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Autore: coopercroft    15/04/2021    0 recensioni
I Cooper sono ufficiali dell'esercito da generazioni. Edward, il primogenito, alla tragica morte dei genitori ha avuto il dovere ingrato di mantenere unita la famiglia. Comanda con autorevolezza un distaccamento militare nella periferia di Londra, dove collaborano anche i suoi fratelli.
Ma le difficoltà personali, l'incapacità di gestire i rapporti affettivi, innescano una serie d'incomprensioni che finiranno per allontanarli.
Solo l'amicizia con il nuovo medico, John Roberts, lo porterà a prendere coscienza che la famiglia Cooper ha un passato oscuro e doloroso rimasto sepolto per troppo tempo.
Genere: Angst, Hurt/Comfort, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Roberts aveva voluto che Edward si prendesse del tempo. Nel piccolo bagno dell'ambulatorio si sciacquò il volto, e si sistemò la divisa senza mai volgere lo sguardo verso John, lui fece finta di nulla. Lo lasciò fare finché non lo vide più sicuro e calmo. Quando lo raggiunse Edward sembrava aver superato il disagio.

"John, non dire niente a mio fratello, dammi del tempo." Mormorò mentre si sistemava il berretto.

"Certo, prendi il tempo che vuoi." John lo rassicurò, mentre riordinava le carte sulla scrivania.

"Devo andare da Steve o comincerà a sospettare chissà cosa." Si fermò giusto pochi secondi. "Non mettermi in imbarazzo John, non ho detto mai a nessuno di mio padre."

"Sono un amico prima di tutto, ma anche un medico con un dovere professionale." Lo sfiorò con la mano sul braccio, Edward annuì e uscì.

Lo guardò preoccupato mentre spariva dalla sua visuale. Edward avrebbe trovato il momento giusto, per affrontare Steve. John non aveva insistito sapendo il dolore che lo attraversava. Ora sapeva che era il più fragile dei Cooper e sir Anthony con lui, aveva fatto un bel lavoro, quasi plagiandolo. Si domandò se lui lo avesse capito, e ne fu certo quando pensò a come aveva ceduto. Si abbandonò sulla poltrona e portò le mani sulle tempie. Era stato stupido, si era infilato nella sua vita senza essere prudente. Dio sa ora cosa sarebbe successo.

Intanto Edward aveva ripreso sicurezza, salì in ufficio a depositare la sua insostituibile valigetta, poi si cambiò indossando la divisa mimetica più comoda e più informale. Andò ai campi di addestramento a cercare il fratello.

Lo trovò autoritario preso a istruire le reclute. Sorrise tra sé, pensando a quanto in realtà fosse permissivo, lui riusciva ad avere un rapporto speciale con i suoi sottoposti. Fece un cenno con il capo e fu ricambiato dal saluto militare di tutto il gruppo, si sedette sulla panchina e attese che finisse l'addestramento. Scacciò ogni pensiero funesto su quello che era successo, e si stampò un sorriso falso in faccia.

"Sei tornato fratellone! Come sta lo zio?" Steve aveva congedato la compagnia e si lasciò cadere scomposto sulla panchina.

"Dio, ma essere un po' educato no?" Brontolò il maggiore. Di risposta l'altro sbuffò divertito.

"È stato pesante o l'hai scampata? Mi immagino che abbia cominciato a parlare della famiglia, come sempre."

"Diciamo che è stato un po' complicato dal fatto che ci fosse John, che non comprendeva tutti i fatti che erano accaduti." Edward lo fissò dritto in volto. "Non sapeva di Benjamin. Gli hai accennato dell'incidente stradale dei nostri genitori, dei gemelli Ellen e Daniel, ma hai sorvolato su Ben. Perché mai Steve?"

Sorrise stancamente al fratello maggiore. "Non ho ritenuto fosse necessario parlarne Edward, non in quel momento, e poi lo sai come sia difficile ricordare il piccolo Ben." Fece un respiro profondo. "Quindi glielo hai raccontato tu? Immagino come sarai stato dopo." Si agitò sulla panchina a disagio, e gli appoggiò la mano sulla gamba.

"Non è successo niente sta tranquillo, ma gli ho raccontato tutto. Anche dei miei problemi con il cibo, di come mi foste vicino. Specialmente tu, che mi dai il tormento ancora adesso." Rise e strinse la mano calda del fratello. Fu confortevole sentirlo.

"Quindi è stata una giornata pesante, ma almeno il caso di Reginald è chiuso. Hai fatto bene a raccontare la verità a John, è una gran brava persona. lo zio lo ha preso in simpatia."

Steve si alzò guardò Edward pensieroso, poi con fare deciso lo prese per un braccio e lo trascinò verso il campo che a quell'ora era deserto. Edward non fece in tempo nemmeno a protestare. Cercò di sciogliersi dalla stretta.

"Ma cosa vuoi fare, Steve? Non mi trascinerai a correre? Non ho allenamento, né gambe, né tanto meno le scarpe adatte!" Scusa pessima, che non avrebbe fermato il fratello minore.

"Quelle le rimedio io, e pure la tuta. Entra lì dentro e indossa la mia. Le scarpe ci sono, e guarda caso portiamo lo stesso numero." Steve lo sbeffeggiò e gli indicò la casa di mattoni rossi che era addossata al campo, dove c'erano gli spogliatoi e le docce. "Sbrigati sai qual è il mio armadietto."

"Ma sei impazzito, non corro da anni! Mi vuoi morto? Stai scherzando, vero?" Steve rise soddisfatto. Mentre Edward lo guardava torvo.

"Ti pare, mio Generale? Faccio correre reclute da secoli. E non faccio correre mio fratello! Vai, se no non esci da qui. E comunque andremo adagio, sbrigati è un ordine." Gli diede una pacca sulla schiena e lo spinse via.

Edward spalancò le braccia rassegnato scuotendo la testa e si avviò allo spogliatoio. Già era stata una giornata gravosa e adesso anche questo, sperò vivamente di sopravvivere. Uscì poco dopo con la tuta e le scarpe di Steve, sembrava una recluta alle prime armi. Steve lo fissò feroce e prese a sbeffeggiarlo.

"Dio, Ed sembri più impaciato di un pivello."

"Cerca di non ammazzarmi ti prego. Ho la Cittadella sulle spalle!"

"Bene, facciamo un po' di stretching, sciogliamo quei muscoli duri che ti ritrovi."

Steve prese un po' di tempo per preparare il fratello. Non voleva di certo affaticarlo. Quando lo vide pronto, gli prese il braccio con decisione e lo trascinò sul sentiero.

"Bene, Generale, partiamo camminando, poi aumentiamo velocità fino ad arrivare a correre, poi vediamo in base al tuo corpo. Sorridi fratello, sopravvivrai." Cominciarono come avevano stabilito. Finché non riuscirono a correre ad avere un'andatura stabile.

Edward faticava a mantenere il ritmo per seguire Steve, ma quando lo vedeva in difficoltà, rallentava l'andatura.

Alla fine del primo campo, si fermarono in modo che Edward prendesse fiato. Il Generale si chinò in due prendendosi le ginocchia con le mani. Guardava suo fratello che rideva.

"Tirati su fratello, facciamo un po' di esercizi di respirazione." Gli fu vicino e lo tirò per le spalle.

"Sono morto Steve, quali esercizi? Non ho più fiato. Mi servirebbe dell'ossigeno altro che esercizi."

Edward ansimava, ma scherzava, si fidava del fratello, cominciò ad esercitarsi per stabilizzare il respiro.

"E dai, Ed, una volta correvi molto di più. Dovresti farlo più spesso."

"Già e le scartoffie chi le sbriga per mantenere tutto questo." Aveva così poca aria che Steve lo zittì.

"Corri e basta, su pigrone."

Ripresero la marcia insieme, adesso Edward riusciva a mantenere un passo costante. Steve alzò il pollice verso di lui in segno di approvazione.

Giunsero alla curva che portava verso la strada e videro John che camminava con delle cartelle in mano. Edward imprecò, ora si sarebbe arrabbiato di brutto.

John li scorse e rimase a dir poco allibito. Correvano insieme e soprattutto notò Edward che era un po' più indietro, ma che comunque reggeva il passo. Si avvicinò alla rete e lì apostrofò gridando.

"Steve, ma vuoi uccidere tuo fratello? Vuoi che finisca la serata in clinica? Rallenta, Cristo! Da quanto lo fai correre?" "Tranquillo, John." Steve si era avvicinato alla rete, poi giunse anche Ed, affannato. "Sono stato cauto, non voglio di certo ammazzarlo. So dove può arrivare mio fratello. Vero?" Si voltò verso di lui che gli arrancava dietro.

Edward si limitò ad annuire, visto che di fiato per rispondere ne aveva ben poco.

"Già, ho visto dove può arrivare tuo fratello, direttamente in clinica. Guarda di rallentare Steve, che Edward non ha nemmeno il fiato per rispondere." Si attaccò alla rete risentito. "Anche tu Edward, cosa ti dice il cervello. Già la giornata è stata difficile, poi pure questo! Magari si poteva programmare meglio, no? Proprio oggi vi è presa questa gran voglia di correre, a voi due!" Steve rimase colpito dalla veemenza di John e sconcertato aprì le braccia in segno di resa.

"Bene, dottore, te lo riporterò intero. Ora camminiamo e finiamo il percorso. Va bene, fratello?" Steve si rivolse ad Edward che era rimasto in silenzio.

"John, guarda che ce la posso fare. Sono solo un po' giù di allenamento. Magari non era la giornata giusta,

ma va bene così. Steve non mi avrebbe mai messo in difficoltà."

Edward tentò di stemperare la situazione, sapendo quello a cui sarebbero andati incontro nei prossimi giorni, guardò il dottore con uno sguardo di intesa.

Roberts capì, abbassò il capo e annuì. "Va bene, come vuoi Edward, ma non forzare troppo, non senza allenarti come si deve." Si girò, con le sue cartelle sotto al braccio e si allontanò lasciando i due fratelli nella loro familiarità. Chi era lui per giudicarli? Si sentiva uno stupido idiota che non sapeva controllarsi.

I Cooper ripresero a camminare ad una velocità normale, dando modo ad Edward di abituarsi e fare fiato.

Poi quando il dottore scomparve alla loro vista presero a correre lentamente, complici.

Edward sapeva che Steve non lo avrebbe mai messo in pericolo, era sempre cosi protettivo. Ma il cuore gli si stringeva mentre pensava a come avrebbe potuto affrontare il discorso del padre. E tremò.

"Che hai Ed? Non starai male vero? Mica la darai vinta a John."

"No tranquillo si è fatto tardi e ho freddo."

"Bene, abbiamo finito, filiamo dentro agli spogliatoi."

Erano sudati, soprattutto Edward. Steve gli diede la sua biancheria, ma non volle fare la doccia. Accampò la scusa di farla nel bagno nella sua stanza.

E allora Edward capì, il perché di tutte le volte che Steve aveva evitato di spogliarsi davanti a lui. John aveva ragione, il suo corpo portava dei segni e non li avrebbe mai messi in mostra.

Si sentì sprofondare, pensando che suo padre avesse picchiato Steve. Ma non disse nulla, non ne ebbe il coraggio, avrebbe voluto, ma... aveva una fottuta paura che fosse vero. Si sentì un codardo.

Per anni aveva sospettato, dubitato, ma nascosto la testa sotto la sabbia, e ora ne avrebbe pagato le conseguenze.

Steve aveva sofferto per colpa sua, per quel padre che li metteva in competizione senza pietà. Senti la disperazione percorrerlo.

Steve lo vide pensieroso. Si preoccupò e lo spinse come quando erano ragazzini. Presero a scherzare con una leggerezza che non avrebbero mai dovuto scordare, e che invece se ne era volata via, tra incomprensioni e moti di rabbia.

 

   
 
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