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Autore: Joy    17/04/2021    4 recensioni
“Quella ferita ha bisogno di punti di sutura,” decreta la voce del Comandante Erwin. “Non riuscirai a farlo da solo.”
[Eruri, scritta per la Spring Break Bingo Challenge, gruppo Facebook Hurt/Comfort Italia]
Genere: Hurt/Comfort | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Erwin Smith, Hanji Zoe, Levi Ackerman
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ambientazione pre serie

Levi/Erwin

Levi&Hanji

Hurt/Comfort

Hurt!Levi

 

Scritta per la Spring Break Bingo Challenge, gruppo facebook Hurt/Comfort Italia

Prompt: Ferite nascoste

 

 

 

 

 

Ferite nascoste

 

 

 

 

 

“Riesci a togliere i pantaloni senza sollecitare troppo la ferita?”

L'ultima persona che Levi vorrebbe vedere, è quella che varca la soglia della sua stanza con passo spedito e un sorriso sfrontato stampato sulla faccia.

“Altrimenti è preferibile tagliare il tessuto.”

Le scocca un'occhiata assassina e quella, noncurante, sfodera un paio di forbici e si china su di lui.

Levi si allontana per quello che la branda e la sua gamba ferita gli consentono, poi con un gesto rapido solleva il lenzuolo fin sopra il petto.

“Suvvia,” sorride Hanji serafica. “Non è il caso di vergognarsi davanti al proprio medico.”

“Tu non sei il mio medico” ribatte lui lapidario.

“Al momento sono l'unica disponibile con conoscenze mediche approfondite.”

“E non hai altri soldati da visitare?”

Hanji allunga la mano verso la sua gamba ferita e lui la sposta di qualche centimetro, ingoiando un gemito di dolore.

“Gli altri stanno meglio di te, Levi” sospira.

“Io starò benissimo, fintanto che terrai le tue manacce sporche lontano da me” la informa glaciale.

“Stai sanguinando parecchio” insiste Hanji con tono saputo. “Si sta impregnando anche il lenzuolo.”

“Succede spesso dopo una missione” ribatte lui, per niente scosso dalla macchia rossa che si sta allargando in prossimità della sua coscia.

Volge lo sguardo al soffitto e spera vivamente che Hanji si sia stancata di discutere e si decida a portare quelle chiappe secche fuori dalla sua stanza, perché la testa gli esploderà se non chiude gli occhi, ha lo stomaco sul punto di rimettere e per quanto si ostini a far finta di nulla, la fasciatura di fortuna sulla sua gamba deve essere cambiata.

E non vuole fare nessuna di queste cose di fronte a lei.

“Se non mi permetterai di curarti, ti verrà la febbre.” ritenta Hanji, infrangendo ogni sua speranza. “Anzi, dai tuoi occhi lucidi si direbbe che ti sia già venuta” gli posa una mano sulla fronte e lui si scosta con un gesto brusco.

Lo rimpiange nel momento in cui la sua gamba ferita manifesta il suo disappunto inviandogli fitte di dolore fin dentro il cervello.

“Me la caverò” biascica, con il poco fiato che gli resta.

Hanji si porta le mani ai fianchi in un gesto spazientito.

“L'ultima volta che l'hai detto, sei rimasto privo di coscienza per due giorni ed Erwin ha dovuto sfondare la porta della tua stanza. Fammi vedere quella ferita.”

Allunga di nuovo la mano e lui gliela allontana con uno schiaffo secco.

“Ti ho detto di non toccarmi!” ringhia.

“Levi...” mormora Hanji sorpresa, portandosi la mano colpita al petto.

E Levi non voleva ferirla. Sa che ha ragione, ma ha ancora addosso l'adrenalina della missione e non riesce ad abbassare la guardia.

Non riesce a spogliarsi di quella armatura talmente radicata, da essere ormai una seconda pelle.

E quella sulla sua gamba è solo una delle tante ferite che tiene nascoste.

“Lasciami solo Hanji,” gli dice con tono greve, voltandosi dall'altro lato. “Farò tutto il necessario.”

La porta cigola e per un istante Levi s'illude che Hanji gli abbia dato ascolto, ma i passi che si avvicinano al suo letto infrangono ogni sua speranza.

Levi non può vedere il suo visitatore, ma non ha dubbi sulla sua identità. Riconosce il passo deciso e l'odore pungente del sapone della caserma.

“Quella ferita ha bisogno di punti di sutura,” decreta la voce del Comandante Erwin. “Non riuscirai a farlo da solo.”

Una mano gli cala sul braccio: ha una presa decisa.

Il contatto con la sua pelle fresca gli provoca un brivido lungo tutta la schiena.

“Hai già la febbre,” constata. “Posso sentirlo da qui.”

La mano risale fino alla sua spalla, gli scosta il colletto della camicia e s'infila tra la stoffa e la pelle: il palmo aperto contro il suo collo.

“Ed è alta,” aggiunge sovrappensiero. “Devi permettere ad Hanji di sistemare quella ferita.”

Levi, che sa di aver perso la sua battaglia nel momento in cui Erwin è entrato nella stanza, schiocca le labbra con fare scocciato.

“Fai come ti pare” gli risponde continuando a fissare la parete opposta.

“Forza” gli dice allora Erwin, sollevandogli la schiena e sistemando un paio di cuscini dietro di lui per sostegno. “Puoi controllare con i tuoi occhi ogni passaggio.”

Levi stritola un lamento tra i denti e finalmente solleva il viso.

Quello che vede non gli piace.

Erwin ha le labbra tirate e a dispetto delle parole gentili, il suo sguardo non ammette repliche.

Solleva il lenzuolo solo in prossimità della ferita e scopre due giri di bende impregnate di sangue.

“Levi...” esala, quando si rende conto dell'estensione del danno.

Cerca di coprirla d'istinto ed Erwin gli scocca un'occhiata glaciale, poi afferra una sedia e si sistema in modo da poter lavorare al meglio intorno alla ferita.

“Ti ricucirà Hanji,” lo avvisa serio. “Ha una mano ferma e più leggera della mia.”

Levi ne dubita, ma decide di non rispondere.

Rinuncia anche a coprirsi di nuovo.

“È gonfia e infiammata,” commenta, tastandone delicatamente l'area circostante. “Quanto ti fa male?”

Lo sguardo evitante che non riesce a controllare, deve essere una risposta sufficiente per Erwin, perché si volta senza altro indugio, afferra le forbici dalle mani di Hanji e le infila con attenzione sotto la stoffa.

“Taglio lungo la cucitura,” si premura di fargli sapere. “Non voglio avvicinarmi più del necessario alla ferita.”

I calzoni cedono sotto la lama con un lieve stridere di tessuto. Erwin lascia che i lembi ricadano ai lati della gamba e gli ripiega il lenzuolo in grembo.

“Hanji” chiama poi, alzandosi per lasciarle il posto.

Levi è abbastanza sicuro che lui abbia visto il moto di disappunto che gli ha stirato l'angolo della bocca, sa di non averlo nascosto abbastanza in fretta.

Eppure, quando lo vede avvicinarsi di nuovo con la fiala di anestetico tra le mani, non può fare a meno di desiderare anche lui fuori dalla sua stanza.

“Sai che non voglio” lo avverte gelido.

“Mi sembrava di aver ricevuto l'autorizzazione a fare quello che mi pare” gli fa notare Erwin serio. “La tua gamba si è irrigidita alla sola pressione della stoffa tesa dalla lama” chiarisce dopo un istante. “Ho già sentito troppi dei miei uomini gridare, oggi.”

“Non mi sentirai gridare” ribatte Levi tra i denti.

“Devo togliere queste bende sporche,” interviene Hanji spiccia, “pulire la ferita e ricucirla. Direi che è giunto il momento di darci una mossa.”

E affonda l'ago nella coscia, strappandogli un ruggito sordo.

Un moto di ribellione selvaggia gli fa scattare il braccio verso l'alto, pronto a scacciarla di nuovo, prima di venire intercettato dalla mano di Erwin.

“Fai il bravo” gli dice in un sibilo.

E c'è qualcosa di perentorio in quel tono e in quegli occhi. Qualcosa che trascende il rango e la catena di comando.

È un ordine che gli penetra nelle ossa, che scava nelle profondità della sua mente e lui vuole obbedirgli, non soltanto deve.

Torna a posare il braccio sul lenzuolo e adagia la schiena contro i cuscini.

Chiude anche gli occhi, ma solo per un istante: non si concede di più neanche se la mano fresca di Erwin rimane sulla sua pelle in fiamme.

Quando Hanji rovescia sulla sua ferita la soluzione disinfettante, sussulta suo malgrado e stringe i denti, nonostante l'anestetico.

Erwin gli fa la cortesia di non rimarcare l'insensatezza di quella che sarebbe stata la sua scelta in proposito.

“Ho quasi finito di pulirla, Levi” lo informa Hanji, di nuovo allegra e totalmente incurante di ciò che le avviene intorno.

“Farò un bel cucito” commenta poi tra sé, preparando il necessario per la sutura.

E Levi è contento di vederla così concentrata su ciò che sta facendo, perché la mano di Erwin adesso non è più immobile sul suo braccio, intenta a contenere i suoi movimenti, ma avvolta attorno alla sua.

Ogni falange perfettamente incastrata negli spazi tra le sue dita, ogni punta protettivamente premuta contro il suo palmo.

Non ha il coraggio d'incrociare il suo sguardo, per cui si concentra sulla ferita.

“Sto iniziando” lo avverte Hanji, questa volta.

E forse, pensa Levi, non era poi così ignara in merito alle sue reazioni istintive.

Le risponde con un mugugno indefinito e un breve cenno a proseguire, ma quando l'ago ricurvo gli arpiona la carne martoriata, si trova costretto a reprimere un conato che gli lascia gli occhi bagnati.

“Migliorerà se provi a rilassarti” gli suggerisce Erwin, esercitando una lieve pressione sulla sua spalla.

Un panno fresco gli cala sulla fronte, dopo quello, e la mano di Erwin staziona tra i suoi capelli: sente la lieve carezza del pollice sulla sua tempia.

“Non hai motivo di preoccuparti, Levi. Questa non è la mia prima sutura” commenta Hanji disinvolta.

Levi smette di fissare le sue mani e sposta la testa indietro, gli occhi puntati sul soffitto.

“Non sono preoccupato” borbotta.

Ma qualcosa freme comunque sotto la sua pelle.

Il disagio che prova nel mostrare ciò che in lui è rotto e sporco, non ha niente a che fare con la fiducia, se non nella misura in cui potrebbe perderla.

Quel solo pensiero è sufficiente a spargergli brividi gelidi su tutto il corpo.

O forse è la febbre, pensa, concedendosi il lusso di un'alternativa.

“Ho quasi finito” avvisa Hanji, srotolando le bende pulite.

Annuisce e rinuncia a reprimere quel tremito che adesso lo investe ad ondate, dalla punta dei piedi fino al collo.

La testa invece gli va a fuoco.

Chiude gli occhi solo per un momento e quando li riapre, Hanji ha lasciato la stanza ed Erwin gli sta appoggiando alle labbra il bordo liscio di un bicchiere.

“Bevi” gli dice. “Calmerà la febbre.”

Il suo stomaco protesta, ma non con una veemenza tale da farlo rifiutare.

Il liquido è dolce e scende con facilità nella sua gola arida.

Il materasso sprofonda al suo fianco e un braccio s'infila sotto le sue spalle.

L'odore del sapone usato dai militari diventa più forte, quando Erwin gli guida la testa contro la sua clavicola: è un sentore fresco, che gli avvolge la mente.

Proprio come la coperta morbida, piovuta da chissà dove, che ricopre il resto di lui.

Tutto quanto.

Le parti rotte e quelle ancora intere.

“Dormi, ora” gli sussurra Erwin contro i capelli.

E se quella coperta lo nasconde, può smettere di controllare il respiro, chiudere gli occhi e riposare.

 

 

 

 

Fine.

  
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