Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
Ricorda la storia  |      
Autore: Madeleine_Smith_Choppi    23/04/2021    5 recensioni
C’era un motivo se Levi Ackerman odiava l’estate, anzi in realtà ne esisteva ben più di uno.
Tutti i suoi colleghi, amici e conoscenti non vedevano l’ora che la primavera mettesse piede per poi lasciare spazio alla torrida estate.
E questo perché?
Perché dovevano andare al mare.
Ma chi cazzo se ne frega del mare?
Non che a lui non piacesse rilassarsi all’ombra e bagnarsi i piedi nell’acqua salata, magari in qualche meta meno frequentata, dove poter sonnecchiare senza gli schiamazzi dei bambini ed essere ricoperto di sabbia ogni tre minuti.
.
.
[Un Levi scazzato che impreca contro gli insetti e il caldo, AU, accenni Yaoi][One-shot poco seria come la scrittrice in questione]
Genere: Comico, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Eren Jaeger, Erwin Smith, Hanji Zoe, Levi Ackerman, Petra Ral
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A



ATTACK ON SUMMER




C’era un motivo se Levi Ackerman odiava l’estate, anzi in realtà ne esisteva ben più di uno.
Tutti i suoi colleghi, amici e conoscenti non vedevano l’ora che la primavera mettesse piede per poi lasciare spazio alla torrida estate.
E questo perché?
Perché dovevano andare al mare.
Ma chi cazzo se ne frega del mare?
Non che a lui non piacesse rilassarsi all’ombra e bagnarsi i piedi nell’acqua salata, magari in qualche meta meno frequentata, dove poter sonnecchiare senza gli schiamazzi dei bambini ed essere ricoperto di sabbia ogni tre minuti.
Ma davvero valeva la pena sopportare mesi e mesi di caldo torrido, pressione bassa, sudore, capelli incollati al viso, sete perenne e quindi anche la vescica costantemente piena – che lo costringeva ad usare i dannatissimi e inguardabili bagni pubblici –, solo per due settimane di vacanza?

No.

Levi ne avrebbe fatto volentieri a meno. Avrebbe scambiato con piacere i tre mesi estivi con altri tre autunnali, quando il clima era piacevole, il venticello era tiepido e le foglie che cadevano regalavo uno spettacolo suggestivo in ogni angolo di quell’affollata città.

Levi trovava spettacolare come una distesa di foglie colorate potesse regalare un’aria pittoresca ad ogni strada, dalla più centrale fino a quelle viottole circondate da villette ed eleganti lampioni. L’autunno rendeva tutto un po’ più malinconico, ma allo stesso tempo etereo, gli sembrava quasi di camminare in un quadro.
L’autunno era per le persone come lui.
 
Puntualmente però, l’inverno finiva. Il gelo, la nebbiolina, la brina che ricopriva con incanto e delicatezza ogni anfratto della città e della natura, lasciava spazio ai primi timidi raggi di sole; gli uccellini tornavano a cantare alla mattina e le prime gemme sbocciavano sugli alberi.

E questo significava solo una cosa: il ritorno di quei fottuti insetti.
O come li chiamava lui: Le fottute bestie di satana.

Se infatti c’era qualcosa che Levi odiava più del caldo in sé, era tutto ciò che si risvegliava grazie ad esso: zanzare, api, vespe, tafani, zanzare, api, cavallette, zanzare, api, grilli – lo aveva già detto api e zanzare? –
Insetti striscianti che apparivano magicamente sui muri lustrati e limpidi, che non davano nemmeno il tempo a Levi di correre in cucina e afferrare l’insetticida nel mobile sotto il lavandino, che una volta tornato nella stanza incriminata l’insetto era sparito. Per poi ovviamente ricomparire nei momenti e nei luoghi meno opportuni. Per esempio nella doccia, mentre lui si stava lavando per la quarta volta durante la giornata.
O dietro la tavoletta igienizzata del water. Mentre lui cercava di defecare in santa pace.
O sul letto mentre si appoggiava per riposarsi durante le prime ore del pomeriggio, facendogli prima accapponare la pelle, per poi costringerlo a cambiare le lenzuola a causa della sua mania per il pulito.

L’arrivo di aprile segnava l’inizio della sua guerra contro quei mostriciattoli infestanti e Levi cercava di portarsi in vantaggio facendo scorta di disinfettanti, spray insetticida, disturbatori ad ultrasuoni, piastrine per zanzare, zampironi generici e ogni altra diavoleria che prometteva l’allontanamento di quelle creature sataniche.
Già tutto l’anno doveva combattere contro i ragni – altra specie mandata direttamente da Dio per tormentarlo –, che nonostante il suo livello impressionante di pulizia, quei cosi con più zampe che voglia di vivere gli lasciavano da un giorno all’altro ragnatele negli angoli più impensabili della casa – facendolo ovviamente incazzare come una iena –; poi ci si mettevano anche i piccioni, che tubavano dalla mattina alla sera sulla tettoia del suo appartamentino in città.

Ma l’estate era un dramma su tutti i fronti. Non esistevano zanzariere o insetticida che lo salvavano dall’agguato giornaliero di una di quelle bestiacce.

Levi si sentiva spossato. Si alzava stanco e si rimetteva a letto distrutto. La giornata era infinitamente lunga e il caldo lo affaticava ancor di più. La mattina si alzava relativamente presto per recarsi al lavoro; almeno alle sette del mattino l’afa gli dava un po’ di tregua e la sua pelle poteva bearsi di una brezza tiepida.
Purtroppo però, Levi da giovane aveva avuto la pessima idea di diventare avvocato e questo voleva dire indossare la camicia, la giacca e la cravatta ogni santo giorno, anche d’estate.

Se avesse avuto il potere di tornare indietro nel tempo, avrebbe preso a calci nel sedere se stesso diciannovenne intento ad iscriversi a giurisprudenza. Fare il dentista come suo padre ora non gli sembrava più una così cattiva idea, nonostante continuasse a fargli schifo l’idea di infilare le mani – seppur guantate – nella bocca di qualcun altro.  
No, stava mentendo. Piuttosto che infilare le mani nella bocca di qualcun altro avrebbe sudato dieci camicie ogni giorno. Almeno il sudore era il suo. Che schifo.

Le cose positive però del suo lavoro erano sostanzialmente due: Lo stipendio abbastanza alto da permettergli di soddisfare ogni suo capriccio – compreso il climatizzatore perennemente acceso e una signora che si occupava di cucinargli i pasti e sistemare un po’ casa durante la sua assenza – e il termostato in ufficio che lo faceva stare al calduccio in inverno e al fresco in estate, non rendendo il lavoro una totale tortura. A renderlo una tortura ci pensavano già i clienti.

Era già passato qualche giorno dall’inizio di giugno e ormai il caldo aveva fatto capolino nelle giornate assolate del corvino.
Quella mattina, nonostante fosse ancora presto, faceva già caldo e Levi si rigirava tra le lenzuola madide di sudore che si appiccicavano alle gambe e ai fianchi nudi.
Sbuffò irritato quando, esasperato dall’insonnia e dall’afa, afferrò il cellulare sul comodino di legno laccato di bianco e lesse l’orario: 6.25
Il caldo alle sei e mezza del mattino doveva essere dichiarato illegale. Valutò se accendere il condizionatore, ma decise che per poco meno di mezz’ora alla sveglia non valesse la pena. Si alzò, strattonando dal letto il lenzuolo umido e trascinandolo in bagno per poi abbandonarlo nella cesta riservata ai panni da lavare bianchi. Sì, Levi aveva due ceste per il bucato dentro l’armadio laccato nell’elegante bagno azzurro – una per i bianchi e l’altra per gli scuri e i colorati –. Ciò faceva di lui un maniaco? Probabilmente. Gli interessava? Assolutamente no.

Si buttò sotto il getto della doccia dopo aver controllato che non ci fosse nessuna bestia infame in attesa di fargli un agguato.
Sospirò soddisfatto sentendo la sensazione di appiccicaticcio scivolargli via dalla pelle per lasciar spazio all’aroma fresco del bagnoschiuma alla lavanda.
Si asciugò velocemente il corpo e si pettinò senza asciugarsi i capelli; tanto con quel caldo torrido che non faceva altro che aumentare al passare dei minuti, si sarebbero asciugati da soli di lì a poco.
S’infilò i pantaloni, senza allacciarsi la cintura perché doveva ancora indossare la camicia. Usò una generosa quantità di deodorante – terrorizzato dall’idea di puzzare durante la giornata – e si diresse in cucina per azionare la macchinetta del caffè a cialde.
Sorseggiò il caffè mentre leggeva distrattamente qualche notizia sul tablet, ancora a petto nudo e quando finì abbandonò la tazzina nella lavastoviglie.
Faceva troppo caldo per pensare di compiere qualsiasi gesto  –non necessario alla sopravvivenza – prima di recarsi al lavoro.
Pochi minuti prima di uscire indossò la sua camicia bianca, il fazzoletto che portava al collo e la giacca in cotone leggero – blu come i pantaloni –.
Ripose il tablet nella cartella nera e ricontrollò velocemente il contenuto per evitare di dover tornare indietro durante la giornata. Afferrò il cellulare e le chiavi ed uscì dall’appartamento.

Il tragitto da casa sua allo studio era piuttosto breve, in inverno ci si recava tranquillamente a piedi, ma in estate – complice il sole cocente che gli arrossava la pelle troppo chiara e la paura di sudare – era costretto a prendere la metro o l’autobus. Aveva un’auto ma parcheggiare nei pressi dello studio era un’impresa titanica a causa del traffico e delle ZTL.

Entrò nella metro, per fortuna poco affollata poiché le scuole erano già chiuse e si sedette lontano da ogni forma di vita. A volte aveva l’impressione che solo a lui interessasse l’igiene e che al resto della gente poco importasse di puzzare come un bagno chimico già alle prime ore del mattino.
Poche fermate dopo arrivò a destinazione e uscì dalla metro con un sospiro sollevato. Si sorprese di trovare già una discreta quantità di persone al bar che faceva angolo con lo studio; i tavolini esterni erano pieni, affollati da ragazzini in bermuda e canotta, le borse per recarsi al mare abbandonate sotto i piedi del tavolo mentre loro consumavano la colazione sotto il sole.
Levi aveva trentacinque anni e non si sarebbe mai sognato di alzarsi così presto solo per prendersi un’insolazione al mare. Nemmeno quando era un adolescente gli era mai passato per la testa di buttarsi giù dal letto alle prime ore del mattino per una cosa tanto stupida.
Aveva sempre preferito fare le cose con calma durante le vacanze, alzandosi naturalmente, senza l’ausilio della sveglia, fare colazione e poi recarsi in spiaggia – rigorosamente attrezzata di docce, cabine e ombrelloni – mangiare con calma e godersi in totale relax il pomeriggio, per poi concedersi una lunga serata in giro per il centro. Gli piaceva ammirare le stelle di sera in riva al mare quando non c’era quasi nessuno e alle sue orecchie arrivava solo lo scrosciare dell’oceano.

Con quei pensieri attraversò a grandi falcate l’entrata dello studio, camminando sul tappeto marrone adornato di arabeschi e facendo un cenno alla segretaria alla scrivania di fronte all’ingresso.

S’infilò nel suo ufficio, chiudendosi la porta alle spalle prima che il resto dello studio si riempisse. Accese l’aria condizionata e afferrò una bottiglietta di acqua minerale vitaminizzata dal mini-frigo che stava in un angolo dietro ad una pianta dalle larghe foglie.
In realtà c’era una sala adibita a mensa, dove i dipendenti potevano fare una pausa, bere un caffè, un thè e mangiare anche; ma nonostante Levi fosse un avvocato associato, questo non era bastato a fermare le mani invadenti della sua collega Hanji Zoe, che puntualmente rubava tutto ciò che trovava sotto gli occhi.
Era decisamente insopportabile questo lato della sua collega – nonché amica da una vita – e per evitare di commettere un omicidio all’ennesimo furto da parte della rossa, aveva acquistato quel mini-frigo e lo aveva piazzato in un angolo remoto del suo ufficio. In realtà fu un’ottima idea anche per evitare di incontrare troppe persone durante l’arco della giornata. Soprattutto per evitare gli occhi gentili ma un po’ troppo insistenti di Erwin, il proprietario dello studio. Non che non ci avesse mai fatto un pensierino ma Levi non era proprio il tipo da mescolare lavoro e piacere. In oltre aveva già una mezza tresca con un ragazzo conosciuto in tribunale – un tirocinante di un altro studio – che gli occupava la mente e gli teneva compagnia nei giorni liberi dal lavoro.

Affondò i glutei nella sedia imbottita e accese il computer. Mentre lo schermo caricava le impostazioni, aprì la bottiglietta e il sapore dolce dell’acqua aromatizzata gli invase il palato e rinfrescò il corvino.

La mattina passò tranquillamente, Levi era stato monopolizzato dalla revisione di un processo e stava riguardando una ad una le prove del caso in questione, quando all’ora di pranzo qualcuno bussò alla sua porta.

Levi alzò lo sguardo dopo aver acconsentito l’accesso e la figura della rossa fece capolino dalla porta di legno massiccio – “Leviiiiiii, noi siamo in pausa e ti stiamo aspettando per mangiare tutti assieme” – La sua voce squillante gli arrivò alle orecchie, forte come un megafono in azione.

Il corvino si stiracchiò leggermente – “Ormai ho quasi finito questa parte” – Disse indicando uno dei faldoni sulla scrivania – “Preferisco finirla e andare in pausa con calma, mangiate senza di me” –

Hanji arricciò le labbra, ovviamente in disaccordo – “No, oggi è il compleanno di uno dei nostri colleghi e tu devi esserci” –

Il corvino arricciò le labbra – “E perché mai? Non so nemmeno di chi stai parlando ,io ho da far– Ehi, ma mi ascolti?”  – La rossa lo aveva afferrato per un braccio, trascinandolo grazie alle ruote della sedia già a metà del proprio ufficio – “No” – Sorrise.

 Levi sbuffò, come al solito era inutile replicare. Si alzò dalla sedia, lasciandola abbandonata al centro dell’ufficio, seguendo la tiranna.
Sbuffò nuovamente – “Almeno dimmi di chi cazzo è il compleanno, altrimenti farò una figura di merda” –

Hanji ridacchiò – “Non ti preoccupare nanetto, non succederà” –  disse spalancando la porta, trovando però – con sorpresa da parte di Levi – solo Erwin, Petra e Mike ad aspettarli.

Loro cinque erano gli avvocati associati dello studio e lavoravano a stretto contatto con Erwin. Avevano iniziato la carriera più o meno tutti assieme ed erano i più longevi nello studio. Il resto era un via vai di tirocinanti, impiegati e segretarie con un contratto a termine.
Al centro del tavolo c’era una piccola torta gelato e un cartellone ricoperto di imbarazzanti brillantini che formavano la scritta “Buone ferie nanetto pestifero”.
Levi aggrottò le sopracciglia, era confuso – “Ma …che succede, non capisco” – Mormorò, cercando di ignorare il soprannome che gli avevano affibbiato.
Petra gli indicò di sedersi al suo fianco – “Tra due settimane andrai finalmente in ferie e visto che nella settimana di pasqua sei stato impegnato con quella causa e non hai potuto rilassarti, noi che ti vogliamo tanto bene abbiamo deciso di farti un regalo” –

Il corvino sbatté le sopracciglia – “Una torta gelato?” –

Hanji scoppiò in una risata fragorosa, sbattendo pesantemente una mano sulla schiena di Levi che la guardò accigliato – “Ma no, Levi, quella è per tutti” –
Mike, che era stato in silenzio fino a quel momento, tirò fuori una busta da lettera bianca e la porse al corvino, che la aprì senza indugio, rivelando una serie di fogli.
Il suo cipiglio perennemente annoiato e infastidito si trasformò in una faccia di puro stupore.
Due biglietti aerei per Reykjavík e una prenotazione d’albergo per due persone, senza nominativo.

Levi sbatté le palpebre, visibilmente stupito, alzò lo sguardo sui suoi colleghi – nonché amici – e prima che potesse dire qualcosa fu Erwin a prendere parola – “Abbiamo pensato di ringraziarti visto che ti fai sempre carico delle cause lunghe e che richiedono trasferte importanti, lasciando quelle più semplici a chi ha anche una famiglia a cui pensare” – “E l’idea dell’Islanda è stata di Hanji, dice che passi l’estate a lamentarti per il caldo” –

Il corvino spostò lo sguardo sulla rossa che saltellava felice come una bambina sulla sedia – “Leviiii guarda, ti ho messo una guida dei posti da visitare… e poi se non lo hai notato ci sono due biglietti, così potrai portare quel bel giovanotto con cui ti intrattieni tutti i weekend” –

Il momento di gratitudine che provò Levi finì velocemente con l’ultima affermazione dell’amica – “E tu come cazzo fai a saperlo?!” – Sbottò, non lasciandosi sfuggire gli sguardi curiosi degli altri.

Levi era sempre così riservato, che ogni accenno della sua vita privata diventava un affare di stato in ufficio.
“Ti spio” – Ammise candidamente – “Denunciami se vuoi, ma ti avverto, sono un avvocato” – Continuò ridacchiando, facendo gonfiare una vena sulla tempia del corvino – “Daiiii Leviii, smettila di tenere il broncio e ringraziami, ora puoi invitarlo e passare due settimane molto calde in un luogo molto freddo, proprio come piace a te!” –

Io ti ammazzo quattrocchi di merda” –
 
 
 

 

Note dell’autrice:
È una One shot senza pretese, nata dal mio sclero con una mia amica contro le api (o vespe?) che stanno infestando casa mia in questi giorni T.T il mio incubo.
Io e Levi siamo molto simili sulla pulizia e ho pensato che probabilmente avrebbe sclerato male anche lui trovandosi quei cosi schifosi nella sua pulitissima casa.
Nessuno mi capirà lo so, ma io sto soffrendo per l’arrivo dell’estate, la odio con tutto il cuore T.T
Comunque spero che questa mini shot vi abbia fatto ridere o sorridere. Alla prossima,
-Mad
   
 
Leggi le 5 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti / Vai alla pagina dell'autore: Madeleine_Smith_Choppi