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Autore: RLandH    19/04/2021    1 recensioni
“Il nome?” aveva chiesto esitante sua madre, Peeta l’aveva guardata, le aveva tenuto la mano e l’aveva spinta a sceglierlo, timoroso di non potersi ancora fidare di se stesso, neanche per quello.
Era stato facile con Primrose, non era esistito mai altro nome, ma ora non lo era.
Finnick. Cinna. E la lista di chi l’aveva aiutata ed era scomparso non mancava di nomi.
E poi una voce più egoista era sgusciata dentro di sé, “Mi piacerebbe chiamarlo come mio padre” aveva sussurrato.
[Spoiler The Balland of Songbird and The Snake| Specie per una certa teoria]
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Katniss Everdeen, Mr. Everdeen, Mrs. Everdeen
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Non ho mai scritto nel Fandom di HG ma dopo aver letto La Ballata ho deciso di farlo, solo che non era questa la storia che mi aspettavo.
Spoiler da La Ballata e qualche teoria folle qua e là (tipo Maude Ivory è la nonna di Katniss) e sopra ogni cosa un tributo a Sejanus (che era un po’ ingenuo, ma pieno di tanto amore).

 

Il Nome

 

Echinodorus[1] Everdeen era un ragazzo sveglio, o almeno così avevano sempre detto tutti, ‘troppo sveglio per essere un ragazzo del giacimento e morire in miniera, più o meno Echinodorus aveva sempre patito quelle parole per tutta la sua vita, ma si era dovuto rassegnare al fatto che essere sveglio non sarebbe bastato.
Era nato nel giacimento, era cresciuto in un brefotrofio, come uno dei tanti orfani sopravvissuto alla guerra, tra i figli spuri ed altre povere anime come lui.
L’unica idea di fuga che aveva sfiorato era l’idea di unirsi ai pacificatori, non ne prendevano molti del dodici ma qualcuno si, ogni tanto, ma Sorella Dee aveva cercato di dissuaderlo, sarebbe finito lontano e sarebbe stato solo per vent’anni.
‘Non la vuoi una bella famiglia, Eich?’ gli aveva chiesto.
In un anno avrebbe avuto diciotto anni, se la fortuna lo avesse assistito avrebbe evitato ancora una volta la mietitura, sarebbe dovuto scendere giù nella terra.
Inghiottito.
Sorella Dee aveva cercato di sistemarlo a lavorare nella biblioteca della scuola, dal panettiere, ovunque, ma l’unico che si era presa la briga di assumere un povero ragazzo del Giacimento era stato Rusty Fridhelm al Forno. Echinodorus lo aiutava con la sua selvaggina di contrabbando, aveva imparato a dodici anni come sfilettare pesci, spennare uccelli, affumicare e salare.
Poi aveva iniziato a fare i conti, era stato anche più bravo che con coltello e mannaia.
Ma questo non lo avrebbe salvato dalle miniere, sarebbe finito lì come tutti, o quasi, del giacimento e tutti i suoi fratelli adottivi del brefotrofio.
Era una vita soffocante, ma era l’unica vita che avrebbe mai avuto.
Eppure in quella prepotente oscura vita, Echinodorus aveva avuto la sua macchia di colore.

Echinodorus Everdeen era troppo sveglio per il Distretto 12, era troppo sveglio per il Giacimento, per le Miniere ed il Forno, ma non era troppo sveglio per Maud Ivory Baird.
Quando l’aveva vista la prima volta, lei aveva nove anni, indossava un completo rosa lucido e cantava ‘Clementine’ nel Forno, quando ancora si poteva, ondeggiando un tamburello. Echinodorus ne aveva dodici si sentiva un uomo perché aveva passato incolume la prima Mietitura e Waynard Ascle li aveva fatto provare dalla sua bottiglia, due sorsi di liquido binaco.
Ed Echinodorus fu certo di essersi innamorato della voce di Maud Ivory, ma non aveva mai avuto il coraggio di parlarle. D’altronde quella stessa sera era scoppiato una rissa con i pacificatori.
Era tornato al brefotrofio con un occhio pesto ed un sorriso da guancia a guancia.
“Che hai combinato?” aveva strillato sorella Dee.
“Mi sono innamorato!” aveva risposto.

La prima volta che le aveva parlato era stato dopo la sua ultima mietitura e la sua prima settimana di miniera.
Era entrato nelle profondità della terra, prima che sorgesse il sole e quando ne era uscito era già tramontato. Aveva trovato Maud che cantava all’angolo della Piazza, con il suo amico Clerke Carmine che l’accompagnava con il violino.
Sapeva che l’uomo aveva un fratello che era stato assassinato e che Maud aveva una cugina che lo aveva fatto.
“Hai qualcosa per me?” aveva chiesto Maud smettendo di ondeggiare il suo tamburello, dopo aver smesso di cantare.
“Carbone, per lo più” aveva risposto Echinodorus, “Non avrò la paga per almeno un’altra settimana, ho qualcosa da parte ed una pernice. Non la ho ora, ma l’avrò domenica” aveva dichiarato.
Maude aveva aggrottato le sopracciglia, erano scure, però sottili ed arcuate come ali di gabbiani – o come Echinodorus immaginava dovessero esserlo, non aveva mai visto un gabbiano.
“E vorrei mangiarla con te” aveva ammesso lui. Non era un invito, era una costatazione.

Echinodorus Everdeen era troppo sveglio per il Giacimento, per vivere in una miniera, ma non lo era per Maud Ivory Baird, nonostante Sorella Dee non facesse altro che insinuarlo.
“Lei è una ragazza da … intrattenimento” aveva detto quella con voce più secca ed aspra, intendendo quella parola come avrebbe inteso la più volgare delle offese.
Maude Ivory non era una prostituta, ma si prostituiva, quello sì, era una cantante, ma nessuno cantava più, i coven se n’erano andati, da qualche parte, prima che i controlli si facessero nuovamente più intesi. Lei e Clerk Carmine erano rimasti soli. Non del tutto. Maude aveva Echinodorus.
Per tanto tempo la cantante aveva sempre detto che era rimasta al dodici perché aspettava Lucy Grey, che era persa nella neve, come la canzone, poi un giorno, ancora maditi di sudore, di sesso e di dolcezza, Maude Ivory aveva cambiato la sua risposta. “Sono rimasta anche per te” aveva ammesso, “E per quella Pernice che non mi hai mai dato” aveva riso.
Echinodorus non aveva catturato quell’animale, non quella domenica lì, né nelle successive, fino a che non aveva avuto venticinque anni. Poi un giorno d’estate, una settimana prima della mietitura aveva visto quell’uccello ed era tornato a casa, cinguettando, accompagnato dai fischi musicali delle ghiandaie imitatrici.
Maude Ivory aveva trovato da lavoro come lavandaia per gli abitanti del mercato e quando lo aveva visto comparire, sulla soglia del cortile della vecchia casa dei Covey con la pernice aveva riso.
“Ho paura però che se la mangiamo, poi sarai libera di andare via” le aveva detto, romantico, e lei aveva riso fresca e divertita, aveva spergiurato che non lo avrebbe fatto.

Echinodorus aveva ventisei anni quando si era sposato. Maude ventitré ed aveva cantato alle loro nozze, la canzone dell’albero degli Impiccati.
Il personalissimo regalo di nozze di Janus, capo dei Pacificatori del distretto dodici, era stato non arrestarli per questo.
Suo figlio era nato l’anno dopo.
Scalciate.
Roborante, con la stessa voce, forte e ruggente di Maude.
Era una cosa, piccola, rossa ed informe e le mani da minatore di Echinodorus, abituate al piccone al carbone, avevano avuto paura di romperla.
“Se fosse una femmina l’avremmo Clementine, immagino” aveva riso lui, pensando a quella canzone, che ancora Maude Ivory canticchiava quando era sovrappensiero.
Clementine Green o qualche altro nome simile.
O Lucy Gray.
“Ma è un maschio” aveva ricordato.
Il suo piccolissimo bambino.
“Sejanus” aveva stabilito Maude.
C’era certezza nella sua voce, inflessibile certezza.

Sejanus Plinth era stato un ragazzo dei distretti, un ragazzo di Capitol City, anche un pacificatore ed un ribelle, cose che Echinodorus non riusciva a conciliare.
Ma sopra ogni altra cosa, Sejanus era stato un condannato, perché credeva in un mondo migliore e libero.
Gli uomini muoiono, ma le idee no, così aveva detto Maude.
“Eri … innamorata di lui?” era stata la prima volta che Echinodorus aveva provato un sentimento simile all’insicurezza.
Era un orfano del giacimento, che viveva sotto la terra, non aveva mai avuto spazio per l’incertezza, o la terra se lo sarebbe mangiato.
Maude Ivory aveva riso di lui, “Avevo nove anni, lo conoscevo appena” aveva raccontato, “Ma confesso che dopo avermi portato i biscotti e speso un pomeriggio a spaccarmi le noci, potrei aver fantasticato sul nostro matrimonio” lo aveva provocato.
Echinodorus aveva riso.
“Sejanus Everdeen, allora” aveva detto.
E per un secondo era esistito solo Sejanus, nessun distretto dodici, nessuna Panem e nessuna Mietitura, anche Maude Ivory era scomparsa.

 

Katniss aveva chiamato la sua prima figlia Primrose, non c’era stata incertezza, ne alcuna intromissione da parte di Peeta o chi che sia.
Primrose Mellark, non suonava, ma avrebbe funzionato.
Ed era stato un piccolo raggio di sole in una giornata uggiosa.
Katniss non si era mai vista adatta come madre, ne si era mai immaginata di poterlo essere, era stato atroce – e liberatorio – scoprire che non aveva avuto torto.
Ma era stato bello, intenso, vedere come quella piccola vita avesse catturato Peeta con così tanto amore e che i loro silenzi sofferenti, fossero venuti a scemare, occupati da urla cercanti di attenzione.
Katniss aveva compreso che forse non sarebbe mai stata una brava madre, era difficile, ma che ci avrebbe provato, al meglio di ogni sua possibilità, per la sua piccola Prim.
E questa volta lo avrebbe fatto bene.
Poi era rimasta incinta di nuovo.
Suo figlio era venuto al mondo in uno degli inverni più freddi che ricordasse, anche in una casa calda, come quella in cui viveva.
Aveva tenuto la mano di sua madre, venuta a trovarla e l’altra a Peeta.
Primrose era stata lasciata alle cure di Effie, Johanna e Haymitch.
E poi suo figlio era nato, in una casa fredda, dopo ore di dolore.
Un figlio non pensato, non richiesto e le cui braccia, però, sembravano fatte per avvolgerlo.
Non voleva lasciarlo, anche se era sporco e volevano lavarlo, come era stato con Prim.
“Il nome?” aveva chiesto esitante sua madre, Peeta l’aveva guardata, le aveva tenuto la mano e l’aveva spinta a sceglierlo, timoroso di non potersi ancora fidare di se stesso, neanche per quello.
Era stato facile con Primrose, non era esistito mai altro nome, ma ora non lo era.
Finnick. Cinna. E la lista di chi l’aveva aiutata ed era scomparso non mancava di nomi.
E poi una voce più egoista era sgusciata dentro di sé, “Mi piacerebbe chiamarlo come mio padre” aveva sussurrato.
“Sejanus” aveva sussurrato sua madre, la sua voce era stata colma d’amore e dolcezza, come Katniss non l’aveva sentita in anni. Troppi.
“Benvenuto a casa, Sejanus” aveva detto Peeta.



[1] Echinodorus è un genere di piante acquatiche della famiglia Alismataceae, di cui fa anche parte la Katniss (l’erba saetta). Oltre che essere l’unica pianta, secondo wikipedia, di questa famiglia ad avere un nome maschile (potrebbe essere anche un neutro latino di quarta declinazione, lol) è anche un nome che mi sembrava adatto al contesto del mondo di Hunger Games.

   
 
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