Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: Ellygattina    20/04/2021    1 recensioni
Un piccolo momento tra Levi ed Eren alla fine dell'episodio 1.22. Quali saranno le loro emozioni alla fine della missione?
(Storia presente anche su AO3 con lo stesso nickname.)
Genere: Hurt/Comfort, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Eren Jaeger, Levi Ackerman
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Doveva essere notte fonda ormai ma Eren, di nuovo nel suo letto nel vecchio quartier generale del Corpo di Ricerca, non riusciva a prendere sonno. Ogni volta che chiudeva gli occhi, rivedeva infatti le orribili scene di quel giorno con tanta chiarezza che gli sembrava di essere ancora nella foresta, dove il Gigante Femmina lo inseguiva uccidendo senza pietà chiunque si trovasse sul suo cammino. Con il cuore che batteva a mille, poteva ancora sentire le urla dei soldati che tentavano inutilmente di tenerle testa e il senso di colpa per le loro morti lo schiacciava sempre di più. In fondo il gigante cercava lui e non si sarebbe mai perdonato per non essersi trasformato prima.
Con gli occhi di nuovo pieni di lacrime, ripensò a quando era stato sul punto di mordersi la mano per attivare il suo potere, chiedendosi cosa sarebbe successo se già allora avesse dato retta alle sue emozioni anziché a Petra e gli altri. In quel momento gli era sembrato giusto ascoltare le loro richieste di fiducia, e le parole del capitano Levi, che l'aveva lasciato libero di scegliere, l'avevano infine convinto a riabbassare il braccio e proseguire tra gli alberi seguendo il misterioso piano del comandante Erwin, ma la seconda volta che era successo, pochi minuti dopo, era stata questione di secondi prima di pentirsi amaramente di averli lasciati combattere da soli. I suoi compagni infatti erano caduti tutti, davanti ai suoi occhi, nel tentativo di salvarlo, e non era neanche riuscito a vendicare né loro né gli altri, visto che il Gigante Femmina l'aveva sonoramente sconfitto dopo una breve lotta, costringendo i pochi superstiti a ritirarsi alla svelta dentro le mura.
Si era svegliato su un carro giusto in tempo per sentire i cittadini lamentarsi del disastroso esito della missione a poche ore dalla partenza e le lacrime l'avevano accompagnato per tutto il tragitto fin lì. La sua unica consolazione era che Armin, Mikasa e i loro amici del corso di addestramento erano ancora vivi ma dopo anni passati a sognare il giorno della sua prima spedizione fuori dalle mura non poteva credere che il risultato fosse stato così diverso dalle aspettative.
Si strofinò per l'ennesima volta gli occhi con il dorso della mano e provò di nuovo a chiuderli cambiando posizione, ma poco dopo si arrese all'evidenza. Con un sonoro sbuffo di stanchezza e irritazione, allontanò le coperte e appoggiò i piedi sul pavimento freddo, guardandosi poi intorno in cerca degli stivali che aveva lasciato chissà dove. Sapeva che non avrebbe dovuto alzarsi e andare in giro di notte per il vecchio castello che li ospitava ma sperava in quel modo di riuscire a conciliarsi un po' il sonno. L'indomani sarebbe stata un'altra giornata impegnativa e il suo corpo non si era ancora ripreso del tutto dalla trasformazione. Gli avrebbe fatto comodo dormire qualche ora, ma sebbene fosse stanco come non mai, non c'era proprio verso.
Aprendo piano la porta, controllò che il corridoio fosse deserto e valutò per un attimo se andare in cerca dei suoi amici. Era abbastanza sicuro che anche Armin e Mikasa fossero ancora svegli ma ben presto si accorse di non voler vedere con i suoi occhi se erano provati quanto lui. Non era pronto ad affrontare i loro sguardi, qualunque emozione celassero, e si diresse invece dalla parte opposta. Non sapeva neanche dove stesse andando, ad essere sincero, ma non gli importava. I piedi si muovevano da soli e per il momento gli faceva comodo.
Camminò a lungo nel castello silenzioso, rabbrividendo di tanto in tanto quando l'aria fresca della notte riusciva a raggiungerlo.
Non aveva idea di quanto tempo fosse passato quando vide una luce ancora accesa nella sala in cui la squadra era solita riunirsi, e nonostante la stretta al cuore al pensiero che tante persone non sarebbero più state lì, si diresse da quella parte.
Sbirciando all'interno, si accorse che dentro c'era solo Levi, seduto al suo solito posto con le spalle leggermente ricurve, e per un attimo si chiese se sarebbe stato il caso di entrare. Il capitano, arrivati alla loro sede, gli aveva detto subito che non era stata colpa sua, esortandolo ad andare a riposare prima di allontanarsi con un altro soldato, ma Eren sapeva che soffriva per la perdita della sua squadra e non voleva essere irrispettoso inserendosi senza motivo in quell'attimo di raccoglimento. Senza contare che dopo l'accaduto si sentiva in imbarazzo all''idea di rimanere solo con lui e temeva anche di scoprire cose che non avrebbe mai voluto sapere. Mikasa gli aveva detto infatti che erano stati loro a salvarlo dalle fauci del gigante, ma se da un lato gli faceva stranamente piacere dover ringraziare di nuovo il suo superiore per essere ancora vivo, dall'altro era ben consapevole che in cuor suo, con ogni probabilità, Levi avrebbe preferito abbandonarlo al suo destino dopo tutte le vite sacrificate inutilmente per proteggere la cosiddetta “speranza dell'umanità”, che finora era solo servita a peggiorare le cose. Era un pensiero triste per lui che l'aveva sempre ammirato tanto fin da bambino ma doveva ammettere che al momento il suo contributo alla causa non valeva di certo un simile prezzo e non se la sentiva di biasimarlo se in realtà l'avesse incolpato eccome per il disastro di quel giorno, facendoglielo magari capire mentre erano soli.
«Hai intenzione di stare lì ancora molto, moccioso?» gli arrivò a quel punto la voce di Levi ed Eren sobbalzò scusandosi. Non riuscì a capire se fosse un rimprovero o meno ma si fece avanti timidamente. Qualcosa gli diceva che sarebbe stato peggio scappare e il capitano, a pensarci bene, non sembrava davvero irritato. Forse era solo stanco, triste o entrambe le cose, ma notò che la postura era tornata quella di sempre.
Un po' esitante, arrivò fino al tavolo e si lasciò cadere sulla sua sedia afferrando a caso un boccale lasciato a metà mentre guardava ovunque tranne che verso di lui. Gli costò parecchio, dal momento che i suoi occhi si posarono subito sui posti lasciati vuoti dal resto della squadra, ma non voleva vedere la rabbia, la tristezza e la delusione che probabilmente avrebbe trovato negli occhi di Levi. In quel caso non sarebbe mai riuscito a trattenere le lacrime e affrontarlo di nuovo la mattina dopo in presenza di tutti gli altri, che di sicuro l'avrebbero guardato nello stesso modo, se non peggio. Non si accorse che l'uomo lo stava osservando con un'espressione ben diversa da quella che credeva, aspettando che si voltasse.
«Non riesci a dormire?» chiese alla fine, capendo che il ragazzo non aveva alcuna intenzione di girarsi verso di lui.
«No...» ammise piano Eren, sorpreso dalla domanda, senza trovare il coraggio di alzare gli occhi.
«Capisco» commentò semplicemente Levi, prendendo un altro sorso dal suo boccale prima di appoggiarlo sul legno.
Calò di nuovo il silenzio e il ragazzo tornò a fissare il tavolo stringendo forte l'oggetto che teneva in mano finché, ricordatosi all'improvviso della sua presenza, non lo avvicinò alle labbra con l'intenzione di berne il contenuto tutto d'un fiato, nella speranza di attenuare un po' il peso che gli gravava sul petto. Riuscì a mandarne giù solo un sorso, però, prima di allontanare tossendo il boccale, riempito evidentemente con qualcosa di troppo forte per lui, e a quel punto il capitano, che non l'aveva perso d'occhio un solo istante, aggrottò appena le sopracciglia trattenendo un sospiro.
«Te l'ho già detto, non è stata colpa tua» ribadì in tono basso ma deciso.
«Quel gigante cercava me, però, e se mi fossi trasformato prima forse...»
«Non sarebbe cambiato molto. In ogni missione ci sono morti e feriti più o meno numerosi e questa non è stata diversa da tante altre. L'unico modo per non piangere nessuno è essere tra i caduti» lo interruppe Levi con fin troppa calma ed Eren, stupito, cercò finalmente il suo volto. Era triste, quello sì, ma non sembrava né arrabbiato né deluso e quelle frasi gli risuonarono in testa per qualche secondo prima che riuscisse a ribattere.
«Quelle persone sono morte perché c'ero io e non è neanche servito a catturare il Gigante Femmina. Volevo fare la mia parte almeno alla fine ma avete comunque dovuto salvarmi... A proposito, grazie» riprese infine il ragazzo, chiaramente sconvolto, abbassando sempre di più la voce finché questa non divenne un sussurro a malapena udibile.
«Non sempre i nostri piani riescono e hai appena scoperto il tuo potere. Immagino ti servirà più allenamento per vedere dei risultati» lo incoraggiò Levi con lo stesso tono di poco prima che tanto lo destabilizzava. Si aspettava ben altro da lui in una situazione del genere e se da un lato non poteva che essergli grato per non farlo sentire ancora peggio, dall'altro non riusciva a credere che fosse sincero. Le terribili scene di quel giorno erano troppo recenti per rendersi conto che aveva ragione e al momento gli dava quasi fastidio che a consolarlo fosse proprio la persona che avrebbe dovuto odiarlo di più.
«Quanti altri dovranno morire nel frattempo? Tutti quei soldati si sono sacrificati invano e le persone in città... È la prima volta che non riesco a dar loro torto, in un certo senso» insistette piano Eren, sentendo il peso sul petto diventare quasi insopportabile a quel ricordo doloroso mentre gli occhi bruciavano per le lacrime trattenute. Da bambino non aveva mai sopportato chi protestava contro il Corpo di Ricerca al suo ritorno in città, ma quel giorno era stato costretto ad ammettere che forse la gente aveva ragione. Nessuno del popolo aveva idea di come fosse combattere là fuori, probabilmente, ma aveva visto con i suoi occhi come tante vite venivano purtroppo sacrificate dai superiori per scopi non sempre chiari e sapere di essere in qualche modo responsabile non gli dava pace.
«Ogni volta che torniamo da una missione c'è qualcuno che soffre per la perdita di una persona cara ed è normale che sfoghi il suo dolore. Da parte tua puoi soltanto allenarti con il massimo impegno ma senza darti colpe eccessive. Ti ho detto io di scegliere se fidarti dei tuoi compagni o fare come volevi e nessuno avrebbe potuto prevedere il risultato, né in un senso né nell'altro. Se hai fatto ciò che ti sembrava giusto, va bene così» disse tranquillo Levi, studiando intanto la sua reazione.
Eren sembrò come folgorato alle sue parole e si limitò ad annuire alla fine del discorso guardandolo negli occhi.
Il capitano lo fissò a sua volta, stupendosi di quanto i suoi fossero lucidi e arrossati mentre cercava di capire se era riuscito nel suo intento. Sapeva che ci sarebbe voluto un po' per accettare la batosta che era stata la sua prima missione fuori dalle mura ma era anche consapevole di quanta forza si celasse in realtà in quel ragazzo. In cuor suo non aveva dubbi che avrebbe superato anche questo, ma vedendolo così provato, si era sentito in dovere di consolarlo. Le prime spedizioni, in fondo, erano sempre le più difficili e le nuove reclute di quell'anno erano state particolarmente sfortunate.
«Va' a dormire adesso. I mocciosi come te non dovrebbero essere in giro a quest'ora» disse dopo un po', capendo dal suo sguardo che il momento di crisi doveva essere passato. Non sarebbe stato l'unico, probabilmente, ma si augurava di avergli fornito abbastanza spunti di riflessione per affrontare i successivi senza troppi danni e il tempo avrebbe fatto il resto. Succedeva sempre, se si aveva la fortuna di vivere abbastanza a lungo...
Appena finì la frase, l'ennesima stilettata alla gamba ferita, troppo dolorosa per essere ignorata come le precedenti, lo fece sussultare e non riuscì a trattenere una piccola smorfia. Hange gli aveva più volte ripetuto che avrebbe dovuto mettersi a letto e non sforzarla per qualche giorno ma il capitano aveva fatto come sempre di testa sua, rimanendo a lungo seduto al tavolo senza nemmeno curarsi di appoggiarla su una sedia per tenerla sollevata. Nonostante gli avvertimenti, aveva bisogno di passare un po' di tempo in quella stanza per abituarsi all'idea di non vedere più lì la sua squadra e fino a quel momento la gamba non gli aveva dato particolari problemi.
«Posso aiutarla in qualcosa?» domandò Eren preoccupato, accortosi della sua sofferenza mentre si alzava a malincuore per tornare in camera. Se fosse dipeso da lui, sarebbe rimasto ancora un po' a lasciarsi cullare dalla voce calma e rassicurante del suo superiore. Sebbene quelle frasi facessero male, da una parte, era ovvio che nascessero da una lunga esperienza sui campi di battaglia e in cuor suo capiva che volevano essere un aiuto. In quel momento faticava a credere che si potesse davvero andare avanti e considerare simili tragedie come se fossero normale amministrazione, ma era pur sempre la saggezza di un veterano rivolta a un soldato più giovane e si fidava abbastanza del suo capitano da lasciarsi guidare da lui in quel mondo nuovo che stava appena imparando a conoscere.
«Non è niente, torna a letto. Domani sarà un'altra giornata impegnativa» lo congedò Levi in tono più duro di quanto fosse sua intenzione ma la fitta era stata dolorosa e di certo non avrebbe permesso al ragazzo di aiutarlo a raggiungere la sua stanza per così poco. Si sarebbe arrangiato da solo come sempre e con un po' di fortuna Hange non l'avrebbe mai saputo.
Eren sembrò quasi deluso per quella risposta ma capì che il capitano voleva chiudere la conversazione e decise di non imporgli ulteriormente la sua presenza. Lo ringraziò quindi a bassa voce per il tempo che gli aveva dedicato e gli augurò la buonanotte, incamminandosi poi obbediente verso la porta.
Fu il turno dell'altro di essere sorpreso ma si affrettò a rispondergli addolcendo il tono. Non avrebbe voluto mandarlo via in quel modo, in realtà, ma non era sicuro di poter proseguire a lungo nel discorso senza dimostrargli di essere il primo a soffrire per le molte vite distrutte e quella fitta era arrivata proprio nel momento peggiore. Sperò solo che quelle poche parole che si erano scambiati fossero sufficienti a permettergli di dormire per qualche ora in modo decente, visto che il suo corpo aveva di certo bisogno di riposo. Se non altro la luce nei suoi occhi e il sorriso che gli aveva stranamente rivolto prima di uscire, sia pure ben diversi dai soliti, erano già un ottimo risultato se ripensava a com'era quando l'aveva invitato a entrare.
Non aggiunsero altro e Levi, rimasto solo ad ascoltare il rumore dei suoi passi che si allontanavano nel corridoio, si lasciò sfuggire un sonoro sospiro. Non era stato facile consolarlo, in realtà, ma era il minimo che potesse fare dopo averlo lasciato solo a gestire un simile peso per tante ore. Purtroppo, di ritorno da una delle missioni più disastrose a cui avesse avuto la sfortuna di partecipare, doveva incontrare gli altri responsabili per le decisioni da prendere in vista della convocazione di Erwin nella capitale e sulle prime non aveva neanche fatto caso a quanto il ragazzo stesse male. Probabilmente non era stata una gran fortuna per Eren dover parlare proprio con lui in un momento simile, ma immaginava che non ci fossero molte altre persone ancora in giro per il castello a quell'ora della notte.
Riprese poi in mano il suo boccale, ormai quasi vuoto, e bevve qualche altro sorso ripensando a ciò che gli aveva detto. Quelle parole le aveva già ripetute fin troppe volte anche a se stesso ma ancora non era riuscito a mettere del tutto a tacere quella vocina insidiosa che gli sussurrava maligna i suoi errori, impedendogli di dimenticare i moltissimi volti senza nome che di notte in particolare, quando la stanchezza gli faceva abbassare le difese, lo guardavano con aria di rimprovero e i corpi insanguinati. Ora ad essi si erano aggiunti quelli fin troppo noti della sua squadra, che non era stato in grado di proteggere, e le parole del padre di Petra quella sera non smettevano di risuonargli crudelmente nella testa. Era andata meglio di quel che si aspettava, in realtà, ma le lacrime che l'uomo aveva giustamente versato erano state comunque un duro colpo mentre lui stesso rivedeva per qualche minuto quella dolce e vivace ragazzina di cui, per colpa sua, non sarebbe rimasto altro che il ricordo, e il suo cuore da allora non gli dava pace. Non avrebbe permesso a nessuno di vederlo debole, però, e alle prime luci dell'alba avrebbe indossato di nuovo quella maschera di freddezza che caratterizzava il glorioso capitano del Corpo di Ricerca, ma fino ad allora, nel buio e nel silenzio della notte, sarebbe stato solo Levi, un uomo segretamente tormentato da fantasmi che niente e nessuno, con ogni probabilità, sarebbe mai riuscito a scacciare del tutto.


Angolo autrice:
Ciao a tutti e grazie per essere arrivati fin qui! È la prima volta che scrivo in questo fandom ma la storia mi frullava in testa da quando ho visto l'episodio 1.22 e finalmente sono riuscita a metterla giù. Non è stato facile ma spero di aver reso bene la scena e i caratteri dei personaggi. Ammetto che il finale non doveva essere così cupo ma ho da poco scoperto un po' di cose sul passato di Levi (sono alla terza stagione) e non ho resistito alla tentazione di esplorare un minimo anche il suo stato d'animo. Fatemi sapere che ne pensate, se vi va, e grazie a tutti per il tempo che mi avete dedicato anche solo leggendo. <3
Se a qualcuno interessa, ho fondato tempo fa un gruppo facebook principalmente su Fairy Tail ed Edens Zero, ma anche sugli anime e manga in generale. Se volete conoscere altri fan di queste bellissime opere, saremo ben felici di accogliervi qui (attenzione ai possibili spoiler se non seguite le scan online però, anche se cerco di stare attenta). Vi aspettiamo numerosi! :)
Penso di non avere altro da aggiungere, quindi per ora vi saluto augurandovi una buona notte e buona giornata per domani.
Bacioni e alla prossima!
Ellygattina

  
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