Anime & Manga > TSUBASA RESERVoir CHRoNiCLE / xxxHOLiC
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Autore: steffirah    23/04/2021    0 recensioni
[...]Non potevo crederci che fosse rimasto sveglio per me, per cucinare per me - e solo il cielo sapeva quanto andavo pazza per ogni cosa che mi preparava -, scaldandomi addirittura la cioccolata! E si era persino preoccupato di procurarsi una coperta, per coprirmi dal freddo… Ahh, era proprio da sposare…
Mi emozionai a quel pensiero, rievocando tutte le volte in cui da bambini ci fantasticavamo sopra. D’altronde ce lo eravamo promessi, no?, che saremmo stati per sempre insieme… Che un giorno avremmo vissuto insieme, in una casa nostra, con un bel giardino, un cane e un gatto, e ci saremmo divisi i compiti per le pulizie, avremmo cucinato a turno, saremmo stati sempre presenti l’uno per l’altra…
Genere: Fluff, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Fay D. Flourite, Kurogane, Mokona, Sakura, Syaoran
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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My safe place








Mi portai il tappo della penna in bocca, rimuginando. Le ore passavano, ormai si stava facendo tardi, e io non avevo completato neppure la metà delle canzoni. 
Lanciai uno sguardo di sottecchi agli altri membri del gruppo. Kurogane-san litigava con Moko-chan, la nostra mascotte, che continuava ad infilarglisi dispettosamente tra i vestiti lamentandosi della sua nullafacenza, mentre leggeva un manga stando comodamente steso sul divano. Fay-san e Syaoran erano impegnati nella composizione di diverse melodie, provandole sulla tastiera e la chitarra, prima di trascriverle. Tomoyo-chan intanto era seduta dietro il suo laptop, tenendosi occupata con una delle sue attività preferite: la selezione delle fotografie da inserire nel booklet del nostro nuovo disco. 
Per il nostro comeback avevamo unanimemente deciso di cambiare leggermente il nostro stile: fino a quel momento i temi che trattavamo erano sempre stati piuttosto dark, e nelle nostre canzoni raccontavamo storie di altre vite, nelle quali inserivamo un aspetto oscuro anche delle nostre. Ora, invece, era nostro desiderio rimanere in quelle tonalità symphonic metal e baroque rock, lanciando tuttavia un messaggio più positivo. Per questo di recente avevamo scattato un servizio fotografico nei Paesi Bassi, dalle tonalità più tenui, calde e realistiche del solito, sfruttando i colori dell’ambiente, piuttosto che renderle oscure e fantastiche come quelle dei concept precedenti, che sembravano più adatte a una fiaba.
A quanto pareva, la nostra manager nonché fotografa ufficiale ne aveva scelta una in particolare come copertina: in essa era ritratto Fay-san in primo piano, seduto con le ginocchia piegate e un braccio poggiato su esse in maniera casual, che guardava dritto dinanzi a sé con un sorriso sereno; alle sue spalle si ergeva Kurogane-san, nella sua solita posa alla “vi conviene non rompermi”, torreggiando su tutto con la sua semplice presenza. Oltre essi, sulla sinistra, c’era invece Syaoran, che guardava verso il basso, con aria misteriosa e solitaria. Parallelamente a lui, sul lato destro della collina, in mezzo a due pale eoliche, c’ero io, che mi spostavo i capelli dal viso, sorridendo verso il paesaggio che mi si estendeva dinanzi. Ed era veramente bellissimo, visto che, oltre quel colle e quel cielo turchese, si estendeva una vallata piena di variopinti tulipani in fiore.
Per Tomoyo-chan era fondamentale che, in tutte le fotografie scattate lì, mantenessimo questa tematica: loro tre dovevano guardare verso una direzione, con aria speranzosa o determinata, con rassegnazione o mestizia, mentre io dovevo restare alle loro spalle e rivolgermi al lato opposto, sorridendo sempre al futuro, per dimostrare che fossi io stessa a portare gioia e positività nelle loro vite. 
Naturalmente, si trattava di uno dei tanti ruoli che ci toccava recitare, in base alle richieste e le mode in voga al momento. Per essere certi di attenerci ai tempi e garantirci il successo, pur mantenendo il nostro stile originale. Ecco perché, nel momento in cui serviva qualcuno che desse un’immagine positiva al tutto, Tomoyo-chan aveva optato per me, ritenendomi come la persona più adatta. 
Non che io non fossi una ragazza ottimista, ma a volte trovavo buffo quanto dovessimo essere diversi rispetto ai nostri veri io; eppure, quanto vi ci avvicinassimo. Quanto mostrassimo una e solo una parte di noi ai fan, dovendo sempre recitare una parte che si conformasse all’idea che essi si erano fatti di noi. Non era difficile, ma di tanto in tanto, quando durava per troppe ore, capitava che mi mandasse in confusione. 
Sostanzialmente, non eravamo molto diversi dal solito. Kurogane-san, essendo il nostro batterista, doveva trasmettere un’immagine forte. Come se fosse un tipo “tosto” e inscalfibile, come la pietra. E non era molto arduo per lui, visto che in generale era sempre piuttosto scurrile e aveva ben poca pazienza. Ciononostante, era anche infinitamente gentile e altruista, aveva grande cura di noi tutti, come se fossimo i suoi figlioletti, e mi dispiaceva che non potesse palesare al mondo intero questo meraviglioso tratto di sé. Fay-san era il nostro tastierista, e pur mostrando serenità doveva assicurarsi di essere costantemente circondato da un alone di mistero, per cui anche durante le interviste rilasciava sempre risposte criptiche o ambigue, e messaggi subliminali. Eppure, tra tutti noi era il più allegro, dotato di una gaiezza e una positività spiazzanti, che si manifestavano anche nelle situazioni più impensate, ed era di una pigrizia assurda. Se avesse potuto se ne sarebbe stato tutto il giorno steso su un letto ad oziare, guardando la TV, mangiando stesso lì. E tra tutti noi, era anche il più viziato, casinista e disordinato. Syaoran era invece il nostro bassista, e quasi a voler corrispondere allo strumento che suonava doveva mantenere un “profilo basso”: doveva mostrarsi sempre cool dinanzi a tutto, senza mai palesare troppo di sé. Doveva emettere un’aria tenebrosa, e sapevo che tra i fan aveva cominciato a girare la definizione di lui come “bello e dannato”.
Che fosse bello non ci pioveva - e con questo stavo minimizzando - ma con la seconda opinione non potevano sbagliarsi più di così. Syaoran era il nostro sole. Per me, era il nostro angelo. Tra di noi era il più realista, il più organizzato, il più determinato e concreto. Ci spingeva in avanti, ci guidava coi suoi meravigliosi sorrisi, ci spronava quando ci sentivamo più abbattuti o pigri. Eppure aveva un terribile difetto: aiutava tutti noi nei momenti di difficoltà, ma rifiutava di farsi aiutare, quando stava male. E questo valeva anche per me, nonostante io fossi la sua amica di infanzia. Nonostante fosse stato lui a insegnarmi a suonare la chitarra e a cantare, e fosse il nostro sogno da bambini duettare un giorno in una band. Ma per un lungo periodo lui era andato via, e quando era tornato, in seguito alla morte di suo padre, non era più stato lo stesso. Tendeva a chiudersi in sé, ad affondare nel proprio dolore, tenendoci fuori per non farci annegare con lui. E noi potevamo limitarci solo a mostrargli il nostro sostegno con qualche carezza o abbraccio, senza riuscire a pronunciare parole di conforto, che lui non avrebbe neppure voluto ascoltare. Perché a lui, quello, sembrava bastare. 
Per quanto mi riguardava, il ruolo che mi era stato assegnato era quello di “principessa”: dovevo essere vulnerabile, protetta dai miei tre cavalieri, ma dovevo anche essere socievole e spensierata. La seconda parte mi corrispondeva, almeno per la maggior parte delle volte, sebbene fossi in realtà molto timida. Mi vergognavo più spesso di quanto dessi a vedere, mentre per quanto riguardava la mia spensieratezza si tramutava in apprensione non appena mi accorgevo che qualcuno di noi stava male. Quindi sì, avevo la testa tra le nuvole, ma non per questo non avevo riguardi nei confronti di ciò che mi accadeva intorno. 
Tuttavia, era proprio a causa di questa “immagine” che gli altri si comportavano con me come se davvero fossi la loro principessa: si assicuravano che non mi affaticassi troppo, che non mi ammalassi, che mangiassi e riposassi quanto era dovuto. Mi dedicavano tutte le loro attenzioni, soprattutto Tomoyo-chan, Fay-san e Syaoran. E io ero stufa di quella situazione. 
Per questo, considerata l’ora che si era fatta, dissi loro che avrebbero anche potuto cominciare ad andare a letto; io avrei finito di scrivere quell’ultimo testo e li avrei seguiti. 
Una volta tanto Fay-san fu più arrendevole del consueto e si alzò lesto dalla sua postazione, stiracchiandosi. Mi pose davanti l’ultimo spartito su cui avevano lavorato, insieme alla registrazione della melodia sul mini iPad. Si rivolse poi a Kurogane-san, prendendolo in giro con un nuovo nomignolo, “Kuro-chuu”, che lo fece letteralmente scattare dal divano. Lo fissò con sguardo assassino e tutti ridacchiammo nel vederli inseguirsi fino alle stanze.
Moko-chan balzò poi sul tavolo, offrendosi: «Non vuoi che resti con te?»
«Tranquilla Moko-chan, vai a letto anche tu.»
Allungai una mano affinché saltasse al centro del mio palmo e le diedi un bacino sulla testa, a cui ridacchiò, prima di passare su una spalla di Tomoyo-chan. Tra noi tutti sembrava quella che più stava morendo di sonno, sebbene cercasse di non darlo a vedere. Le affidai Moko-chan, augurandole una buonanotte, e lei mi disse di non strafare, apprensiva come sempre. Glielo garantii e dopo che uscì dalla sala mi voltai verso Syaoran, notando che aveva appena finito di mettere a posto gli strumenti. 
«Sicura che non vuoi una mano?» si accertò, guardandomi impensierito.
«Sicura», insistei, sorridendogli convincente. 
Lui sospirò, sembrando un tantino indeciso, ma ciononostante non mi negò un sorriso, prima di augurarmi la buonanotte e ritirarsi anche lui nella sua stanza. 
Di questo, gliene fui grata. Ero stata io stessa a decidere che stavolta avrei alleggerito il carico di tutti, occupandomi da sola dei testi. D’altronde l’unica cosa che sapevo fare era cantare e suonare un solo strumento. Non ero poliedrica quanto loro, né ero in grado di comporre uno spartito partendo da zero. Ecco perché, sebbene di solito scrivessimo i testi insieme o in coppie/trii in base alla tematica trattata, stavolta avevo deciso che avrei fatto tutto da sola. E avevo anche deciso che avrei finito tutte le canzoni entro quella sera. Peccato che, dopo cinque testi, l’ispirazione sembrava essersene andata. Soprattutto ora che ero arrivata al brano che avevo scelto per rappresentare l’intero album. 
Decisi di metterlo da parte per un po’, occupandomi degli altri, cominciando quanto meno ad abbozzarli, ascoltando le musiche su cui avevano lavorato Fay-san e Syaoran. 
Trascorsero così altre due ore, senza che nemmeno me ne accorgessi, smarrendomi in quelle melodie. Erano movimentate, ma erano anche calmanti. Erano ritmate, ma erano pacificanti. Sentivo la mia coscienza allontanarsi sempre più, per cui mi tirai due schiaffetti sul viso, sperando di riprendermi. L’ultima cosa che volevo era appisolarmi sul tavolino, senza concludere nulla. 
Tornai pertanto al brano principale, arrivando a scrivere anche la seconda strofa, lasciando uno spazio bianco per il ritornello. Avevo diverse idee, ma nessuna sembrava adatta. Ci riflettei su, finché non vidi un vassoio contenente un piatto con due sandwich alla frutta e una tazza di cioccolata calda posarsi dinanzi i miei occhi.
Sollevai lo sguardo, giusto in tempo per vedere Syaoran avvolgermi in una coperta, rivolgendomi un sorriso gentile. Che ci faceva ancora sveglio? 
Mi tolsi le cuffie, ma lui non mi concesse il tempo di interrogarlo a riguardo che propose: «Ti va uno spuntino di mezzanotte?» 
Senza che neppure ci fosse bisogno di parlare, il mio stomaco brontolò in risposta. Avvampai e lui ridacchiò, posandomi il piatto davanti. Sapendo quanto ne fosse goloso, gli cedetti quello con una generosa quantità di panna e pezzetti di frutta mista, prendendo per me quello contenente fragole e frutti di bosco. Sapeva quanto li amavo, quindi certamente lo aveva preparato apposta.
Trattenni un sorriso e diedi un morso, sciogliendomi ad un solo assaggio. 
«Che buono!» gongolai, dondolando da una parte all’altra per la felicità.
Non potevo crederci che fosse rimasto sveglio per me, per cucinare per me - e solo il cielo sapeva quanto andavo pazza per ogni cosa che mi preparava -, scaldandomi addirittura la cioccolata! E si era persino preoccupato di procurarsi una coperta, per coprirmi dal freddo… Ahh, era proprio da sposare…
Mi emozionai a quel pensiero, rievocando tutte le volte in cui da bambini ci fantasticavamo sopra. D’altronde ce lo eravamo promessi, no?, che saremmo stati per sempre insieme… Che un giorno avremmo vissuto insieme, in una casa nostra, con un bel giardino, un cane e un gatto, e ci saremmo divisi i compiti per le pulizie, avremmo cucinato a turno, saremmo stati sempre presenti l’uno per l’altra…
Gli rivolsi un’occhiata col batticuore, ma accorgendosene spostò lo sguardo nel mio - al che mi affrettai a sviarlo, sentendomi colta in flagrante. 
«Come sta procedendo?» si interessò, liberandomi da quell’impaccio. 
Tirai un inudibile sospiro di sollievo e gli porsi il quaderno, permettendogli di leggere le canzoni in anteprima esclusiva. Il suo giudizio, valeva per me più di quello di chiunque altro. 
Lo sfogliò attentamente, prima di giungere alla canzone centrale e fermarsi su di essa. 
«Sono molto belle», commentò onesto, facendomi balzare il cuore in gola. Lui non mi mentiva mai, se non gli fossero piaciute avrebbe sicuramente detto che c’era qualcosa che non andava. 
«G-grazie», mormorai, col cuore a mille. «Le parti in lingua però vorrei le rivedeste anche voi, non ne sono molto convinta.»
Lui era stato all’estero per lunghi periodi, quindi parlava l’inglese mille volte meglio di me. Fay-san, poi, aveva origini nordiche, e l’inglese era la sua seconda lingua. Ecco perché, solitamente, le lasciavamo a loro, per essere certi di non commettere errori.
Annuì, osservando inaspettatamente: «Ciononostante, sei migliorata molto».
Era un complimento! 
Avvertii i miei occhi inumidirsi, mentre il mio cuore continuava a palpitare impazzito. Cercai comunque di nasconderglielo, mormorando appena un ringraziamento contro la tazza, nascondendomi il viso con essa. 
Tornò poi alla canzone principale, indicando gli spazi in bianco, e io rimpicciolii sul posto. 
«Sei in difficoltà?» 
«Col ritornello e il bridge», ammisi, leccandomi la cioccolata dalle labbra. Anche quella era buonissima, e la consistenza era perfetta, né troppo liquida né troppo densa, cremosa al punto giusto.  
Tra tutti noi, il più bravo in cucina era certamente Fay-san, ma a Syaoran mancava veramente poco per raggiungerlo. Solo perché, a differenza del primo, non si cimentava in pietanze troppo elaborate. 
«Per il ritornello potresti provare a trarre ispirazione agli scatti che facemmo in Olanda», suggerì, cogliendomi di sorpresa. 
«Hai qualche idea?»
Ci pensò su per poco, prima di abbozzare qualcosa, riempiendo lo spazio che avevo lasciato vuoto. 
Trattenni il fiato dinanzi a quella grafia corsiva che tanto amavo, e ancora più quando posò la penna, rileggendo rapidamente tra sé: «Let us walk forward
Into the wind
And we will not stop
Until we find a land worthy of peace». 
Quasi mi girò la testa nell’udirlo. La sua pronuncia era così perfetta, così impeccabile. Quando parlava in lingua, la sua voce assumeva nuove tonalità, e ogni volta che le udivo mi sembrava che infiniti brividi attraversassero tutto il mio corpo, concentrandosi nella zona del mio addome, per originare scariche elettriche. A volte mi sembrava di impazzire, talmente erano intense quelle percezioni. Tutto quello, soltanto per la sua voce. Ma era la voce più bella che io avessi mai udito. Che fosse quando parlava, che fosse quando cantava, non avevo ancora trovato nessuno che, come lui, mi faceva provare le farfalle allo stomaco. Solo per un semplice suono. Se poi aggiunto alle variazioni che avevo scoperto nel corso degli anni, al suo splendido viso, al suo incantevole sorriso…
Mi accorsi di essermi imbambolata a guardarlo - molto probabilmente con aria inebetita e sognante (mi auguravo solo di non stare anche sbavando) - solo quando corrugò la fronte, domandando: «Mi sono sporcato?»
«Eh? Ah, n-no, è solo…» tergiversai, in cerca di un buon pretesto, e neppure l’avessi desiderato mi accorsi che aveva una ciglia caduta, poco sotto l’occhio destro. Allungai una mano e gliela tolsi con delicatezza - azione dinanzi alla quale strizzò le palpebre e si ritrasse appena, in maniera adorabile - prima di mostrargliela. «Solo una ciglia.»
Lui la fissò stupito e, cogliendomi alla sprovvista, poggiò l’indice sul mio, facendola sparire tra i nostri polpastrelli.
Lo guardai confusa, per cui spiegò: «Nel paese in cui sono cresciuto con mio padre, prima di tornare qui, si diceva che quando si raccoglie una ciglia bisogna esprimere un desiderio, per poi soffiarla via e lasciarla andare».
Non avevo mai udito una cosa del genere.
«Per questo la stiamo intrappolando?» supposi, al che scosse lievemente la testa.
«Non esattamente. È perché si dice che si realizza il desiderio della persona sul cui dito si attacca.»
Questa cosa mi lasciava contrariata. Non volevo che un suo desiderio non si realizzasse, per cui mi affrettai a pensare “Desidero che il desiderio di Syaoran si realizzi”. 
Quando mi chiese se avessi fatto allontanammo insieme le dita, e grande fu la nostra sorpresa quando vedemmo che si era appiccicata a tutti e due i nostri polpastrelli, alle estremità. 
«È raro che accada?» mi informai incuriosita.
«Decisamente.» Rise brevemente, rendendomi consapevole: «Ma questo significa che entrambi i nostri desideri si avvereranno».
Sorrisi a trentadue denti, lieta di ciò, e ad un suo segnale soffiai insieme a lui, per farla volare via.
Tornammo così al nostro spuntino e io intanto ripresi il quaderno, rileggendo il tutto da capo. Mancava ancora un’ultima parte, e avendo finito di mangiare Syaoran non perse tempo nell’aggiungere:
 
We won
t look back
At the world we left
‘Cause someday we’ll find it,
Our promised Wonderland.
 
Mi guardò con aspettativa, chiedendomi tacitamente cosa ne pensassi; gli feci un cenno col capo, trovandolo perfetto, e colta da un’illuminazione scrissi in fretta anche il bridge, prima di dimenticarlo, e glielo mostrai.
 
Kimi no te wo nigitte,
Issho ni susumou
Bokura no negaigoto ga kanaeru sekai made…
 
«È perfetta!» esclamò contento, pur continuando a mantenere un tono basso per non disturbare nessuno. 
Sorrisi a trentadue denti e mi stiracchiai, prima di riprendere la tazza per finire la cioccolata - che già si stava freddando. 
Si appoggiò al tavolino, posando una mano su una guancia per voltarsi a guardarmi, e mi diede una carezza leggera in testa.
«Complimenti Sakura, sei riuscita nel tuo intento.»
Arrossii al suo gesto, ma nell’udire tali parole mi sentii così fiera di me. Dovevo molto anche a lui però, per avermi aiutata ed ispirata. Non avevo idea di come potessi ricambiare, per cui provai con la cosa più semplice e scontata che mi venisse in mente. 
«Non hai preparato la cioccolata anche per te?» mi assicurai.
«Era l’ultima rimasta. Ah, a tal proposito…» Abbassò ulteriormente la voce e mi si avvicinò, con complicità. «Non dire a nessuno che ti ho preparato i sandwich.»
Trattenni un sorriso, assicurandoglielo. Per quanto fossero semplici, erano i dolci di cui era più goloso, che non condivideva con nessuno. Eccetto che con me, ma ogni volta che lo faceva doveva rimanere il nostro segreto. 
«In tal caso, ne vuoi un po’?» feci un tentativo, porgendogli la tazza. 
Lui esitò per un istante, ma fortunatamente non si fece pregare e ne bevve un sorso, rendendomela. 
Me la ripresi, e lui si distrasse cominciando a raccogliere i fogli. Eh no, non avrei lasciato fare tutto a lui. Lo aiutai ad impilarli per bene, soprattutto gli spartiti, ordinandoli per canzone, mentre finivo quel poco di cioccolata rimasta. 
Fu solo dopo che ebbi posato la tazza sul vassoio e Syaoran si alzò per portarlo in cucina che mi resi conto che anche stavolta, come già era capitato tante volte quando condividevamo bevande o cibo, era come se ci fossimo scambiati un bacio indiretto. 
Chiusi gli occhi e sorrisi, inebriandomi di quel pensiero. Mi strinsi la coperta al petto, sollevandola fin sopra al naso, cercando di nascondermi in essa, come una tartaruga nel suo guscio. 
Ero certa che Syaoran sapesse cosa provavo per lui. Così come io sapevo cosa provava lui per me. Non ce lo eravamo espressamente detti, ma era chiaro. Chiaro da ogni nostro gesto, da ogni nostra azione. Dalle parole che ci rivolgevamo, dalla cura che dimostravamo l’uno nei confronti dell’altra, dal fatto che ci spalleggiassimo a vicenda in qualsiasi circostanza, e che nonostante il tempo continuassimo ad avere gli stessi sogni, le stesse ambizioni, le stesse speranze. E continuavamo a cercare di realizzarli insieme. 
Non sapevo bene se dovessi dichiararmi o meno, o se dovessi attendere che fosse lui il primo a farlo. Non sapevo neppure se se lo aspettasse, oppure anche per lui non c’era più bisogno di dirlo. Perché il mio “ti amo” doveva averlo raggiunto, per forza. Anche attraverso i nostri ricordi, le nostre canzoni. Così come a me era arrivato il suo. 
Ma non volevo neppure mettere in mezzo l’argomento. Quello che avevamo, a me bastava. Era anche più di quanto avessi mai potuto immaginare, da bambina. Non importava che non ci baciassimo sulle labbra o amoreggiassimo. Mi bastavano tutti i nostri altri baci, il suo starmi accanto, i nostri abbracci e carezze, il nostro modo di scherzare, il nostro prenderci per mano, ogni volta che potevamo. Era un contatto, quello, che valeva più di mille azioni, più di mille parole. 
Quando tornò lo avvertii inginocchiarsi di nuovo al mio fianco e riaprii gli occhi, giusto in tempo per vederlo strofinarmi le braccia, mentre domandava con premura: «Vogliamo andare a letto? Almeno lì stai al caldo».
Ora era più vicino di prima, il suo viso si trovava a poche spanne dal mio. E ad ogni respiro, venivo annebbiata da un profumo dolcissimo, che non capivo se mi stesse sciogliendo o mi facesse girare la testa, come se fossi sulle montagne russe. Forse entrambe le cose. 
Ascoltai il suo consiglio, ma anche dopo che mi aiutò ad alzarmi mi tenni la coperta stretta addosso, cercando coraggio in essa. Una volta trovato, nel corridoio del piano superiore, mi voltai verso di lui e gli afferrai una manica, attirando la sua attenzione.
«D-dormiamo… insieme…?» 
Non capivo perché mi imbarazzavo tanto, quando lo avevamo fatto così spesso. Era però da un po’ che non capitava, quindi probabilmente era quello ad inibirmi. Il pensiero che, dopo tanto tempo, avrei potuto dormire di nuovo tra le sue braccia…
Per qualche ragione anche le sue gote imporporarono, ma non me lo negò.
Mi accompagnò quindi fino alla mia stanza - visto che lui la condivideva coi ragazzi - e mi concesse il mio tempo per andare in bagno e cambiarmi. Cercai di fare più in fretta possibile, e quando tornai col pigiama lo trovai seduto composto sul letto, con lo sguardo rivolto verso la finestra. Sentendomi tuttavia si voltò e io corsi al suo fianco, gattonando fin sotto le coperte. Ridacchiò appena, per poi stendersi a sua volta e assicurarsi che fossi coperta fino al mento. Aprì poi le braccia, e io non esitai un istante prima di fiondarmici. Mi accoccolai contro il suo petto, e lui strinse le braccia attorno a me, tenendomi al caldo. Mi lasciò un leggero bacio tra i capelli, augurandomi di fare sogni d’oro, e io ricambiai, strofinando il naso contro il suo collo.
Sorrisi rasserenata, certa che quella notte avrei fatto i migliori sogni di sempre, cullata dalle braccia del mio luogo sicuro.






 
 
 
Angolino autrice:
Buonsalve! Ritorno con una storiella sorta da un'idea notturna (al solito) e una rilettura del manga; in particolare essa prende spunto dalla copertina del cap. 76, che sarebbe l'immagine usata come copertina dell'album di cui si parla nella storia. Vista la loro posa e il loro atteggiamento lì mi sono detta "Wow, quasi quasi ci faccio una Band AU", per cui ho ripreso anche la frase inserita dalle CLAMP con tale immagine per il ritornello della canzone - perlomeno nella prima parte, "Let us walk forward - Into the wind - And we will not stop - Until we find a land worthy of peace". Il resto l'ho inventato io, e la parte in giapponese significa "prendendo la tua mano proseguiamo insieme, fino al mondo in cui possono realizzarsi i nostri desideri".
Infine, è importantissimo dire che questa one-shot è dedicata a _fioredineve_, essendo oggi il suo compleanno. Tantissimi auguri tesoro! Spero ti piaccia questo piccolo regalo :3
  
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