edward si prendesse del tempo. Nel
piccolo bagno dell'ambulatorio si sciacquò il volto, e si
sistemò la divisa
senza mai volgere lo sguardo verso John, lui fece finta di nulla. Lo
lasciò
fare finché non lo vide più sicuro e calmo.
Quando lo raggiunse Edward sembrava
aver superato il disagio.
"John,
non dire niente a mio
fratello, dammi del tempo." Mormorò mentre si sistemava il
berretto.
"Certo,
prendi il tempo che
vuoi." John lo rassicurò, mentre riordinava le carte sulla
scrivania.
"Devo
andare da Steve o
comincerà a sospettare chissà cosa." Si
fermò giusto pochi secondi.
"Non mettermi in imbarazzo John, non ho detto mai a nessuno di mio
padre."
"Sono
un amico prima di
tutto, ma anche un medico con un dovere professionale." Lo
sfiorò con la
mano sul braccio, Edward annuì e uscì.
Lo
guardò preoccupato mentre
spariva dalla sua visuale. Edward avrebbe trovato il momento giusto,
per
affrontare Steve. John non aveva insistito sapendo il dolore che lo
attraversava. Ora sapeva che era il più fragile dei Cooper e
sir Anthony con
lui, aveva fatto un bel lavoro, quasi plagiandolo. Si
domandò se lui lo avesse
capito, e ne fu certo quando pensò a come aveva ceduto. Si
abbandonò sulla
poltrona e portò le mani sulle tempie. Era stato stupido, si
era infilato nella
sua vita senza essere prudente. Dio sa ora cosa sarebbe successo.
Intanto
Edward aveva ripreso
sicurezza, salì in ufficio a depositare la sua
insostituibile valigetta, poi si
cambiò indossando la divisa mimetica più comoda e
più informale. Andò ai campi
di addestramento a cercare il fratello.
Lo
trovò autoritario preso a
istruire le reclute. Sorrise tra sé, pensando a quanto in
realtà fosse
permissivo, lui riusciva ad avere un rapporto speciale con i suoi
sottoposti.
Fece un cenno con il capo e fu ricambiato dal saluto militare di tutto
il
gruppo, si sedette sulla panchina e attese che finisse l'addestramento.
Scacciò
ogni pensiero funesto su quello che era successo, e si
stampò un sorriso falso
in faccia.
"Sei
tornato fratellone! Come
sta lo zio?" Steve aveva congedato la compagnia e si lasciò
cadere
scomposto sulla panchina.
"Dio,
ma essere un po'
educato no?" Brontolò il maggiore. Di risposta l'altro
sbuffò divertito.
"È
stato pesante o l'hai
scampata? Mi immagino che abbia cominciato a parlare della famiglia,
come
sempre."
"Diciamo
che è stato un po'
complicato dal fatto che ci fosse John, che non comprendeva tutti i
fatti che
erano accaduti." Edward lo fissò dritto in volto. "Non
sapeva di
Benjamin. Gli hai accennato dell'incidente stradale dei nostri
genitori, dei
gemelli Ellen e Daniel, ma hai sorvolato su Ben. Perché mai
Steve?"
Sorrise
stancamente al fratello
maggiore. "Non ho ritenuto fosse necessario parlarne Edward, non in
quel
momento, e poi lo sai come sia difficile ricordare il piccolo Ben."
Fece
un respiro profondo. "Quindi glielo hai raccontato tu? Immagino come
sarai
stato dopo." Si agitò sulla panchina a disagio, e gli
appoggiò la mano
sulla gamba.
"Non
è successo niente sta
tranquillo, ma gli ho raccontato tutto. Anche dei miei problemi con il
cibo, di
come mi foste vicino. Specialmente tu, che mi dai il tormento ancora
adesso." Rise e strinse la mano calda del fratello. Fu confortevole
sentirlo.
"Quindi
è stata una giornata
pesante, ma almeno il caso di Reginald è chiuso. Hai fatto
bene a raccontare la
verità a John, è una gran brava persona. lo zio
lo ha preso in simpatia."
Steve
si alzò guardò Edward
pensieroso, poi con fare deciso lo prese per un braccio e lo
trascinò verso il
campo che a quell'ora era deserto. Edward non fece in tempo nemmeno a
protestare. Cercò di sciogliersi dalla stretta.
"Ma
cosa vuoi fare, Steve?
Non mi trascinerai a correre? Non ho allenamento, né gambe,
né tanto meno le
scarpe adatte!" Scusa pessima, che non avrebbe fermato il fratello
minore.
"Quelle
le rimedio io, e pure
la tuta. Entra lì dentro e indossa la mia. Le scarpe ci
sono, e guarda caso
portiamo lo stesso numero." Steve lo sbeffeggiò e gli
indicò la casa di
mattoni rossi che era addossata al campo, dove c'erano gli spogliatoi e
le
docce. "Sbrigati sai qual è il mio armadietto."
"Ma
sei impazzito, non corro
da anni! Mi vuoi morto? Stai scherzando, vero?" Steve rise soddisfatto.
Mentre Edward lo guardava torvo.
"Ti
pare, mio Generale?
Faccio correre reclute da secoli. E non faccio correre mio fratello!
Vai, se no
non esci da qui. E comunque andremo adagio, sbrigati è un
ordine." Gli
diede una pacca sulla schiena e lo spinse via.
Edward
spalancò le braccia
rassegnato scuotendo la testa e si avviò allo spogliatoio.
Già era stata una
giornata gravosa e adesso anche questo, sperò vivamente di
sopravvivere. Uscì
poco dopo con la tuta e le scarpe di Steve, sembrava una recluta alle
prime
armi. Steve lo fissò feroce e prese a sbeffeggiarlo.
"Dio,
Ed sembri più impaciato
di un pivello."
"Cerca
di non ammazzarmi ti
prego. Ho la Cittadella sulle spalle!"
"Bene,
facciamo un po' di
stretching, sciogliamo quei muscoli duri che ti ritrovi."
Steve
prese un po' di tempo per
preparare il fratello. Non voleva di certo affaticarlo. Quando lo vide
pronto,
gli prese il braccio con decisione e lo trascinò sul
sentiero.
"Bene,
Generale, partiamo
camminando, poi aumentiamo velocità fino ad arrivare a
correre, poi vediamo in
base al tuo corpo. Sorridi fratello, sopravvivrai." Cominciarono come
avevano stabilito. Finché non riuscirono a correre ad avere
un'andatura
stabile.
Edward
faticava a mantenere il
ritmo per seguire Steve, ma quando lo vedeva in difficoltà,
rallentava
l'andatura.
Alla
fine del primo campo, si
fermarono in modo che Edward prendesse fiato. Il Generale si
chinò in due
prendendosi le ginocchia con le mani. Guardava suo fratello che rideva.
"Tirati
su fratello, facciamo
un po' di esercizi di respirazione." Gli fu vicino e lo tirò
per le
spalle.
"Sono
morto Steve, quali
esercizi? Non ho più fiato. Mi servirebbe dell'ossigeno
altro che
esercizi."
Edward
ansimava, ma scherzava, si
fidava del fratello, cominciò ad esercitarsi per
stabilizzare il respiro.
"E
dai, Ed, una volta correvi
molto di più. Dovresti farlo più spesso."
"Già
e le scartoffie chi le
sbriga per mantenere tutto questo." Aveva così poca aria che
Steve lo
zittì.
"Corri
e basta, su
pigrone."
Ripresero
la marcia insieme,
adesso Edward riusciva a mantenere un passo costante. Steve
alzò il pollice
verso di lui in segno di approvazione.
Giunsero
alla curva che portava
verso la strada e videro John che camminava con delle cartelle in mano.
Edward
imprecò, ora si sarebbe arrabbiato di brutto.
John
li scorse e rimase a dir poco
allibito. Correvano insieme e soprattutto notò Edward che
era un po' più
indietro, ma che comunque reggeva il passo. Si avvicinò alla
rete e lì
apostrofò gridando.
"Steve,
ma vuoi uccidere tuo
fratello? Vuoi che finisca la serata in clinica? Rallenta, Cristo! Da
quanto lo
fai correre?" "Tranquillo, John." Steve si era avvicinato alla
rete, poi giunse anche Ed, affannato. "Sono stato cauto, non voglio di
certo ammazzarlo. So dove può arrivare mio fratello. Vero?"
Si voltò verso
di lui che gli arrancava dietro.
Edward
si limitò ad annuire, visto
che di fiato per rispondere ne aveva ben poco.
"Già,
ho visto dove può
arrivare tuo fratello, direttamente in clinica. Guarda di rallentare
Steve, che
Edward non ha nemmeno il fiato per rispondere." Si attaccò
alla rete
risentito. "Anche tu Edward, cosa ti dice il cervello. Già
la giornata è
stata difficile, poi pure questo! Magari si poteva programmare meglio,
no?
Proprio oggi vi è presa questa gran voglia di correre, a voi
due!" Steve
rimase colpito dalla veemenza di John e sconcertato aprì le
braccia in segno di
resa.
"Bene,
dottore, te lo
riporterò intero. Ora camminiamo e finiamo il percorso. Va
bene,
fratello?" Steve si rivolse ad Edward che era rimasto in silenzio.
"John,
guarda che ce la posso
fare. Sono solo un po' giù di allenamento. Magari non era la
giornata giusta,
ma
va bene così. Steve non mi
avrebbe mai messo in difficoltà."
Edward
tentò di stemperare la
situazione, sapendo quello a cui sarebbero andati incontro nei prossimi
giorni,
guardò il dottore con uno sguardo di intesa.
Roberts
capì, abbassò il capo e
annuì. "Va bene, come vuoi Edward, ma non forzare troppo,
non senza
allenarti come si deve." Si girò, con le sue cartelle sotto
al braccio e
si allontanò lasciando i due fratelli nella loro
familiarità. Chi era lui per
giudicarli? Si sentiva uno stupido idiota che non sapeva controllarsi.
I
Cooper ripresero a camminare ad
una velocità normale, dando modo ad Edward di abituarsi e
fare fiato.
Poi
quando il dottore scomparve
alla loro vista presero a correre lentamente, complici.
Edward
sapeva che Steve non lo
avrebbe mai messo in pericolo, era sempre cosi protettivo. Ma il cuore
gli si
stringeva mentre pensava a come avrebbe potuto affrontare il discorso
del
padre. E tremò.
"Che
hai Ed? Non starai male
vero? Mica la darai vinta a John."
"No
tranquillo si è fatto
tardi e ho freddo."
"Bene,
abbiamo finito,
filiamo dentro agli spogliatoi."
Erano
sudati, soprattutto Edward.
Steve gli diede la sua biancheria, ma non volle fare la doccia.
Accampò la
scusa di farla nel bagno nella sua stanza.
E
allora Edward capì, il perché di
tutte le volte che Steve aveva evitato di spogliarsi davanti a lui.
John aveva
ragione, il suo corpo portava dei segni e non li avrebbe mai messi in
mostra.
Si
sentì sprofondare, pensando che
suo padre avesse picchiato Steve. Ma non disse nulla, non ne ebbe il
coraggio,
avrebbe voluto, ma... aveva una fottuta paura che fosse vero. Si
sentì un
codardo.
Per
anni aveva sospettato,
dubitato, ma nascosto la testa sotto la sabbia, e ora ne avrebbe pagato
le
conseguenze.
Steve
aveva sofferto per colpa
sua, per quel padre che li metteva in competizione senza
pietà. Senti la
disperazione percorrerlo.
Steve
lo vide pensieroso. Si
preoccupò e lo spinse come quando erano ragazzini. Presero a
scherzare con una
leggerezza che non avrebbero mai dovuto scordare, e che invece se ne
era volata
via, tra incomprensioni e moti di rabbia.