Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: damnslyth    17/04/2021    4 recensioni
Sono passati tre anni da quando Eren è morto e Mikasa ancora non riesce a darsi pace.
Attraverso un racconto indirizzato direttamente a Eren, Mikasa tenta di elaborare il lutto e dopo vari avvenimenti cerca un modo per poterlo vedere un'ultima volta.
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"Disciplina le tue emozioni e i tuoi sentimenti come fai quando combatti. Non lasciarti fagocitare, devono essere in tuo potere, non viceversa" aggiunge ancora mentre si alza piano grazie alla stampella. Non immaginavo avesse ancora problemi alle gambe.
Sono grata per questa conversazione. "Lo sai perché sono qui?".
Mi guarda di sbieco, con il viso leggermente inclinato, e ci pensa: "No, ma lo intuisco. Fa’ quello che ritieni giusto, ma sappi discernere il momento in cui devi lasciar andare una persona". Lui l’ha saputo fare con Erwin Smith, salvando Armin.
Si allontana lentamente, sorretto dall’ausilio, e attraversa il cortile. Quando giunge al portico opposto, fa qualcosa che mi lascia sbigottita: posa la stampella e prosegue a camminare con le sue gambe e la sua solita andatura.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Armin Arlart, Eren Jaeger, Jean Kirshtein, Mikasa Ackerman
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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There's no relief,
I see you in my sleep
and everybody's rushing me,
but I can feel you touching me.
There's no release,
I feel you in my dreams
telling me I'm fine.




 
<< Mikasa, voglio aiutarti >>.
Annie mi ha aspettata fuori dal palazzo reale. E’ vestita elegante, ha qualche colore vivace addosso. E’ più bella del solito. I capelli sono sciolti e lunghi.
Mi fermo e la guardo. Ha le mani in tasca e non capisco se sembri dispiaciuta o imbarazzata. Forse entrambe.
<< So che tu e Armin avete discusso. L’ho trovato in un angolo della stanza a fissare il vuoto alle prime luci dell’alba >>.
La ascolto. La strada è deserta, si avverte solo la brezza fredda che fa risalire la polvere delle strade e gelare le ossa. Da quando le mura non ci sono più l’isola è meno calda e le correnti d’aria forti.
<< Ha sbagliato, lo so. Ha le sue motivazioni per non voler continuare quello che avete iniziato, ma io voglio aiutarti. Voglio sdebitarmi con Eren per avermi concesso di vivere e avere mio padre accanto. Armin. Voi. Se davvero lui in qualche modo è ancora presente e posso aiutarlo a riposare in pace, lo farò. Con te >>.
Annie, tu… sei dalla mia parte. Sospiro, sentendo il peso scivolarmi lentamente addosso.
<< Salperò domattina. La nave partirà alle 06.00 spaccate. Inizierò a cavalcare verso il mare tra poco >>.
<< Sarò a casa tua tra un’ora >>.
 
 
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<< Mikasa, ho saputo che parti in missione >>.
Jean entra nelle scuderie dove sto preparando il mio cavallo. Caspita… sono successe così tante cose in pochi giorni che non ho più pensato alla risposta da dargli.
Lui non sembra sorpreso dalla mia imminente fuga. Solo affranto.
Finisco di pulire gli zoccoli e mi rialzo, guardandolo. Arrossisco imbarazzata quando ricordo il nostro ultimo incontro.
<< Jean, non starò via molto. Io… ho bisogno di capire alcune cose che solo Marley potrà rivelarmi. Quando sarò tornata ti darò una risposta, ma nel frattempo promettimi che ci penserai seriamente anche tu. Puoi meritarti di meglio di un’anima in pena come me >>.
Mi fissa, forse comprende. Sicuramente accetta. Lo trovo più maturo. Gli porgo la mano sperando me la stringa in segno di patto. Me la guarda, poi la afferra piano e stringe le mie dita delicatamente. Sorrido e sorride anche lui.
<< Prometto che ci penserò anche io. Ne riparleremo quando torni >>.

Te ne sono così grata. La verità, Jean, è che non mi sono mai chiesta davvero che cosa io desideri dalla vita. Per diciannove anni il mio unico scopo è stato combattere e sopravvivere, un futuro non era contemplato. Una famiglia non era contemplata. Dei figli. Una casa, un lavoro, una rassicurante quotidianità. Non ho idea di cosa siano queste cose, quindi non so se le voglio. Tutto quello che conosco sono perdita, dolore, rassegnazione e ancora dolore. Non riesco a vedere nient’altro che questo. Perciò ho bisogno di rifletterci ancora.
Sto per uscire, ma lui mi chiama ancora una volta.
<< Mikasa… quando tornerai sarò qui. Sai dove trovarmi >>.
Mi fermo un attimo. Alzo gli occhi al cielo, limpido di stelle. E’ così bello e immenso. Quello che dice Jean è inaspettato e a me incomprensibile. Sapere dove trovarlo, che sarà sempre lì.
Ho passato anni a non sapere mai dove fossi davvero, Eren. A inseguirti, mentre mi scivolavi inesorabile via dalle mani come la sabbia che ho raccolto per la prima volta quel giorno al mare. Ho sempre avuto la consapevolezza che non saresti rimasto a lungo al mio fianco, che ti avrei perso per sempre. Anche adesso non so dove sei. Ma ciononostante, non ho mai smesso un istante di amarti.
 

 
-  -  -


La cabina della nave è stretta e il mare mosso. Annie ha la nausea e cerco di occuparmi di lei. Il viaggio non è stato così godibile.
Scendiamo, è una giornata di sole. E’ tutto così nuovo. Hanno ricostruito case, strade, negozi. Macchine. Non mi abituerò mai a queste.
<< Attenta, Mikasa! >>.
Annie mi trascina indietro mentre una sfreccia ad alta velocità. Ci è mancato poco.
Ci incamminiamo e mi fa impressione vedere ancora poche persone in grandi quartieri. E’ strano rimettere piede qui. L’ultima volta che ci sono stata ho dovuto ucciderti. Passiamo per quella che era la piazza principale della città, ne riconosco lo scheletro: lì ti aiutai contro il Gigante Martello.
<< Vieni, Mikasa >>.
Annie mi afferra di nuovo mentre mi perdo in ricordi. Tre bambini ci corrono in mezzo, inseguendosi, con gelati in mano. Vorrei ci fosse anche Armin qui con noi.
Io capisco, Eren, la tua disperazione. Sapevi troppe cose, il tempo lineare non esisteva nella tua testa, ogni cosa era conosciuta e vista. Pure un semplice gelato non era per te una novità: lo avevi già assaggiato attraverso i ricordi di tuo padre.
Anche la mia risposta di quel giorno, Eren, la sapevi da prima? Avrei voluto dirti tutto ciò che provo per te, ma non ne ho avuto il coraggio. Avevo paura. Non so di cosa, forse di un rifiuto. Non sono mai riuscita a decifrarti davvero. Ma così facendo si è realizzata la mia paura più grande e ti ho perso. Ti ho perso senza averti potuto esporre a parole quello che sento. Se solo avessi insistito e ti fossi stata più vicino, forse avresti condiviso quell’enorme fardello insieme a me…

<< Mikasa, guarda. Ci sono Gabi e Falco. Li ho avvisati del nostro arrivo >>.
I ragazzi che mi si avvicinano sono ormai a tutti gli effetti un uomo e una donna, non più dei bambini. Gabi è incantevole, pure Falco. Anche se non fanno niente di particolare, si sente una sintonia forte tra loro. Sembrano felici.
Gabi mi saluta energicamente, Falco in maniera più timida. Andiamo insieme a prenderci qualcosa da bere e ci raccontiamo i reciproci ultimi eventi. Loro ci aggiornano sulla condizione di Marley: per ora ogni cosa è tranquilla. La gente vive in pace e non desidera altro che passare il tempo con i propri cari, come se tutti avessero rivisitato le priorità.
<< Che cosa cercate qui? >>. Falco mi ricorda il motivo del mio viaggio.
<< Delle informazioni sul potere del Fondatore >> accenna Annie, senza specificare oltre. Gabi ci tormenta di domande a cui Annie svia seccata. Falco cerca di tenerla a bada, prima di aggiungere: << Vi aiuteremo. So dove portarvi >>.
Ci dirige verso quello che sembra un municipio. Dentro dovrebbe esserci una grande biblioteca. Passiamo davanti a un ospedale. Si ferma e lo guarda, soffermandosi su una panchina.
<< Lì… è dove incontravo Eren quando pensavo fosse un semplice soldato ferito >>. Mi accingo a guardare quello scorcio con lui, provando a immaginarvi.
<< Era così comprensivo >> mormora, abbassando lo sguardo. << Eravamo diventati quasi amici. Mi dava consigli utili, mi ascoltava quando gli rivelavo le mie preoccupazioni per Gabi. Volevo ereditare il Corazzato per proteggerla e farla vivere il più a lungo possibile >>.
Mi volto a guardarlo. Davvero sei stato così carino con lui, Eren? Eppure, dopo, hai ucciso i suoi amici e distrutto il suo quartiere.
Ora sembra imbarazzato: << Mi disse che aveva una famiglia che avrebbe voluto rivedere, ma che probabilmente non lo avrebbe accolto bene. Riuscì a capire subito che il cadetto che volevo proteggere era una donna forte e conosciuta per le sue abilità belliche >>.
Mi si incrina il cuore. Pensasti a me, Eren? Vedesti te stesso in Falco?
<< Siamo vicini >> Gabi ci interrompe ed entriamo nel municipio. E’ sfarzoso. Saliamo le scale e attraversiamo saloni. Ci sono quadri che rappresentano scene storiche, ce n’è anche uno incentrato sul combattimento tra te e Armin in versione colossale. Fa così impressione pensare che siete voi. Una scritta didascalica in basso cita:

 
“Grazie al coraggio degli Eldiani, Marley fu salva”
854

 
Entriamo nell’immensa biblioteca e ci dirigiamo verso il fondo. Ci sono delle teche di vetro con oggetti antichi e preziosi. Sono sopravvissuti fino ad ora.
Falco tratta con la bibliotecaria che sembra conoscere. E’ seccata, ma poi gli porge un vecchio quaderno ben conservato e ce lo porta. In cima ci sono nome e cognome di questo Xavier. Mi sento strana. Lo apro lentamente e trascorriamo almeno un’ora a leggere tutti i contenuti, saltandone alcuni e soffermandoci su altri. Non mi sembra di leggere nulla di rilevante, perlomeno ai miei occhi. Ci fosse Armin ne sarebbe riuscito comunque a ricavare qualcosa.
<< Mikasa, guarda >>. Annie mi indica una sezione: “Gli Ackerman”.
Fisso il mio cognome, prima di leggere ad alta voce. Spiega il motivo delle nostre straordinarie capacità di combattimento, come siamo nati, il nostro compito negli anni. Parla del legame di Kenny con il Re Fritz. Nulla che non sapessi già… non c’è nessun accenno ai mal di testa. Quindi è vero, Eren, quel giorno mentisti sulle mie origini.
<< Kenny è lo zio di Levi >> introduce Gabi, e io la guardo. Lo zio? Ci riassume in breve la sua storia. << Ce l’ha raccontata il capitano in persona >>.
Levi… devo incontrarlo. Chissà come sta.

Rimaniamo ancora un po’, poi io e Annie seguiamo i due ragazzi. Ci portano dentro una struttura dove saremo accolti per le notti. E’ all’interno del municipio sontuoso, un’altra sezione, verso l’ala Est.
Cammino sotto i portici, finché vedo una persona seduta su una panchina a prendere il sole e rimango indietro rispetto agli altri. La guardo in lontananza. Accanto c’è una stampella appoggiata.

<< Bentornata >>. E’ la voce di Levi, flemmatica e inconfondibile.
<< Capitano…? >> chiedo sorpresa. Mi avvicino e lo riconosco. Non lo vedo da quattro anni. E’ sempre lo stesso, ma l’occhio destro è compromesso permanentemente e una lunga cicatrice gli attraversa il volto. Incontrarlo mi mette soggezione come se fossi ancora una cadetta sotto il suo comando.
<< Siediti >>.
Faccio come mi dice e mi accomodo poco più distante da lui. Rimaniamo in silenzio a guardare il cielo luminoso, gli uccelli, le nuvole, i dirigibili.
<< Ho saputo che dei diventata Comandante >>.
<< Sì >>.
<< Congratulazioni >>.
<< Grazie >>.

Non so perché, mi viene da piangere. Non mi aspettavo di vederlo adesso. Mi affiorano alla testa tutti i nostri ricordi insieme a lui, la speranza di un futuro, di una salvezza. Speranze che avevi anche tu prima che un potere più grande ti affogasse. Forse mi viene da piangere perché Levi è l’unica persona in grado di capirmi: nessuno più di lui sa il dolore di perdere le persone che si amano. Sembra quasi percepire i miei pensieri.
<< Io comprendo perché hai deciso di continuare ad arruolarti mentre invece tutti i tuoi amici si sono fermati >> mi dice, guardando le sue gambe << non ti rimane nient’altro a farti sentire viva se non l’adrenalina del campo di battaglia >>.
Lo ascolto e mi ritrovo le lacrime serpeggiare lente e mute attraverso le mie guance.
<< Perché fermarti, d’altronde, se c’è qualcosa che sai fare bene e che ti distrae dal vuoto che provi quando rimani da solo? >>. Chiede più a se stesso che a me.
<< Io sono stato obbligato a farlo. E ho capito una cosa: stare in solitudine con il proprio vuoto è una grande merda >> si volta a guardarmi, ma io non ricambio. Mi vergogno un po’ di star piangendo proprio accanto a lui. Prosegue: << Perciò fai tanto bene a proseguire se è l’unico modo che hai trovato per sopravvivere. Ma mi sento anche in dovere di dirti che il combattimento assopisce il dolore solo temporaneamente, poi il vuoto torna a inghiottirti >>.
<< Non ci sono modi di riempirlo se non riavere le persone perse >> rispondo, asciugandomi il viso con un fazzoletto che avevo in tasca.
Lui non risponde, sembra concordare. Come hai fatto fino ad adesso, Levi?

<< Puoi compiangere i cari per sempre e tirare avanti comunque. Noi sopravviviamo fino all’ultimo, Mikasa. Devi fartene una ragione. Potresti anche essere l’ultima a morire tra i tuoi compagni: sembra una condanna degli Ackerman. Viviamo fino alla fine, ma a che prezzo >>.
Mi volto piano a guardarlo. << Che cosa ti spinge ora a sopravvivere? >>.
<< La voglia di vivere e non più di sopravvivere >> risponde, incrociando il mio sguardo. << Finalmente posso riposarmi e fare pace con me stesso. Conoscermi. Si nasce e si muore in fretta, ci sono ancora così tante cose da scoprire, persone da incontrare. E’ tutto un gioco. Erwin era solito sostenere che la storia si ripete. L’esistenza è un labirinto senza via di uscita. Si perpetuerà tutto come prima, forse un po’ diverso, ma il concetto è quello. Ho imparato a essere egoista al punto giusto da volermi godere questa momentanea pace. Devi metterti al di sopra di ogni cosa, pure del tuo innamorato ormai andato. E giocare bene la tua occasione di essere qui >>. Arrossisco, come se mi imbarazzasse ancora quando qualcuno capisce i miei sentimenti per te, Eren. Mi sento un po’ meglio. Se ce l’ha fatta lui, posso farcela anche io.

<< Disciplina le tue emozioni e i tuoi sentimenti come fai quando combatti. Non lasciarti fagocitare, devono essere in tuo potere, non viceversa >> aggiunge ancora mentre si alza piano grazie alla stampella. Non immaginavo avesse ancora problemi alle gambe.
Sono grata per questa conversazione. << Lo sai perché sono qui? >>.
Mi guarda di sbieco, con il viso leggermente inclinato, e ci pensa: << No, ma lo intuisco. Fa’ quello che ritieni giusto, ma sappi discernere il momento in cui devi lasciar andare una persona >>. Lui l’ha saputo fare con Erwin Smith, salvando Armin.
Si allontana lentamente, sorretto dall’ausilio, e attraversa il cortile. Quando giunge al portico opposto, fa qualcosa che mi lascia sbigottita: posa la stampella e prosegue a camminare con le sue gambe e la sua solita andatura.
 

 
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La mia permanenza a Liberio non ha sortito alcun risultato. Ho imparato molte cose interessanti sui Giganti, sui vari poteri, sui predecessori, su Ymir. Nulla di caratteristico riguardo al Sentiero e al Gigante che Avanza. Su di te c’è quasi nulla, Eren, quindi io e Annie decidiamo di tornare. Allontanarmi dall’isola mi ha fatto bene all’animo.
Saluto Gabi e Falco, ma poi li vedo accomiatarsi tra di loro. Non capisco, ma mi precede Annie: << Falco viene con noi. Vuole porgere i suoi saluti a Eren e rivedere Nicolò, Reiner e gli altri >>.
Volto lo sguardo dall’altra parte quando si baciano per non violare quel momento intimo e unico che condividono. Quanto li invidio.
<< Mi assento un attimo >> avverto, e decido di andare da Levi. Non devo nemmeno mettermi a cercarlo, lo trovo subito a passeggiare per i portici. Gli vado incontro.
<< Volevo ringraziarti per le parole che mi hai dedicato l’altro giorno. Sto per tornare a Paradis >>.
Lui non risponde, come se non sapesse bene cosa dirmi. Proseguo: << Spero passerai a trovarci. Sei… l’ultimo parente che mi è rimasto >> concludo in un sussurro flebile. Sento che mi sta fissando e si irrigidisce un po’, prima di accennare un sorriso enigmatico: << Ci rivedremo presto >>.

 
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Ad accoglierci al ritorno ci sono tutti. Non si aspettavano la visita di Falco e ne rimangono entusiasti. Ringrazio Annie e come al solito decido di non unirmi a loro a cena, ho bisogno di tornare a casa e riposare.
Sento il mio nome venir chiamato. E’ Armin. Mi fermo e volto a guardarlo, lui è affranto e con gli occhi velati: << Perdonami, Mikasa. Non volevo ferire i tuoi sentimenti >>.
<< Non importa. Avevi ragione: non ho trovato nulla. Eren è morto >>.
Dirlo ad alta voce è amaro, un suono distorto. Una dissonanza tra mente e cuore. Non indugio oltre e mi incammino verso casa, lasciando Armin lì inerme. Non provo più niente, Eren. Né dolore, né speranza. Solo vuoto.
 

 
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<< Faccio sempre lo stesso sogno >>.
Io e Falco siamo davanti alla tua lapide. Il sole sta tramontando, quel pomeriggio è particolarmente tiepido. Non c’è un filo di vento, una calma insolita.
Falco ha posato un’enorme margherita bianca su di te. E’ bella, delicata. Un po’ come il suo animo.
<< Sogno un albero. Alle radici più profonde di questo albero c’è un lago sotterraneo. Dentro il lago c’è una larva. Sembra diventerà un insetto… e vedo dei fili neri, lucenti, come capelli, che pian piano si allungano e cercano di raggiungerlo, attirati >>. Posa piano la mano sul tronco. Quando lo fa percepisco una strana scossa. << Assomiglia a questo >>.
 
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<< EREEEN! >>.
Falco se n’è andato da mezz’ora. Non ho spiaccicato parola dopo quello che ha detto, sono rimasta pietrificata. Penso di averlo spaventato.
Sto battendo i pugni contro l’albero. Non so cosa spero di ottenere oltre alle nocche insanguinate. Forse mi immagino che si libererà una magia e puf, tu tornerai da me.
<< Eren lo so che ci sei! >> singhiozzo disperata e appoggio la fronte al tronco, stremata, non riesco nemmeno più a darci colpi. << Voglio vederti ancora una volta >> alzo gli occhi al cielo mentre mi lascio cadere alle radici. << Ti prego… se mi puoi ascoltare, se ancora ci sei, ti chiedo un’ultima volta >>.
Sento le tempie scoppiarmi. Una fitta lancinante mi attraversa il cervello. Che… che mal di testa insopportabile.
 

 
Dove… dove sono?
Mi guardo intorno. E’ tutto così… luminoso. Il cielo sopra la mia testa è stellato. Vedo qualcosa che assomiglia a delle aurore boreali.
Io… sono nel Sentiero?
Cammino nella sabbia. Arranco. Ce n’è tanta. Sono morta?
Giro a vuoto. Torno al punto di partenza.
Appare una farfalla blu. E’ bellissima. Provo a toccarla, ma svolazza.
Decido di seguirla.
Ho capito. Sono di nuovo nel mio sogno. Ora cercherò di toccare la mano di Eren e non ci riuscirò, svegliandomi sudata.
Guardo alla mia sinistra. C’è un albero, uguale a quello in cui ti ho sepolto. Solo, è un po’ più strano. Ha tanta luce che scorre.
Mi avvicino.
Ci… ci sei tu. Appoggiato. Stai dormendo.
Mi inginocchio e provo a toccarti. Lo so, sparirai, come accade sempre.
Allungo lenta la mano verso la tua spalla. La appoggio sopra.
Ora svanirai.
<< Eren >>.
Ma tu, stavolta, apri i tuoi occhi verdi.

 
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Socchiudo gli occhi. Vedo le labbra di Mikasa che pronunciano il mio nome, ma non la sento.
Sto ripercorrendo il passato, di nuovo?
E’ un ricordo lontano?
Mi chiama più insistentemente. Sta piangendo. Posa le mani sul mio volto come farebbe una persona che vuole assicurarsi sia tutto reale. Quel contatto mi sveglia. La vedo meglio. Sembra così vero. Ha la cicatrice sotto l’occhio destro che le feci durante la mia prima trasformazione. Un marchio che in qualche modo le ho impresso. Sapere che grazie a quel segno non si dimenticherà mai di me mi rasserena egoisticamente.
Ha i capelli più lunghi del giorno in cui sono morto, raccolti in una coda scombinata. I miei anche sono cresciuti. Li ho sciolti, lisci, scuri. Forse ricordo Frieda Reiss.
Indossa la sciarpa. Ha una camicia bianca, stretta, e una gonna rosa antico.

<< EREN! >>.

Stavolta urla, e mi alzo di soprassalto, come se le mie orecchie e percezioni si fossero improvvisamente stappate.
<< M-Mikasa? >> la fisso, quasi terrorizzato.
Cos’è successo? E’ morta? Perché è qui?
E’ spaventata e incredula quanto me. Indietreggia lentamente, pronta come al peggio da un momento all’altro. Credo ora si sveglierà.
Rimaniamo in silenzio a guardarci negli occhi. Non riesco a capire.
Allungo piano le dita verso il suo viso, perplesso: voglio sincerarmi se sia reale o solo l’ennesima visione.  La tocco. La sento. I miei polpastrelli la sentono. Ha la pelle morbida. Sussulta leggermente al mio gesto, con le labbra schiuse, e io ritiro la mano.
Poi mi sorride. Sembra in pace.
<< Eren, io ti vedo >>.
Non so cosa dire. Mi sembra passata un’eternità e al contempo solo qualche minuto dall’ultima volta che ho interagito umanamente con qualcuno.
<< Ti prego, dimmi qualcosa >>.
Mi guarda con gli stessi occhi di sempre. Uno sguardo caldo, affettuoso.
Sono impacciato, lei pure. E’ assurdo, non sappiamo quasi come muoverci.
<< Eren, io >> prende coraggio, e inizia a parlare << devo dirti tante cose >>.
La interrompo: << So tutto, Mikasa. Ti sento quando mi parli. Sempre. A volte ti vedo anche >>.
Avvampa. Qualche momento dopo mi dice veemente: << Eren, ti porterò con me. Se non potrai venire, chiederò a Ymir di lasciarmi qui >>.
<< NO! >> scatto di impulso. << Mikasa, cosa stai dicendo? >>.
<< Lei mi deve un favore! Ho preso la mia decisione. Rimarrò qui con te, non ho mai voluto nient’altro che questo. Me lo concederà >>.
<< Mikasa >> stringo i denti, arrabbiandomi, e alzo la voce con rimprovero << non sono morto per darti un mondo in cui vivere e poi vederti rimanere intrappolata qui >>.
<< Allora verrai con me! Ymir può ricostruirti il corpo con la sabbia come ha fatto con Zeke, me l’ha detto Armin >>.
<< No! Mikasa… >> scuoto la testa, prima di tornare a fissarla << Ymir non è più qui e anche se ci fosse un modo non posso. Devo espiare le azioni commesse. Ho massacrato l’umanità, non puoi essertene dimenticata! >>.
Sembra non voler pensare in modo lucido. << Te l’ho detto, Eren. Voglio prendermi carico dei tuoi peccati. Li espieremo qui, insieme >>.
La guardo. E’ sempre stata così ostinata quando si tratta di me. Ma arrivare a tanto…

Non te lo permetterò ma sì, Mikasa, sì. Una parte di me vorrebbe tu rimanessi qui per sempre. Non voglio restare ancora da solo per chissà quanto Tempo come è accaduto a Ymir. Non voglio più poter godere della vostra compagnia solo attraverso gli occhi di un uccello. Voglio tornare a bere, a mangiare, a ridere, a piangere. Voglio fottutamente tornare a provare emozioni e sensazioni umane! Sentirmi vivo! Sei così fortunata, Mikasa… sei libera di fare tutto ciò. Eppure vuoi ancora ingabbiarti per me. Non posso lasciartelo fare. Non ti trascinerò nel mio oscuro paradiso.
Ma perché… perché Jean può toccarti, baciarti, averti e io no? E’ così ingiusto.
<< Mikasa, lo sai che non è possibile. Devi dimenticarti di me >>.
E’ tutto così eternamente uguale.
Piange, e non riesco a vederla così. Sei il mio rimpianto più grande. Avrei voluto non mi incontrassi mai, almeno ora la tua vita sarebbe più semplice.
Mi avvicino piano e la abbraccio. Sento il suo mento poggiarsi sulla mia spalla, il suo profumo che mi ricorda le montagne, i fiori delicati, il legno appena battuto. Percepisco il suo corpo, la sua gabbia toracica che compie spasmi di singhiozzi. E’ una sensazione così piacevole. Terrena. Vorrei viverla per sempre. Perché, Mikasa, ti ostini ad amarmi ancora dopo tutto quello che ho fatto?
Chiudo gli occhi e mi godo il momento. Forse rimaniamo così per qualche minuto, forse un’eternità. Sento le mie pene farsi come più leggere. La tua capacità di amare ha salvato l’umanità e ora quel tuo stesso amore sta salvando me. Sei così tanto da non poterlo descrivere, Mikasa. E io sono grato eternamente di questo istante.
Ti lascerò andare, ma una cosa devo farla. Non può essere Jean il primo a sfiorare le tue labbra, dannazione! Ti sposto il volto dalla mia spalla solo per poterlo prendere e baciarti come non ho mai stupidamente fatto nei miei brevi diciannove anni di vita.
 

 
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<< Eren, portami a casa. Nella nostra casa, ancora una volta >>.
Ha le gote rosse, gli occhi limpidi e felici. Mi guarda innamorata. E’ per me fonte di piacere e soddisfazione essere soggetto di suo interesse.
Voglio esaudire ciò che mi chiede, ma non so come farlo.
Chiudo gli occhi e immagino di portarla con me dove avrei voluto essere se avessi scelto lei e non il boato.
Percepisco il vento scompigliarmi i capelli. Sento il profumo dei fiori. Il prato è coronato da bellissime campanule violette. I raggi del sole mi baciano scaldandomi le ossa. E’ una sensazione che mi manca da impazzire, quella di poter godere delle piccole cose che quando siamo in vita diamo per scontate. E le sto vivendo ancora una volta grazie a te, Mikasa. Chissà come sei riuscita a raggiungermi. Riesci ancora a sorprendermi, dopo tutto questo tempo.
Mi prende la mano e mi porta dentro la casa, come se fosse il gesto più naturale del mondo, come se fosse un giorno qualunque di una monotona e rassicurante vita. Una vita che non abbiamo mai avuto, ma di cui ora tu potrai godere.

<< Ti preparo una tazza di caffè >> mi dice, muovendosi in cucina disinvolta. Sa esattamente dove sono le cose: caffettiera, zucchero, acqua, cucchiaini, tazzine.
La guardo e ricordo i momenti insieme alla mamma e al papà. Ho pensato di poter vivere questa scena per tutta la mia esistenza. Ho sperato di poterla riavere un giorno con lei, quando sarei riuscito a sterminare tutti i giganti che ci tenevano rinchiusi come animali in cattività. Quando ancora non sapevo che il nemico più grande dell’umanità ero io stesso.
Ma questo mio sogno e desiderio si è perso tra i miei meandri più reconditi dal momento in cui il potere del Fondatore mi ha rivelato il futuro e quello del Gigante d’Attacco mi ha spinto ad avanzare e combattere per la libertà. Sono sempre stato condotto, alla fine, da una volontà non mia… o forse no. Non sono mai riuscito a fare chiarezza su ciò, ma quando ero dentro le mura ed ero un bambino libero dai condizionamenti di mio padre, con una vita tranquilla, mi sentivo uno schiavo e invece proprio nel momento che ci sono andato oltre a quelle dannate mura, credendomi libero, sono stato prigioniero di qualcosa di più grande di me.
<< Tieni >> mi porge la tazza mentre sorride e io bevo. L’odore pungente del caffè amaro mi risveglia l’olfatto. Grazie, Mikasa, per questo regalo. Vorrei ci fosse anche Armin qui con noi. Vorrei poter vivere altri anni e svegliarmi tutte le mattine con te qui.
 
Mi alzo e stavolta la prendo io per mano. La conduco fuori, davanti all’albero. Mi sdraio nel prato a guardare il cielo e gli uccelli volare. Questa prospettiva è incantevole. Non me la ricordavo più. Rimembro le pennichelle che ero solito fare qui da piccolo.
Lei si appoggia al tronco. Sento il suo sguardo su di me. Alzo il mio e i nostri occhi si incrociano in silenzio. Sei… serena. Hai il volto rilassato. Respiri lenta, come a goderti ogni istante. Hai la stessa espressione dolce e consapevole di quando hai preso coraggio e mi hai ucciso: so che ora riuscirai a fare la cosa giusta e mi lascerai andare.
Mi allungo e poso la testa tra le sue gambe. Inizia ad accarezzarmi i capelli e io mi lascio cullare dalle sue attenzioni. Non vengo toccato con dolcezza da quando ero un bambino. Chiudo gli occhi, e a tratti passa a sfiorarmi i lineamenti del viso. Penso voglia imprimerseli nella testa per sempre, questo è quello che percepisco dal suo tocco delicato. Il mondo intorno è ovattato, lento, come se non esistesse nient’altro che noi due.

<< Eren >> mi chiama poco dopo, con tono certo ma timido, e io riapro pigramente gli occhi << un giorno ci ritroveremo. Forse sotto un’altra forma, forse in un altro Tempo, non lo so, ma riusciremo ad avere la vita che abbiamo sempre sognato insieme >>.
Le sue parole sono particolari: mi sorprendono, risuonano dentro e danno speranza, ma anche tristezza. Chissà se hai ragione, Mikasa. Vorrei tanto fosse così.
La sento piangere di nuovo, stavolta senza singhiozzi. Solo un dolce commiato. Un addio. Mi alzo piano e la guardo, trattenendo quello che penso. Non voglio andarmene, Mikasa… non voglio lasciarti.
<< Le persone che si appartengono sono destinate a ritrovarsi >> aggiunge, asciugandosi le guance bagnate. Mi sorride, e io la fisso con gli occhi lucidi: ho paura, Mikasa. Non voglio tornare a stare da solo. Non voglio rimanere senza il tuo calore. Ti prego, non lasciarmi. << Io e te, Eren, siamo legati da un filo che nemmeno la Morte ha potuto distruggere >>.
Hai ragione. Mi avvicino e le asciugo le ultime lacrime, poi la stringo di lato e mi appoggio all’albero con lei, lasciando che la sua testa corvina si accovacci all’incavo del mio collo. Prendo la sciarpa rossa e ci avvolgo entrambi.
Sii libera e felice. Ma…
<< Fino ad allora, Mikasa, non arrivare ad amare Jean più di me >>.
La sento ridere. Sorrido anche io. Chiudo gli occhi e immagino di far percepire forte, in qualche modo, la mia presenza ad Armin e ai nostri compagni. Mi mancate.
Mi mancheranno questi momenti, Mikasa. Li terrò dentro al cuore che non ho mai saputo ascoltare.
Grazie.
 
 
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<< Mikasa!!! >>.
Apro gli occhi: è Armin, inginocchiato davanti a me. Ha il respiro affannato, deve aver corso.
Sono appoggiata al tronco. Guardo i suoi occhi e lentamente mi riprendo. Porto le mani al collo: ho la tua sciarpa, Eren, e profuma di te come quando mi ci avevi avvolta la prima volta.
Guardo il nostro amico e gli sorrido dolcemente.
<< Appoggiati qui, Armin, c’è Eren in mezzo a noi >>.

Lo invito a sedersi alla mia sinistra. Mi osserva perplesso, ma poi fa’ come gli suggerisco. Lascia uno spazio in mezzo, esattamente come se ci fossi anche tu. Sembra teso, ma poi lentamente si rilassa, prendendo a guardare il cielo. Qualche momento dopo lo avverto piangere in silenzio. << Io… io lo sento, Mikasa >>.
Mi volto a guardarlo, lui fa lo stesso, poi lentamente allunga la sua mano al centro e mi invita ad afferrarla. La stringo subito, e lui fa altrettanto. Incrociamo le dita e ci sorridiamo entrambi, commossi. Siamo tutti e tre insieme.
<< Stasera verrò a cenare con voi alla locanda >> sussurro. Lui mi guarda sorpreso e felice annuendo con entusiasmo.
<< E’ grandioso >>.
Poi appoggia la testa contro l’albero e ammira gli uccelli planare placidamente nel cielo. Credo stia intimamente conversando con te.
Una bellissima piuma bianca fluttua lenta fino a posarsi leggera sopra le nostre mani unite.
E’ un istante che rimane impresso eternamente.



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Ciao a tutti! :)
Spero questa piccola storia scritta dal punto di vista di Mikasa -e in parte anche di Eren- vi sia piaciuta.
L'ho creata perché avevo bisogno di elaborare il mio lutto personale per la fine di quel capolavoro che è Attack On Titan, e quale altra occasione se non esorcizzare attraverso Mikasa, in lutto invece per la morte del suo amato Ereh?
Grazie a voi che avete letto. Grazie al fandom di un manga che, negli anni, mi ha fatto provare un turbinio di emozioni.
Grazie a Isayama.
E grazie al ragazzo che cercava la libertà. 
Lasciate una recensione se volete, mi farebbe piacere.

See you later,
Jessica.
  
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