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Autore: JasonTheHuman    04/05/2021    0 recensioni
Umani.
Verità o finzione? Antica civiltà perduta o solo una vecchia favola dei pony?
Nessun pony ne ha mai visto uno, e molti non ne hanno neanche sentito parlare. Ma Lyra sa che queste creature meravigliose sono più di una vecchia leggenda, ed è determinata a scoprirne di più… e possibilmente far impazzire la sua coinquilina nel processo.
Genere: Avventura, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 13

POSSIBILITÀ DI PIOGGIA

 

Lyra si svegliò all’odore di qualcosa di buono in forno… Era cannella? Bon-Bon doveva stare preparando la colazione. 

Si tirò su strofinandosi gli occhi. Quindi si fissò le mani. Giusto… Era umana ora. Il sole inondava di luce la stanza, e dalla finestra vide una carrozza passare solitaria per le strade della Francia.

Dopo essersi concessa un attimo per sistemarsi, Lyra portò le gambe di lato e si alzò, tenendosi con un braccio al letto per mantenere l’equilibrio. Si stiracchiò la schiena, cercando di cacciare via il torpore. 

Sentiva voci provenire da sotto, di cui non ne conosceva nessuna. Era difficile cogliere le parole, ma non sembravano dette da uno degli umani con cui abitava. Si grattò la testa, e scese giù, diretta in cucina. 

Audrey era seduta al tavolo, fissando una scatola argentata situata sul ripiano della cucina. I suoi capelli non erano legati dietro come il giorno prima, ma le cadevano giù sulle spalle. Aveva pure degli occhiali, nonostante apparentemente non ne avesse avuto bisogno in precedenza. Si voltò quando sentì Lyra entrare. “Buongiorno.”

“Buongiorno…” disse Lyra, sbadigliando. Osservò la cosa che Audrey stava guardando. Sembrava essere la fonte delle altre voci.

“Ed eccoci tornati alla nostra copertura continua dell’attuale campagna presidenziale…” Era come se non stesse parlando a nessuno in particolare. Audrey le prestava scarsamente attenzione ora. Prese un lungo oggetto nero e la scatola si mutò di colpo. 

“Mamma e papà sono già usciti per andare a lavoro,” disse Audrey, reclamando l’attenzione di Lyra. “Hai dormito a lungo, stavo per venire a svegliarti.”

“Già, tendo a svegliarmi tardi,” disse Lyra.

“Tra parentesi, bei capelli. Anche più matti del solito,” disse Audrey. “Ti posso prestare una spazzola se ne hai bisogno. Dopo mangiato, se vuoi.”

Gli odori erano irresistibilmente forti ora, ed erano pure familiari. “Hai preparato tu la colazione?” chiese Lyra. Passò le dita fra i capelli, tentando di farli stare giù, ma senza molto successo.

“Girelle alla cannella. Ti vanno bene, no?” chiese Audrey. “Mi sento ancora in colpa per ieri.”

“No, vanno bene,” rispose Lyra. “Anzi, benissimo. La mia coinquilina le preparava sempre. È una fornaia professionale.”

“Io di sicuro non lo sono,” disse Audrey con un sorriso. “Sono solo dei Pillsbury.” Notò che Lyra era di nuovo confusa. “Pre-confezionate. Tutto quello che ho dovuto fare è stato accendere il forno e metterli dentro.” 

Lyra era grata di vedere qualche cibo che conosceva. Si avvicinò ai fornelli, su cui era poggiata una padella, e un piatto con delle posate a lato.

“Ho fatto pure del caffè, se ne vuoi un po’.”

“No grazie,” disse Lyra. “Non mi piace. Troppo amaro.”

Anche se tutto il resto le era nuovo, c’era comunque qualcosa di familiare nel mondo umano. A molti pony piaceva il caffè – a Canterlot, era la principale fonte di guadagno di Pony Joe. Lyra l’aveva provato qualche anno prima. Per quanto zucchero avesse provato a versarci, non si era mai abituata a quel sapore.

Si sedette al tavolo davanti alla sua amica umana. Le sembrava ancora troppo bello. Fino a poco tempo prima, Lyra non si sarebbe mai immaginata che si sarebbe seduta a fare colazione con un vero umano.

Lyra diede un morso alla colazione, e anche se le girelle non erano buone come quelle di Bon-Bon, le piacevano comunque.

La scatola argentata era dietro di lei. Si girò per osservarla meglio e – nonostante fosse impossibile – vi erano figure umane dentro, oltre al vetro. Attorno ad essi, c’erano anche parole che scorrevano, troppe su cui concentrarsi. Le labbra degli umani si muovevano, ma non stavano più emettendo alcun suono. 

“Sono solo reportage elettorali. Mi hanno già stufato. Immagino che dovrei prestarci più attenzione. Dopotutto, l’anno prossimo potremo votare,” disse Audrey. “O almeno immagino che lo farai anche tu. Sei democratica o repubblicana?”

Lyra la fissò. “Non… non lo so.”

“Indecisa? Non è un gran problema.” Audrey fece spallucce. “In ogni caso, la tua coinquilina?”

“Huh? Lei cosa?”

“Hai detto che è una fornaia professionale.”

“Sì. Più una pasticciera. Dolci e caramelle e roba del genere,” disse Lyra. Diede un altro morso. “Amo quel genere di cibo, quindi siamo andate d’accordo.”

Audrey annuì. “E quanti anni ha?”

“Pochi mesi più grande di me.”

“È molto giovane per essere una professionista…” disse Audrey.

“Non esattamente. Ha lavorato per anni prima di venire assunta dove sta adesso,” disse Lyra. “Ma, uh, cosa fanno i tuoi parenti?” Voleva riportare il discorso sugli umani. Ripensare a casa le risultava ancora dura. 

“Papà lavora da Principal, al 801 Grand. È l’edificio alto in mezzo alla città,” disse Audrey. “E mamma è un’insegnante di inglese per le scuole medie. Ha ancora dei corsi estivi da finire.”

Dunque una maestra e… Lyra non era sicura di cosa significasse l’altro. “Dunque, uh… Cos’è l’inglese? Intendi, come l’Inghilterra?” Era una delle nazioni umani che ricordava dai suoi libri. Era ancora in dubbio su come funzionasse la società umana, con tutte quelle nazioni diverse. Non potevano avere un insegnante per ognuna di esse.

“Sai, inglese. Letteratura, scrittura. Lingua, arti,” disse Audrey. “Lyra… ieri mi hai detto una cosa che mi preoccupa davvero. Probabilmente sei uscita dalla scuola troppo presto. Cos’è successo di preciso?”

Lei alzò le spalle. “È quando tutti si diplomano.” 

Audrey aggrottò la fronte, e alzò un sopracciglio. “Okay… E quale scuola hai frequentato?”

Lyra esitò. “È… uh… “ Cosa poteva dire? Audrey aveva riso all’idea della magia quando ne avevano parlato il giorno prima. L’Accademia di Magia di Canterlot era un’ottima scuola, ma chiaramente l’educazione umana funzionava in maniera diversa. “Oh, uh… sai. Scuola.”

Audrey si poggiò allo schienale della sedia e incrociò le braccia. “Va bene...” disse. 

“Voglio proprio esplorare di più questo posto. Ho girato un po’ ieri, ma c’è ancora molto lì fuori. Non voglio pensare a casa in questo momento.”

“Lyra…” Audrey esitò. “Quando ho parlato coi miei genitori ieri, hanno detto la stessa cosa che pensavo. Hai bisogno di aiuto da un professionista.”

“Stai già facendo abbastanza per me,” disse Lyra. “Solo l’avermi permesso di stare qua è moltissimo. Davvero, te ne sono grata.”

“Si, ma, beh… Intendevo terapia.”

Anche Bon-Bon gliel’aveva proposta qualche volta. Ma perché Audrey? Proprio la sua esistenza provava che Lyra non era pazza.

“Che intendi?” chiese Lyra.

“Di certo non puoi permettertela nelle tue attuali condizioni, e non possiamo spendere molto neanche noi… Ma almeno sarebbe utile che ci dicessi qualcosa di più sul luogo da cui vieni.”

“Ti ho detto che non – “

che importa, Lyra. Per prima cosa, perché hai dovuto lasciare casa dei tuoi così giovane? Cosa ti hanno fatto?”

“Niente… Hanno solo deciso che era il momento per me di conoscere la verità su me stessa. I miei genitori hanno sempre fatto tutto il possibile per me.”

Audrey aveva detto di essere coetanea di Lyra, eppure viveva ancora con i suoi. Loro lavoravano, ma lei aveva ancora anni di scuola davanti. Lyra non era neanche sicura se poteva più considerarsi adulta o meno… Ma comunque le sembrava ridicolo. Aveva badato a se stessa per anni.

Audrey sospirò. “So che non vuoi parlarne, ma almeno è vero? Ciò che mi dici non ha alcun senso.”

“Certo che è vero,” disse Lyra. “Capisco che il tuo mon – voglio dire, questo posto ha regole diverse da quello da cui vengo. Ma dove vivevo prima era considerato la normalità.”

“Trovo solo difficile credere che hai preso e lasciato tutto e tutti, così.”

“La vita a casa mia andava perfettamente,” disse Lyra. “Però… ho sempre sentito come se quel posto non mi appartenesse. E quando ho scoperto della mia vera famiglia, ho capito il perché. Ho solo bisogno di scoprire chi dovrei essere.” 

Audrey sollevò la tazza e finì il suo caffè ormai freddo, che aveva finito di fumare molto tempo addietro. “Vorrei aiutarti a trovare i tuoi genitori. Purtroppo non so se riusciremo ad ottenere qualcosa partendo solo da una foto, soprattutto una che è più vecchia di me,” disse lei. “Hai considerato l’opzione di tornare a casa? Dicevi di avere molti amici laggiù.”

“Quello… non è più possibile,” disse Lyra.

“Perché no?” 

“È troppo complicato da spiegare.” Lyra fissò il suo piatto vuoto. “Fidati. Non ti sto mentendo.”

“Mi dispiace se ti posso sembrare invadente. Ma finché starai con noi, vogliamo sapere un po’ di più del luogo da cui vieni,” disse Audrey. “In ogni modo… quali sono i tuoi piani per oggi? Andiamo avanti un giorno alla volta.”

“Pensavo di uscire e suonare un altro po’. Ho ancora bisogno di fare altri soldi,” disse Lyra.

“Oh, giusto. Hai ottenuto una licenza?” chiese Audrey. “Ho fatto una ricerca online prima. Il comune è abbastanza permissivo con i musicisti di strada, ma hai bisogno della licenza.”

“No, non ci ho mai pensato,” disse Lyra. Si chiese come Audrey avesse avuto il tempo di cercare quell’informazione oggi – da quanto tempo era sveglia? “Di solito suono sempre in pubblico. Non ho mai avuto problemi finora.”

“Beh, sei stata fortunata che nessuno ti abbia mai beccata. Dovresti però ottenerne una oggi, prima di tentare di nuovo la fortuna. Costa solo cinque dollari. Oh, e portati la tua C.I.”

“Huh?”

“Il che mi fa ricordare…” Audrey picchiettò il tavolo con le dita. “Non mi hai mai detto il tuo cognome. Potresti fare almeno questo, no?” Sorrise.

Lyra si immobilizzò per un istante. “Il mio… cognome?”

“Già”

Guardò di lato. “È un problema… non so quale sia,” disse lei. “Non so ancora niente dei miei genitori.” 

“Ma devi averne avuto uno a casa tua,” disse Audrey. “Quello dei tuoi genitori adottivi, magari?”

Lyra scosse la testa. “No, sono sempre stata Lyra.” Beh, in verità, Heartstrings. Ma se agli umani Twilight suonava strano come nome, cosa avrebbero pensato di quello?

“Ricapitolando… Niente cognome. E niente C.I.”

“No.”

“Prendere una multa mentre suoni sarebbe decisamente sgradevole…” Audrey si strofinò le tempie. “In cosa mi sono andata a cacciare,” mugugnò. 

“Mi dispiace,” disse Lyra. “Te l’ho detto. Le cose erano diverse dove sono cresciuta.”

“Già, quello è proprio evidente.”

Osservò nuovamente la scatola sul ripiano. Vi era una figura umana dentro. Dietro lui c’era un confuso pasticcio di colori. Sembrava gesticolare verso una certa regione. Audrey raccolse l’oggetto lungo sul tavolo. “Oh, c’è il meteo.” lo puntò alla scatola e la voce umana tornò udibile.

“Dovremo vedere nubi sparse con una possibilità di pioggia nel pomeriggio…” I colori dietro lui svanirono e vennero rimpiazzati da una serie di numeri e piccole icone di soli e nubi di pioggia.

“Hanno detto prima che potrebbe piovere tra le tre e le quattro,” disse Audrey, indicando la scatola. “Se vuoi comunque uscire, cerca di rientrare a casa prima di allora.”

La testa di Lyra era girata, con gli occhi ancora incollati sulla scatola, ma annuì. “Ok.” Quindi, dopo un attimo di riflessione, aggiunse, “Mia madre lavorava al meteo.”

“Oh, davvero? Come conduttrice, o…?”

“Produzione,” disse Lyra, accigliandosi. Non aveva mai parlato di calessi.

Audrey annuì. “Ma immagino non mi dirai il nome del canale.”

“Non importa davvero.”

“Almeno è un inizio… Se ti senti di dirmi qualsiasi altra cosa, ti puoi fidare di me. Lo sai questo, vero?”

“Sì, certo…” disse Lyra. Prese pigramente la forchetta, anche se aveva finito di mangiare. La tenne tra le dita e la esaminò con curiosità. Dopo un momento, guardò di nuovo su. “In realtà ho una domanda.”

“Spara.” 

“C’è un posto dove posso comprare altri vestiti? Non ne avevo molti con me quando sono partita.” 

“Sì, ci sono dei negozi economici di vestiti in centro. Non sono così lontani, se volevi uscire più tardi.”

“Penso che ci andrò.” 

Lavarono i piatti della colazione assieme, e poi Lyra salì le scale per andare a prepararsi.


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Lyra si ritrovò in bagno, davanti allo specchio, con un umano dai capelli verdi che la guardava a sua volta. Fu quasi sorpresa di vedere la sua immagine riflessa muoversi come lei quando prese la spazzola. Non riusciva ancora a credere che fosse proprio lei.

Il manico era modellato perfettamente per adattarsi alla mano. Era quasi uguale a quella che usava per la criniera quando era ancora un pony, ma ora la stava finalmente maneggiando nella maniera corretta.

Momenti come questi sembravano mettere tutto in prospettiva. Anche qualcosa di semplice come una spazzola era stata progettata dagli umani. Il passato di questo mondo probabilmente era molto simile all’altro, se si fosse tornati indietro di qualche secolo. Ma esattamente quanto simile?

Si passò la spazzola tra i capelli, cercando di sistemare alla meglio i suoi capelli arruffati. Rimaneva ancora impigliata un po’ in cima, ma non importava.

Dopo aver dato un’occhiata di nuovo al riflesso, decise che era accettabile. Si prese un altro istante per ammirare ancora la sua nuova persona. Sembrava davvero allarmantemente simile al disegno che aveva fatto qualche mese prima… Parti di lei già sapevano che era destinata ad essere un umano.

Lyra tornò nella sua stanza, e si fermò dinanzi alla finestra. Le previsioni del tempo avevano detto che la pioggia era programmata tra le tre e le quattro, quindi avrebbe aspettato che finisse prima di uscire per andare al negozio. Le nuvole erano già state posizionate, e il cielo era grigio.

Per il momento, si mise a scorrere gli scaffali di libri che aveva in camera, come aveva pianificato di fare la notte prima. C’erano così tanti libri che era difficile capire da dove iniziare. Era letteralmente un intero mondo di informazioni dal quale stava solo iniziando ad attingere.

C’era una serie di libri in copertina rigida, che aumentavano progressivamente in spessore, chiamata “Harry Potter”. Tuttavia, sembravano romanzi – i titoli le ricordavano troppo le avventure di Daring Do che leggeva da puledra. In realtà, molti di quei libri sembravano di narrativa. C’era un’intera fila di libri scritti da un umano di nome William Shakespeare, che a Lyra sembrarono, a prima lettura, spettacoli teatrali.

Avrebbe preferito storie del mondo umano, ma… Ecco qualcosa. Capire la Natura Umana. Era perfetto. 

Lyra lo prese e si sedette sul letto, sfogliando l’introduzione. Sembrava incentrato sulla psicologia più che su altro… Ma era comunque accettabile. La prefazione diceva che come scopo aveva di migliorare il rapporto coi “nostri compagni esseri umani”. Le applicazioni pratiche erano esattamente ciò che aveva bisogno di imparare.

Lesse i primi capitoli, ma erano diversi da ciò che si aspettava. Tutte quelle storie sulla coscienza e la psiche… Era un peccato che Twilight non fosse lì a spiegarle cosa volessero dire tutte quelle parole. Di certo, non illustravano molto bene il mondo umano.

Lyra guardò su verso la finestra. Non stava ancora piovendo. Si chiese se avesse sbagliato ora, ma era quasi certa che sarebbe già dovuto iniziare. Era ancora nuvoloso, ma asciutto.

Chiuse il libro e lo poggiò sul comodino. Si stava facendo tardi, e sarebbe dovuta probabilmente uscire presto. Inoltre, aveva letto libri sugli umani per tutta la sua vita. Ciò che voleva davvero adesso era andare fuori ed immergersi in questo mondo. Pratica sul campo, come diceva il libro. 

Il mucchietto di soldi umani si trovava lì vicino, lo prese e se lo mise in tasca. Prima o poi sarebbero finiti… Era difficile dire quanto avesse guadagnato dalla sua esibizione del giorno prima. E aveva bisogno di un permesso? Stava diventando tutto così complicato…

Scendendo le scale, trovò Audrey che riponeva i piatti nella credenza. La guardò per un po’, osservando il modo in cui usava le mani per prendere, impilare e sistemare i piatti, quattro o cinque per volta.

Audrey si interruppe, notando di essere fissata. “Hai bisogno di aiuto?”

“No, stavo solo… Uh, penso che andrò al negozio ora,” disse Lyra. “Vieni anche tu?”

“Ho ancora un po’ di faccende da sbrigare. Ci sono dei negozi economici in centro – oltre il parco dove ci siamo incontrate, si trovano a qualche isolato più in là del campidoglio. Lo riconoscerai subito quando lo vedrai.”

Lyra ci aveva visto giusto – questa era la capitale. Forse le tipiche città umane erano più piccole, alla stregua di Ponyville o almeno Manehattan. Ma di tutti i posti dove avrebbe potuto iniziare la sua vita da umana, era eccitante trovarsi proprio lì.

“Penso che riuscirò a trovarlo. Grazie!”

“Ok. Stai attenta là fuori,” disse Audrey.

“Cercherò di non stare via a lungo.”

Lyra si diresse alla porta d’ingresso e si rituffò nel quartiere degli umani. Si prese un attimo per orientarsi, cercando di ricordare come fossero giunte fin là il giorno prima. Erano venute da quel… ristorante. Rabbrividì al solo pensiero. Ma il parco era dalla parte opposta. Cominciò pertanto a percorrere il marciapiede in quella direzione, assaporando la fresca brezza.

Superò una coppia di umani che camminavano con un cane a guinzaglio. Era un piccolo cane nero che non le arrivava alle ginocchia. Scodinzolò alla sua vista. L’umano che teneva il guinzaglio le fece un cenno, e lei le sorrise di rimando. Per un quartiere così esteso, c’erano meno umani per strada del numero dei pony solitamente fuori a Ponyville. Era un po’ strano.

Il parco fu facile da trovare in pochi minuti. Dopo quello, in fondo alla strada, l’edificio con la torre col tetto a cupola doveva essere il campidoglio. Aveva senso. Non era alto come il Castello di Canterlot, ma era comunque una struttura imponente, con una simile aura di maestosità. Lyra si chiese se dentro si tenessero feste, come il Galà.

Il centrocittà era dove gli edifici iniziavano progressivamente ad ammassarsi. C’erano più carrozze che passavano, e più umani sui marciapiedi. Lyra si era quasi abituata a vederli – quasi.

Prima di entrare in uno dei negozi, Lyra diede un’altra occhiata in alto. Non avevano ancora rimosso le nuvole, nonostante la pioggia fosse stata cancellata. Perché disturbarsi a trasmettere una segnalazione meteo e non rispettarla? Scosse la testa e entrò dentro.

Controllò i soldi che aveva portato con sé. La valuta umana era ancora difficile da comprendere, ma stava iniziando a lavorarci su. Quelli di carta erano chiamati dollari, e sembravano valere più delle monete. Non c’era letteralmente nessuna differenza tra le banconote da uno o cinque dollari, eccetto il numero stampato sopra. Eppure, gli umani consideravano ciò normale.

Era facile distrarsi a causa dell’alto numero di abiti umani in vendita. Vedeva molti più abbigliamenti casual qui che in Equestria. Forse era parzialmente colpa del fatto che era cresciuta a Canterlot, ma era anche perché gli umani indossavano sempre vestiti. Aveva notato il giorno prima che la varietà di colori e design nell’abbigliamento compensava la scarsità di differenze nei loro aspetti fisici.

Lyra sapeva che doveva rimanere concentrata sui suoi acquisti. Contò i soldi che aveva con sé, e cercò di leggere i prezzi sui talloncini dei vestiti. Si poteva permettere qualche completo, ma avrebbe velocemente assestato un duro colpo alle sue finanze… Almeno non doveva preoccuparsi di pagare per il cibo o l’affitto. Per lo meno, finché restava in città.

Solo dopo aver pagato si rese conto che la maggior parte di magliette che aveva comprato erano verdi. Aveva scelto quello che pensava le sarebbe stato bene addosso. Forse il verde era proprio il suo colore. 

Mentre passava gli articoli al cassiere, guardò fuori. C’erano delle gocce che si stavano formando sulla finestra. Era pioggia?

“Um, mi scusi. Che ore sono?” disse Lyra. Forse aveva il senso del tempo sballato. 

L’umana che lavorava alla cassa controllò il suo orologio. “Sono quasi le cinque.”

“Sul serio?” chiese Lyra. Il meteo aveva detto che avrebbe piovuto tra le tre e le quattro oggi. Erano completamente fuori orario. Lyra scosse la testa. Sua madre non lo avrebbe mai permesso. Neanche Rainbow Dash avrebbe battuto la fiacca così tanto. 

“Sei di fretta? Stai attenta là fuori.” 

Lyra le consegnò i soldi per i vestiti. Come si aspettava, era quasi al verde. Presto avrebbe dovuto guadagnarne ancora. In qualche maniera.

L’umana le consegnò le borse con i vestiti dentro, e lei le prese. Quei lacci sopra… Molti pony pensavano che erano fatti per essere presi con la bocca. Forse erano diventati quello per gli abitanti di Equestria, ma aveva molto più senso afferrarli con le mani. Se eri così fortunato da averle, si intende. 

Lyra stava per uscire, ma si fermò. Decise che non aveva voglia di stare sotto quel temporale malamente programmato dagli umani. L’avrebbero comunque interrotto in un’ora circa, come pianificato. Lyra non sapeva come facessero, gli umani non potevano volare, eppure riuscivano a fare miriadi di altre cose che sembravano impossibili. Probabilmente se volevano, potevano raggiungere anche le nuvole. 

Si piazzò vicino l’uscita, guardando le carrozze sotto la pioggia alzare schizzi d’acqua. Voltandosi di nuovo verso il negozio, considerò l’idea di curiosare dentro un altro po’. Non poteva fare altro, ma la moda e le merci umane erano comunque abbastanza interessanti da non annoiarla, anche la seconda volta. 

C’era una bacheca con dei volantini situata vicino l’uscita. Lyra ne lesse un po’. I suoi occhi si soffermarono su uno in particolare – una parola aveva catturato la sua attenzione. Lo lesse un’altra volta. Lo strappò dalle spille che lo tenevano affisso. Forse quella era la soluzione di cui aveva bisogno.


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Finita la pioggia, Lyra tornò di fretta a casa con un ghigno sul volto. Non riusciva a ricordare l’ultima volta che si era sentita così eccitata. Beh, forse quando era arrivata a Des Moines, ma questo era ancora meglio.

Aprì di scatto la porta e chiamò “Audrey?”

“Sono qui,” rispose una voce dal soggiorno.

Lyra entrò e trovò la scatola nera accesa. Proprio come quella più piccola in cucina, il pannello di vetro stava trasmettendo immagini di umani e di diversi luoghi. Audrey era seduta nella sdraio davanti ad essa. 

“Mamma è a casa. Ti abbiamo aspettato. Sei rimasta bloccata dalla pioggia?”

Lyra le passò il volantino. “Hey. Guarda questo.”

“Huh?” Audrey lo fissò per un po’ e lo lesse. “Lyra, lo sai che di solito si prende solo una di queste linguette in fondo, vero? E non si ruba il foglio intero.” Indicò le striscette di carta che pendevano sul fondo. 

“Ci sono scritti solo numeri su quelli. Non ero sicura di cosa significassero,” disse Lyra. “In verità, non capisco tante delle cose che ci sono scritte, ma hanno bisogno di un musicista, e quindi di me!”

“È un numero di telefono,” disse Audrey. Alzò lo sguardo verso di lei. “Che vuol dire che non sai cosa significano?”

Lyra ignorò la domanda. “Sappiamo entrambe che ho bisogno di un modo per fare soldi, e ne faccio vagonate di più quando mi esibisco in uno spettacolo. Suonare al parco non regge il confronto.”

Audrey fissò di nuovo il volantino.

 

CERCASI MUSICISTA PER COMPLESSO HARD ROCK

CHITARRA SOLISTA, BATTERIA

INFLUENZE INCLUDONO : GNR, AEROSMITH, AC/DC, DEEP PURPLE

 

“Lyra… Questa è una rock band.” La guardò nuovamente.

“Huh?” Lyra aggrottò la fronte. “Sì, beh, ne ho sentito parlare. Non è così popolare da dove vengo, ma conosco più o meno com’è.”

“Suonare la lira cos’è? Classica? Folk? Non lo so neanch’io. Il punto è, non è necessaria in complessi del genere,” disse Audrey. “Sembra che abbiano bisogno di un chitarrista.”

“Chitarre?” Lyra annuì. Un altro strumento progettato dagli umani. “Ne ho sentito parlare.”

“Ne hai sentito parlare?” chiese Audrey. “Allora sei proprio pronta...”

“Già! Voglio dire, so che possono essere difficili da suonare, ma penso di esserne all’altezza,” disse Lyra, esaminandosi le dita.

Portandosi una mano in fronte, Audrey le disse, “No, intendo che…” Sospirò. “Immagino che possa essere utile imparare. C’è sicuramente più richiesta rispetto alla lira.” 

“Se questo è il tipo di musica popolare tra gli umani, allora voglio impararla,” disse Lyra.

“Um… Cosa?”

“Penso di potercela fare. La musica è il mio talento speciale.”

Audrey si strofinò le tempie. “Proprio quando pensavo che stavo iniziando a capirti…”

“Ora vado su a posare queste cose.” Lyra riprese il volantino da Audrey e lo portò con sé.

“Stavamo per sederci a cenare!” le disse a voce alta Audrey da dietro. Lyra quasi inciampò sulle scale inaspettatamente strette, ma si riprese appena in tempo e corse su.

Lyra entrò nella stanza degli ospiti e posò le borse. Infilò il volantino tra le pagine del suo diario. Si fermò un attimo alla vista della custodia della sua lira. Quindi scese di nuovo le scale per andare a mangiare.

Per cena quel giorno c’erano le lasagne che, rassicurarono Lyra, erano principalmente fatte di formaggio e salsa di pomodoro, assolutamente niente carne. Le aveva fatte la madre di Audrey. Dicevano che il piatto era italiano – ancora un altro riferimento ad una nazione umana. Lyra non aveva realizzato quanto fossero interconnesse. 

Dopo che ebbero finito di cenare, fuori calò il buio e Lyra si trovò di nuovo nella sua camera da letto, a dare un’altra sfogliata ai libri. Era a metà di uno di essi, quando Audrey la interruppe.

“Hey, Lyra, riguardo a quel volantino di prima…” Lei era poggiata allo stipite della porta, tenendo in mano quella piccola cosa. L’aveva chiamata “Nathan” il giorno prima, se la memoria di Lyra era corretta. Mosse pigramente il polso.

“Sì?”

“Beh, non so se riuscirai ad entrare nella band o no… Ma se davvero vuoi iniziare a suonare la chitarra, conosco qualcuno che ti potrebbe aiutare.”

   
 
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