Ombre nel riflesso
Sono statə servile appiglio, spalla su
cui piangere, eppure mi hai lasciato tra le mani un mucchio di
niente. Sono statə abbraccio silenzioso e carezze gentili, sono
statə il tramonto all’orizzonte dei tuoi pianti, sono statə
passo
sicuro e braccia tese verso ponti crollati. Eppure mi hai lasciato
tra le mani un mucchio di niente.
Ora non sono altro che schegge dello
specchio di me che hai distrutto con il tuo rancore e la tua
ossessione, frammenti scomposti che ancora ti ricordano lei. Guardami
negli occhi e dimmi cosa vedi; sono io, o è solo il suo
riflesso?
Lungi da te pensare che potessi
scheggiarmi sotto la forza dei tuoi pugni, tra quei baci pieni di
lacrime, lungi da te pensare che avrei capito. Forse non lo sapevi
nemmeno tu, anzi sì, lo sapevi, altrimenti perché
sorridere a un
riverbero così lontano? Sorridere a qualcuno che non ero io,
scartatə per l’ennesima volta per l’unica colpa di
portare nel
cuore un barlume di lei?
Grida, piangi, spacca lo specchio che ha
intrappolato il tuo sogno sfumato; mi ritiro anch’io
nell’ombra.
Dall’altra parte del tuo mondo, dove tu non puoi vedermi,
dove non
hai mai voluto arrischiarti, l’acqua mi sale alla gola. La
marea
incombe, ma non urli il mio nome.
Hai ragione. Non sono perdutə se non
sono mai statə veramente tuə. Non sono perdutə se sono sempre statə
lei.
Le onde si alzano; anche se mi chiamassi
non potrei più risponderti.
Mi hai lasciato tra le mani un mucchio di
niente
e con quel vuoto imparerò a nuotare.
— angolo
degli sproloqui.
È
buffo. Sette mesi fa scrivevo di un’esperienza simile con
rabbia,
malinconia; oggi compongo questo brano con una calma e una
rassegnazione che mi sorprendono. Come se, dopo l’angoscia,
arrivasse la conferma che non c’è nulla di
più tragico di capire
quanto una persona a te cara possa farti del male. Pur senza volerlo,
perché sta anche lei guarendo da altre ferite. Ma nonostante
l’amore
altrui, per il proprio non si può accettare di essere una
seconda
scelta; nemmeno un lontano riflesso.
aki