Anime & Manga > Dragon Ball
Ricorda la storia  |      
Autore: Evil Daughter    27/04/2021    5 recensioni
Ultima edizione del torneo Tenkaichi: ci siamo appena liberati dell'eroe Son Goku, che se ne va con Ub,
ma la competizione va avanti, perché il mondo gira bene e gira anche meglio senza di lui (ti adoro Goku); in specie per una coppia che sta per nascere. Una Marron che parla e un Trunks che agisce. Roba mai vista. Buona lettura.
--------------------------------------------------------------------------------------------------------------------
ATTENZIONE: ALLA FINE DELLA OS È PRESENTE UNA BREVISSIMA ANTEPRIMA DEL CAPITOLO 14 DI STANDBY
Genere: Comico, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Goten, Marron, Trunks | Coppie: Marron/Trunks
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Disegno a fine One Shot e note dopo disegno.

 

Carezze ad una lettera d’amore

incastrata in un distributore automatico

di sbadataggine.

 

 

 

 

 

 

Dei quattro distributori disponibili, solo due erano in funzione e, da venti minuti, un cretino ci aveva infilato dentro, al posto delle monetine, qualcosa di altrettanto sottile ma che, attualmente, aveva messo fuori uso l’ultimo dei due erogatori rimasti attivi.
Per tanto, le file distinte e parallele di persone impazienti si erano fuse in un’unica lunga, impossibile ed estenuante marcia.

Marron teneva stretti i soldi di metallo rigirandoseli tra le dita umide. Sua madre l’aveva mandata a prendere delle bottiglie di acqua fresca dopo il secondo svenimento di fila di una Chichi stravolta dalla partenza inaspettata, non discussa, e per chissà dove, del marito Goku.
L’atmosfera si era fatta pesante e la giovane adolescente aveva accettato di buongrado di farsi alcuni passi lontano dalla tragedia.
Non era stata una cattiva idea.
Non fosse stato per il caldo.

Nonostante la coppia di fiocchi che le smistava i capelli in due code laterali, l’afa di luglio era opprimente; e sotto il solleone, la catena d’oro del suo wallet on chain rosa confetto s’era surriscaldata e le stava martoriando la spalla sinistra a cui era appesa, trasformandosi da oggetto super fashion a strumento di tortura rovente.

Erano trascorsi almeno quaranta minuti da quando s’era incolonnata, davanti a lei c’erano ancora una decina di persone e nemmeno un’ombra di palma a donarle un attimo di refrigerio.
L’inevitabile sudore di quell’attesa le aveva bagnato il vestito privo di spalline, sotto lo spazio per le ascelle. E le scarpe tacco cinque, in tinta con l’abito azzurro, sfregavano ostili all’inizio del calcagno, dando origine a vesciche orribili da immaginare e dolorose da scoprire.
Lei sbuffò.

Uno scroscio di applausi, seguito da urla e fischi, arrivò dall’arena. La ventottesima edizione del torneo Tenkaichi intanto andava avanti.
Mancavano solo tre persone. E, prima di lei, un bambino grassoccio aveva appena finito di rimpinzarsi di patatine – al formaggio, per la puzza che si avvertiva – e ne aveva accartocciato l’involucro lucido fino a creare una palla informe. Ci giocò per alcuni secondi, poi, se ne liberò, gettando il sacchetto a terra. Molto maleducatamente.
Non avendo più nulla con cui occupare il tempo e le mani, il ragazzino cominciò a leccarsi le dita unte, gustando ancora il sapore sapido che donavano i granelli di patatine appiccicati alla pelle.
Era uno spettacolo di evitabile attenzione, peccato che quell’impiastro stava prima di lei e, con quelle mani pasticciate, avrebbe toccato il distributore.
L’unico attivo.
Marron ebbe un senso di nausea.

Il peggio arrivò quando finalmente fu il suo turno: la pulsantiera era sporca, come c’era da aspettarsi dopo che l’avevano utilizzata già un centinaio di persone; ma le impronte fresche di saliva del ragazzino poco pulito brillavano alla luce del sole cocente.
Marron sperò di aver infilato da qualche parte un pacchetto di fazzoletti. Il suo wallet on chain era bello tanto quanto inutile. Ci entrava a malapena il cellulare. Niente fazzoletti.
Ecco perché, pure quella cosa, dopo averla piegata e ripiegata, era stata comunque costretta a infilarsela nel reggiseno.

Marron spinse le monete, queste caddero nella macchina automatica provocando un ticchettio assurdo. 
Poi, spostò l’attenzione al distributore. A ciò che era rimasto: l’acqua liscia, o gassata che fosse, era terminata, pure i succhi di frutta. C’erano disponibili da bere solo birre e analcolici... No, invece! Tra gli snack presenti, Marron intravide un lattina colorata. L’ultima rimasta, l’ultima speranza che rendeva il dolore patito un sacrificio utile.
Si trattava di una bevanda gassata alla ciliegia. Avrebbe messo più sete quella che del wasabi spalmato su una porzione di tofu. In mancanza d’altro, Marron dovette accontentarsi.

Prima di digitare la sequenza di cifre necessaria per avere la lattina, la ragazza ne approfittò per osservare la sua figura riflessa sul vetro impolverato del distributore: qualche ciuffo dei suoi capelli fini e biondi era scappato dalle ordinate code alte, i suoi occhi, del colore delle nocciole a settembre, creavano un forte contrasto con la pelle chiarissima. Il viso era un ovale tondo, la fronte alta, la bocca piccola. Marron non era bellissima, non si riteneva tale ma, nel complesso, gli occhi grandi e le lebbra pronunciate la rendevano carina.
E poi il vestito le si accostava in vita e le scendeva morbido lungo i fianchi, lasciando intravedere, sotto la gonna svolazzante, le cosce carnose e le ginocchia bianche che cominciavano ad arrossarsi scottate dal sole.

Una lamentela a voce alta la ridestò distraendola dall’incanto effimero della sua se stessa parzialmente bella.
Marron cercò di premere i tasti piegando il dito, usando la nocca. A contatto, la pulsantiera era calda di sole e molto scivolosa. Incassati i soldi, la macchina si attivò. Gli ingranaggi a spirale si mossero e la lattina precipitò in fondo al cassetto di ritiro.
Lei si piegò per raccogliere il suo acquisto, la lattina fra le dita le regalò ondate di freschezza.
Se la sarebbe sfregata volentieri su tutto il corpo.

Completata la missione, Marron s’incammino prendendo la direzione che l’avrebbe riportata alla sala privata che Mr. Satan aveva ordinato di riservare al loro gruppo. La sala. Non il bordo del ring come all’inizio, era stato troppo imbarazzante.

Giunta, il primo sguardo andò in basso, verso l’arena; desiderava comprendere, da come aveva udito, quale fosse l’incontro che si stava ora disputando. Ma non trovò nessuno. Forse il combattimento si era da poco concluso e forse lei aveva perduto un’occasione.

«Marron! Quanto ci hai messo!»
La voce di Diciotto richiamò la sua attenzione.
«Scusami, mamma, c’era una fila pazzesca. E purtroppo l’acqua non l’ho trovata, ho preso questa», disse, porgendo la lattina a sua madre.
«Bevila tu, non ce n’è più bisogno, Satan ha fatto portare su un banchetto, se vuoi serviti pure.»
Marron guardò avanti a sé, il gruppo di amici stava assalendo il buffet. Le tornò in mente il bambino che si leccava le dita. A saperlo, non avrebbe fatto quella fatica inutile arrostendo la pelle delicata sotto i raggi del sole.

«Adesso mi sente! Era necessario? Eh? Ditemi voi, era necessario?»
Non era Chichi ad urlare stavolta. Ma la signora Bulma.
«Suvvia, Vegeta è fatto così», stava tentando di rabbonirla suo padre Crilin.
«Ha ragione. Trunks è molto forte, non si sarà fatto niente», aggiunse il signor Gohan.
E sentendo quel nome, la giovane Marron iniziò pure lei ad agitarsi. Voleva assolutamente capire cosa fosse accaduto. Sua madre captò immediatamente l’espressione curiosa e le spiegò senza che la giovane ragazza chiedesse.

«Vegeta ha combattuto contro Trunks. Lo ha messo al tappeto prima di ritirarsi dall’incontro. Suo figlio si è comunque aggiudicato la vittoria.»

Non c’era dubbio, si era persa davvero qualcosa. La possibilità di vederlo... combattere.

«Capito! Che bisogno c’era! Ah, devono essersi entrambi ammattiti. Prima Goku, ora mio marito. Vado a vedere come sta mio figlio!»

«No, Bulma, dai, sta’ buona. Avrebbero comunque dovuto combattere, è il torneo, non devi arrabbiarti!», continuava Crilin.

«Mamma, dai, restiamo a vedere Pan!», si lagnava la piccola Bra, mentre tirava la gonna lunga di sua madre.

Poi, alla ragazza venne un’idea: «Posso andare io.»

Tutti si girarono, non per l’iniziativa, che poteva anche apparir sospetta, ma perché forse mai nessuno l’aveva sentita alzare la voce. Infatti, cosa pensasse Marron non se lo era mai chiesto nessuno. Era sempre stata una bambina silenziosa e tranquilla. Che adesso tutto sembrava meno che una bambina. Era cresciuta. E ora parlava anche!

«Sì, signora Bulma, vado io. Così potrà continuare a vedere insieme a sua figlia il prossimo incontro. Sono sicura che Trunks non ha nulla di grave», chiuse gli occhi e accompagnò la sua ingenua ed onesta volontà con un sorriso educato.
Il silenzio diventò un altro invitato a quel banchetto di amici.
Marron deglutì imbarazzata. Nessuno proferiva parola, lei le aveva rubate a tutti. Non si era mai sentita così esposta.
«Evviva mamma! Restiamo a vedere l’incontro!», e buon per lei che l’intervento spontaneo di Bra stemperò la situazione rendendola conveniente.
Bulma, però, tentennò per pochi secondi ancora, dopo si sciolse anche lei: «Grazie Marron, ma non chiamarmi Signora che mi fai sentire troppo vecchia, ti prego.»
Tra i presenti si diffuse una risata leggera e il cronista si aggiunse a richiamare nuovamente l’attenzione del suo pubblico annunciando una breve pausa di dieci minuti prima del prossimo match.

Nessuno ora la guardava, nessuno aveva capito o interpretato, perché lei era stata brava a mostrarsi naturale. Era una cortesia, in fondo.
Solo Diciotto, che conosceva bene sua figlia e la timidezza che dal padre aveva ereditato, la squadrò qualche attimo in più.
Marron era una ragazza timida, eppure sembravano essere entrati in gioco i geni forti della sua mamma e, quella determinazione che il cyborg le vedeva fioccare nello sguardo, era il sintomo chiaro di un innamoramento, di ormoni dispettosi e problematici.
Diciotto allungò un’occhiata complice in direzione di sua figlia.

«Sta’ attenta.»

Ovviamente Marron non rispose.

 

 

 

~ ~ ~

 

 

 

Scese le scale e raggiunse il corridoio che portava alla hall dei concorrenti che attendevano il loro turno di gara.
Un uomo, vestito nel caratteristico saio blu e arancione, le bloccò il cammino: «Mi spiace, Signorina. Ma non può accedere a quest’area. Essa è riservata ai soli partecipanti al torneo.»
La risposta era semplice: «La ringrazio per l’informazione, ma io sono un’invitata speciale di Mr. Satan, controlli sull’elenco, se ce l’ha.»
A udir nominare l’eroe della Terra, nonché campione indiscusso di quel torneo, l’uomo si sentì colto impreparato. Tirò fuori una lista, ce l’aveva.
«Gentilmente, può dirmi il suo nome, Signorina?»
«Certo, mi chiamo Marron.»
Lui controllò in fretta fra i quindici ospiti vip che aveva scritti.
«Sì, è presente. Mi scusi tanto signorina Marron, la faccio subito passare.»
L’uomo le si inchinò davanti, sommesso; e lei proseguì seguendo la segnaletica.
Fin lì fu semplice. Ma adesso, cominciava a farsi più concreto il pensiero che lo avrebbe incontrato, che ci avrebbe certamente parlato e molto da vicino. E forse sarebbero stati soli, lei e Trunks.
Aveva agito senza pensare, s’accusò. Cosa gli avrebbe raccontato?
Si scoprì vergine di argomenti. Con Trunks, Marron non aveva mai parlato tanto. Avevano giocato qualche volta da bambini, e sempre durante le feste organizzate dalla mamma del ragazzo. Erano un paio d’anni che non si vedevano. Tuttavia, dall’ultima volta, lei aveva iniziato a stravedere per lui: appena Trunks aveva messo su i muscoli e lei si era trovata costretta ad indossare un reggiseno e a voler in ogni occasione sembrare carina.
Trunks rappresentava anche l’unico ragazzo che Marron conosceva, a parte Goten – ma quest’ultimo l’aveva sempre presa in giro, da bambina, chiamandola testa di luna, per via della sua faccetta paffuta e della fronte alta che insieme la facevano somigliare ad una luna piena e pallida. Solo Trunks  si era mostrato gentile nei suoi confronti. E tre anni e mezzo di differenza tra loro rendevano il ragazzo ancora più irresistibile.
Tuttavia, non si erano mai parlati o frequentati dopo essere cresciuti.

Per questo, Marron aveva pensato ad una lettera. Questa avrebbe risolto la sua timidezza, evitandole di conversare faccia a faccia con lui, perché sapeva che, se lo avesse fatto personalmente, avrebbe cominciato a mangiarsi le parole.
Ora, quella lettera con gli angoli duri e appuntiti – che Marron aveva piegato almeno quattro volte prima di renderla di dimensioni adeguate a poterla nascondere lì – la pungeva alla base del seno sinistro appiccicato alla coppa bianca.
Era il momento di tirarla fuori, non avrebbe potuto farlo davanti a lui.
Allargò la scollatura dell’abito. L’aria che vi entrò fu un sano tocco di fresco. Con l’indice e il medio della stessa mano che teneva ancora la lattina, Marron si fece spazio sotto la stoffa lavorata di pizzi sensuali.
Il seno era umido, la lettera ci si era incollata contro fastidiosa.
Lei la tirò fuori sentendo per un momento la pelle venir tirata via incollata alla carta, e poi, finalmente, quella si staccò.
Era completamente bagnata e sgualcita.
Rovinata!
Come avrebbe potuto consegnarla in tali condizioni?
Marron la aprì: vide che le parole scritte si erano sciolte e mescolate tra loro. Non c’era molto da fare.

Amareggiata, proseguì comunque a camminare, pochi minuti ancora e sarebbe ricominciato il torneo.
Passò gli spogliatoi maschili e arrivò nello spazio per gli atleti.
A parte un concorrente vestito di assurdo, con un cappello da poliziotto sulla testa, un paio di baffi larghi e il petto nudo e villoso, oltre Trunks non c’era nessun altro.

Era seduto sul pavimento, si teneva la testa tra le mani e aveva la schiena appoggiata contro il muro. Lo sguardo era dolorante.
Marron, felice di averlo tutto per sé, gli si avvicinò cauta.
Trunks non si accorse subito del suo arrivo.

«Ciao Trunks!»

Il ragazzo aprì gli occhi, sorpreso dall’udire una voce femminile pronunciare il suo nome senza che questa fosse riconducibile a sua madre o a quella di bimba che apparteneva a sua sorella.

«Marron?! – non se l’aspettava – Come mai qui?»

«S-sono venuta a vedere come stai.»

«Sì, hai visto che figura...»

La ragazza lo vide rattristarsi e cercò di rimediare a suo modo, un modo strano:

«In realtà ero andata a prendere una bibita fresca per Chichi avrebbe dovuto essere acqua ma la fila si è allungata quando qualcuno ha rotto il secondo distributore così io sono rimasta lì per molto tempo e quando è venuto il mio turno da scegliere c’era solo una lattina di Ciliegia Sprite quindi l’ho presa però una volta tornata il tuo incontro era già finito e io non ho visto nulla mi hanno detto cosa era successo e sono venuta da te al posto di tua madre per vedere come stessi!»

Non aveva sputato un attimo, aveva vuotato il sacco, era a corto di ossigeno ed era praticamente accaduto quello che aveva dapprima temuto.
La conferma le arrivava dallo sguardo stordito di Trunks, definitivamente ubriaco di parole.
«Stai bene?», poteva chiederlo pure a se stessa e lei no, non stava bene, si sentiva ridicola: i tacchi erano ridicoli, il vestito, i capelli legati in due code uguali a come sempre li aveva portati da piccola. Ed era sudata. Non avrebbe mai potuto interessarlo in quelle condizioni.
«... Tolto il dolore alla testa, credo di stare bene, grazie.»
E quella risposta le smorzava ogni iniziativa. Trunks si stava sforzando di essere cortese con lei. Lo sapeva.
Che altro posso...
«Dirò a tua madre di non preoccuparsi!»
Quanto entusiasmo per aver fatto una figura di cacca! Bene, se ne poteva andare. E la lettera, la richiesta di un appuntamento, nascosta nel suo pugno sinistro, era diventata come la palla informe del ragazzino delle patatine al formaggio. Annegata nel sudore e nel suo stupido imbarazzo.

Trunks la stava fissando.
Marron avvampò, lui la guardava all’altezza del ventre, che c’era da guardare laggiù?
Almeno, sapeva che non potevano essere le gambe il punto di attenzione, le aveva saggiamente depilate il giorno prima.
«Te la bevi quella?», le domandò lui.
«Cosa? Io che dovrei bere?»
«La lattina di Ciliegia Sprite, se non te la bevi puoi darla a me?»
«Ah... ah, scusami, avrei dovuto dartela. Io, senza che me la chiedessi. Che maleducata che sono.»
Trunks le sorrise mostrando denti bianchi e occhi profondi. Lei si era sforzata di mettere le pause tra una parola e l’altra.
«Non devi scusarti, non l’avevi presa per me, per questo ti ho chiesto se potevo averla.»
Marron gli passò la bevanda, per un secondo le punte delle loro dita si sfiorarono. L’urto leggero non diede fastidio a nessuno dei due.
Trunks aprì la lattina, lo zucchero liquido gli inondò la bocca. La bibita non era fresca; Marron l’aveva tenuta in mano per troppo tempo. Ma lui la mandò giù ugualmente. Per educazione e perché sì, era molto assetato.
Durante, lei non aveva mai distolto lo sguardo da lui. Lo ammirava immobile, e Trunks si rese presto conto di come quella ragazza sbattesse poco le palpebre. Alla lunga, era inquietante.

Il ragazzo riprese fiato e s’asciugò il contorno delle labbra col dorso della mano, il che risultò essere un film irresistibile per la giovane Marron innamorata. Il suo corpo stava tornando ad essere di fresco sgradevolmente umido causa emozione incontrollabile.

«Ah, che sete! Grazie, Marron.»
Lei gli sorrise appena.
Trunks pensò di vederla andarsene, invece, Marron rimase lì. Inanimata come un manichino, in questo somigliava molto alla madre cyborg.
E continuava a fissarlo.

Ti prego, Piccola, sbatti gli occhi e fammi capire che sei viva.

Si ritrovò a pensare il saiyan.

«Devi dirmi qualcosa?»

Non ci credo! Mi legge nel pensiero! Oppure ha capito? Sa cosa sto tenendo tra le mani, sicuramente deve essersene accorto! Aiuto, come faccio ora a nascondere la lettera, come?!

Trunks si alzò in piedi, stiracchiò le braccia e fece mostra dei suoi muscoli.
Lei poteva anche morire, adesso.

Oppure, gliela do?


«Ehi, Trunks, tra poco tocca a me, vieni a vedermi?»
Arrivò Goten e a lei sembrò più giusto nascondere per sempre l’epistole segreta.
«Ah, ciao... Marron.»
Disse il giovane Son stupito di vedere lì quella ragazza. Il che destò in lui parecchio interesse.
«Come mai sei venuta?», le domandò.
Trunks la vide cementificarsi, la pelle trasparente accendersi. Se già di suo Marron si muoveva poco, ora sembrava addirittura non respirare.
«È venuta a portarmi da bere», rispose al suo posto e la vide calmarsi. Da cemento a legno.
Goten restò basito di fronte a quell’intervento. Cosa stava succedendo tra quei due?
Che poi, li aveva visti da soli... a parlare.
Trunks lo conosceva bene, talmente da rendersi conto quando l’amico provava a ragionare. Quindi, lo interruppe: «Goten, come hai fatto a vincere contro Bu? Guarda che me ne sono accorto, lui si è fatto colpire apposta da te.»
L’amico gli sorrise malizioso, era la sola espressione che lo differenziava dal padre di cui era copia identica.
«Te ne sei accorto, bravo! Be’, gli ho promesso una cassa di caramelle gommose alla cola. Dice di non averle mai mangiate.»
«Ah, ma sei un baro!»
«No, sono stato sfortunato e dovevo rimediare...»
Nel frattempo, in quella conversazione, Marron era praticamente sparita. Non sapeva come potervi partecipare ed era rimasta fortemente colpita dall’intervento di Trunks. Che, dal canto suo, stava inconsciamente chiacchierando con l’amico per evitare che questo si rivolgesse ancora a lei. Ma Goten tornò a guardarla. Insistente, puntandole le gambe lisce.
Fu seguendo lo sguardo impenitente dell’amico, che anche Trunks scoprì una femminilità sbocciata di cui neppure lui s’era mai accorto.
Gli diede fastidio l’atteggiamento sfacciato del rivale. E gli diede fastidio che questo modo di fare stesse facendo sprofondare Marron dall’imbarazzo che nemmeno osava più guardarli.
«Goten, mi sa che tocca a te, ti stanno chiamando! Va’ a vedere.», non era vero.
«Sei sicuro? Io non ho sentito nulla...»
«Sì, sì, te lo dico io. Corri!»
Goten era pur sempre un “sallucchione”. Se ne andò credendoci.
Marron colse l’occasione per tagliare la corda, incapace di dare un freno all’agitazione che la stava facendo sudare freddo.
Ma non era finita.
«Marron», la chiamò Trunks.
Lei si girò e incontrò quegli occhi che facevano paura. Poi, non credette al resto che vide: i pensieri raccolti, disciolti su carta, dalle sue dita erano finiti in quelle di Trunks.
«Ti è caduta questa», disse lui, gentile.
La lettera doveva essersi animata contro la sua volontà. Era evidente: finita nelle mani di Trunks come riflesso alle sue voglie di sedicenne che per diverse notti aveva sognato di baciare e farsi stingere da quel ragazzo.
E adesso, quella lettera, che per tante ore era stata attaccata al suo cuore e schiacciata contro il suo seno, era stretta tra le dita di lui, ignaro delle parole e... del sudore.
«Non me ne sono accorta grazie!»
Si affrettò a riprenderla, pure se vederla in mano a Trunks era soave.
«E di che... Comunque hai un buon odore»
«Come?», chiese lei, poco perspicace.
«Quella che sembra essere una lettera, la tua lettera ha un buon odore.», confermò il ragazzo e continuò:«Senti, Marron... – stavolta sembrò meno deciso – Ti va se dopo il torneo, andiamo a prenderci insieme qualcosa da bere, io e te? Vorrei ricambiare il favore.»
E pur sentendosi impacciata, non esitò a rispondere: «Sì!»
Trunks le sorrise, era arrossito.
«Bene, ci vediamo dopo. Ok?»
«Va bene, sì, ok, a dopo.»

 

Ora, Marron sbatteva le palpebre e il viso tondo era più radioso, una “testa di luna allegra”, sorrideva insieme agli occhi.
Camminò senza voltarsi, evitando il rischio di incespicare sui suoi stessi passi. E raggiunto il primo cestino dei rifiuti, Marron buttò la lettera.

Non ne aveva più bisogno.

 

 

Fine, fin qui.

 

--------------------------------------------------------------------------------------------------------------

ATTENZIONE: a seguire una breve anteprima del capitolo XIV di STANDBY in prossima pubblicazione. È una long dedicata a Bulma e Vegeta, all’inizio della loro relazione. Secondo il MIO punto di vista.

Se non vi interessa saltate e andate a vedere il disegno e le note a fine pagina.
Se vi interessa, dopo aver dato un assaggino, vi linko nelle note il primo capitolo. ^^
Vi consiglio di provarci, anche cominciando da qui.

 

Standby

Capitolo XIV: (titolo omesso)

 

Con perizia, Bulma aprì il rubinetto di regolazione. L’acetilene uscì soffiando dall’ugello. 
La scienziata avviò quindi la combustione e una lingua calda, luminosa, di fuoco giallo, si allungò per circa venti centimetri sputata fuori dal cannello che lei teneva in mano. Come la bocca di un drago fra le sue dita.
Mancava l’ossigeno.
Aprì la valvola e vide mutare la fiamma pian piano che le particelle di O2 venivano liberate in giusta dose, fino a raggiungere un bagno di purezza che cangiò il colore del fuoco: di toni freddi, di azzurro artico e trasparente che, in realtà, raggiungeva una temperatura di oltre tremila gradi. 
La fiamma, il dardo, si presentava adesso di corta gittata, ma era più pericolosa. Da sciogliere il metallo. Ed era quello che la scienziata stava per fare: saldare, una saldatura ossidoacetilenica. Tra le sue preferite. Perché le piaceva padroneggiare il fuoco e piegare la materia al suo volere.
Era chirurgica con quel sistema.
Lo era stata anche con Vegeta: era stata una piccola fiammella celeste, apparentemente innocua e bella, a cui lui si era avvicinato e con la quale aveva fuso il suo duro metallo.
Le piaceva pensare e riassumere l’esperienza in tal modo.

Avvicinata la fiamma, la fusione del materiale di apporto avvenne istantaneamente.
Come, immediatamente, loro s’erano trasformati da improbabili coinquilini in altrettanto più improbabili amanti.
Amanti. Riduttivo.
Era stato di più. 
Lei lo aveva sciolto, era entrata in profondità. Dove portasse quell’apertura, però, non lo sapeva. Quando si trattava di Vegeta, l’orgoglio era la variabile impura onnipresente con cui fare i conti e fallire il processo di ossidazione. 
E tante erano state le ipotesi che la scienziata aveva immaginato; ciononostante, non comprendeva ancora il motivo a causa del quale era rimasta sola sul pavimento del laboratorio… A guardare i minuti andarsene e le azioni da poco tempo compiute trasformarsi in ricordi. 

Vegeta se ne era andato e non aveva voluto più toccarla. Rapido.
Amante non era un termine da accostarglisi: un amante sarebbe rimasto un attimo ancora per godere del calore sprigionato dopo l’amplesso. Lui era scappato simile ad un pentito.
Tra loro era stato feroce.
Vegeta era sensibile in modo negativo al calore: lo fondeva, gli apriva dentro voragini, certo. Il risultato però era un ossitaglio. Niente veniva o restava saldato. 
Da quel giorno, Bulma aveva provato ogni sera, sfacciata, ad aprire la porta della camera accanto alla sua. Trovandola sempre chiusa a chiave. 
Vegeta era anche un guastafeste, oltre ad essere l’esperto della latitanza.
Per questo, per evitare di pensarci, che non le riusciva, e per mantenere la promessa fatta, la scienziata si era buttata indefessa nei lavori necessari alla realizzazione della nuova gravity room. Ed erano trascorse già settantadue ore dal calcolo del suo compimento. Era a metà strada perché era brava come nessun altro al mondo.

Pensi veramente di poter tenere un drago in una gabbia per uccelli?
Non è una gabbia per uccelli. È dove potrà sprigionare le sue fiamme.
E tu la sai lunga sulle fiamme, non è vero?

Un altro pannello, che funzionava da esoscheletro per una seconda struttura interna, era stato saldato. Bulma aveva progettato l’impianto della nuova gravity room come una sorta di doppia calotta, un doppio guscio nel quale avrebbe attivato una barriera magnetica di protezione. A prova di esplosioni.

Dentro i guanti di cuoio le dita erano fradice e sotto la protezione della tuta ignifuga il suo corpo non era da meno. 
Una goccia di sudore nacque dalla cute, si fece spazio fra l’attaccatura dei capelli, all’inizio del collo fino, e scese gelida a bagnarle la schiena. 
Se c’era una cosa che la scienziata non sopportava del proprio lavoro era ridursi così, come cellulosa al macero.
Spense la fiamma gradualmente, diminuendo l’acetilene. Quando non ne uscì più, passò all’ossigeno e chiuse il rubinetto anche di quest’ultimo. Il dardo si estinse silenzioso senza scoppiettare e senza ritorni di fiamma. 
Erano altre le fiamme che lei anelava veder comparire. Ma non c’era da sperarci.

Dal trabattello su cui stava, a circa otto metri da terra, Bulma guardò giù: gli operai erano diligenti, lavoravano alacri.
Nessun incidente. 
Poi, là sotto, la scienziata vide anche suo padre, stava discutendo. Fumava una sigaretta.
Non riuscì però a scorgere con chi ce l’avesse il suo vecchio. Una scala copriva l’identità di quella persona. Finché qualcuno, con ottima coincidenza, passò e la rimosse. E lei poté scoprire. Meravigliarsi.
Era lì, era venuto. 
Vegeta era tornato.
Parlava col dott. Brief, guardava l'opera in divenire e sembrava esserne ammirato.
Bulma s’aspettò di essere vista, ne pregava l’attenzione. Desiderava che Vegeta tornasse a cercarla.

Riaccese il cannello.

È la tua gabbia, non la mia.
Lo vedi? Sei in malafede.

Fine brevissimissima anteprima.
 

disegno e poi note

 




Note:

1- allora, dopo una breve assenza dovuta a condizioni di salute non ottime, volevo tornare con una OS, la prima dedicata a questa coppia, Trunks/Marron, e volevo che fosse semplice. È ambientata alla fine di Dragon Ball, un attimo dopo che Goku se ne è andato via volando con Ub. Insomma, se volevo farli innamorare, interagire, incontrare, ho pensato di trovare possibili inizi nel manga originale. La “mia” Marron ha gli occhi scuri, come si può  evincere dalle palline nere che disegna Toriyama, e i capelli biondi della madre. Non è molto bella, da come la disegna il maestro non sembra, assomiglia parecchio a Crilin e non ha la finezza del cyborg Diciotto. Però è graziosa, e scusatemi se la prendo in giro con “testa di luna”. È una Marron che non somiglia a quella di GT.
Il suo carattere? Un mistero, a me piace vederla un po’ strana, che parla veloce (per questo a volte la punteggiatura è assente) ti fissa, non sbatte le palpebre, però è buona. ^_^

2- Per la Ciliegia Sprite, mi sono ispirata alla dott. Pepper, immaginatevi quel sapore, se l’avete mai bevuta, e la dott. Pepper se ricordo bene è pure la bibita presente in Spiderman.
E poi ciliegia è un rimando alla mia Nero Ciliegia, Os dedicata alla coppia Pan/Trunks che ha un seguito intitolato Rosso Allagato. ^^ E dal rating rosso. Per questa Trunks/Marron non sono riuscita ad immaginarmi qualcosa di diverso dal verde. La volevo tenera ( quante di voi hanno provato il primo approccio con una lettera o un bigliettino? Ma è una cosa che si fa ancora? Boh io so’ vecchia. XD)

3- Comunque, ho barato sull’età effettiva dei personaggi, Marron dovrebbe avere 13/14 anni, qui è sedicenne, e Trunks 18, qui 19.

4- Per quanto riguarda il torneo, me lo sono inventato: Goten batte Bu, corrompendolo, dice di essere stato sfortunato perché lo fa anche nel manga, a considerarsi sfortunato di beccare Bu al primo round. Vegeta per me ha prima steso il figlio e poi si è ritirato. Tanto per dargli una lezione, visto che il ragazzo batte la fiacca a causa della pace. Ci può stare, e mi fa piacere far arrabbiare Bulma. (il tizio presente nella hall con Trunks è il tipo che gli batte i pezzi nel manga ^^)

4.1- Adesso, se qualche curioso ha letto questa mini anteprima del capitolo 14 di Standby che uscirà prossimamente, volesse iniziare a leggere la long, o solo curiosare, o sfogliarsi comunque i disegni che ce ne sono abbastanza, (fatti dalla sottoscritta, ovvio :P), tra l’altro ne ho aggiunti di nuovi, bene qui c’è la storia.
 

STANDBY
NUOVE ILLUSTRAZIONI! (a partire dal capitolo n.11)
Dal capitolo 9 "Organizzare un omicidio in una camera iperbarica. Amore a parte, senso civico ovunque", estratto: «Siamo riusciti a bloccare una emorragia esterna. Nonostante, egli ha perduto molto sangue. Per questo stiamo eseguendo una trasfusione (...)  Suo marito possiede un gruppo sanguigno sconosciuto. E non sappiamo come sia possibile. Stiamo provando lo zero rh negativo, di maggiore compatibilità e con poche possibilità di rigetto... – altra pausa, il medico primario osservò attentamente Bulma, dopo, riprese – sfortunatamente, a gravare sulle condizioni del suo coniuge c’è anche una severa intossicazione da monossido di carbonio che gli sta provocando una grave insufficienza respiratoria. Stiamo procedendo con l’ossigeno terapia, tuttavia, non le nego che potrebbe essere previsto un trattamento nella camera iperbarica.»
--------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------
Vegeta? Un folle omicida. Ma Bulma lo sa bene: mai fermarsi a giudicare unicamente la coda del mostro. 
La belva deve essere sempre osservata nella sua interezza. 
Periodo trattato: triennio antecedente ai cyborg. 
--------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------
NUOVO CAPITOLO CON "SORPRESA ANIMATA" - Sub-limen: la passione si vestì di solo tormento. - INIZIATE PURE LA LETTURA DALL'ULTIMO PUBBLICATO.
 

5- No, il disegno che ho pubblicato qui prendetelo per quello che è, non ho avuto molto tempo per dedicarmici. Non potevo. Le luci, la prospettiva... è andato tutto un po’ in vacca. ... Mamma mia, ma quanto è alto Trunks? Se si alza in piedi me la mangia la mia Marron piccina piccina.

6- Se qualcuno avesse perso una mia ultima pubblicazione: 


GLI ALIENI NON ESISTONO CLICCA PER LEGGERE

 

6.1- Ora, questa storia va in dedica speciale a Sweetlove, che di questa coppia porta alta la bandiera con le sue storie. Lei, a Marron, ha dato un profilo vero, appassionante. È un personaggio che a me ha conquistato, tanto che diverse sono state le illustrazioni che mi hanno ispirato e che ho realizzato per le sue di storie.

Vi metto la sua pagina autore qui se volete andare a leggere i suoi racconti e vedere alcune mie illustrazioni ( in particolare le trovate in Afasia, Perché anche la neve può essere calda e in Punto a capo).
E poi, be’ , me l’aveva chiesto implicitamente di scriverne qualcuna. Ragazza, ci ho provato.^^

   
 
Leggi le 5 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Dragon Ball / Vai alla pagina dell'autore: Evil Daughter