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Autore: Ahiryn    07/05/2021    8 recensioni
Kieran Reed è un soldato con poche certezze nella vita, ma nessuna più ragionevole del: “mai fidarsi di Silas Vaukhram”. Non ha vissuto gli ultimi sette anni della sua vita a dare la caccia a quel bastardo per divertimento personale. Non lo ha trascinato di fronte alla giustizia sperando di cambiare idea. Nossignore. Ha fatto tutto questo per rimediare a un errore, il fatale errore di essersi fidato. Perché Silas è un traditore, un assassino, un bugiardo e la persona di cui più diffida al mondo.
Sfortunatamente è anche la sua unica speranza.

*steampunk / enemies to lovers*
[Rating arancione ma salirà a rosso più avanti]
~ Aggiornamento ogni Domenica - Lunedì ~
Genere: Avventura, Hurt/Comfort, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi, Slash
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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Prologo




 

Kieran non riusciva a respirare bene. Aveva una costola rotta e il suo fiato era raschiato, quasi un sibilo, ma non aveva tempo di preoccuparsene. Sentiva dolore ovunque, l’occhio era gonfio e il sangue gli colava dalla testa finendogli fra le ciglia. La faccia era turgida come se fosse stata calpestata, intorpidita per i colpi.
– Perché non muori, Reed?
Il tono isterico dell’avversario lo fece sorridere, sorridere di paura, dolore e stanchezza. Erano entrambi a un passo dal baratro, ma non sarebbe stato lui a cadere.
– Prima le signore – sibilò in risposta, con un sorriso altrettanto folle.
Gli arrivò uno sputo di sangue e saliva in faccia, non aveva le forze né i riflessi per schivarlo. Chiuse gli occhi, ma indietreggiò comunque e avvertì l’aria affilata di un fendente sfiorargli la gola. Non stava più usando la magia, anche lui doveva aver perso troppo sangue.
Si passò la mano guantata sul viso e osservò il suo avversario. Era una maschera di ferite; l’armatura elegante era piena di tagli, l’elmo a forma di falena si era spezzato su metà volto e rivelava un occhio viola pieno di odio e rabbia.
– Arrenditi – provò a dire Kieran. – E forse avranno pietà di te.
Sapeva che erano parole inutili, ma voleva solo temporeggiare, per riprendere fiato e per rimandare l’inevitabile.
Non voleva morire.
Non voleva ucciderlo.
L’avversario non gli rispose neanche. Guardò alla sua destra, dove infuriava il campo di battaglia. Lo scontro era stato cruento come nessun altro, la neve era pregna di sangue e interiora, si sentiva odore i cadaveri bruciati e il fumo si avviluppava nel cielo minaccioso. Il pungente puzzo della polvere da sparo si mescolava a quello del sudore e del sangue; Kieran era assordato dal clangore delle spade, dagli spari delle baionette e dei cannoni, dai fulmini scagliati contro i soldati.
Erano nelle Steppe, a Nord del continente; avevano marciato verso la Rocca del Vespro per intercettare l’esercito nemico e trattenerlo in attesa di rinforzi. Kieran non avrebbe mai attaccato senza la certezza di ricevere man forte. Anche se i loro numeri erano superiori, i nemici avevano alcune fate molto potenti e la Falena, che da solo poteva sbaragliare decine di uomini con la sua magia. Il suo comandante non aveva voluto sentire ragioni, ordinando l’attacco immediato, per poi morire avvelenato la notte prima dello scontro a causa di una spia nell’accampamento. Kieran, che era il suo secondo, aveva dovuto subentrargli all’improvviso e non aveva potuto evitare lo scontro.
I rinforzi non erano arrivati.
L’unica speranza era tenere la Falena occupato il più a lungo possibile così da impedirgli di usare la sua magia e, nel migliore dei casi, ucciderlo. Era stato addestrato per sconfiggere persone come lui, era ciò che significava essere un guerriero di Ferro. Aveva già ucciso, aveva già combattuto, i suoi compagni stavano cadendo e doveva aiutarli.
Allora perché esitava?
– Non ti stanchi mai di essere il loro cane ubbidiente? – sputò l’avversario, a corto di fiato.
La sua voce era una delle più vibranti che avesse mai sentito, a causa del suo sangue fatato era bassa e calda, melodica, anche quando la colorava di quel tono violento.
Non gli rispose, perché sì, era stanco, ma soprattutto era furioso. Furioso col suo comandante incapace, furioso con i suoi superiori che non gli avevano mandato rinforzi, furioso con la Rocca del Vespro che aveva disertato e soprattutto furioso con la persona che aveva davanti, il traditore più spregevole che avesse camminato sulla terra.
– La tua ossessione per me mi lusingava, ma ora ha iniziato davvero a infastidirmi.
Kieran scoprì i denti. – Non darti troppe arie, sto solo rimediando a uno sbaglio.
La risata che si levò dalla Falena era spezzata e stridente. – Sei così una delusione, non ho mai visto qualcuno peggiorare così in fretta, ti hanno trasformato davvero in uno schiavo ubbidiente.
– Sempre meglio che essere un traditore.
La spada scattò verso il suo viso, si tirò indietro e cadde nella finta, ricevendo un calcio dritto sui denti. Tossì sangue e barcollò, il sapore metallico gli invase la bocca e la gola.
Era abituato a quel sapore, era finito spesso in risse o scontri, fin da bambino. Ma solo una volta aveva sentito il sangue di un’altra persona in bocca, ed era quello della persona che gli stava davanti. Aveva il labbro spaccato quando sette anni prima lo aveva baciato, ricordava nebulosamente il sapore del sangue, ricordava le labbra morbide, l’odore della sua pelle e quello della pioggia. Ricordava le urla.
Impugnò la spada a due mani e si concentrò, scacciando ogni ricordo.
Quello era il giorno in cui avrebbe rimediato al suo errore.
 





 
 Il Processo

I
 
 
 
– Kieran?
Sussultò appena quando udì bussare e si rigirò nel letto con un mugugno dolorante. La luce del sole filtrava dalle tapparelle, illuminando in parte la sua camera da letto disordinata. Sparse a terra c’erano alcune bende insanguinate, vestiti sporchi e un paio di bottiglie di liquore.
– Kieran dobbiamo andare, sei sveglio?
Era troppo presto, voleva rimanere ancora in quel limbo inconsapevole. Sapeva che appena avrebbe preso un po’ più di coscienza sarebbe stato di nuovo schiacciato da un macigno di preoccupazioni. No, voleva riposarsi, voleva smettere di pensare.
– KIERAN.
Sospirò irritato e si alzò velocemente; un capogiro lo colse subito e il martellare nella testa si fece più forte. Si trascinò alla porta in ingresso e girò i chiavistelli, aprendo.
Dalia lo osservò scioccata, le sopracciglia bionde aggrottate in modo pronunciato. Aveva ancora il viso graffiato per la battaglia, ma era impeccabile, la divisa da ufficiale dei guerrieri di Ferro pulita e ordinata, le medaglie e i bottoni scintillanti, l’elsa di spada e pistola lucidate.
– Sei ancora in questo stato? Tu… cos’è questo odore? Hai bevuto?
Si poggiò contro lo stipite della porta, affondando il viso contro il braccio. – No – disse subito in un altro mugugno. – Che ore sono?
– Tardi. Il processo inizia fra dieci minuti e non ti sei neanche rasato. Hai bevuto eccome. E senza di me! Egoista.
Accennò un sorriso divertito e stanco.
Si passò una mano sulla pelle ruvida delle guance. Non aveva alcuna voglia di funzionare quel giorno, era una di quelle giornate dove il male minore avrebbe fatto comunque male, non c’era nulla di positivo in quella giornata, dunque non vedeva perché avrebbe dovuto viverla. Voleva eliminarla, come si elimina una pagina da un libro, rimanere morto o incosciente per ventiquattr’ore. Donava volentieri quel giorno a qualcuno che ne avesse bisogno, due amanti che volevano stare insieme un altro po’, un anziano che non voleva morire ancora, una famiglia alla fine delle vacanze dell’Equinozio. Lui a quel giorno rinunciava volentieri.
– Dalia non dargli il tormento – mormorò Thomas, emergendo dalle spalle della ragazza con la sua zazzera di capelli castani.
La sua divisa era altrettanto impeccabile, ma aveva più medaglie di Dalia. Anche se non parlavano mai della questione, era un tasto dolente per tutti.
Dalia gli sorrise divertita. – Tormento? Figurati, io mi diverto a vederlo fare tardi! Solo che poi se ne lamenterà con noi per tutto il giorno.
– Non me ne lamenterò – borbottò e mentì di nuovo. – Venite dentro, mi preparo subito.
Andò a lavarsi, cercando di essere rapido ed efficiente, la sua saletta da bagno era molto spartana, aveva un lavabo, grosse tubature d’ottone che gli portavano acqua tiepida e uno specchio scheggiato. Le tubature facevano un rumore infernale ogni volta che provava ad aprire la caldaia, ma erano resistenti e facevano il loro lavoro, così come la stufa in soggiorno, che doveva rifornire al più presto di carbone.
Iniziò a radersi con lo sguardo spento, non riusciva nemmeno a guardarsi allo specchio.
– Hai comprato quella gazzetta da quattro soldi di Vera Voce? – domandò Dalia dall’altra stanza.
Kieran si sciacquò il viso per svegliarsi. Aveva bisogno di un po’ di caffè. – Me l’hanno regalata – inventò e si asciugò con un panno.
– Oh senti qui, Thomas: il giovane e promettente Kieran Reed, maggiore dei guerrieri di Ferro, ha guidato un’intrepida offensiva ai militanti terroristi, infliggendo una cocente sconfitta alla Legione e alla Falena. Non mi sorprende che le mie cugine mi tormentino per poterti incontrare.
Si udì la risatina complice di Thomas. Si stavano davvero divertendo alle sue spalle.
No, sapeva che stavano cercando di distrarlo e gliene era grato, ma non stava funzionando. Era nauseato.
Indossò la divisa formale nuova, il farsetto blu notte, i pantaloni neri, gli stivali lucidati. La spada al fianco e la grossa pistola dall’altro lato. Attaccò le medaglie e inserì in tasca l’orologio da taschino, si pettinò i capelli rossi spettinati e cercò di dargli un po’ di ordine. Si specchiò soltanto per controllare il suo stato, doveva essere presentabile.
Lo specchio gli restituì un volto che a malapena riconosceva, la pelle era secca e aveva cicatrizzato male gli ultimi colpi, una in particolare sul mento era in rilievo, più chiara. Due borse scure gli appesantivano lo sguardo. Si passò di nuovo le mani sul viso per strofinare via il sonno rimanente e raggiunse i suoi amici in soggiorno.
Stavano leggendo la gazzetta con aria preoccupata, ma dissimularono subito la loro espressione quando lo videro entrare.
– Questo giornale è davvero spazzatura.
Sospirò. – Ne parlano tutti così, quindi non me la prenderei col giornale in sé. Vogliono che il popolo sia contro la Falena.
Lo guardarono. Thomas si alzò e gli poggiò una mano sulla spalla. – Non abbiamo avuto modo di parlarne, ma…
– Non c’è niente di cui parlare – tagliò corto.
Aveva paura all’improvviso. Paura che capissero in che stato riversava.
– Ehi, qui non devi fingere. Silas non è soltanto il mostro sanguinario che dipingono nelle riviste, è anche una persona del tuo, del nostro, passato, ed è legittimo che tu stia male per la situazione.
Si scostò appena. Non aveva bisogno di sentire nulla di tutto ciò. – Non sto male, Silas ha fatto le sue scelte e io le mie. Ora deve conviverci.
– Nessuno di noi giustifica ciò che ha fatto – intervenne Dalia. – Sono la prima che vuole vederlo pagare, ma siamo esseri umani, era un nostro compagno, era il tuo compagno di stanza e, non prendiamoci in giro, lo condanneranno a morte, quindi non fare quella faccia distaccata e impassibile, ti conosciamo.
No, non è vero.
Si stropicciò gli occhi e abbozzò un sorriso. – Allora io propongo di saltare il processo, sederci qui, prenderci per mano e aprire il nostro cuore a vicenda mentre piangiamo per le nostre scorribande giovanili come tre vecchiette all’ora del tè.
– Che sorpresa, stai deflettendo! Attenzione Thomas, abbiamo chiesto a Kieran di esprimere un sentimento, potrebbe esplodere come una palla di cannone.
Thomas scosse la testa. – Siete capaci di non usare il sarcasmo per pochi secondi voi due?
Kieran sbuffò mentre litigava con la medaglia ricevuta di recente, si era impigliata a un filo della divisa che ora si stava scucendo. – Non so cosa volete sentirmi dire.
– Sai che il Consiglio è costretto a prestarti ascolto, se tu volessi fermare la condanna a morte, magari c’è una possibilità che ti ascoltino.
Abbassò la testa. Voleva provare a essere sincero, per una volta. – Ieri sono passato a parlargli, a Silas dico. Ha fatto intendere che preferisce morire, che ci odia tutti e che se lo lasciamo in vita troverà il modo di evadere e – cito – radere al suolo questo fottuto posto. Dunque perché dovrei mettere una buona parola? Perché dovrei cercare di salvargli la vita? È un traditore, un assassino, un terrorista, ha sempre mentito, ho perso il conto delle volte in cui ci siamo scontrati o ha cercato di uccidermi. Voglio solo chiudere questa storia, voglio andare avanti con la mia vita.
– E lo farai davvero, stavolta? – chiese Dalia seria. – Perché non è la prima volta che lo dici.
Finse di aver ricevuto un colpo al cuore. – Oi, piano con le parole, signorina Delicatezza.
– Sono solo sincera.
Si massaggiò il petto in modo teatrale. – Non c’è bisogno di affondare il coltello così in profondità – borbottò. – Comunque dovevo sistemare la situazione, dovevo fermarlo, mi ci sono voluti sette anni e ora finalmente marcisce in galera. Semplice – mormorò tranquillo, come se stesse raccontando di un semplice incarico burocratico portato a termine.
Thomas scoccò uno sguardo fugace e preoccupato all’amica. – Non è mai stata colpa tua, lo sai.
Fece un gesto spazientito. – Lo so, lo so, me lo dite sempre. Avanti, siamo o no in ritardo? Se tardo ancora un po’ mi congedano con disonore e poi sì che mi lamenterò.
– Ti lamenterai comunque.
– Sì, in effetti lo farò.
Thomas poggiò la gazzetta. – Un po’ di ritardo è di moda fra gli aristocratici, ti farai solo desiderare di più.
Dalia alzò gli occhi al cielo. – Ed ecco il nostro nobile da strapazzo che riaffiora. Muoviamoci.
 
*
 
Il palazzo di giustizia si trovava nel centro di Railia, vicino ai Quartieri Dorati e lontano dalle fabbriche e dai fumi sgradevoli di scarico. Per raggiungerlo si poteva prendere la monorotaia, ma Kieran era ormai abbastanza privilegiato da poter affittare una vaporetta decapottabile. Thomas aveva insistito per pagare, ma Kieran non lo aveva neanche ascoltato. Aveva indossato la sua mantella più elegante sopra la divisa e si era accomodato a cassetta accanto al guidatore. Le nuvole grigie e minacciose facevano parte della loro quotidianità, ma sperava davvero che il cielo rimanesse soltanto uggioso e non piovesse; purtroppo gli pizzicavano le vecchie cicatrici e il braccio destro, dunque sapeva quanto la sua speranza fosse vana.
Non aveva proferito parola per tutto il percorso, immerso nei propri pensieri e la destinazione era giunta fin troppo in fretta.
– Ci siamo, pronti per il teatrino? – commentò Dalia, scendendo dal suo posto con un salto elegante.
Thomas richiuse il portasigarette e guardò Kieran. – Direi di sì.
Prontissimo. A darmela a gambe.
L’autista rivolse loro un saluto educato e con uno sbuffo meccanico le ruote della vaporetta ripartirono, lasciando una scia di fumo.
– Sei un po’ pallido – commentò la sua amica mentre salivano i gradoni del palazzo di giustizia.
C’erano diversi gentiluomini che sostavano di fronte e parlavano fra loro, diverse guardie a sorvegliare l’ingresso e un nutrito gruppo di curiosi che sventolava i giornali con la notizia.
– È una tua impressione, sono estasiato all’idea di assistere a questo processo.
– Eravamo quasi a un’intera mezz’ora senza sarcasmo, peccato.
Il tribunale consisteva in un’enorme sala ad anfiteatro, con al centro una pedana di metallo runico dove sarebbe stato incatenato l’imputato. Di fronte a lui il Gran Consigliere e i restanti membri del Consiglio sedevano su seggi rialzati di ferro, imponenti e minacciosi.
Sui muri di metallo ottonato erano appesi quadri e dipinti, mentre a fianco dei seggi principali si innalzavano le statue simbolo della Gardenia.
La sala straripava di persone. Ogni fazione aveva il suo posto, indicato dagli stendardi e c’era un gran vociare che riverberava fra le pareti. La tribuna della Gilda dei Costruttori era la più distante, i suoi occupanti erano ben vestiti con colori dorati, orologi meccanici appuntati sul farsetto e cappelli alla moda. La tribuna dei Forgiatori era meno gremita, di rado i Forgiatori si facevano coinvolgere da vicende politiche, preferivano dedicarsi al loro lavoro. I maghi e gli alchimisti del Diaspro erano a fianco ai Consiglieri, la magia fatata proveniente da loro gli dava ancora un certo fastidio. Per ultima la sua tribuna, quella dei guerrieri di Ferro, tutti in divisa, con armi lucidate e medaglie sul petto, il Generale Hamilton seduto con una postura rigida e autoritaria.
Oltre le Tribune d’Onore erano accalcati sui restanti spazi funzionari, nobili, storici, studiosi e un paio di articolisti. Volti noti e meno noti, ma tutti fra i più alti incarichi, la maggior parte appartenenti a illustri famiglie.
Quando fece il suo ingresso dal corridoio le guardie non gli chiesero alcuna autenticazione. Ci fu un mormorio generale e qualche applauso convinto, messo subito a tacere dal Gran Consigliere.
Kieran salutò il Consiglio con un inchino e subito dopo rivolse il saluto militare al suo generale, imitato da Dalia e da Thomas.
L’atmosfera era ancora preparatoria e molti dei presenti erano in piedi a discutere. Kieran iniziò il giro di saluti, cercando di ricordare i nomi di quelle persone. Per sua fortuna Thomas gli dava suggerimenti da dietro, mentre Dalia gli dava suggerimenti sbagliati per fargli fare qualche gaffe e ridersela.
Era sempre fuori luogo in momenti come quello, Kieran non era come loro e forse era a questo che doveva la sua popolarità. Le persone importanti non lo vedevano come una minaccia, mentre quelle meno importanti si sentivano ispirate. Che poi fosse tutta una questione di fortuna sembrava averlo realizzato soltanto lui.
Sentì una forte pacca sulla schiena e se non fosse stato quasi due metri di altezza e allenamento sarebbe finito lungo per terra.
Oh no, di nuovo questo.
Il capo redattore della Cronaca Oggi gli sorrideva sornione, intenzionato di nuovo a non mollare l'osso; l’uomo più insistente ed irritante del mondo, gli aveva mandato lettere e galoppini e doni per cercare di intervistarlo, ma aveva la fama da cialtrone che rimaneggiava ogni singola dichiarazione, dunque Kieran non voleva averci nulla a che fare. Non voleva parlare con la stampa, voleva tornarsene in qualche accampamento sperduto a fare il soldato, o in qualche posto isolato a fare quello che fanno gli eremiti, ma con più alcool e meno capre da mungere per sopravvivere, lontano dalla capitale e da tutto quello.
– Eccolo qui il nostro Campione, l’ospite d’onore! – esordì sorridendo come se si stesse rivolgendo a un vecchio amico.
Era un uomo di corporatura robusta, con un parrucchino pregiato e due occhi curiosi. Aveva all’incirca una cinquantina d’anni ed era talmente attivo e instancabile che Kieran si augurava di avere quell’energia fastidiosa alla sua età.
– Beh più o meno, visto che non sei tu l’imputato – e si fece una grossa risata.
Questa conversazione sarà l’elemento migliore della giornata e questo è già di per sé molto deprimente.
– Allora ragazzo, sei emozionato? Spaventato? Credi che i sigilli che hanno applicato alla Falena basteranno a tenerlo buono?
– I sigilli hanno sempre funzionato, non sarà in grado di usare la magia in nessun modo, inoltre era ferito gravemente dopo lo scontro e dubito si sia ripreso del tutto – rispose in modo efficiente.
Quello annuì spiccio. – “In alcun modo” – lo corresse affabile.
Kieran arrossì appena e si schiarì la gola. – Avete ragione, perdonatemi.
Non perdevano mai occasione di riprenderlo sul linguaggio, il che gli aveva insegnato abbastanza in fretta a parlare in modo meno informale, ma era comunque difficile per uno come lui e non gliela avevano mai resa semplice.
– Ad ogni modo capisco la tua calma, ma non temi una vendetta? Hai inflitto una bella sconfitta alla Legione, quelli non ci vanno per il sottile! Hai pensato a una scorta?
Guardò Dalia sperando nel suo aiuto, ma era andata a parlare con il suo comandante. – Non me ne preoccupo al momento.
– Secondo alcune voci tu e la Falena eravate amici ai tempi dell’Accademia, anche a quel tempo sospettavi di lui?
Ah! Sapevo che me lo avrebbe chiesto. Dalia mi deve dei soldi.
– Ci conoscevamo, ma non avevamo un rapporto stretto. No, non sospettavo di lui o lo avrei fermato molto prima.
– Proprio tre mesi fa ha preso la città di Mardille e giustiziato arbitrariamente il conte che la governava. La rabbia di questo gesto così cruento ti ha spinto a ottenere la vittoria?
Si portò le mani dietro la schiena, valutando una risposta. Non era rimasto sorpreso dal gesto della Falena, in questi anni di lotta aveva imparato a capire il suo comportamento e il suo modo di agire: non aveva pazienza per quelli che reputava scarti della società come il conte di Mardille, voleva la città per la posizione strategica e se l’era presa, il conte era un ostacolo e andava eliminato. Non agiva sempre così, ma non aveva certo quella taglia esorbitante sulla testa senza un motivo. Era un assassino, un terrorista, un traditore.
Ripeterlo è quasi un mantra.
– Insieme a tutto il resto, immagino di sì – rispose incerto. – Ora dovrei andare al mio posto, è stato un piacere, buona giornata signore.
Si defilò prima che potessero insorgere altre domande scomode e andò a sedersi vicino al Generale.
Il Gran Consigliere prese la parola e i presenti sciamarono nei propri seggi, mentre il brusio si estingueva. Cominciò con alcune comunicazioni tradizionali e il processo iniziò.
Kieran si isolò presto dalla situazione e cercò di pensare a qualcosa che lo distraesse da quel senso di oppressione che aveva nel petto. Era strano, perché i ricordi sicuri e felici iniziavano ad essere troppo pochi, legati ad eventi tragici, a tradimenti.
Ripensò a quella serata dove lui, Dalia e Thomas erano andati a vedere un incontro clandestino di boxe, dentro un baraccone in periferia. L’aria era pregna del fumo dei sigari e delle pipe, era pieno di operai rientrati dalle fabbriche che sbraitavano dalle panche insieme a qualche allibratore losco. Si erano congratulati col pugile ed erano andati a festeggiare con un pittore che era lì per dipingere i corpi in lotta. Era stato davvero divertente.
– E ora fate entrare l’imputato.
Il ricordo si dissolse in un lampo e tutto venne invaso da Silas. La sua mente, la sala, gli sguardi. Non c’era modo di distrarsi o schermarsi dalla sua presenza, non puoi pensare ad altro quando hai una bestia feroce accanto, non puoi fingere che non sia lì, con le zanne scoperte e il pelo rizzato.
Sulla sala calò il silenzio mentre il prigioniero avanzava, trascinato dalle catene. I polsi erano incatenati, aveva stracci logori addosso, macchiati di sangue e sporco. Niente a che vedere con gli abiti eleganti e pregiati che indossava quando era in libertà, quei farsetti bordeaux che prediligeva, i mantelli scuri, i guanti neri. No, niente di tutto quello, era una figura logorata, macilenta, eppure aveva un portamento regale, come sempre. Camminava a testa alta con le labbra appena incurvate in un sorriso, i capelli nerissimi e sporchi che ricadevano fino al bacino, mentre gli occhi violetti saettarono su di lui, come calamitati. Aveva lo zigomo spaccato e un grosso livido violaceo sul lato del viso, il colletto era inzuppato di sangue e aveva croste rosse anche sotto l’orecchio e sulle unghie. Le guardie ci erano andate pesanti, ma non ne era sorpreso purtroppo.
Eppure non dava cenni di dolore o cedimento, avanzava guardando in faccia i presenti con calma, come se stesse scegliendo quale divorare per primo, alcuni distoglievano lo sguardo, altri gli rivolgevano occhiate di odio. Raggiunse il suo posto al centro della sala, sulla pedana, senza proferire parola.
Nessuno riusciva a parlare. Anche con il corpo ricoperto da sigilli magici la sua energia vibrava, riempiva la sala come un profumo bruciacchiato, potente, selvaggia. Magia primordiale delle fate, scorreva a piccole dosi in ciascuno di loro dopo la Grande Migrazione avvenuta secoli e secoli prima, ma pochissimi potevano vantare il titolo di Discendente. Silas era uno di quelli, uno dei pochi a discendere per linea diretta da una fata purosangue.
Ma non era soltanto la sua magia, anche il suo aspetto aveva creato quel vuoto di rumori. Alcuni non lo avevano mai visto e forse non si aspettavano che il vice dell’armata oscura – come solevano chiamarla i giornali più ridicoli – fosse tanto efebico. Con quella pelle di rame, i tratti un po’ affilati, il volto elfico, le orecchie allungate e gli occhi freddi, allungati. Come petali di ciliegio. Aveva sentito definirli così da una nobildonna, ma a suo avviso era un paragone troppo delicato per il suo sguardo. Era bello in modo ultraterreno, no, non bello, attraente, attirante, come un paesaggio spettrale o un dipinto molto crudo, una quercia contorta o un fiore velenoso. Forse era per la sua completa incapacità di fare complimenti che non aveva fortuna in amore, ma definire Silas bello sarebbe stato semplicistico; come tutte le fate, nel suo aspetto c’era qualcosa di disturbante, alieno, qualcosa che ricordava a tutti che l’imputato non era del tutto umano, non come loro, e parte del suo sangue, il suo icore, valeva una fortuna.
– Traditore disgustoso – sibilò una voce da qualche parte.
Kieran però se ne accorse a malapena. Gli tornò in mente la prima volta che aveva visto Silas, quando aveva sedici anni. Gli era stato assegnato come compagno di stanza, elegante, allampanato, i capelli neri che scendevano fino a metà collo, due orecchini d’oro che pendevano luccicanti e uno sguardo vivace, curioso, giovane. Era seduto sul davanzale della loro finestra e il sole crepuscolare s’infilava fra le ciocche nere e rifletteva sulla pelle ambrata. Sì, aveva appena finito di piovere, riusciva a ricordarlo perché era entrato con gli stivali bagnati, per tutti i campi dell’Accademia c’era quell’odore di umido e prato tagliato.
Kieran non era sicuro che quella fosse la sua stanza ed era intimorito all’idea di condividerla con un Vaukhram, sapeva quanto fossero potenti. Appena entrato gli aveva lanciato una moneta e Kieran la aveva afferrata al volo.
Testa e il letto vicino alla finestra è tuo, croce ed è mio, ci stai?
Aveva vinto lui, ma Silas aveva continuato a sedersi spesso sul davanzale.
– Silas Alexander Richard Vaukhram, l’imputato – dichiarò il portavoce, presentandolo. – Erede designato della famiglia Vaukhram, poi diseredato e condannato per i seguenti delitti: alto tradimento, lesa maestà, omicidio plurimo, terrorismo, associazione a delinquere, associazione con fate rinnegate, furto di documenti segreti…
La lista continuò ancora per un po’, a ogni accusa Kieran sprofondava un po’ di più. Silas invece non pareva toccato dalle accuse, solo annoiato. Non gli aveva rivolto più alcuno sguardo, la sua mente sembrava altrove.
– Non si rende neanche conto che questi sono i suoi ultimi momenti di vita, ha il cervello andato quel figlio di puttana.
Non capì da dove fosse arrivato il commento, qualcuno dietro di lui.
– Lo avranno drogato o imbottito di ferro, ai Mezzosangue li rovina.
– Ma lui era come noi, un guerriero di Ferro, noi assumiamo ferro di continuo per combattere le fate.
– Forse lui era esentato, non lo so. Non vedo l’ora di vederlo impiccato.
Kieran sapeva che Silas ai tempi dell’Accademia non era esentato affatto dall’assumere ferro, ma subiva spesso le ripercussioni, aveva dovuto far abituare a poco a poco il suo organismo. Ricordava di averlo sentito vomitare nella notte, anche se lo nascondeva sempre, pian piano aveva sviluppato una resistenza straordinaria.
Non era drogato, forse molto provato, ma era cosciente della situazione, lo vedeva dai suoi occhi. Soltanto che non gli importava, c’era una tale rassegnazione nel suo sguardo, che a malapena riusciva a guardarlo. In quegli anni aveva visto Silas in molti modi durante gli scontri, furioso, divertito, arrogante, ma mai lo aveva visto perdere la sua ferocia. Ora sembrava un guscio vuoto ed era lui il responsabile, lui lo aveva braccato e, dopo sette lunghi anni, sconfitto, per poi consegnarlo alla giustizia.
Lo merita. Merita tutto questo. Ha ucciso il maestro Fergus, ha fatto morire troppe persone. È un traditore, non è mai stato sincero. Mai.
– Come ci si sente? – gli bisbigliò la persona accanto.
– Eh?
– A vedere il proprio nemico giurato in catene.
Nemico giurato. Erano stati nemici per così tanto tempo, si erano sabotati a vicenda con le proprie fazioni, nessuno dei due poteva organizzare un piano militare senza che l’altro si presentasse a disfarlo e a rovinare tutto. Si erano catturati ed erano fuggiti, una storia surreale che aveva alimentato i giornali e gli articoli. Era stata fin troppo romanzata, soltanto una volta Kieran era stato catturato ed era stata organizzata una spedizione di salvataggio, per il resto erano comandanti nemici che si erano trovati contro di continuo, beh, di proposito.
– Stanco – mormorò a stento e socchiuse gli occhi.
Fra poco sarebbe tutto finito.
 
*
 
Erano le quattordici e un quarto quando venne emessa la sentenza, si trovavano dentro il tribunale da quasi sei ore, l’imputato era rimasto in piedi tutto il tempo senza dare segni di cedimento.
Non rimase sorpreso quando alla fine del processo il Consiglio lo condannò a morte, tutti sapevano che sarebbe stata organizzata una spettacolare esecuzione per celebrare il trionfo della Gardenia sui suoi nemici. Per i Discendenti era prevista l’impiccagione affinché i pezzi del corpo rimanessero intatti per poter essere usati per la difesa dello stato. Il sangue, le ossa, la pelle, i capelli, gli occhi, i denti, la lingua, persino i genitali, tutto di un Discendente aveva moltissimo valore, il loro corpo era intriso di magia primordiale più di qualsiasi altra persona ed era l’ingrediente fondamentale per lanciare qualsiasi magia: talismani di ossa fatate, ciondoli, tinture di sangue, guanti di pelle, non era possibile lanciare fatture senza quei prerequisiti. Sul mercato nero avevano un prezzo incalcolabile, soltanto le parti del corpo di una fata purosangue si vendevano a prezzi maggiori, ma lì il livello di rarità cresceva parecchio.
Ogni parte di Silas sarebbe stata smembrata e usata per altre magie una volta morto. Era la prassi per tutti i Discendenti, anche quelli più rispettabili e importanti, alla loro morte il corpo sarebbe tornato allo stato.
Si sentì ticchettare la spalla e girò gli occhi verso Dalia e Thomas, dietro di lui. Avevano uno sguardo amaro. Dalia provò a dire qualcosa, ma venne interrotta da Brandon, uno degli alti comandanti dei guerrieri di Ferro. Questi si alzò in piedi e chiese la parola.
– I guerrieri di Ferro chiedono di poter ottenere le parti del traditore, come merito per averlo catturato e consegnato alla giustizia.
Kieran sentiva di stare per vomitare.
Si udì un verso di disappunto dalla tribuna dei maghi e si alzò una donna con abiti eleganti. – Per piacere, siete stati voi a farvi ingannare per primi, sbaglio o il traditore era un guerriero di Ferro? Avete solo rimediato a un vostro disastro. Inoltre le sue parti non hanno utilità per voi, il Diaspro potrebbe tenerle e conservarle per momenti di crisi o per addestrare nuovi maghi promettenti.
Il Gran Consigliere ascoltò entrambi e poi diede la parola al capo dei Forgiatori, un Discendente anche lui, con la pelle di un verde pallido e occhi liquidi, tipici tratti delle selkie. – Nulla sarebbe stato possibile senza le armi e le armature che noi creiamo, non siamo interessati al sangue, ma reclamiamo le ossa del traditore.
Dalia lasciò uscire un verso disgustato. – Non ho neanche fatto colazione ancora. È aberrante.
Per lui e Dalia lo era parecchio, perché nessuno dei due proveniva da quegli ambienti. Da dove venivano loro di Discendenti quasi non esistevano e queste diatribe erano qualcosa che non conoscevano. Ma fra le Gilde e l’aristocrazia doveva essere frequente.
Kieran non aveva la forza di parlare, guardava le proprie mani in grembo, le gambe troppo lunghe per entrare nella tribuna e desiderava che quel giorno finisse all’istante. Alzò il viso per osservare Silas, che stava al centro in piedi, silenzioso. Non sembrava interessato al dibattito, nonostante si parlasse di smembrarlo e usare il suo corpo.
Brandon non demordeva. – Il Campione l’ha sconfitto! Ha portato innumerevoli vittorie alla Gardenia, è un eroe e un portento, senza di lui la Falena avrebbe tenuto Rocca del Vespro per mesi! Noi abbiamo vinto la battaglia, sacrificando molti dei nostri e combattendo in prima linea, e sì, il traditore era uno dei nostri e riteniamo che a maggior ragione spetti a noi occuparcene.
Silas stavolta gli lanciò un’occhiata, Kieran la sostenne, aspettandosi rancore o odio, ma negli occhi dell’altro c’era qualcosa che non riusciva a leggere.
Sei incazzato? Deluso? Triste? Perché non dici qualcosa, cazzo?
Il Gran Consigliere fece cenno di abbassare i toni e in quel momento prese la parola una donna dalle tribune delle famiglie aristocratiche. Kieran sapeva bene chi fosse: Katherine Marianne Lisa Vaukhram, un cognome che faceva tremare da ben prima che Silas diventasse un terrorista. Lo stesso Gran Consigliere veniva da quella famiglia, occupavano le cariche più alte e prestigiose della società.
– Silas appartiene alla famiglia Vaukhram. Lo comprammo per una somma alta ventitré anni fa e riteniamo che il minimo che possa fare per ripagare la propria famiglia dell’onta e del disonore che ha arrecato, è quella di offrire il suo corpo dopo la morte. È ancora un membro della nostra famiglia e di conseguenza ci appartiene.
Si sentì una risata dall’imputato, così spezzata che tutto il tribunale si zittì. – L’amore materno, incredibile eh? Mia madre non vede l’ora di farsi un bel bagno nel sangue del suo amato figlio adottivo.
– Fa’ silenzio – tuonò una guardia.
La donna non lo considerò nemmeno e mantenne lo sguardo sul Gran Consigliere.
Dalia gli ticchettò di nuovo la spalla. – Ma quella è davvero sua madre? Cazzo, credevo di averli io i problemi coi genitori…
Kieran si sporse appena per bisbigliare: – madre adottiva.
– Lo so, lo so.
Di Discendenti ormai ce n’erano molti pochi, da quando le fate si erano chiuse nelle corti, proibendo alla loro specie di mischiarsi ulteriormente con gli umani, dunque erano rari; le famiglie aristocratiche più potenti erano solite trovarli e comprarli da famiglie povere, per farne gli eredi. Era considerato di enorme prestigio per una stirpe nobile aggiungere un Discendente, tutte le porte si aprivano. Se poi fosse successo qualcosa al Discendente, la famiglia ne deteneva comunque il corpo e poteva farne ciò che voleva. Un guadagno in entrambi i casi.
Silas era stato comprato e adottato dalla famiglia Vaukhram quando aveva quattro anni da ciò che sapeva, era stato nominato erede e cresciuto come un principe. Il suo tradimento aveva gettato parecchio fango sul cognome dei Vaukhram ed era stato uno shock per tutta l’aristocrazia.
– Valuteremo ciascuna richiesta e vi comunicheremo la risposta quanto prima. Per ora il processo è concluso, la sua esecuzione è fissata fra una settimana nella Piazza di Sweetgale, alla fine delle festività.
Le guardie si avvicinarono al prigioniero per riportarlo in cella e Kieran colse un luccichio fra le dita del condannato.
 Non riuscì neanche a reagire che Silas fece un gesto repentino e accoltellò al collo la prima guardia, quella più vicina. Il sangue schizzò contro i suoi abiti e il soldato emise un gorgoglio mentre barcollava indietro. Subito dopo si puntò il pugnale ancora sporco alla propria gola.
Nello shock generale la reazione fu lenta, troppo lenta, il corpo della guardia si ricoprì di una sostanza grigiastra e iniziò a decomporsi man mano che la ferita al collo eruttava sangue.
Necromagia. Realizzò Kieran e saltò oltre la tribuna per fermare Silas. Purtroppo era troppo lontano, non avrebbe fatto in tempo.
Il condannato fece per tagliarsi la gola, il pugnale era imbevuto di necromagia e avrebbe decomposto il suo corpo con una ferita mortale. Morire non bastava, voleva rovinare il suo corpo per impedire a chiunque di usarlo.
La seconda guardia gli afferrò il braccio per fermarlo e l’arma slittò via, tagliando una parte della gola senza andare in profondità; la necromagia però iniziò a diffondersi e grosse vene nere si allargarono sulla pelle di bronzo di Silas.
Nel caos generale si udì un urlo, ma non era di Silas.
– Kieran la tua gola! – urlò Dalia vicino a lui.
Kieran la sentì a malapena, il dolore al collo era straziante e si accasciò a terra contenendo a stento le urla di dolore. Grosse vene nere si arrampicarono sulla sua pelle, voraci. Era ancora lontano da Silas, che osservava la scena scioccato, come se si fosse aspettato tutto tranne che quello.
Venne disarmato e afferrato dall’Arcimago del Diaspro mentre si dimenava dal dolore. Kieran non sentì più nulla perché perse i sensi fra le grida generali.
 
*
 
 
– Si sta svegliando, gradirei che portaste qui l’imputato e che stavolta facciate bene il vostro lavoro, incompetenti.
– Signore lo avevamo perquisito, lui non…
– Non mi interessa, è ovvio che ha spie fra la nobiltà e le Gilde, si sarà fatto passare il pugnale entrando. Scoprite chi è stato, ma prima portatemelo qui in catene.
Kieran sbatté le palpebre e riprese pian piano coscienza. Irrigidì il corpo, come ogni volta che si svegliava, tornò vigile e nervoso, spalancò gli occhi e cercò di tirarsi a sedere.
– Piano piano, sei ancora debilitato, stai fermo.
Si massaggiò la testa e voltò gli occhi in modo febbricitante; apprese subito di trovarsi in quello che appariva come un laboratorio, vedeva tavoli da lavoro con pozioni e pergamene, barattoli di ossa e sangue, librerie su ogni spazio vuoto e una grossa scrivania di acero. La luce filtrava da un rosone a vetri e realizzò di essere dentro il palazzo del Diaspro dall’immagine che la vetrata rappresentava.
Era sdraiato su un lettino a torso nudo e aveva la gola fasciata.
Di fronte a lui apparivano tre figure che mise a fuoco con difficoltà, il suo Generale, Hamilton, il Gran Consigliere Hart e l’Arcimago, Goodwill.
– Cosa… cos’è accaduto. Silas mi ha colpito?
L’Arcimago gli si avvicinò, aveva un aspetto decrepito, ma gli occhi azzurri sembravano vispi quanto non mai dietro gli occhiali a doppie lenti che indossava. Abbassò la seconda lente per studiarlo meglio.
– No, il prigioniero era troppo lontano da te, ha inflitto la ferita a sé stesso, ma per qualche motivo si è manifestata anche su di te.
Kieran sbatté le palpebre, mostrandosi perplesso. – “Anche”? Com’è possibile? Un incantesimo? Aveva un complice?
Il Generale si portò le dita al ciuffo di barba che scendeva dal mento. – Stiamo cercando di capirlo. La ferita sarebbe stata mortale per entrambi se non fosse intervenuto il signor Goodwill. Anche se il taglio non era profondo, era incantata di necromagia e avrebbe decomposto il vostro corpo in poco tempo. Quello che non riusciamo a spiegarci è come abbia fatto a ferire anche te, che eri lontano da lui. Abbiamo analizzato le vostre ferite ed erano identiche.
Kieran non riusciva a seguire, la gola lo stava mettendo a dura prova e si passò una mano sulla fasciatura. – Credevo che i sigilli gli impedissero di lanciare magie – e lo disse con un tono duro, mentre osservava le figure di fronte a sé. – Non sapete quanto possa essere pericoloso con la sua magia libera.
– Calmati, i sigilli funzionano, non ha lanciato alcun incantesimo o l’Arcimago se ne sarebbe accorto.
Il portone di legno si aprì con un grosso cigolio e alcune guardie sciamarono all’interno del laboratorio, trascinarono Silas, che aveva un aspetto pallido e debilitato, la fasciatura intorno al collo macchiata di sangue e gli occhi incavati, appannati dalla rabbia.
– Eccolo qui, lo abbiamo interrogato e continua a dire di non sapere perché tu sia stato ferito – commentò il Gran Consigliere.
Fu lanciato a terra con un calcio e atterrò in ginocchio.
Silas sorrise con rancore fra le ciocche nere. – Perché non lo so, figlio di puttana, volevo solo uccidermi e distruggere il mio corpo, non sapevo di poter portare con me anche il vostro prezioso campione.
Il suo respiro inciampava per l’affanno.
– Menti – tuonò il Generale.
Si avvicinò a lui e gli afferrò un braccio, tirandolo avanti. Estrasse un coltellino dalla tasca e incise una ferita sulla pelle. Silas fece una smorfia, ma non fiatò.
– Dunque?
Si voltarono a guardare Kieran, che girò il braccio per osservarlo. Stava bene, non aveva neanche un graffio.
– Non ha manifestato ferite, forse aveva davvero un complice.
L’Arcimago tossicchiò. – Non possiamo dirlo con certezza. La ferita di Silas era mortale. La mia ipotesi, e speriamo non sia tale, è che a questi due sia stato imposto un Vincolo Vitale.
– Un cosa? – domandò il Generale assottigliando gli occhi.
L’anziano andò a sedersi sulla poltroncina di velluto, il bastone di metallo di fronte a sé fra le gambe. – Magia dei sigilli, molto poco studiata e conosciuta, la usiamo soltanto per i prigionieri perché non ci sono veri esperti nel campo.
– Perché no? – domandò Kieran.
– Perché studiamo soprattutto la magia primordiale fatata e la maggior parte di fate non ama i vincoli e tutto ciò che li riguardi, troppo… duraturi. Gli piace stringere patti, ma la magia dei sigilli è diversa. Dunque non abbiamo una vera branca che se ne occupi, solo qualche studioso solitario che monitoriamo, vista la pericolosità di questa magia. Il Vincolo Vitale ne è l’esempio, può legare la vita di due persone.
Silas che fino a quel momento era rimasto in silenzio, sgranò gli occhi. – Spero stiate scherzando, vecchio.
– Non sto affatto scherzando giovane Vaukhram, il Vincolo Vitale se applicato a due persone pone una condizione: se uno muore, perirà anche l’altro. Purtroppo sono solo teorie, è stato lanciato pochissime volte e non si sa quasi nulla degli effetti di questa magia, è un incantesimo molto potente. Certo, un Discendente potrebbe lanciarlo con le giuste conoscenze…
Si voltarono a guardare Silas che sembrava fuori di sé. – Credete sul serio che vorrei mai legare la mia vita a lui? Mi stomaca solo pensarci.
– Tu ne avevi i mezzi e il motivo, stai cercando di rimandare la tua esecuzione – valutò il Gran Consigliere.
Silas scrollò la testa, come se parlare fosse inutile. – Immagino di essere l’unico ad avere notato che stavo cercando di ammazzarmi – commentò piccato.
Kieran si stropicciò gli occhi. – Signore, avete detto che è solo un’ipotesi. Me ne sarei accorto se mi fosse stata lanciata contro una fattura simile, noi guerrieri di Ferro siamo addestrati e temprati contro le magie.
L’Arcimago si voltò a guardarlo. – Non in questo caso figliolo. Questa non è semplice magia fatata come ti ho spiegato, ed è molto rara e potente, è stata creata dagli umani. È certo che per scagliarla serva qualcosa di voi, una ciocca di capelli, del sangue. Però sì, è un’ipotesi che dobbiamo smentire al più presto.
Il Generale lo osservò. – Come pensate di fare?
Indicò Silas col bastone. – Dobbiamo portarlo vicino alla morte, se il giovane Kieran reagirà sapremo che il Vincolo è stato applicato, altrimenti vaglieremo altre possibilità.
Silas indietreggiò di un passo e cercò di dimenarsi. – Non vi avvicinate – ringhiò.
L’Arcimago tese una mano e iniziò a recitare una piccola poesia, qualcosa sull’aria e il vento e la voce. Teneva nell’altra mano un pendaglio d’osso intagliato dall’aria sinistra, lo stringeva mentre recitava. Il colore sparì presto dal volto di Silas che si portò entrambe le mani alla gola, mentre spalancava la bocca in cerca di ossigeno. Si piegò verso il pavimento, annaspando.
Kieran guardò il Gran Consigliere, incapace di rimanere seduto. – Tutto questo è necessario?
– Lo è.
Prima che potesse fermarli, si accorse di non riuscire a respirare. Fu una sensazione all’inizio, come se stesse trattenendo il fiato, ma quanto lo lasciò andare non poté riprenderlo. Allungò una mano mentre il petto gli scoppiava e le tre figure si voltarono a guardarlo. Anche Silas lo osservò con aria stupita, mentre i capillari degli occhi scoppiavano.
L’Arcimago fermò la magia e posò le mani sul pomello del suo bastone. – Temo che questo confermi la mia ipotesi.
Silas cominciò a boccheggiare mentre riprendeva aria e lo stesso fece Kieran fra i colpi di tosse. – Non è possibile.
Il Gran Consigliere irrigidì il viso. – Cosa dovrebbe significare?
– Che se giustiziate il prigioniero, morirà anche il nostro Campione.
 
 

Ciao a tutti! Mi chiamo Ahiryn e questa è la prima storia originale che provo a pubblicare, e che fatica ç_ç.
Vi ringrazio tantissimo se avete retto questo primo capitolo, l’inizio è sempre un bel cruccio per me. Sarà una storia senza troppe pretese, davvero, qualcosa che intrattenga e faccia divertire, ma mi impegnerò il più possibile!
Vi avviso fin da subito che sarà una storia d’amore, che ci saranno anche scene erotiche prima o poi, ma sarà una slow burn per, beh, ovvie ragioni.
Cercherò di aggiornare frequentemente :D. Per chiunque leggerà la storia, vi inviterei, se ne avete voglia ovviamente, a farmi correzioni, darmi consigli, segnalarmi se qualcosa vi stona, non vi piace, o vi sembra mal fatto, anche per messaggio se non avete voglia di recensire, ho tanto bisogno di indicazioni ç__ç, mi sento sempre alla deriva. Metterò qui la storia nella speranza di migliorarla il più possibile grazie alle vostre critiche e consigli, quindi se vi va mi farebbe davvero tanto tanto piacere, spero che andando avanti diventerò più capace e sciolta. Ma vi ringrazio tanto in anticipo anche solo per averla letta <3, grazie di cuore.
Alcuni chiarimenti che vi possono interessare:
Il titolo è una parola inglese che indica l’odore forte che segue la pioggia, specialmente quando cade su un terreno secco e caldo, e la sua etimologia in greco è pietra e icore, l’icore è il sangue degli esseri immortali.
Silas Vaukhram si pronuncia nella mia testa SAilas Vokhram, ma voi leggetelo nella vostra mente come preferite ^^.
Ancora grazie di cuore per aver letto!
 
 

 

                                    
 



 
 
   
 
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